Serenata n. 2 in re maggiore per trio d'archi, op. 8


Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
  1. Marcia: Allegro. Adagio
  2. Minuetto: Allegretto
  3. Adagio (re minore)
  4. Allegretto alla Polacca (fa maggiore)
  5. Tema con variazioni: Andante quasi Allegretto. Marcia
Organico: violino, viola, violoncello
Composizione: 1796 - 1797
Edizione: Artaria, Vienna 1797

Vedi al n. Op. 42 la trascrizione per pianoforte e viola col nome di "Notturno"
Guida all'ascolto (nota 1)

L'amore di Beethoven per i complessi d'archi è documentato in vario modo, a prescindere dai famosi Quartetti e dalla Serenata op. 8. Dobbiamo infatti elencare un Duetto per viola e violoncello composto nel 1795-98, i quattro Trii opere 3 e 9 risalenti il primo al 1792 e gli altri al triennio 1796-98, i tre Quintetti opere 4, 29 e 104, rispettivamente del 1795-6, 1801 e 1817, i due primi tempi di Quintetto - uno del 1817 e l'altro andato perduto (ma composto l'anno prima di morire) - il Preludio e fuga per due violini e violoncello (edito nientemeno che nel 1955 dal Nagel a Kassel), le due Fughe, una in re minore e l'altra trascritta dal «Clavicembalo ben temperato» di Bach e finalmente le due pubblicazioni Piccoli pezzi, rispettivamente del 1822 e del 1825. Sedici lavori che vanno dal 1792 all'anno della morte, si può dire.

La Serenata è stata composta tra il 1796 e il 1797 e venne pubblicata a Vienna, in parti staccate, dalla casa editrice Artaria, nell'ottobre di questo ultimo anno. Nel 1848, con il consenso della stessa, l'opera venne pubblicata in partitura dall'editore Heckel nell'ottobre 1848. Il manoscritto originale è andato perduto.

L'Allegro-Marcia iniziale è tempo molto vivo e brillante nel quale gli archi sono tutti estremamente impegnati. Il movimento è trascinante e marziale e riprende più volte. Nell'Adagio il violino canta in volute piuttosto ampie e il violoncello, con gli altri strumenti, lo sostiene molto bene completando, con il precedente tempo, la prima parte di «entrata» della composizione. Accordi bruschi iniziano il Minuetto-Allegretto, ma il particolare carattere elegante e gentile della danza si insinua ben presto; poi tornano gli accordi iniziali che completano il Minuetto dopo un passo in «pizzicato». Cantabile e dolcissimo l'Adagio: un'idea ampia svolta a lungo nella quale si inserisce uno Scherzo molto breve. Infatti la melodia torna in tutta la sua ampiezza, annunciatrice del canto italiano ottocentesco. Il tempo conclude con dei ritorni sull'uno e sull'altro movimento. Segue un Allegretto alla polacca molto originale, brillante e danzante che si fonde benissimo con i tempi più vivi precedenti. I nomi di Mozart e di Schubert affiorano alle labbra. Originalissima la chiusa, con due improvvise interruzioni del tutto inaspettate. L'ultimo tempo è un ispirato tema che provoca alcune variazioni nobilissime alle quali partecipano tutti e tre gli strumenti, soli o insieme, con studiata tecnica e con timbri assai vari. Alla chiusa la Marcia iniziale che inquadra tutta la Serenata, ricchissima di ispirazione e di vitalità.

Mario Rinaldi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il Divertimento K. 563 di Mozart costituì inizialmente un modello per il giovane Beethoven; e certo non è casuale che la data della sua prima edizione (curata postuma nel 1792 dall'editore Artaria di Vienna) coincida con quella della stesura del primo Trio per archi beethoveniano (poi pubblicato come op. 3), significativamente nella stessa tonalità di mi bemolle maggiore e articolato in sei movimenti esattamente disposti come nel capolavoro mozartiano. Meno vincolata a tale modello e assai più personale risulta invece la Serenata in re maggiore, iniziata nel 1795 e pubblicata per la prima volta come op. 8 nel 1797. Messo da parte tanto illustre esempio, Beethoven sembra proporsi qui come compositore alla moda, e non lesina concessioni a quello stile più brillante e leggero così in voga nella Vienna del tempo. Ciò spiega la presenza di una spiritosa "Polacca" come quinto movimento (in tutta la produzione beethoveniana le Polacche si possono contare sulle dita di una mano) e tutte quelle "trouvailles" che rendono ancora più piccante quest'opera già così ricca di giovanile esuberanza: la suggestiva coda in pizzicato del "Minuetto", il sentimentalismo persino esagerato del secondo "Adagio", in re minore, per due volte interrotto da uno "Scherzo" che è tale di nome e di fatto, la festosa gaiezza della "Marcia" che apre e chiude la composizione. Tanta dovizia non poteva certo passare inosservata, e difatti la Serenata godette a suo tempo di un largo successo, testimoniato dalla considerevole quantità di trascrizioni, riduzioni e adattamenti (tra cui uno per violino, viola e chitarra curato dal compositore boemo Wenzel Matiegka) che gli editori di mezza Europa si affrettarono a pubblicare. Lo stesso Beethoven, visto il buon incontro del lavoro, ne fece apprestare una riduzione per viola e pianoforte, poi da lui personalmente riveduta e corretta, che fu pubblicata col titolo di Notturno op. 42 nel 1804.

Danilo Profumo


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 5 maggio 1972
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 2 dicembre 1981

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Ultimo aggiornamento 25 gennaio 2016