Quartetto per archi n. 11 in fa minore, op. 95 "serioso"


Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
  1. Allegro con brio
  2. Allegretto ma non troppo (re maggiore)
  3. Allegro assai vivace, ma serioso
  4. Larghetto espressivo
  5. Allegretto agitato
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1810
Edizione: Steiner, Vienna 1816
Dedica: Nikolaus Zmeskall
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il Quartetto in fa minore op. 95, ultimo dei cosiddetti Quartetti "di mezzo", composto nel 1810 e pubblicato però da Steiner solo nel 1816 (da cui il numero d'opera più "avanzato" rispetto alle altre composizioni dello stesso anno). Ciò nonostante per diverse caratteristiche il Quartetto in fa minore precorre chiaramente i futuri orientamenti dell'autore. Il nome di Quartetto serioso, apposto da Beethoven sull'autografo, si riferisce alla coerente severità del contenuto espressivo, ma a caratterizzare la composizione sono soprattutto le dimensioni contenute, l'economia del materiale, la stringatezza del trattamento, l'elisione di tutto ciò che potrebbe essere superfluo (anche i ritornelli sono aboliti). D'altra parte una sorta di continuità viene ricercata fra i vari tempi, chiara premonizione del "flusso continuo" proposto nelle ultime opere.

L'Allegro con brio è aperto da un incisivo tema all'unisono, ripiegato su sé stesso (che si ripresenta continuamente poi per frammenti sotterranei), e la logica del movimento sembra consistere nella contrapposizione, senza transizioni, fra blocchi di aggressiva "materia" musicale all'unisono e frasi di lirica espansività (secondo e terzo tema); il breve e tesissimo sviluppo si basa sulle trasformazioni armoniche della testa del primo tema, così come sempre sul primo tema si basa la coda. Segue un Allegretto ma non troppo in forma ternaria; nella prima sezione al tema discendente del violoncello solo risponde una levigata melodia del violino, nel registro centrale, accompagnata dagli altri archi, con armonie iridescenti; la sezione centrale, invece, consiste in un lungo fugato, enigmaticamente interrotto dalla riapparizione dell'iniziale tema del violoncello; l'ultima sezione riprende la melodia levigata del violino, nel registro acuto e in dimensioni più estese.

Senza soluzione di continuità segue l'Allegro assai vivace ma serioso, con funzione di Scherzo, dominato dall'aggressività del ritmo e della dinamica, con un Trio sommesso nel quale gli arpeggi del primo violino accompagnano una intensa melodia di Corale. Ancora frammenti del terzo tempo troviamo nel Larghetto espressivo che introduce il finale; questo è un Rondò-Sonata dal tema affannoso, animato poi da scale cromatiche e accompagnamenti insistiti; ma la coda converte improvvisamente in un aereo e brillantissimo fa maggiore il contenuto drammatico di questo Allegro agitato. E questa sconcertante conclusione è in realtà solamente l'ultima manifestazione di quella logica di contrasti estremizzati che guida lo svolgimento dell'intera partitura.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Fra il 1809 e il 1810, mentre la vena del sinfonismo eroico veniva portata avanti dal «Kaiserkonzert» per pianoforte e orchestra e dalla ouverture per l'«Egmont» di Goethe, Beethoven ritorna alla indagine intimista con le sonate per pianoforte in fa diesis minore op. 78 e in mi bemolle maggiore op. 81a («Das Lebewohl»). Il Quartetto in fa minore, composto nel 1810, prosegue l'esperienza di quelle sonate. Il temperamento romantico incide ormai sulle stesse forme classiche, le modifica e rinnova volta a volta, propone varianti alle strutture obbligate.

L'Allegro con brio conta fra le più estrose contrapposizioni dialettiche della musica. Il tema burrascoso dell'apertura è placato ora da arpeggi ascendenti del violoncello, ora da una idea melodica della viola, vagante per tutte e quattro le voci, ora da un inciso amoroso del violino. Stupenda la frammentazione di questi canti, non più propriamente temi, ma simboli di emotività cantabile e distillati di melodia, che nella loro pregnanza scavalcano la logica formale del primo tempo di sonata. Altri tre princìpi sono raffigurati nelle immagini sonore dell'Allegretto ma non troppo. Un passo serioso del violoncello, un cantabile sereno del primo violino, un tema gemente di fuga della viola, ripiegantesi cromaticamente su se stesso. Ed ancora suprema l'indipendenza delle voci, col violoncello che ora gareggia nel canto sopracuto col violino e ora riprende le ansie cromatiche nel suo registro più oscuro. Un accordo di settima diminuita introduce il tema balzante dello scherzo, ed anche qui il contrasto emotivo è sottolineato da un trio su un tema di corale.

Sette battute di introduzione segnano il trapasso dalla meditazione oscura alla supremazia del fantastico: un tema di rondò che con i suoi ritorni, sempre variati, fra couplets drammatici o dialettici, propone una sequenza affine a quella del finale dell'«Appassionata», conclusa nel dispiegarsi sfrenato di ogni energia.

Gioacchino Lanza Tomasi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 4 marzo 2005
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 13 febbraio 2015

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Ultimo aggiornamento 3 agosto 2015