Abendlied unter'm gestirnten Himmel (Canto della sera sotto il cielo stellato), WoO 150

Lied in mi maggiore per voce e pianoforte


Musica: Ludwig van Beethoven (1770 - 1827)
Testo: H. Goeble
Organico: voce, pianoforte
Composizione: Vienna, 4 marzo 1820
Edizione: Modenzeitung, Vienna 1820
Dedica: alle figlie di Cajetan Giannatasio del Rio

Guida all'ascolto (nota 1)

Da una goethianamente «sana» contemplazione naturistica, priva di smarrimenti e visionari cupio dissolvi, trae la propria scaturigine il tardo Abendlied (del 1820, lo stesso anno dei prodigiosi Nachthymne schubertiani su testi di Novalis).

Giovanni Carli Ballola

Testo

ABENDLIED UNTERM GESTIRNTEN HIMMEL
CANTO DELLA SERA SOTTO IL CIELO STELLATO
Wenn die Sonne niedersinket,
Und der Tag zur Ruh sich neigt,
Luna freundlich leise winket,
Und die Nacht herniedersteigt;

Wenn die Sterne prächtig schimmern,
Tausend Sonnenstrahlen flimmern:
Fühlt die Seele sich so gross,
Windet sich vom Staube los.

Schaut so gern nach jenen Sternen,
Wie zurück ins Vaterland,
Hin nach jenen lichten Fernen,
Und vergisst der Erde Tand;

Will nur ringen, will nur sterben,
Ihrer Hülle zu entschweben:
Erde ist ihr eng und klein,
Auf den Sternen möcht sie sein.

Ob der Erde Stürme toben,
Falsches Glück den Bösen lohnt:
Hoffend blicket sie nach oben,
Wo der Sternenrichter thront.

Keine Furcht kann sie mehr quälen,
Keine Macht kann ihr befehlen;
Mit verklärtem Angesicht,
Schwingt sie sich zum Himmelslicht.

Eine leise Ahnung schauert
Mich aus jenen Welten an;
Lange nicht mehr dauert
Meine Erdenpilgerbahn,

Bald hab ich das Ziel errungen,
Bald zu euch mich aufgeschwungen,
Ernte bald an Gottes Thron
Meiner Leiden schönen Lohn.
Quando il sole tramonta
ed il giorno si dispone al riposo,
la luna saluta amichevolmente, sommessa,
e la notte scende, quaggiù.

Quando le stelle scintillano sfarzosamente,
sono mille raggi di sole tremolanti:
l'anima si sente tanto grande
e si raccoglie in sé stessa, libera dalla polvere.

E' così bello guardare quelle stelle,
come si faceva in patria,
quelle luci lontane,
e dimenticare le miserie della terra.

Voglio solo lottare, voglio morire,
per sottrarmi a questa spoglia mortale:
la terra è piccola e ristretta per lei,
e vorrebbe essere sulle stelle.

Se sulla terra infuriano le tempeste,
se la fortuna ingannevole compensa il cattivo,
rivolge in alto lo sguardo, speranzosa,
dove siede il Giudice delle stelle.

Nessun timore può farla soffrire ancora,
nessun potere la può comandare:
con il volto illuminato,
vola verso la luce del cielo.

Un sommesso presagio
mi viene da quei mondi:
il mio pellegrinaggio terreno
non durerà più a lungo.

Presto avrò raggiunto la mèta,
presto mi lancerò verso di voi,
per raccogliere presto, al trono di Dio,
la bella ricompensa per i mìei dolori.
(Traduzione di Luigi Bellingardi)

(1)  Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 4 dicembre 1970


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Ultimo aggiornamento 20 dicembre 2013