Messa da requiem, op. 38a

Versione per baritono, coro, orchestra e organo con l'aggiunta del Mottetto op. 27 [34]

Musica: Giovanni Sgambati (1841 - 1914)
  1. Introito - Andante (fa minore)
  2. Dies irae - Molto mosso (do minore)
  3. Offertorio: Domine Jesu - Andante maestoso e solenne (la bemolle maggiore)
  4. Sanctus - Andantino tranquillo (fa maggiore)
  5. Mottetto: Versa est in luctum cythara mea - Vedi op. 27 [34]
  6. Agnus Dei - Andante con moto (sol maggiore)
  7. Libera me Domine - Andante con moto (fa minore)
Organico: baritono, coro misto, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, tam-tam, piatti, arpa, organo, archi
Composizione: 1895 - 1896
Prima esecuzione: Roma, Pantheon, 29 luglio 1901 per il primo anniversario della morte del re Umberto I
Edizione: Schott, Magonza, 1906
Guida all'ascolto (nota 1)

GIOVANNI SGAMBATI nacque in Roma il 28 maggio 1841. Fece i primi studi di pianoforte con Amerigo Barbieri; e si rivelò ben presto come fanciullo prodigio, producendosi già come pianista a cinque anni d'età. Trasferitosi con. la famiglia a Trevi nel 1849, dopo la morte del padre, si dedicò ivi, oltre che al pianoforte, allo studio dell'armonia, ove ebbe a maestro il Natalucci, allievo di Zingarelli nel Conservatorio di Napoli. Tornato a Roma nel 1860, si acquistò ben presto larga rinomanza di pianista, pur continuando gli studi di contrappunto con Aldega, maestro di cappella di Santa Maria Maggiore. In seguito a pubblico saggio del 17 maggio 1854 veniva ammesso ad unanimità di voti, come Professore Onorario nella classe di pianoforte, fra gli Accademici di Santa Cecilia.

Qualche anno dopo ebbe occasione di conoscere in Roma il Liszt che si accorse subito di trovarsi di fronte a un forte temperamento d'artista, e d'altra parte vide in lui un ottimo elemento per interpretare le sue composizioni e per coadiuvarlo nella diffusione della musica classica in Italia. Così si stabilirono quegli stretti legami di affezione fra i due artisti, che mai si rallentarono per tutta la loro vita. Sgambati divenne l'allievo prediletto di Liszt, e del suo maestro come fu uno dei migliori coadiutori in vita, così dopo la morte continuò le tradizioni con entusiasmo e con venerazione profonda.

Liszt affidò anche a Sgambati importanti incarichi, quali quello di dirigere alla Sala Dante la prima esecuzione della sua Sinfonia Dantesca e della prima parte dell'oratorio Christus. Nel 1869 lo condusse con sè in Germania, dove a Monaco gli fece conoscere Rubinstein. Fu per mezzo di Liszt che Sgambati conobbe anche il Wagner in Roma nel 1876, in un concerto che aveva luogo in casa dell'ambasciatore tedesco von Wendell, il cui programma era formato per intero di musiche di Sgambati (i due quintetti e melodie per canto).

Wagner rimase ammirato delle composizioni del giovane romano e lo presentò e raccomandò al suo editore Schott, che divenne da allora in poi anche il fedele editore di Sgambati.

Così la fama dello Sgambati, pianista e compositore, cresceva rapidamente; e la vita musicale romana per opera di lui e dei suoi amici, e sotto l'impulso animatore di Liszt, raggiungeva ben presto uno straordinario fervore. Al primo Quartetto (Ramacciotti, Sgambati, Forino, Pinelli) successe la Società Orchestrale diretta da Pinelli che ebbe un venticinquennio di vita gloriosa, e infine la Società del Quintetto, che prese poi il nome di Quintetto di Corte (Sgambati direttore, Monachesi, Enrico Masi cui successe poi Jacobacu, e Forino). Queste istituzioni diventarono organi efficacissimi di diffusione della musica classica di Roma.

Nè a Roma Sgambati limitò la sua attività, ma egli tenne alto il nome della sua patria anche fuori d'Italia, dove la sua fama di concertista e di compositore si diffuse rapidamente lasciando tracce che non scompariranno facilmente. Tra i suoi viaggi artistici all'estero i più memorabili furono: quello in Inghilterra nel 1882, quello a Parigi nel 1884, dove egli rappresentò l'Italia nei concerti internazionali all'Esposizione, e quello in Russia nel 1903.

Ma, come egli andò avanzandosi nell'età, divenne sempre più restio ad allontanarsi da Roma, dove lo tratteneva un apostolato cui si era dedicato con profondo fervore, l'apostolato dell'insegnamento, in quel Liceo di Santa Cecilia, di cui egli era stato, con Ettore Pinelli (violino) Alessandro Orsini (canto), Ferdinando Forino (violoncello), Vedasto Vecchietti (ottoni), uno dei fondatori. Questi egregi artisti, che avevano aperto per conto loro delle classi gratuite destinate agli alunni poveri che dimostrassero singolari attitudini per l'arte, chiesero nel 1869 alla Pontificia Accademia di Santa Cecilia un locale ove potere trasferire le loro scuole. Il cardinale Di Pietro, allora protettore dell'Accademia, non si oppose: e così ebbe la sua origine il Liceo di Santa Cecilia, che l'Accademia seppe far prosperare fino ad ottenerne il passaggio allo Stato come R. Conservatorio.

L'attività dello Sgambati può essere considerata sotto tre aspetti, che, pure essendo distinti fra loro, si compenetrano, si integrano, e si completano a vicenda, in una personalità superiore: il pianista, il compositore, l'insegnante.

In ciascuno di questi tre aspetti si ritrova in alto grado quella che è la qualità fondamentale di Sgambati artista: cioè la nobiltà e distinzione di sentimento, la squisitezza di gusto, l'amore per le forme di musica più austere ed elevate.

Il merito di Sgambati pianista sta specialmente in questo: che egli si servì della tecnica (e fu un virtuoso di prim'ordine) non a scopo di acrobatismo e di facili effetti, ma come mezzo per fare conoscere al pubblico le opere d'arte più nobili ed elevate, di cui fu interprete squisito e classicamente austero.

Le composizioni di Sgambati - le due sinfonie, il grandioso Requiem scritto nel 1906 per la cerimonia commemorativa di Vittorio Emanuele II al Pantheon ed eseguito moltissime volte in concerto nelle principali città di Germania e di altri paesi, il suo concerto per pianoforte, il quartetto, i quintetti, le composizioni per pianoforte, le squisite melodie per canto - non solo considerate nel momento in cui furono scritte, momento in cui la musica da camera e da concerto era in Italia completamente trascurata sotto l'imperio assoluto del melodramma, ma anche oggi, appaiono creazioni di un artista nobile ed austero, che rifugge dal facile plauso, per perseguire un proprio elevato ideale di bellezza.

Di Sgambati insegnante occorre ancor meno parlare: poiché l'opera-sua vive e vivrà a lungo attraverso la numerosa ed elettissima schiera dei suor allievi, oggi maestri, che nel Liceo di Santa Cecilia - dove dalla fondazione sino alla sua morte esercitò con amore di padre e fervore di artista il suo nobilissimo apostolato - e fuori del Liceo son cresciuti alla sua scuola, attingendo da lui, oltre a magistero tecnico, squisitezza di gusto e culto severo dei classici; e conservano di lui una eredità di affetti e di ispirazioni artistiche incancellabile.

La Regia Accademia di Santa-Cecilia, che annoverò, come si è detto, Giovanni Sgambati fra i propri soci, lo volle più volte nel Consiglio direttivo e nel 25" anniversario della fondazione del Liceo lo insignì, insieme con Ettore Pinelli, della suprema onorificenza, la Medaglia Accademica.

Una lapide, con epigrafe di Corrado Ricci, ricorda, in Piazza di Spagna l'abitazione ove egli visse per trentasette anni e morì il 14 dicembre 1914. L'Accademia di Santa Cecilia lo commemorò con un concerto vocale e strumentale all'Augusteo diretto da Bernardino Molinari, il 17 gennaio 1915, con la partecipazione di Bice Mililotti De Reyna (soprano), Francesco Bajardi (pianoforte) e Oscar Zuccarini (violino).

Della Messa da Requiem così ha scritto Romolo Giraldi nell'articolo "Giovanni Sgambati e la Filarmonica Romana" pubblicato nella Rassegna musicale del maggio 1939-XVII:

"La più importante e forse anche la più bella composizione dello Sgambati, la grandiosa Messa da Requiem a coro misto, baritono e orchestra, è intimamente legata ad una delle più nobili, sebbene mesta, attività della Filarmonica Romana, la quale dal 1878 al 1927, per incarico del Regio Governo, provvide alla parte musicale nelle solenni esequie in memoria dei due primi Re e della Regina d'Italia. È vi provvide o con la esecuzione di Messe classiche, o affidando l'incarico della composizione a noti maestri, o con pubblici concorsi.

"Nel 1895, per il funerale in memoria del Re Vittorio Emanuele II, si pensò di eseguire la Messa in do minore di Luigi Cherubini, per coro a quattro voci e orchestra. Come è noto, alla Messa di Cherubini mancava l'assoluzione, come quasi sempre nelle Messe classiche, e a tale mancanza provvide lo Sgambati, scrivendo una Assoluzione (Libera me, Domine), per coro e orchestra. La esecuzione, diretta dallo Sgambati, ebbe luogo il 19 gennaio nella chiesa del Pantheon, ma fu preceduta da una prova generale nella Sala Palestrina, alla quale intervenne la Regina Margherita. La Assoluzione dello Sgambati fu giudicata quella che è: una stupenda pagina di musica sacra.

"Per il funerale dell'anno seguente il Maestro compose l'intero Requiem e lo diresse al Pantheon il 17 gennaio.

"Il 29 luglio 1900 cadeva a Monza, vittima di un vilissimo attentato, il Re Umberto I. Lo Sgambati, che più volte aveva potuto avere prove della grande bontà del Re Buono, ne fu vivamente commosso: riprese il suo Requiem, lo rivide, lo ripulì, come era costante abitudine per ogni sua composizione, e vi aggiunse due parti nuove: l'Offertorio, in cui è un solo di baritono, e il Mottetto per baritono solo e orchestra Versa est in luctum cythara mea. Così completato e nella forma definitiva, il Requiem fu eseguito al Pantheon il 29 luglio 1901, nel primo anniversario della morte del Re. Diresse l'autore e baritono solista fu Mattia Battistini. Il successo fu entusiastico, quale l'importantissimo lavoro meritava"

A Roma il Requiem di Sgambati fu eseguito ancora un'altra volta, sempre al Pantheon, il 14 marzo 1925, per l'ultimo funerale in memoria del Re Umberto I.

All'estero il Requiem ha avuto parecchie esecuzioni: a Lipsia, Colonia, Magonza, Berlino, Londra, Basilea, Stoccolma, Amburgo, Stoccarda, Copenaghen, Amsterdam; in America, a Washington e Chicago.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Teatro Adriano, 16 marzo 1941


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Ultimo aggiornamento 13 giugno 2015