Sinfonia n. 29 in la maggiore, K1 201 (K6 186a)


Musica: Wolfgang Amadeus Mozart (1756 - 1791)
  1. Allegro moderato (la maggiore)
  2. Andante (re maggiore)
  3. Minuetto (la maggiore)
  4. Allegro con spirito (la maggiore)
Organico: 2 oboi, 2 corni, archi
Composizione: Salisburgo, 6 Aprile 1774
Edizione: Kühnel, Lipsia 1811
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Terminata il 6 aprile 1774, la Sinfonia K. 201/186a rappresenta - insieme alle Sinfonie in do maggiore K. 200/189k e in sol minore K. 183/173dB - una autentica svolta all'interno della produzione sinfonica mozartiana; le tre composizioni segnano infatti l'ultima tappa di un lento processo di affrancamento dall'influenza dominante del gusto italiano. Questo orientamento, avviato già all'indomani del terzo viaggio in Italia e del trionfo milanese del Lucio Silla (inverno 1772-73), potè trovare esiti adeguati solamente dopo il viaggio a Vienna della successiva estate 1773. I frequenti e proficui contatti avviati nella capitale imperiale con le più significative tendenze contemporanee (prima fra tutte quella di Joseph Haydn), spinsero Mozart ad abbandonare quella struttura in tre concisi movimenti e quei limpidi contrasti di matrice italiana che, appresi fin da bambino tramite la decisiva influenza di Christian Bach, erano rimasti, in seguito, costanti punti di riferimento.

Soprattutto al carattere dialettico del bitematismo haydniano, alla solida costruzione e ai raffinati impasti timbrici del maestro più anziano si ispirò Mozart nella ricerca di nuovi riferimenti stilistici. I risultati espressivi, tuttavia, mostrano una personalissima rielaborazione del modello, un'impronta soggettivistica che ha fatto spesso parlare - anche se in termini decisamente eccessivi - di una "crisi romantica" del compositore, di una sua adesione alla nascente poetica dello Sturm und Drang; comunque di un netto distacco dagli obiettivi decorativi e puramente intrattenitivi del genere sinfonico.

A questo proposito l'Allegro moderato che apre la Sinfonia K. 201/186a mostra caratteri quasi programmatici, con una conciliazione inedita dello stile "dotto" (contrappuntistico) con quello "galante". L'ambientazione del movimento non si distanzia sostanzialmente dall'atmosfera tenera ed esitante della prima idea; la particolare tornitura della frase, con il salto di ottava e le appoggiature, le imitazioni al basso, la veste timbrica intimistica (l'orchestrazione prevede appena archi, oboi e corni), la preziosità cameristica della cura del dettaglio, rappresentano certo una nuova conquista espressiva per il compositore. Anche l'Andante, che prescrive gli archi in sordina, e il Minuetto, segnato da netti contrasti dinamici, mostrano una partecipazione che esorbita dai limiti degli stilemi consueti per questi movimenti. Il Finale presenta un chiassoso tema da Sinfonia italiana; ma la sezione di sviluppo è di una estensione insolita, e viene condotta attraverso implicazioni quasi drammatiche, secondo un tratto peculiare dello stile dell'autore maturo.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Anche nel campo della sinfonia, decisivi appaiono gli anni tra il '73 e il '75 che vedono l'esaurirsi graduale, nella sua realtà strutturale non meno che in quella estetica, di quel modello italiano (più spesso italianeggiante, nella mediazione di J. Ch. Bach) che aveva fatto le spese del sinfonista bambino e adolescente. Ma della produzione sinfonica haydniana coeva o precedente (nota in Europa attraverso le edizioni via via apparse a Parigi) Mozart assume solo quei tratti che convengono al suo già inconfondibile mondo poetico, riservandosi, quanto al resto, la più ampia libertà di scelte linguistiche. Da Haydn, e non da altri, egli poteva mutuare la solidità d'impianto, il vigore dialettico dello sviluppo tematico, la vitalità polifonica, la densità di spessore sonoro che contraddistinguono la triade sinfonica costituita dalle opere K. 183, 200 e 201, l'ultima delle quali, terminata il 6 aprile 1774, costituisce qualcosa di assolutamente nuovo ed originale perfino rispetto alle due che la precedono.

Il primo movimento è un miracolo di equilibrio tra freschezza lirica e ricchezza di elaborazione: il tema principale, con il suo incedere come esitante e stupefatto e col suo tenero palpitare in note ribattute e appoggiature semitonali, è quanto di più lontano si possa dare dalla chiara e perentoria definizione motivica, cara al sinfonismo haydniano: segno esemplare che la chiave di volta dell'architettura sonatistica mozartiana non s'identifica tanto nell'elaborazione tematica, quanto nell'avventurosa effusione dell'invenzione melodica e nella sua intrinseca pregnanza espressiva. Non per questo il bellissimo motivo nel corso del brano si sottrae a un vigoroso lavorìo basato sull'imitazione e sulla modulazione, che conferisce al discorso finezze cameristiche e insieme robustezza sinfonica. Più raccolto e conciso, l'Andante fa tesoro della maestrìa nel trattare la scrittura a quattro parti (qui arricchita dalla presenza tutt'altro che complementare delle coppie dei fiati) dimostrata da Mozart nella produzione quartettistica immediatamente precedente; mentre il ritmo puntato evoca, nel Minuetto, come un'eco di serenate en plein air, a ravvivare d'un tocco spregiudicato l'andamento compassato ed aulico della danza haydniana. Nell'ultimo tempo, l'emancipazione dalle servitù italiane è posta in evidenza proprio dall'adozione di un ritmo e di un'allure tipici di un finale all'italiana: senonchè, ciò che un tempo era modello d'obbligo, ora è divenuta libera scelta di materiali, trattati con una complessità di scrittura e un impeto vitalistico non immune da esuberanze drammatiche, denotanti l'irreversibilità di una conquista stilistica.

Giovanni Carli Ballola

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Rientrato dall'Italia nel marzo 1773, Mozart attraversa per qualche tempo un periodo di raccoglimento, conseguito alla decantazione di due opposte e parimenti avvertite tendenze: quella dell'esperienza italiana e l'altra di accensione affettiva scaturita dagli spiriti dello «Sturm und Drang». Una serie di nove «Sinfonie» mette in luce il superamento di questa dualità, ovvero l'interpretazione personale (e per la prima volta riflessiva) delle correnti artistiche e delle poetiche più vive dei due paesi. In giovinezza, si sa, i tempi assimilativi sono sempre corti: più lente, invece, sono le scelte. Cosi, in quella produzione sinfonica Mozart estrinseca una sintomatica combinazione dello stile italiano e di quello austriaco. Sono infatti presenti ancora le ripetizioni tematiche, le opposizioni dinamiche di piano e forte, la proposizione breve dei motivi musicali e l'episodicità degli sviluppi: che sono tutti fattori tipici della maniera di Sammartini, ma che nondimeno già tendono a coordinarsi secondo una logica coerenza di discorso, dietro una rivalsa dell'elemento formale austriaco, desunto da una ventata di memorie di Joseph Haydn, il già affermato maestro della forma-sonata. Tuttavia, qualcosa del robusto e nobile contrappuntismo praticato dalla scuola di padre Martini, qualcosa del pathos tardo-barocco appreso soprattutto dalla produzione sacra italiana, resta in lui, collegandosi a certa appassionata inquietudine espressa dal clima wertheriano dello «Sturm und Drang». Insomma, in questa felicissima e geniale osmosi, si decanta e cade ciò che è superfluo, mentre si evidenziano assimilazioni più decisive e partecipate. Il vigore giovanile, il brio gioioso all'italiana, il riecheggiamento anche di locuzioni operistiche, perdono certa nitidezza d'accento in ragione di un più chiaro quadro formale, di un melodismo più plastico: e ricompare il gusto del contrappunto (eredità anche della vecchia scuola salisburghese di Eberlin e Michael Haydn), nonché l'individuazione timbricamente più spiccata, dietro l'impiego articolato degli strumenti a fiato, sperimentato in opere stilisticamente difformi, quali «Divertimenti» e «Messe». Ed allora si fa luce, in questo fecondo dualismo, l'atteggiamento tipico del futuro Mozart maggiore: ossia l'accento semplice, graziosamente leggero, teneramente espressivo e qua e là austeramente pensoso.

Durante il viaggio compiuto a Vienna nell'estate 1773, questi elementi si precisano sul modello già illustre di Joseph Haydn, fatto di solidità di mestiere ed altresì di serio ideale musicale. E comincia di qui lo scambio — per ora ad una sola direzione — tra Haydn ed il giovane Mozart, che più tardi genererà fruttuose influenze reciproche. Tutti gli artifici tecnici di Haydn (ma anche di suo fratello Michael nonché di Gassmann, il maestro della cappella di corte) vengono presi a prestito, vagliati e piegati ad una personale interpretazione: la forma ora si amplia, l'intensità espressiva cresce e con essa l'individuazione stilistica, gli sviluppi tendono ad accentuarsi per l'uso ripristinato del contrappunto, i finali ricuperano la forma-sonata sostituendola al tradizionale Rondò. Cosi nascono, nella fusione della melodiosità italiana e del solido formalismo austriaco, i primi capolavori mozartiani, soprattutto incentrati in un gruppo di «Sinfonie» che suggeriscono egregiamente i futuri sviluppi del suo genio: e cosi, accanto alla triade delle brillanti «Sinfonie» in do, la e re maggiore (K. 200-02), si situa quella «Sinfonia» in sol minore K. 183 che con la sua trepida inquietudine anticipa la sorella maggiore K. 550 nella stessa tonalità. Delle altre tre, la migliore è certo la seconda (K. 201), ove il gioco ornamentale trapassa ad espressione di sentimenti, mentre le altre due riflettono il passaggio già allo stile galante di puro divertimento che prende a contagiare, sullo scorcio del 1773-74, anche l'ambiente viennese.

Ma Mozart vigila questa moda europea che dilaga rapidamente, quasi preoccupata dalla nuova tensione pre-romantica dello «Sturm und Drang», moda che interessa Haydn ma soprattutto il più predisposto suo fratello Michael. Ed avviene infatti che Mozart smetta di comporre «Sinfonie» per qualche anno: occorrerà il viaggio a Parigi successivo all'incontro con la famosa orchestra di Mannheim (1778), per rassicurargli l'ideale formale. Il gusto dello stile galante intacca indubbiamente anche questa «Sinfonia in la» K. 201, composta nei primi mesi del 1774, ma ancora non la coinvolge del tutto, seppure le proporzioni formali siano qui assai ridotte e lo sviluppo risulti come atrofizzato (e sono proprio queste le caratteristiche salienti del cosiddetto stile galante). In seguito, Mozart si dedica a «Serenate» e «Divertimenti», cioè ad un genere più brillante ed attraente, ove la sua fantasia brilla, ma l'eleganza si fa esteriore e l'espressione perfino convenzionale, generica. Una restrizione di ideali, un arresto evolutivo? Quand'anche, ciò non manca di un aspetto salutare, hanno ben osservato il Wyzewa ed il Saint-Foix, se nello stile galante il musicista si rende più padrone dei propri mezzi, riducendo l'elemento virtuoslstico, eliminando effetti facili ed insomma raggiungendo l'epurazione più radicale delle sue idee, delle sue ascendenze.

La «Sinfonia in la maggiore» K. 201 costituisce un test esemplare in questo senso, perché valorizza, con una strumentazione particolarmente accurata, ancorché affidata ad una compagine ridotta, la timbrica dei singoli strumenti ben rilevati nel gioco imitativo, e perché raduna gli atteggiamenti più elementari e sostanziali del suo stile, da verificare ed elaborare più tardi. Essa è un'ipoteca sicura, una sanzione importante della virtuale grandezza di Mozart. Ove basta vedere come, dietro frequenti scoppi di schietta allegria, certi momenti di ispirata estaticità (come nello splendido «Andante») diventano per cosi dire il cantuccio privato che il musicista riserva per la migliore parte di sé: atteggiamento pronto ad iniziare l'ascesa verso la potenziale e possibile bellezza ideale della maturità.

Il distacco dallo stile galante si manifesta, nell'«Allegro moderato», fin dall'iniziale e sottile gioco di imitazioni ed aggregazioni tematiche, in virtù d'un ricercato gioco contrappuntistico. La maestria di Mozart sta proprio in questa commistione di contesto rigoroso e di risvolti quasi in chiave operistica, più espliciti nel secondo tema, che con assoluta fantasia dispone di materiali usati. Da notare anche il piacevolissimo sincretismo stilistico nell'ancor embrionale sezione dello «sviluppo», con la novità di idee tematiche che si rigenerano con magnifico agio.

Affettuoso ed effusivo l'«Andante», immerso nella sonorità morbida degli archi in sordina, a realizzare un clima autenticamente viennese, anticipatore di certo tono amoroso del «Don Giovanni». Il gusto crittografico della citazione e della variante di un materiale musicale duttilissimo, si coglie perfettamente nel secondo tema, intimo e cantabile, ove i primi violini delineano un motivo che ritroveremo nell'«Andante cantabile con espressione» della celebre «Sonata in la minore» (K. 310), composta a Parigi nel '78: a dire come Mozart in questa «Sinfonia» mostri uno stile personale ormai delineato. Inoltre, certo breve gioco di pause che intimizzano il discorso, prefigura già il Mozart della maturità.

Il «Minuetto», contrariamente all'uso, inizia sommesso per raggiungere scansioni ritmicamente incisive e poi pieghe più espressive, ove i due oboi ed i due corni suggeriscono modulazioni pastorali: un chiaroscuro che si fa più disteso e lirico nel «Trio» atteggiato a danza, vero esempio di Minuetto viennese.

Brioso e vivacissimo l'«Allegro con spirito» conclusivo, certo la pagina più alta della «Sinfonia» anche per la maestria tecnica e strumentale. Un cicaleccio continuo e vario si comunica a tutta l'orchestra, presagendo i grandi Finali sinfonici, dalla «Haffner» in poi; mentre certo tono agreste alla Watteau si coglie nel secondo tema, umoristicamente popolaresco, che conclude con accenti operistici. Sul contesto fremente, la scala conclusiva degli archi è davvero sigla di felicità; ma prima, nella sezione centrale, un'improvvisa concitazione dà la misura anche di cadenze drammatiche inattese, le più ricche (ha notato l'Einstein) che Mozart abbia scritto fino a quel momento. Per tali fattori, questo grande «Finale» mozartiano preserva l'intera «Sinfonia» dalle sirene del gusto galante: piuttosto, è presentito vicino il mondo neo-classico, quel clima «viennese» che sarà del primo Beethoven e del primo Schubert.

Sergio Martinotti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 20 Aprile 2001
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 12 ottobre 1983
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze Teatro Comunale, 7 ottobre 1975


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Ultimo aggiornamento 11 aprile 2019