Concerto in re maggiore per pianoforte e orchestra "per la mano sinistra"

Versione per pianoforte e orchestra

Musica: Maurice Ravel (1875 - 1937)
Organico: pianoforte solista, ottavino, 3 flauti, 2 oboi, corno inglese, clarinetto piccolo, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, bassotuba, timpani, tamburo, piatti, grancassa, wood-block, tam-tam, arpa, archi
Composizione: 1929 - 1930
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 5 gennaio 1932
Edizione: Durand, Parigi 1931
Dedica: Paul Wittgenstein

Vedi al 1930 n. 134 la versione per due pianoforti
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il Concerto per la mano sinistra per pianoforte e orchestra fu commissionato a Ravel dal pianista austriaco Paul Wittgenstein, che durante la prima guerra mondiale era rimasto mutilato del braccio destro. Lo stesso pianista lo eseguì a Vienna nel 1931, suscitando notevole interesse per questa composizione in cui l'essenziale, come disse Ravel, è dare non l'impressione di un tessuto sonoro leggero, ma quella di una parte scritta per due mani. Infatti il Concerto ha una eloquenza e un calore espressivo che non sembrano ottenuti con le sole cinque dita della mano sinistra e sta a dimostrare l'estrema bravura e la vivissima sensibilità creatrice di un artista che sa ricavare emozioni musicali da un fatto tecnico anomalo. In Francia il concerto fu portato al successo nel 1937 da Jacques Février, scelto personalmente da Ravel; la critica ebbe parole lusinghiere per l'esecutore, che era stato allievo di Marguerite Long, e su un giornale apparve il seguente giudizio: «Con una sola mano, una sola, egli traccia con disinvoltura tutti i movimenti richiesti dai canti inebrianti o gli arabeschi coloriti dell'accompagnamento e sa creare con sonorità calde e intense l'alone di vibrazioni indispensabile allo svolgimento del canto».

Il Concerto in re inizia allo stesso modo de La Valse: atmosfera cupa e nebbiosa, con i temi che si alzano a fatica dal loro registrò più grave per esplodere in un crescendo di sonorità sfociante nel fortissimo. Entra il pianoforte e svolge la sua cadenza tutt'altro che facile e costruita sul ritmo iniziale di una lenta sarabanda, ripresa e ampliata dall'orchestra. Un diminuendo lascia spazio ad una delicata invenzione pianistica, rievocante l'atmosfera dai contorni sfumati di Ma mère l'Oye. Il Lento si trasforma in Andante e il primo tema ritorna affidato all'orchestra, mentre il pianoforte persegue sonorità brillanti. Eccoci quindi all'Allegro centrale in 6/8 su un ritmo di danza arricchita da effetti di derivazione jazzistica. È una pagina di straordinaria efficacia nella sua estrosa invenzione timbrica, con "uscite" improvvise e originali di vari strumenti, dal controfagotto agli ottoni. Al culmine dell'esasperata accentuazione ritmica si riaffaccia il Lento precedente con una violenza sonora dai toni lancinanti sottolineati dal pianoforte con percussiva intensità. Dal diminuendo si sprigiona una vivacissima cadenza del pianista, impegnato a sviluppare al massimo il secondò tema presentato inizialmente. Si riascolta la frase della sarabanda, alla quale si associano in crescendo tutti gli strumenti. C'è un improvviso richiamo all'Allegro in 6/8 e poi il concerto si conclude con cinque battute rapide e sferzanti, come frustate di un domatore nel circo.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Benché iniziato quando già da tempo Ravel stava lavorando al Concerto in sol, il Concerto per la mano sinistra fu il primo ad essere ultimato ed eseguito (Vienna, 27 novembre 1931, solista lo stesso pianista mutilato che lo aveva commissionato, Paul Wittgenstein). Il Concerto in re è in un solo movimento, benché internamente tripartito. Nel descriverlo Ravel ne sottolineò i «molti effetti jazz» e la complessa scrittura pianistica, che aveva cercato di far sembrare destinata alle due mani, tanto da far ricorso a uno stile vicino a quello volutamente grandioso che spesso il concerto tradizionale predilige. Dopo una prima parte improntata a tale spirito, appare un episodio di carattere quasi improvvisatorio che offre spunto a un motivo jazz, costruito, luttavia, sui temi della prima parte.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 17 novembre 1990
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Sinfonica a cura di Pietro Santi;
Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 1989


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Ultimo aggiornamento 7 novembre 2018