Sinfonia n. 5 in re maggiore per orchestra "La Riforma", op. 107 (MWV N 15)


Musica: Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809 - 1847)
  1. Andante (re maggiore). Allegro con fuoco (re minore)
  2. Allegro vivace (si bemolle maggiore)
  3. Andante (si bemolle maggiore)
  4. Corale: Ein' veste Burg ist unser Gott - Andante con moto (sol maggiore). Allegro vivace. Allegro maestoso (re maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, serpente, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, archi
Composizione: 1830
Prima esecuzione privata: Berlino, residenza di Mendelssohn, 15 Novembre 1832
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1868
Dedica: per il 300° anniversario della Confessione di Augusta
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nel 1829, all'età di vent'anni, Felix Mendelssohn abbandonava erlino per affrontare un lungo viaggio europeo che completasse la sua formazione musicale e consolidasse la sua notorietà al dl fuori della sua città di residenza dove aveva colto, nel maggio dello stesso anno, una clamorosa affermazione dirigendo una feconda riesumazione della Passione secondo Matteo di Bach. È appunto a questo anno e a questo viaggio che risale la genesi della cosiddetta Sinfonia "della Riforma"; il numero d'ordine (n. 5) e l'alto numero d'opera (opera 107) non devono trarre in inganno relativamente alla posizione occupata dal brano nel catalogo del compositore; essi sono legati infatti alle vicende editoriali della partitura, pubblicata postuma e ultima fra le Sinfonie. Ma la "Riforma" è in realtà la seconda delle Sinfonie a piena orchestra di Mendelssohn, concepita al termine del viaggio in Gran Bretagna, fra il settembre del 1829 e l'estate del 1830.

Alla base della composizione si poneva l'idea di celebrare il terzo centenario della Confessione protestante di Augusta, che cadeva nel giugno 1830. Nata sulla spinta di un grande entusiasmo, la Sinfonia doveva incontrare in realtà un alto numero di ostacoli alla sua diffusione, fin dalla nascita. La prima esecuzione sarebbe dovuta avvenire a Parigi in coincidenza della ricorrenza, ma l'Orchestra del Conservatorio, altamente stimata da Mendelssohn, rifiutò la partitura, per motivi che non sono mai risultati ben chiari; forse per il carattere elaborato e cerebrale dell'invenzione, o forse perché gli ambienti cattolici avevano un ovvio interesse a ostacolare qualsiasi tentativo di celebrare la ricorrenza principale dello scisma luterano. Ad ogni modo l'esecuzione non potè avvenire fino al novembre del 1832. In seguito la Sinfonia rimase ineseguita fin dopo la morte dell'autore, e venne pubblicata solo nel 1868.

Le cause di questa lunga eclissi vanno ricercate principalmente nella volontà stessa di Mendelssohn, che espresse sull'opera giudizi estremamente severi: «un'opera completamente fallita», e «quello tra i miei pezzi che brucerei più volentieri; non dovrà mai essere pubblicato»; parole di cui è difficile darsi una spiegazione compiuta. Anche in seguito comunque la composizione è stata oggetto di critiche severe che ne denunciarono un certo disequilibrio nella scrittura, unito a un'enfasi retorica; caratteristiche che non hanno giovato alla diffusione del brano, rispetto ai risultati più omogenei e compiuti dell'"Italiana" e della "Scozzese".

Eppure la "Riforma" segna un punto di maturazione non trascurabile nel percorso di formazione dell'autore. Per un giovane compositore della nuova leva romantica l'approccio con il genere sinfonico comportava certamente delle difficollà che la precedente generazione di autori non aveva conosciuto. Difficoltà di ordine innanzitutto concettuale. Se il genere sinfonico era stato per Haydn, Mozart, il giovane Beethoven, ancora un genere di intrattenimento, i capolavori sinfonici beethoveniani avevano donato al genere uno spessore intellettuale per cui la forma in quattro movimenti doveva essere veicolo di forti tensioni ideali. Le partiture beethoveniane, considerate esempi di inattingibile perfezione, costituivano anche delle pietre di paragone difficilmente emulab-li. Lo stesso Schubert si era dibattuto per anni nella creazione di una "grande" Sinfonia, che poi proprio Mendelssohn avrebbe portato alla prima esecuzione postuma nel 1839 a Lipsia.

Di qui la necessità di rendere il genere sinfonico l'espressione di un percorso ideale, i cui contenuti erano però tutti da definire, e potevano essere tanto paesaggistici e naturalistici quanto guidati da un'idea letteraria o spirituale, come nel caso della "Riforma". Ovvio che a queste nuove prospettive si accompagnasse anche una riflessione sull'organizzazione e il contenuto musicale. Fra gli elementi di novità della "Riforma" vi è innanzitutto il principio ciclico, per il quale il primo e l'ultimo movimento fanno uso del medesimo materiale tematico, impiegato con un intento programmatico. Il movimento iniziale si apre con una ampia introduzione lenta in maggiore, che si avvale di una scrittura contrappuntistica di sapore arcaico. Vi figurano citazioni di canti religiosi; l'innodia ascendente che apre la pagina è tratta dal Magnificat tertii toni, mentre l'introduzione si chiude con il celeberrimo "Amen di Dresda", una figura cadenzale luterana ripresa poi anche da Wagner, quale temia del Graal nel Parsifal.

Gli appelli degli ottoni che interrompono l'innodia dell'Introduzione si trasformano poi nel primo tema dell'Allegro con fuoco in re minore. Legati tematicamente, l'Introduzione e l'Allegro con fuoco esprimono il conflitto fra la fede incrollabile e le lotte religiose. Proprio l'Allegro con fuoco costruito, secondo la testimonianza di Devrient, a partire dalla struttura ritmica e provvedendo poi alle idee melodiche e agli effetti dinamici, potrebbe essere all'origine del rifiuto della partitura da parte dell'autore; l'inusuale procedimento di scrittura porta infatti a una certa meccanicità della pagina, il cui slancio impetuoso non sempre risulta perfettamente calibrato; riappare nel movimento, prima della ripresa, l'Amen di Dresda, quale isolato momento di purezza.

Nei due tempi centrali è difficile trovare dei puntuali riferimenti tematici al tempo iniziale; si tratta piuttosto di due movimenti di musica "pura", esempi di due precise tipologie del sinfonismo di Mendelssohn. L'Allegro vivace è uno Scherzo brillante e delicato, orchestrato con gusto e discrezione, in cui spicca un Trio dalle movenze pastorali.

Il breve Andante che funge da tempo lento è una malinconica romanza senza parole, con una sezione di recitativo; è quasi interamente affidato ai soli archi, certo per acuire il contrasto con il finale. Questo viene aperto, senza soluzione di continuità, dal flauto solo, che intona il corale Ein' feste Burg, subito elaborato e ampliato dall'orchestra intera; dopo uno sviluppo sui due differenti versetti del corale, il movimento si orienta verso una progressiva lievitazione emozionale, con l'apparizione di un baldanzoso motivo dal sapore romantico. La conclusione si basa su una nuova apparizione del corale, in valori ritmici dilatati, esaltazione e sintesi dei valori del culto riformato.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La «Sinfonia n. 5», composta nel 1829-30, è in realtà la seconda di Mendelssohn ed è seguita immediatamente dalla «Sinfonia n. 4» (Italiana), mentre altri dieci e dodici anni la separano rispettivamente dalla «Sinfonia n. 2» (Lobgesang) e dalla «Sinfonia n. 3» (Scozzese). Opera quindi giovanile anche se di un compositore precocissimo (la «Sinfonia n. 1» è infatti del 1824) che mostra già con chiarezza i caratteri della sua personalità.

È stato giustamente affermato che «Mendelssohn è musicista liberale nella più umanistica accezione del termine, è il rappresentante di un mondo in divenire a cui appartiene e in cui crede con tutta la serenità di uomo attivo e geniale» (Manzoni); la sua formazione di uomo e di artista avviene infatti nel quadro di una ormai consolidata e tranquilla egemonia della borghesia degli affari, la quale, anche se era ben lontana dall'aver realizzato il disegno illuminista e rivoluzionario dell'integrale liberazione dell'uomo, aveva comunque praticamente affermato il proprio definitivo predominio di classe rispetto alle convulse vicende dell'età precedente.

In questa situazione, il mondo dei classici è ormai acquisito e, in un certo senso, storicizzato, tanto che Mendelssohn può rifarsi tranquillamente a Bach e a Mozart dall'alto di una sorta di olimpica, e per certi aspetti illuministica, serenità di spirito sostanzialmente non turbata dalle inquietudini romantiche; quanto meno, il segno dei tempi non incrina in lui, a differenza ad esempio di altri grandi artisti quali Schubert e Schumann, il senso dell'equilibrio formale nell'ambito del quale quindi anche certe intensificazioni espressive appaiono sempre, e forse anche troppo controllate.

Questo amore per i classici e questo suo atteggiamento da classico egli stesso, Mendelssohn lo manifesta ampiamente anche nella «Sinfonia n. 5» scritta con l'intento di celebrare il trecentesimo anniversario della Confessione di Augusta (1530). Il titolo originale, poi mutato in quello di «Sinfonia della Riforma», era significativamente quello di «Sinfonia per celebrare una rivoluzione nella Chiesa». Si spiega cosi il carattere di severità che distingue l'intero lavoro e che è abbastanza inconsueto nell'opera di Mendelssohn. L'uso del fugato e lo sviluppo di melodie luterane suggeriscono un ritorno alla più rigorosa tradizione anche se il compositore non rinnega certo gli ideali di classica bellezza che gli sono del resto connaturati.

L'«Andante» nobile e lento che introduce la Sinfonia allude discretamente al tema luterano del cosiddetto «Dresdener Amen», mentre il successivo «Allegro con fuoco» che costituisce la parte principale del movimento si sviluppa con una maggiore mobilità ritmica anche se sempre controllata. Il secondo movimento è uno «Scherzo» di grande leggerezza interrotto da un «Trio» in sol maggiore a carattere pastorale. Un breve, semplice «Andante» funge da introduzione al quarto movimento, il più complesso del lavoro, che inizia con il tema del corale luterano «Ein feste Burg ist unser Gott!» (Il nostro Signore è una solida fortezza) sviluppato in un fugato di grandiosa solennità ed efficacia.

Mario Sperenzi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 Dicembre 2006
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatr Comunale, 23 marzo 1978


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Ultimo aggiornamento 1 febbraio 2019