Quartetto per archi n. 13 in la minore, op. 29, D. 804 "Rosamunda"


Musica: Franz Schubert (1797 - 1828)
  1. Allegro ma non troppo (la minore)
  2. Andante (do maggiore)
  3. Menuetto. Allegretto (la minore) e Trio (la maggiore)
  4. Allegretto moderato (la maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: Febbraio - 1 Marzo 1824
Prima esecuzione: Vienna, Musikvereinsaal, 14 Marzo 1824
Edizione: Sauer & Leidesdorf, Vienna, 1824
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Ancora una volta un titolo, anche se non originale, e ancora una volta l'utilizzo da parte di Schubert di materiale da lui composto in precedenza: in questo caso, un tema preso dalle musiche di scena per la Rosamunde di Helmina von Chézy (il n. 6 della partitura), che diventa l'elemento tematico principale del secondo movimento. Ma c'è un'altra importante autocitazione in questo Quartetto: il motivo principale del Menuetto è infatti preso dal Lied Die Götter Griechenlands (Gli Dei della Grecia), composto da Schubert nel 1819 su testo di Schiller. Lo stesso motivo era già stato riutilizzato nell'Ottetto, composto quasi contemporaneamente al Quartetto in la minore. La prima esecuzione del Quartetto avvenne subito dopo che Schubert l'ebbe completato, il 14 marzo 1824, presso il Musikverein di Vienna, a opera del Quartetto Schuppanzig. Fatto quanto mai straordinario per Schubert, il Quartetto in la minore fu anche pubblicato, unico fra i quartetti schubertiani, pochi mesi dopo, in settembre, con il numero d'opus 29. La partitura fu dedicata a Ignaz Schuppanzig. Il primo movimento, Allegro non troppo, si apre con due battute introduttive, nelle quali vengono presentate le figurazioni di accompagnamento (morbidi arpeggi del violino secondo e un ostinato ritmico, formato da una minima puntata e da una quartina di semicrome, affidato a viola e violoncello) sulle quali il violino primo distende poi una melodia di malinconico lirismo. Una breve divagazione, conclusa da una cadenza sospesa alla dominante, conduce a una ricomparsa del tema iniziale: questa volta però il modo è maggiore, con un mirabile effetto coloristico. La transizione si basa su due elementi: un'energica sincope, arricchita da un trillo (viola e violoncello), e una morbida figurazione scalare in terzine (violini). Presentati in successione, i due elementi vengono quindi sovrapposti e combinati, con diverse distribuzioni strumentali. Il serrato procedere del discorso rallenta, arrestandosi dopo un'ascesa del violino primo solo: ecco il secondo tema, nella tonalità del relativo maggiore (do), esposto dal violino secondo e quindi dal primo; anche in esso ha grande rilievo un trillo (sulla seconda nota). La testa di questo tema si combina poi con l'elemento in terzine della transizione e conduce alla breve codetta, basata sui medesimi elementi. L'esposizione viene quindi ripetuta.

Nello sviluppo è il materiale del primo gruppo tematico a dominare la scena. Dopo una riproposta pressoché letterale dell'inizio, il discorso si anima con un dialogo tra violino primo e violoncello, che porta a un punto culminante su un accordo di settima diminuita indicato fortissimo. Rimane quindi soltanto l'ostinato ritmico a sostenere gli elementi motivici del tema, dapprima affidati al solo violino e poi anche al violoncello, in un'ideale prosecuzione del dialogo precedente. La ripresa, simmetrica all'esposizione, giunge in maniera sommessa, coerentemente con il carattere del materiale tematico. Schubert sceglie di conservare la luminosità del modo maggiore per tutto il secondo gruppo tematico e torna al minore soltanto nella coda, aperta da una ricomparsa dell'intero primo tema. La conclusione è affidata ai due motivi della transizione.

Il tema principale del secondo movimento, Andante, è una squisita melodia dal sapore inconfondibilmente liederistico, affidata al violino primo; la cellula ritmica iniziale, dattilica come quella del tema della morte nel secondo movimento del Quartetto in re minore, sarà oggetto, come vedremo, di interessanti sviluppi. La tonalità d'impianto è do maggiore. Una brevissima transizione che modula alla dominante conduce al secondo gruppo tematico, nel quale una figurazione sincopata del violino primo si adagia su di un soffice tappeto creato da violino secondo e viola. Nel prosieguo il discorso si fa morbidamente cromatico, con qualche improvviso scarto dinamico. La breve riconduzione è interamente fondata sulla cellula dattilica di apertura, con il ritorno del tema principale preceduto da una fermata sull'accordo di dominante.

Nella ripresa il tema principale ha un accompagnamento più mosso, con il secondo violino che dipana una cantilena in semicrome e la viola che reitera ostinatamente la cellula dattilica. Nella seconda parte del tema, una sorprendente modulazione a la bemolle maggiore conduce a un nuovo, ampio episodio elaborativo: è ancora la cellula dattilica a informare di sé il tessuto musicale, dando vita però a un serrato dialogo tra gli strumenti. La prevalenza del modo minore e la concitazione del discorso fanno di questo episodio l'unica parentesi drammatica dell'intero brano. Quando la tempesta si placa, lasciando ancora una volta sola la cellula dattilica, viene finalmente ripreso anche il secondo gruppo tematico, ovviamente ricondotto alla tonica. Nella coda è ancora il ritmo dattilico a dominare la scena.

Con il Menuetto torniamo al la minore. È il violoncello solo a proporre la cellula motivica principale del tema di apertura, poi esposto dagli altri tre strumenti. L'armonia muove rapidamente al relativo maggiore (do) e violino primo e viola dialogano su un nuovo motivo, lo stesso che, dopo che questa prima parte è stata ritornellata, apre la seconda sezione. L'armonia si sposta a un sorprendente la bemolle maggiore, mentre il discorso si anima anche dal punto di vista dinamico, fino a un punto culminante (fortissimo) nel quale il la bemolle viene reinterpretato come sol diesis e conduce alla ripresa del tema iniziale, nella lontanissima tonalità di do diesis minore. È la stessa cellula motivica che era stata precedentemente elaborata a riportare al la minore d'impianto e alla conclusione. Dopo il ritornello di tutta la seconda sezione il Menuetto è suggellato da una brevissima coda, basata sul motivo di apertura. Da rimarcare in questo brano la straordinaria abilità con la quale Schubert collega aree tonali fra loro lontanissime, senza che l'ascoltatore avverta «scarti» o bruschi trapassi armonici. Più semplice il Trio, in la maggiore, con il suo andamento da danza popolare. Nella seconda sezione una cellula motivica del tema principale passa dal violino primo al violoncello e quindi al violino secondo, prima che una fermata sulla dominante di la colleghi direttamente alla ripresa del Menuetto.

Con l'ultimo movimento, Allegro moderato, ritroviamo definitivamente la serena e gioviale atmosfera del Trio: la tonalità di la maggiore, l'impronta popolare del materiale tematico, soprattutto del tema principale, e il tono spensierato sono gli elementi che caratterizzano questo brillante brano. Nella transizione, un'improvvisa ombreggiatura al modo minore sembra far da premessa all'impianto tonale del secondo gruppo tematico, do diesis minore, la relativa della dominante (mi). La vivacità dell'invenzione melodica e la leggerezza del tratto tolgono qualsiasi sfumatura cupa da questo modo minore, che infatti si sposta ben presto al relativo maggiore, mi, tonalità nella quale si svolge l'episodio conclusivo, con la viola che assume un ruolo protagonistico; il materiale è derivato dal tema di apertura. Sapientemente camuffato il ritorno di quest'ultimo, cui segue - ancora una volta una collocazione insolita, come nell'Andante - un ampio episodio a carattere elaborativo. La prevalenza del modo minore sembra un'ultima eco dell'atmosfera del primo movimento e del Menuetto. La ricomparsa della transizione, in fa diesis minore, porta alla ripresa del secondo gruppo tematico (anch'esso in fa diesis minore) e dell'episodio conclusivo (alla tonica). Breve e divertita la coda, basata sugli elementi del tema principale.

Paolo Rossini

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Schubert compose il Quartetto op. 29 nel 1824 e lo dedicò al violinista Ignaz Schuppanzigh, il quale lo eseguì per la prima volta a Vienna con il suo quartetto il 14 marzo. E' questo il tredicesimo dei quindici quartetti generalmente inclusi nel catalogo delle composizioni schuberliane. Scritto in un periodo di particolare sconforto, testimoniato da varie lettere, il Quartetto risente, soprattutto nel primo movimento, di tale stato d'animo.

L'Allegro ma non troppo si apre in una atmosfera che ricorda il Lied Gretchen und Spinnrade. Su un accompagnamento dal ritmo inquieto, il violino espone il primo tema, che è poi ripreso in maggiore e modificato; una transizione porta al secondo tema, diviso in due semifrasi; sul secondo tema si basa la conclusione dell'esposizione; dopo una transizione, tutta l'esposizione è ripetuta. Lo svolgimento è diviso in tre sezioni, facenti riferimento tutte e tre al primo tema. La ripresa presenta alcune diversità di proporzioni e di timbri rispetto all'esposizione e termina con una coda basata sul primo tema.

L'Andante ha sino a un certo punto la forma di un Lied tripartito, con un amabile primo tema, affine ad uno di quelli della Rosamunda e a quello dell'Improvviso op. 142 n. 3, ed un secondo terna caratterizzato da sincopi e da trilli.

L'atmosfera dell'Allegro ma non troppo ricompare nel Minuetto, le cui prime battute sono prese letteralmente dalla introduzione ad alcune liriche su Die Götter Griechenlands di Schiller composte qualche anno prima: la domanda schilleriana Schöne Welt, wo bist du? sembra improntare anche il nuovo pezzo. Il Minuetto è costruito nella forma tradizionale, inframezzata dal Trio.

Le nubi si diradano nell'Allegro moderato finale, ma la sua gaiezza appare un po' voluta. Formalmente, il movimento partecipa del rondò e della sonata. Esso si basa soprattutto su due temi, il primo dei quali ha l'aspetto di ritornello.

Alberto Pironti

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

L'atteggiamento di "rimpianto" dell'ultimo Schubert è perfettamenteesemplificato dal Quartetto in la minore D. 804, a proposito del quale è spesso stata notata l'affinità del tema del Minuetto con quello del Lied Die Götter Griechenlands, il cui testo, di Schiller, recita «Schöne Welt, wo bist du? / Kehre wieder, holdes Blütenalter der Natur!» («Bel mondo, dove sei? / Torna ancora, dolce fiorita età della Natura!»). Al di là di simili corrispondenze, è la costruzione interna del Quartetto a stemperare in lirismo le regole classiche; il primo movimento si basa su un'idea tematica ("sospesa" e isolata dalle due battute introduttive d'accompagnamento) che oscilla con naturalezza fra il modo minore e quello maggiore, ed appare perfettamente compiuta in sé, concedendo in seguito poco spazio alla elaborazione; lo sviluppo si svolge dunque con episodi diversivi, svolti secondo una logica paratattica.

In un'ambientazione dolcemente eufonica si mantiene prevalentemente il movimento lento il cui tema, debitore verso l'Andantino delle musiche di scena di Rosamunde (da cui il nomignolo di «Rosamunde» talvolta attribuito al Quartetto), viene espressivamente arricchito ad ogni ripetizione. Anche il Minuetto è animato dall'oscillazione coloristica fra maggiore e minore; esso ha il carattere, comunque, più di austero intermezzo che di danza. Tema di danza ricco di suggestioni ungheresi è quello del Finale, dove si sprigionano le energie propulsive trattenute nel tempo precedente; la conclusione in maggiore non ha comunque una valenza ottimistica, ma è l'ultimo gesto dei giochi coloristici legati alle implicazioni elegiache dell'intera partitura.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

Il «Quartetto in la minore» composto nel febbraio-marzo 1824 ed eseguito la sera dei 14 marzo dal Quartetto Schuppanzigh, si caratterizza per il ritorno pieno da parte di Schubert allo spirito del lied che distingueva le sue opere giovanili e a quella «più grande semplicità d'invenzione» cui faceva riferimento anche Schumann parlando degli ultimi lavori schubertiani di poco successivi.

Un lungo canto, velato di quella tristezza cosi struggente e cosi tipicamente «schubertiana», percorre l'intero Quartetto fin dalla melodia cantilenante esposta dal primo violino subito dopo le due battute iniziali e poi sviluppata durante l'intero primo movimento. Tenero e suggestivo l'Andante, si sviluppa in forma di lied su un tema già usato da Schubert per il terzo intermezzo di «Rosamunde», una lunga commedia di Helmina von Chézy, di cui egli aveva scritto l'anno precedente le musiche di scena.

Ma il momento caratterizzante di questo Quartetto è senz'altro il Minuetto con il relativo Trio in cui lo spirito del lied si esprime in tutta la sua dolorosa nostalgia per un mondo ideale di bellezza perduta proprio nel riferimento letterale al motivo già composto da Schubert nel 1819 per i due versi «O bel mondo, dove sei tu? / Ritorna o cara e fiorita età della Natura», un frammento de «Gli dei della Grecia» di Schiller. Qui veramente, come afferma l'Einstein «La rassegnazione del Minuetto e, nel Trio in forma di Ländler, l'ideale accarezzato di una felicità innocente sono sentimenti espressi dalla musica con la stessa chiarezza di un linguaggio logico; anzi, risultano ancora più intensi che se fossero espressi in parole perché Schubert, in un brano di musica da camera, riesce a dire compiutamente quello a cui nel Lied, ispirato ma anche limitato dal testo, poteva solamente alludere». L'Allegro moderato finale, malgrado i suoi temi cavallereschi all'ungherese, cerca invano di sottrarsi al clima di generale tristezza che pervade l'intero lavoro. È chiaro ormai che Schubert è entrato nell'ultimo periodo della sua esistenza.

Mario Sperenzi


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 69 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, sala Accademica di via dei Greci, 14 febbraio 1962
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 9 febbraio 1997
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 5 ottobre 1977


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Ultimo aggiornamento 9 gennaio 2019