L'isola dei morti, op. 29

Poema sinfonico in la minore da un quadro di Böcklin

Musica: Sergej Rachmaninov (1873 - 1943)
Organico: 3 flauti (3 anche ottavino), 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 6 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, piatti, grancassa, arpa, archi
Composizione: Dresda, 17 aprile 1909
Prima esecuzione: Mosca, Sala della Filarmonica, 1 maggio 1909
Dedica: N. Struve
Guida all'ascolto (nota 1)

Il poema sinfonico L'isola dei morti, che Rachmaninoff compose nel 1908, due anni dopo aver licenziato quella Sinfonia n. 2 che forma con esso la coppia di opere che si possono considerare i suoi capolavori sinfonici. Naturalmente è una "pittura che ama", l'elemento che ispirò l'autore, il quale in realtà non vide alcuna delle cinque versioni del celeberrimo dipinto dello svizzero Arnold Böcklin - le dipinse tra il 1880 e il 1886 e sono conservate in varie città del mondo - ma solamente una riproduzione in bianco e nero esposta a Parigi nel 1907. Tanto bastò però a indurlo a decidere che il soggetto di Caronte, che a bordo di una barca a remi traghetta sul fiume Stige un'anima destinata appunto all'Isola dei morti, raffigurata come geometrico insieme di rocce sepolcrali e cipressi, era quello che faceva per lui, che da circa un anno andava cercando il soggetto ideale per un poema sinfonico. Come avrebbe confidato per lettera a una amica anni dopo: «i colori luminosi, gioiosi, non mi riescono con facilità».

E certo luminosi non sono i colori della Toteninsel di Böcklin, dipinto che potrebbe avere affascinato Rachmaninoff non solo per la cupezza del soggetto ma anche per l'alto grado di Classicismo che la tela sprigiona. Al Böcklin dell'Isola dei morti non mancano infatti suggestioni naturalistiche ma sono in secondo piano rispetto all'amore per la qualità allegorica del soggetto: i personaggi non comunicano, sono modelli ideali inseriti nello spazio, espressi da una pittura levigata e plastica, mentre la natura, attorno a essi, tende a una rappresentazione fisica delle cose ma statica, antica, misteriosa, ove il colore assume intonazioni di severo grigiore, le linee di severa grandezza e l'insieme di severa solennità. La vita è lontana, scomparsa, l'azione è raggelata. Questo è l'elemento concettuale che incantò Max Reger nel 1913, quando dedicò al dipinto il terzo dei suoi Quattro poemi musicali da Böcklin ma questo è anche l'elemento magico, spettrale che traspare dal poema di Rachmaninoff, il quale infatti si guardò bene dal pubblicare una traccia d'ascolto del brano, e tanto meno un "programma" vero e proprio.

Ciò naturalmente non impedisce che alcuni "oggetti" del lessico sfruttato nella circostanza da Rachmaninoff non rievochino gli elementi dell'allegoria pittorica böckliniana. La dinamica immobile dell'acqua, ad esempio, si coglie fin dall'apertura del sipario negli ostinati di arpa, archi gravi, clarinetto basso, corni e timpani; lo sciabordio della barca mossa dai remi dello psicopompo Caronte è reso da un ritmo in 5/4; i pedali suggeriscono la calma della scena. E soprattutto il contrasto tra la vita e la morte è reso da un lato dalla presenza del motivo del Dies Irae gregoriano, così caro al musicista russo (lo aveva abbondantemente usato in tutti i quattro tempi della Prima Sinfonia e lo userà ancora nelle Danze sinfoniche) e, dall'altro lato, dall'irrompere di un magnifico, rapinoso tema di marcata intensità espressiva, che sembra voler rappresentare un ricordo gioioso della vita prima di soccombere al potente dominio della morte.

Enrico Girardi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorium Parco della Musica, 21 marzo 2015


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Ultimo aggiornamento 1 aprile 2015