Fantasia corale Schmeichelnd hold (Lusinga amichevole) in do minore, op. 80

per pianoforte, soli, coro ed orchestra, op. 80

Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Testo: C. Kuffner
  1. Adagio - Allegro
  2. Meno Allegro (do maggiore)
  3. Allegretto ma non troppo (do maggiore)
Organico: 2 soprani, 2 contralti, 2 tenori, basso, coro misto, pianoforte, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: 1808
Prima esecuzione: Vienna, Theater an der Wien, 22 Dicembre 1808
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia 1811
Dedica: Re Massimiliano Giuseppe di Baviera
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Un'opera di Beethoven che non reca i segni di una imperiosa volontà ci sorprende e ci spiazza; è un po' il caso della Fantasia op.80, la quale pur appartenendo all'età suprema del sinfonismo e concertismo beethovenianc non presenta quello spiegamento di idee musicali scolpite e necessarie che ne convalida la vicenda morale più tipica. Se non scava nel profondo dell'uomo, riflette tuttavia il musicista nel suo tempo e nella sua società. Beethoven che con le sue opere stava modificando le abitudini di ascolto e creando il moderno concerto pubblico, con la Fantasia op.80 sembra ancora intrattenersi con l'Accademia musicale dell'epoca passata, fatta di composizioni diverse per impegno e organico, solistiche, vocali e strumentali, tenendo d'occhio con la varietà della rassegna anche la vivacità dell'intrattenimento. Curiosamente proprio questa disposizione spirituale più rilassata diventa propizia al sondaggio di qualche esperimento, di qualche accostamento inedito, e infatti quest'opera dal tono così conciliante e gradevole contiene pure un nucleo formale che troverà impiego e sviluppo in un'opera immane e cioè, come la critica ha più volte indicato, addirittura nella Nona Sinfonia "con Cori".

La composizione è da collegare al concerto del 22 dicembre 1808 a Vienna, il cui programma tutto beethoveniano doveva concludersi con la Quinta Sinfonia in prima esecuzione; secondo una testimonianza di Carl Czerny, per non rischiare un boccone così grosso alla fine della lunga serata, Beethoven decise di piazzare in quel punto un "brillante pezzo di chiusura"; pertanto, sempre nel ricordo di Czerny, "scelse il motivo idi un Lied composto molti anni prima, vi incluse le variazioni e il coro, mentre il poeta Kuffner, con suggerimenti dì Beethoven, dovette rapidamente metterci su nuove parole; così è nata la Fantasia con coro op.80, che fu allestita tanto in fretta che quasi non si trovò il tempo di provarla". Il Lied composto in precedenza risale al 1795, "Gegenliebe" ("Amore reciproco") WoO 118, e il tema riutilizzato appare nella seconda parte della composizione; il nuovo testo approntato da Christoph Kuffner, una semplificazione delle "poesie filosofiche" di Schiller o Goethe, tesa a magnificare la vita come cosa bella, unione armoniosa di nobiltà e gioia sotto l'incanto dell'Arte, non appare nelle opere complete del poeta, molto vicino a Beethoven nella seconda parte della sua vita; alcuni studiosi tendevano pertanto a negargli la paternità del testo, ma, come ha suggerito Carli Ballola, la prova non è decisiva, sia perché quei versi hanno un carattere di evidente improvvisazione, sia perché i concetti espressi rispecchiano argomenti discussi dal poeta e dal musicista nei "Quaderni di conversazione" utilizzati da Beethoven negli anni della sordità.

La composizione incomincia con un Adagio per pianoforte solo nel carattere libero e rapsodico della Fantasia praticata da Carl Philipp Emanuel Bach [e da Beethoven nella sua op.77]; il brano fu scritto in occasione della stampa, perché al suo posto, la sera del 22 dicembre 1808, l'autore improvvisò sul momento un'altra pagina; lo stile e il procedimento dell'improvvisazione si sente in ogni caso anche nel testo tramandato. Segue un Allegro, aperto da un tema di marcia nei bassi, di dialogo ravvicinato fra il pianoforte e l'orchestra e quindi l'esposizione (Allegretto) del tema in do maggiore di "Gegenliebe" annunciato da un caratteristico richiamo di "quinte" dei fiati; le variazioni alternano una concezione ornamentale e brillante a più decise trasformazioni: una in do minore, di impetuose alternanze fra solo e orchestra, e un'altra lenta (Adagio ma non troppo) dove domina l'iniziativa poetica del pianoforte: per un momento sembra di percepire l'ombra del genio che passa come una nuvola a grande altezza. Un episodio "alla marcia" ci desta dal sogno e dopo alcune accorte diversioni la Fantasia imbocca l'ultimo episodio con l'entrata del Coro: non c'è nuovo materiale inventivo, ma ripresa dei temi precedenti, arricchiti di combinazioni tìmbriche per la casta sonorità corale e gli spumeggianti trilli del pianoforte nel registro acuto. Quel contrasto di soli e orchestra che nei grandi Concerti era fulcro di indomite passioni, qui è spettacolo, veicolo di socievolezza e visione serena della vita.

Giorgio Pestelli

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Fantasìa corale op. 80 per pianoforte, coro e orchestra venne composta da Ludwig van Beethoven durante l'anno 1808 e vide la sua prima esecuzione il 22 dicembre dello stesso anno, insieme alla Quinta e alla Sesta sinfonia, al Theater an der Wien di Vienna: al pianoforte sedeva lo stesso Beethoven, mentre l'orchestra era affidata alla direzione di Ignaz von Seyfried.

Sappiamo che Beethoven pensava di musicare l'ode An die Freude già nel corso degli anni giovanili di Bonn; il progetto avrebbe trovato realizzazione solo molti anni più tardi, con il finale corale della Nona Sinfonia. In questo senso la Fantasia corale op. 80 può essere letta come una sorta di "prova generale" della Nona sinfonia, non solo perché il tema del coro finale ricorda la "melodia della gioia", ma anche perché il testo della Fantasia di Christoph Kuffner richiama ideologicamente i temi della fratellanza univer¬sale di Schiller.

La composizione prende le mosse da un Adagio per pianoforte solo dal carattere rapsodico: la sera del 22 dicembre Beethoven infatti improvvisò al pianoforte. Il brano, così come lo conosciamo oggi, venne scritto in occasione della pubblicazione della Fantasia.

L'Allegro seguente viene introdotto da un saltellante tema annunciato da violoncelli e contrabbassi che subito dialogano col pianoforte. Una specie di "richiamo" di oboi e corni in quinta annuncia il tema principale in do maggiore (Meno allegro), tema che lo stesso Beethoven aveva utilizzato per il suo Lied Gegenìiebe (Amore reciproco) nel 1785. Il dialogo fra solista e orchestra prosegue con una serie di brillanti e gradevolissime variazioni sul tema principale che coinvolgono ora il flauto solo, ora i legni, ora gli archi, ora tutta l'orchestra in un moto di irrefrenabile gioia. La variazione in do minore scatena nel pianoforte e nell'orchestra una sorta di eroismo che sarà del Beethoven maturo, mentre la variazione lenta in la maggiore (Adagio ma non troppo) viene dominata dal pianoforte. La Marcia assai vivace in do maggiore è l'ultima festosa variazione prima dell'ingresso del coro: Beethoven riprende i temi uditi in precedenza, li elabora e li varia. Il tema dell'amore reciproco" viene esposto dal coro con spensierata gioia e arricchito coi trilli e con le volatine del pianoforte. Il finale della Fantasia ci appare allora veramente come un preannuncio dell'Ode alla gioia della Nona sinfonia.

Alessandro De Bei

Testo

Schmeichelnd hold und lieblich klingen
Unsers Lebens Harmonien,
Und dem Schönheitssinn entschwingen
Blumen sich, die ewig blühn.
Fried und Freude gleiten freundlich,
Wie der Wellen Wechselspiel.
Was sich drängte rauh und feindlich,
ordnet sich zu Hochgefühl.
Wenn der Töne Zauber walten
Und des Wortes Weihe spricht,
Muß sich Herrliches gestalten,
Nacht und Stürme werden Licht.
Äuß're Ruhe, inn're Wonne
Herrschen für den Glücklichen,
Doch der Künste Frühlingssonne
Läßt aus Leiden Licht entstehn.
Großes, das ins Herz gedrungen,
Blüht dann neu und schön empor,
Hat ein Geist sich aufgeschwungen,
Hallt ihm stets ein Geisterchor.
Nehmt denn hin, ihr schönen Seelen,
Froh die Gaben schöner Kunst!
Wenn sich Lieb' und Kraft vermählen,
Lohnt dem Menschen Götter Gunst.
Con lusingante dolcezza
risuonano le armonie della nostra vita
e dalla poesia sbocciano fiori sempre verdi.
Pace e letizia scorrono
come il fluire delle onde;
il rancore e l'amarezza
che premevano dentro di noi
lasciano il passo a più nobili sentimenti.
Quando domina la magia dei suoni
e la sacra parola si esprime,
allora il meraviglioso si manifesta,
notte e tempesta diventano luce;
la pace all'intorno e la letizia interiore
regnano per i felici.
Il sole primaverile delle arti
fa scaturire la luce dalla loro unione.
Quanto di grande c'è nei nostri cuori
torna a fiorire più bello,
non appena lo spirito si eleva
un coro celestiale risuona tutt'intorno.
accogliete, anime belle,
lietamente i doni dell'arte.
Quando l'amore si unisce alla forza
l'uomo è ricompensato dal favore degli dei.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 21 dicembre 2002
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al numero 329 della rivista Amadeus

I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 28 luglio 2018