Sinfonia n. 8 in mi bemolle maggiore "Sinfonia dei Mille"

per soli, coro di fanciulli, due cori misti e orchestra

Musica: Gustav Mahler (1860 - 1911)

Parte I:
  1. Inno "Veni creator Spiritu" - Allegro impetuoso
Parte II:
  1. Scena finale del Faust di Johann Wolfgang von Goethe - Poco adagio - Più mosso. (Allegro moderato)
Personaggi:
Organico: 3 soprani, 2 contralti, tenore, baritono, basso, doppio coro misti, coro di fanciulli, 2 ottavini, 4 flauti, 4 oboi, corno inglese, 2 clarinetti piccoli, 3 clarinetti, clarinetto basso, 4 fagotti, controfagotto, 8 corni, 4 trombe e altre 4 trombe collocate in alto, 4 tromboni e altri 3 tromboni collocati in alto, basso tuba, timpani, grancassa, piatti, tamtam, triangolo, campane, glockenspiel, celesta, armonium, organo, pianoforte, 2 arpe, mandolino, archi
Composizione: 1906
Prima esecuzione: Monaco, Ausstelungshalle, 12 Settembre 1910
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1911
Dedica: alla moglie Alma
Nota esplicativa di Mahler (nota 1)

Non ho mai scritto nulla di simile, nel contenuto e nello stile è qualcosa di completamente diverso dagli altri miei lavori, ed è certamente la cosa più grande che ho fatto, Forse non ho mai lavorato sotto l'impulso di una tale costrizione, è stata come una visione fulminea: improvvisamente tutto stava davanti ai miei occhi e mi è bastato porlo su carta, come se mi fosse stato dettato... Questa Ottava Sinfonia presenta caratteri particolari già per i! fatto che unisce due testi poetici in lingue diverse, la prima parte è un inno latino e la seconda parte niente meno che la scena conclusiva del secondo Faust. Si meraviglia? Già da tempo desideravo comporre questa scena degli anacoreti e la chiusa con la Mater gloriosa, e in modo diverso da ciò che hanno fatto tutti gli altri, che le hanno musicate in modo così dolciastro e debole; ma proprio ora non ci avevo più pensato. Per caso mi è recentemente capitato fra le mani un vecchio libro, e l'ho aperto sull'inno Venì, creator spiritus, e d'un tratto tutto mi sta davanti: non solo il primo tema, ma l'intero primo tempo, e come risposta non potevo trovare nulla di più bello che le parole di Goethe nella scena degli anacoreti! Ma anche nella forma l'Ottava è qualcosa di completamente nuovo: può immaginare una Sinfonia cantata dall'inizio alla fine? Finora ho usato la parola e la voce umana sempre solo per spiegare, come fattore espressivo sintetico, per dire con la concisa precisione possibile soltanto alla paroia ciò che in termini puramente sinfonici si sarebbe dovuto esprimere solo con enorme ampiezza. Ma qui la voce umana è al tempo stesso uno strumento; tutto il primo tempo è impostato in forma rigorosamente sinfonica eppure è completamente cantato. Tuttavia è proprio strano che nessuno finora abbia pensato a questa idea - è l'uovo di Colombo: la Sinfonia in sé, in cui lo strumento più bello che esista è portato a compiere il suo destino - e non solo come suono, perché la voce umana è anche portatrice del pensiero poetico.

Guida all'ascolto 1 (nota 2)

Nessuna delle dieci Sinfonie composte da Mahler richiama, per il carattere o il genere del movimento iniziale, quella che l'ha preceduta; sotto questo aspetto infatti ciascuna di esse è unica nel suo genere. All'inizio dell'Ottava Sinfonia però, l'improvvisa esplosione di un grandioso volume di suono prodotto da un colossale e diversificato insieme di masse corali ed orchestrali ci offre un'esperienza quasi extramusicale. Tale esordio non solo comprende una vigorosa affermazione dei materiali musicali fondamentali ma segna anche l'inizio di un discorso filosofico, che sostiene la Sinfonia dal principio alla fine e viene condotto a termine e chiarito soltanto alla fine della Seconda Parte, in cui Mahler mette in musica l'ultima scena della seconda parte del Faust di Goethe. Non ci meraviglia quindi che la nascita di quest'opera sia avvenuta in circostanze particolari come lo stesso Mahler ebbe a ricordare nel 1910 in una lettera alla moglie Alma. Nel 1906, egli si era recato a Maiernigg per la consueta vacanza estiva "con il fermo proposito di trascorrere il perìodo nell'ozio... e recuperare le mie energie. Senonché sulla soglia del mio vecchio studio... lo Spiritus creator s'impadronì di me, mi scrollò e mi costrinse al lavoro per le successive otto settimane finché la mia maggiore opera non fu portata a termine".

Un'ulteriore conferma del travolgente ed impetuoso slancio di quell'iniziale accesso di creatività ci viene fornita da Alma stessa, che così descrive gli eventi di quell'estate: "Dopo il nostro arrivo a Maiernigg, ci furono, come ogni anno, le solite due settimane in cui veniva ossessionato dalla mancanza di ispirazione; poi una mattina, mentre varcava la soglia del suo studio nel bosco, improvvisamente gli venne in mente il Veni, creator spiritus. Compose e annotò l'intero coro iniziale su quanti frammenti ricordava del testo.

Ma le parole e la musica non combaciavano: la musica soverchiava il testo. In preda ad un'eccitazione febbrile telegrafò a Vienna e si fece mandare per telegramma l'intero testo dell'antico salmo latino. Il testo completo coincideva perfettamente con la musica: intuitivamente aveva composto la musica per ciascuna strofa di esso".

Alma Mahler parla di "frammenti di testo", ma di solito non si tiene sufficientemente conto della possibilità che Mahler conoscesse il famoso salmo nella traduzione tedesca fatta proprio da Goethe nell'aprile 1820 e nella quale il verso iniziale recita "Komm heiliger Geist, du Schaffender". Inoltre, Goethe riteneva che il Salmo "fosse un appello al genio universale dell'umanità".

Come ha osservato Dieter Borchmeyer, a cui siamo grati per le sue ricerche, il Veni, creator spiritus e il Chorus mysticus del Faust si fondono assieme nella visione razionalista di Goethe. In quest'ottica pertanto, i due testi che a prima vista potrebbero sembrare privi di nessi in comune, anche per la diversità della lingua, rivelano invece la stessa logica, cioè: quel "discorso fìlosofìco" già accennato e su cui tornerò in seguito.

La prima esecuzione dell'Ottava Sinfonia, o "Sinfonia dei Mille" come divenne in seguito nota - otto solisti, coro di 850 elementi (comprendente un coro di 350 bambini), organo e l'orchestra allargata (170 orchestrali) del Konzertverein di Monaco diretti dal compositore stesso - ebbe luogo nella nuova sala da concerto nel Parco Esposizioni della città il 12 settembre 1910. Fu un avvenimento senza precedenti e come nessun'altra delle première di Mahler. Bruno Walter, che era presente, ricorda che al termine dell'esecuzione e mentre il pubblico applaudiva entusiasticamente, Mahler si affrettava a risalire il palcoscenico sino al coro dei bambini e, procedendo lungo le singole file, stringeva ciascuna delle piccole mani protese verso di lui. Fu un simbolico atto di benvenuto alla gioventù. Fra gli innumerevoli amici ed ospiti illustri presenti (tra cui Thomas Mann) v'era anche Alma, a cui l'opera era stata dedicata solo poche settimane prima della première.

Essa racconta: "L'attesa di tutta Monaco e di quelli che erano venuti da fuori per assistere a questa première era enorme. Già la prova generale aveva estasiato tutti quanti. Ma all'esecuzione l'entusiasmo superò ogni limite. All'apparire di Mahler sul podio tutto il pubblico si alzò in piedi. Un perfetto silenzio. Fu l'omaggio più commovente che sia mai stato fatto a un artista. Io ero in un palco sul punto di svenire per l'emozione.

In questa Sinfonia Mahler, assurto ad altezze sovrumane, soggioga masse immani e le trasforma in fonti di luce. Fu un'esperienza indescrivibile, come indescrivibile fu il successo che seguì: tutti si precipitarono verso Mahler.

Dopo - essa conclude - passammo una serata lieta e tranquilla durante la quale Mahler veniva acclamato e complimentato da tutti... Infine, restammo a conversare tra di noi sino al mattino con Gucki [Anna, la seconda figlia dei Mahler, la prima morì nel 1907], la nostra cara bambina che dormiva accanto a noi".

Desta una certa ironia il fatto che proprio in quell'epoca il matrimonio dei Mahler era entrato in crisi, tant'è che uno dei segni di quell'opprimente turbamento fu un breve informale consulto con Sigmund Freud; eppure, per quanto si possa disapprovare la sua sconcertante insensibilità all'infedeltà, non v'è dubbio che Alma abbia avuto un ruolo di primo piano nella concezione e immaginazione dell'Ottava Sinfonia. Ne sono testimoni tanto i quesiti e le indagini molto perspicaci che Mahler le proponeva nelle lettere circa il "significato" dell'Ottava, quanto l'innegabile amore per la sua straordinaria seppur imprevedibile compagna. Ritenere che l'Ottava sia incentrata esclusivamente su Alma sarebbe un errore grossolano. Riconoscere invece che il rapporto di Mahler con Alma abbia costituito una parte importante del discorso musicale - si tenga presente che la Sinfonia si conclude con il Chorus mysticus di Goethe, le ultime famose parole del quale sono "Das Ewig-Weibliche / Zieht uns hinan' (l'Eterno femmineo ci sospinge verso il cielo) - è essenziale per comprendere il complesso intreccio tra passione personale e alta filosofia che è stato l'assillo della definizione dell'Ottava.

Vista in questa luce e malgrado l'uso di un salmo medievale in latino e di uno dei più famosi testi classici tedeschi, l'Ottava ci appare sorprendentemente come una testimonianza autentica di un'epoca segnata da diverse tendenze critiche e, sempre più, laiche; un'epoca in cui emergevano nuove ardite considerazioni sulla psicologia umana e suscitava grande interesse la tesi che la sessualità fosse alla base di ogni creatività.

Come d'abitudine, Mahler meditò a lungo sulla forma definitiva da dare all'opera. A tal proposito, un affascinante indizio rivelatore si può ricavare dallo schema in quattro movimenti dell'Ottava che doveva iniziare con il Veni, creator spiritus e terminare con un ulteriore "inno": Schöpfung durch Eros (Creazione tramite l'Eros). Il secondo movimento doveva chiamarsi Caritas, titolo che ricorre anche negli innumerevoli schemi della Quarta Sinfonia:ll terzo movimento, uno Scherzo, viene descritto come Weihnachtsspiele mitdem Kindlein (Giochi natalizi con Gesù bambino).

Se è vero che l'idea del secondo movimento Caritas non fu portata avanti (mi domando se Mahler avesse in mente un movimento lento dedicato all'Amore), certo lo fu il concetto ideale sotteso allo Scherzo. In una lettera inviata ad Alma poco prima della première dell'Ottava, Mahler precisa la sua immagine dei bambini come "portatori di una stupenda saggezza pratica"; ciò ci aiuta a comprendere l'innovativo ruolo che i bambini dovevano svolgere nel mondo sonoro dell'Ottava. Essi non dovevano rappresentare dei "piccoli adulti", ma caratterizzarsi con le loro virtù, con la loro musica, come immagini vocali della loro "saggia" innocenza. Ascoltiamo ciò non solo nel salmo latino della Prima Parte della Sinfonia, in cui le voci bianche introducono un po' di colore nell'incessante polifonia del movimento ma anche nella Seconda Parte, dove i bambini impersonano i "Selige Knaben" (Bambini Benedetti) di Goethe. Tutto ciò spiega la pubblica attestazione di gratitudine che Mahler tributò fervidamente al coro dei bambini, al termine della prima esecuzione.

Lo schema in quattro movimenti ci fa arguire che l'inno finale fu prefigurato come una celebrazione dell'Eros ed è proprio a tal proposito che Mahler cerca di chiarire, sempre in una lettera ad Alma, la sua interpretazione dell'ultima scena del Faust II. "La sua essenza è proprio l'idea di Goethe che qualsiasi tipo di amore è generativo, creativo e che esiste una genesi fisica e spirituale che è emanazione dell'Eros". Egli prosegue tracciando un provocatorio accostamento di Socrate a Cristo: ciascuno di loro, conclude, è una personificazione dell'"Amore Creatore del Mondo". È proprio così, quindi, che le due parti condividono lo stesso pensiero: nella prima con l'appello allo spirito creatore e nella seconda con il culminante coro finale che esprime il nesso tra creatività e suggestione dell'eterno femmineo: Eros trionfante! Lo stesso Freud, se fosse stato più interessato alla musica, avrebbe subito capito ciò che Mahler voleva dire.

Alla luce di questo messaggio trasmesso dall'opera, non è certo sorprendente che Mahler abbia ritenuto l'Ottava la sua più grandiosa concezione; in essa, le ambizioni filosofiche gareggiano con la pluralità delle risorse e la potenza e ampiezza, veramente straordinarie, della musica. La stupefacente molteplicità di generi e forme realizza quasi un compendio di storia della musica, raccolto da un musicista come Mahler che, essendo a cavallo fra due secoli, aveva un punto di osservazione privilegiato.

Lungo la stesura della Seconda Parte, ad esempio, riscontriamo un gran numero di stili e generi vocali, come era d'altronde necessario dato che la voce umana doveva essere il veicolo principale delle idee filosofiche o poetiche: Cantata o Oratorio, canto solista o Aria d'opera lirica, coro di fanciulli o Corale solenne, tutti questi generi vengono saccheggiati e raccolti da Mahler per far svolgere a ciascuno un proprio ruolo innovativo. Né vanno trascurati i gesti spiccatamente teatrali inseriti nella Seconda Parte, in particolare il momento intensamente drammatico in cui la Mater Gloriosa compare fluttuando ("schwebt einher", come annotò Mahler sulla partitura, appropriandosi della "regia" di Goethe per il "teatro della mente", dello spirito) e quindi esattamente come il grande poeta avrebbe immaginato la seconda parte del Faust. Ed è proprio qui nell'Ottava che la domanda spesso ripetuta "perché Mahler non compose mai un'opera lirica?" trova una risposta folgorante con una musica di grande fascino che affonda le sue radici chiaramente nella tradizione italiana. Lo stile italiano di Mahler viene spesso misconosciuto o sottovalutato. L'Ottava Sinfonia però ci suggerisce più volte che Mahler conosceva bene non solo Verdi - come ebbe a osservare egli stesso, l'evoluzione della sua concezione strumentale doveva moltissimo a Verdi - ma anche le opere di altri compositori famosi per il loro stile marcatamente italiano e specialmente per i loro contributi alla storia dell'opera lirica. Un esempio tipico a tal riguardo è Bellini. Si può forse mettere in dubbio che Bellini abbia costituito il modello per l'incantevole musica che accompagna la comparsa della Mater Gloriosa ? È come se Mahler avesse immaginato di essere il siciliano Bellini mentre componeva quella musica, e soprattutto l'andamento dell'estasiante melodia. Mahler ovviamente fa suo lo "stile" italiano è possiamo riconoscere molto nettamente il Bellini di Mahler, seppur con un pizzico di mistero, nell'Aria che accompagna la fluttuante apparizione della Mater Gloriosa, accompagnata prevalentemente da archi e arpa, tessitura che Mahler aveva fatto sua negli anni precedenti la stesura dell'Ottava (echi dell'Adagietto della Quinta e dei Rückertlieder). Non è casuale che in questo punto l'indicazione di tempo sia "Adagissimo", né che per precisare le sue intenzioni espressive per l'esecuzione della melodia Mahler abbia scritto, nuovamente in italiano, "sempre molto cantando" nella parte dei violini.

Questa lunga dissertazione su forme, generi e stili ci dimostra che Mahler, con l'Ottava, volle esplorare a fondo non solo la musica del passato ma anche il suo stesso percorso creativo, donde, ad esempio, i chiari riferimenti alla Quarta Sinfonia e alla "sublime" tonalità in mi maggiore; per di più, giunti alla metà della Seconda Parte, vediamo apparire l'uso, non meno distinto ma sempre funzionale, dello stile e del carattere dei Lieder del Wunderhorn, che appartengono per la maggior parte ad una fase creativa addirittura anteriore.

Oserei affermare che ancora più significativa è la "scoperta" di Bach da parte di Mahler (si potrebbe dire la sua totale immersione in Bach) che si manifesta così chiaramente nel Veni, creator spirìtus. Ciò che qui percepiamo, a mio avviso, è il tributo di Mahler a Bach e in particolare al mottetto, Singetdem Herrn ein neues Lied, molto ammirato da Mahler e che forse gli diede lo spunto per iniziare la nuova Sinfonia. Dietro quel flusso torrenziale di tessiture polifoniche e forme contrappuntistiche, che caratterizzano il movimento, si erge infatti la figura di Bach. Una parte considerevole del movimento è costituita dalla famosa doppia fuga che accompagna, con intensità ed impeto crescenti, il verso "Per te sciamus da Patrem" (Per tuo tramite conosciamo il Padre); e come meglio esaudire tale preghiera se non con un virtuosistico sfoggio di "dotto" contrappunto? L'entusiasmo pionieristico di Mahler per Bach prima e dopo l'inizio del secolo XX non fu affatto un "ritorno a Bach", tendenza estetica degli anni successivi, ma piuttosto un "Avanti con Bach". Quello che la Prima Parte dell'Ottava preannuncia è lo sviluppo, nelle successive opere di Mahler (e in particolare nello scatenato movimento Rondo-Burleske della Nona Sinfonia), di un modo innovativo di pensare il contrappunto. Nonostante si sia ispirato originariamente a Bach, Mahler diede vita a una sorta di contrappunto dissonante, praticamente modernista, che produsse importanti conseguenze per la nuova musica del XX secolo.

Mahler descrisse l'Ottava Sinfonia come la sua opera più "grandiosa" a William Mengelberg, l'illustre promotore olandese della sua musica, e ad un altro amico, in una diversa occasione, come un "dono alla Nazione". Queste affermazioni sono state talvolta fraintese come indicazioni di un latente sentimento di nazionalismo o di imperialismo culturale, il che mal s'accorda con quanto ci risulta della sua personalità e delle sue simpatie social-politiche. Invece, per "dono" si deve intendere certamente la creazione di un'opera che in effetti richiese per la sua esecuzione il concorso di una vera e propria comunità di esecutori: bambini, cori, solisti virtuosi e orchestra. Inoltre, sembra logico che Mahler, avendo radunato sotto lo stesso tetto la totalità delle risorse disponibili ad un compositore agli inizi del nuovo secolo, volesse così presentare un compendio corrispondente alla sua visione della storia della musica sino al 1906, anno in cui venne composta l'Ottava.

In tale compendio di Mahler non viene tralasciata tuttavia una "profezia" sul futuro della musica, in parte anche come conseguenza della sua incessante creatività innovativa.

Ciò che comunque resterà, per sempre e nonostante l'avanzare del XXI secolo, una pietra miliare del pensiero filosofico musicale è il nesso da lui coraggiosamente attuato fra lo spirito creativo e l'Eros; cioè, una sincera affermazione, asserita magari ad un livello sublime, del fondamentale rapporto fra creatività e sessualità, per cui la sessualità è finalmente riconosciuta come fonte di creatività. L'Ottava Sinforna proclama stupendamente, ripetutamente e radicalmente che l'Eros è - nelle parole dello stesso Mahler - il "Creatore del Mondo".

Donald Mitchell

Guida all'ascolto 2 (nota 3)

«Ho appena finito la mia Ottava. È la cosa più grande che io abbia fatto finora. È così fuori dal comune nel contenuto e nella forma che non è possibile scriverne. Provate a immaginare che l'universo cominci a produrre musica e a risuonare. Non sono più voci umane, ma, pianeti e soli che ruotano». Con queste parole, indirizzate al direttore d'orchestra Willem Mengelberg in una lettera dell'estate 1906, Gustav Mahler annuncia la nascita della sua nuova sinfonia. E qualche tempo dopo, all'amico Richard Specht: «È un dono alla Nazione [...]. Le altre mie opere sono tragiche e soggettive. Questa è una immensa dispensatrice di gioia». Nell'economia della produzione sinfonica mahleriana, l'Ottava getterebbe dunque un fascio di luce radiosa in un regno popolato da ombre inquietanti, rappresentando un'esperienza isolata, tutt'al più ricollegabile con l'anelito alla redenzione della Seconda Sinfonia. La felicità stessa dell'ispirazione che permise al suo autore di completare l'opera in otto settimane, sembrerebbe confermarlo: «È stata come una visione fulminea: improvvisamente tutto stava davanti ai miei occhi [...]. Per caso mi è recentemente capitato fra le mani un vecchio libro, e l'ho aperto sull'inno «Veni, creator spiritus», e d'un tratto tutto mi sta davanti: non solo il primo tema, ma l'intero primo tempo».

Sinfonia sui generis, l'Ottava costituirebbe, secondo Theodor Adorno, il momento di «identificazione passiva con l'aggressore». Mahler celebrando con essa ciò contro cui si era rivolta indirettamente tutta la sua musica precedente. «Tutto qui pende da un filo - sono ancora parole di Adorno -, l'integra utopia come la regressione della grandiosità decorativistica. Il pericolo che corre Mahler è il pericolo di chi vuole accorrere in salvataggio dell'umanità». Senonché dopo la «maledetta» Quinta, la tragica e dolorosa ipersoggettività della Sesta e la straziante confessione della Settima, l'estroversione celebrativa e ottimistica dell'Ottava Sinfonia non può non suonare in qualche misura problematica. Dopo che in particolare, con la Settima, aveva sperimentato l'impossibilità di un ritorno alle origini, attraverso il recupero di reperti di un passato personale attinto da distanze invalicabili, con l'Ottava Mahler sembra aggrapparsi con autentica, disperata forza d'amore alla volontà di arginare angoscia e disfacimento, di innalzarsi oltre il limite della propria persona e della propria sofferenza, in uno slancio vitalistico, in direzione di quell'amore che chiama i popoli a un abbraccio universale. Quanto di ottimistico e di celebrativo vi è nell'Ottava non può che muovere, secondo queste premesse, dallo strappo doloroso proprio di chi cerca disperatamente di ritrovare il discorso semplice che faccia comprendere le grandi cose, in un momento in cui. «dopo l'esperienza esistenziale del periodo viennese, dei Lieder di Rückert e della Sesta, non vi può essere più una possibilità del genere, perché la misura di ciò che è grande è irrimediabilmente perduta» (Duse). Liquidare l'Ottava Sinfonia come capolavoro «ufficiale» equivarrebbe pertanto a disconoscere la verità interiore di cui si nutre l'anelito mahleriano a superare l'esistenza terrena.

«La natura di Mahler - ha scritto Bruno Walter - sembra, di questa specie: cerca Dio da questa terra di cui sopporta il dolore»: e se egli non raggiunse il possesso durevole di nessuna acquisizione spirituale, tuttavia «i pensieri e le aspirazioni (sue) tendevano verso "l'altro mondo" /.../. L'uomo faustiano, tale dobbiamo considerarlo, si sentiva spinto continuamente a ricercare il senso profondo dell'essere e del divenire, e allo stesso tempo migliaia di vincoli e interessi lo tenevano legato all'essere e al divenire terreno, attento alla vita spirituale dell'umanità. /.../ Goethe risplendeva come un sole nel cielo del suo mondo spirituale». Non stupisce allora come Mahler potesse giudicare la scena finale del «Faust II» come la risposta più bella all'inno patristico di Rabano Mauro. Posto che nel «Veni, creator spiritus» Mahler non invoca lo Spirito Santo dell'ortodossia religiosa, l'ideale elemento di congiunzione fra i due testi, musicati rispettivamente nella prima e nella seconda parte della sinfonia, sarebbe, secondo la concezione di Mahler, un amoroso principio motore dell'universo, che, invocato in un passo cruciale del primo movimento («Accende lumen sensibus,/ infunde amorem cordibus»), egli faceva risalire come si evince in una lettera indirizzata alla moglie nel giugno 1910 - a Platone, per poi riconoscerlo nuovamente in Goethe. Questa interpretazione riceve conferma sul piano più strettamente musicale: il tema di «Accende lumen sensibus» costituisce infatti, stando a Mahler, «il cardine dell'opera e il ponte di collegamento con la scena degli anacoreti».

Cosicché la diversità dei due testi che appartengono a lingue, culture ed epoche assai lontane fra loro, e che Mahler avrebbe affidato a forme musicali altrettanto dissimili (l'una chiesastica, serratamente polifonica e calata nello schema della forma-sonata, l'altra invece articolata a blocchi, secondo un impianto formale assai libero), e di fatto musicalmente collegata da una fitta rete di rapporti tematici e motivici. In nessun'altra opera come in questa. Mahler ha posto in atto quel concetto di polifonia che nel 1907 espresse con grande chiarezza, dichiarando - secondo la testimonianza di Anton Webern - che «un grande affresco sonoro dovrebbe svilupparsi a partire da un solo motivo che contiene la cellula madre dell'intero organismo musicale». Ciò ha fatto dire ad Arnold Schönberg che «quando ci si sforzi, di comprendere che i due movimenti dell'Ottava non sono in realtà che un'unica idea [...] si resta attoniti dinanzi alla potenza di questa mente, che se negli anni della giovinezza già possedeva la padronanza sufficiente per compiere prodigi straordinari, in questo caso ha, realizzato un capolavoro assolutamente incredibile».

Tuttavia l'unità dell'opera, nonostante l'eterogeneità dei testi, discende non soltanto dal materiale tematico comune alle due parti che la compongono, ma anche da una tensione che la pervade tutta, in vista della sua conclusione finale. L'Ottava fu data con vibrante successo in prima esecuzione al Palazzo delle Esposizioni di Monaco di Baviera il 12 settembre 1910, davanti a un pubblico di tremila persone. Il grande numero degli esecutori. schierati nella Neue Musik-Festhalle, ispirò all'impresario Emil Gutmann la definizione di Symphonie der Tausend («Sinfonia dei Mille»). Fra il pubblico figuravano molte personalità di primo piano della cultura europea: fra gli altri, Richard Strauss, Thomas Mann, Stefan Zweig, Willem Mengelberg, Arnold Schönberg, Anton Webern, Alfredo Casella, Bruno Walter, Leopold Stokovski. Riferisce Quirino Principe: «Nelle eccellenti intenzioni, degli uditori, che si alzarono in piedi in silenzio quando Mahler comparve sul podio prima dell'esecuzione, c'era forse, un cattivo presagio: quel trionfo ebbe qualcosa di conclusivo, il monumento all'artista vivente si colorì di luce tombale, il giubileo parve, anticipare l'omaggio postumo. L'Ottava fu l'ultima opera che Mahler abbia offerto, sua creatura, in prima, esecuzione, al pubblico, l'ultima sua composizione che abbia potuto udire in pienezza di suono, la sua ultima e forse unica grande, festa».

PRIMA PARTE: «VENI, CREATOR SPIRITUS»

Il carattere giubilante dell'inno si modella sullo schema della forma-sonata, con una poderosa doppia fuga al termine dello Sviluppo, in cui l'energica complessità polifonica della scrittura musicale raggiunge il suo apice.

Dopo una misura di introduzione, in cui con un fragoroso accordo, l'organo stabilisce la tonalità principale di mi bemolle maggiore, i due cori all'unisono espongono il lapidario primo tema (A1): «Veni, creator spiritus». Le diverse componenti di questo tema (a cominciare dagli intervalli iniziali di quarta discendente e di settima ascendente) rivestiranno un ruolo determinante nella strutturazione di altri temi, in entrambe le parti di cui si compone la sinfonia. Ma già alla quinta battuta (sulla parola «spiritus»), tromboni e trombe riprendono il tema principale in una variante (A'), il cui profilo caratteristico si riconoscerà in molti luoghi della partitura. Al carattere energico del tema principale si contrappone l'effusivo lirismo del secondo tema (B1), alle paiole «lmple superna gratia». Dopo una sorta di falsa ripresa dell'iniziale «Veni, creator spiritus», un interludio strumentale, basato sull'amplificazione e trasformazione delle diverse componenti del tema principale, approda a uno stupendo episodio corale in re minore, affidato a un nuovo tema (C), derivato dal tema principale. È uno squarcio di pensosa mestizia che si apre in corrispondenza delle parole «Infirma nostri corporis», quando cioè il testo fa esplicito riferimento alla debolezza e fragilità umane, mentre l'invocazione alla saldezza della virtù divina giunge dalla voce del contralto solista, che svetta, con grande espressività, su un nuovo tema (D), mutuato contemporaneamente dal tema principale e da quello secondario. A sua volta articolato in quattro sezioni, lo Sviluppo inizia con un interludio orchestrale, ritmicamente e timbricamente frammentato, il cui materiale è interamente basato sulla inversione della variante A' del tema principale. Una diafana successione di accordi di flauti e violini introduce il primo episodio vocale dello svolgimento, che muove dalla rimeditazione della fragile condizione umana, questa volta su un nuovo tema (E) - variante di A' -, già accennato da fagotti e violoncelli nell'interludio che precedeva il tema C. La seconda sezione dello Sviluppo prosegue in un'atmosfera rasserenata, fino ad approdare a un improvviso fortissimo orchestrale (naturalmente su A). È l'inizio della terza sezione dello Sviluppo, in cui i cori irrompono sulla scena, intonando all'unisono, su un nuovo tema (F). L'«Accende lumen sensibus», ovverossia - secondo le parole di Mahler - «il cardine dell'opera e il ponte di collegamento con la scena degli anacoreti». Si tratta di un tema, imparentato con quello principale, i cui elementi costitutivi informeranno in effetti ampie sezioni della parte «faustiana», a cominciare dall'esteso preludio orchestrale che ne caratterizza l'apertura. L'episodio prosegue con un nuovo tema (G) intonato dal coro di voci bianche, per approdare, dopo una crescita di tensione e densità dell'ordito polifonico, a una zona di inattesa violenza espressiva, quando cori e soli lanciano, a distanza di quattro battute, un doppio grido di guerra alla parola «hostem» (salti di nona ascendente e di settima discendente), poi ripetuto alla parola «pacem» (nona ascendente e undicesima discendente). Una poderosa doppia fuga, basata su diversi elementi del primo tema («Ductore te praevio»), imprime nuovo impulso alla musica, in direzione della Ripresa, procedendo oltre, lungo il testo, ma anche ripercorrendo retrospettivamente temi e versi, con rinnovato slancio, attraverso una serie ininterrotta di modulazioni.

Abbreviata e variata, la Ripresa («Veni, creator spiritus») recupera temi musicali e parole del testo, in ordine differente e con nuovi rilievi espressivi. Di particolare efficacia risultano l'invocazione «Da pacem, protinus. dissolve litis» e l'episodio immediatamente successivo, in cui le parole «pacem» e «hostem» tornano ai cori, non più per essere gridate con violenza, ma intonate con espressione riconciliata. Spetta quindi al coro infantile avviare la coda conclusiva, costituita dal «Gloria» prima sul tema (E) che aveva caratterizzato la seconda sezione dello Sviluppo, quindi sul primo tema, con trombe e tromboni che chiudono la prima parte della sinfonia, scandendo trionfalmente il tema F di «Accende lumen sensibus».

Scena finale dal «Faust II» di Goethe

Alla monolitica compattezza della prima parte della sinfonia, la seconda contrappone un impianto formale assai libero, direttamente modellato sulla struttura episodica dell'ultima scena del secondo «Faust». Tuttavia il giudizio di Adorno è, a questo riguardo, molto chiaro: «Questo pezzo così vasto, realizzato a grandi blocchi, non è più una sonata, ma non è nemmeno una mera successione di arie e di cori contrastanti bensì, sommerso com'è da una sotterranea, possente corrente di evoluzione, è una "sinfonia" nel senso in cui è sinfonia il Lied von der Erde, con cui ha straordinarie affinità».

E mentre la serrata compattezza polifonica e, con essa, l'immane costruzione del «Veni, creator» glorificano lo sforzo umano, mostrando quanto la prima parte della sinfonia sia ancora profondamente radicata in questa terra, la seconda inizia un lungo percorso di ascesa al cielo {«L'eterno femminino» che «ci attira in alto»). Un'introduzione lunga 170 battute svela un arcano paesaggio nordico, popolato da boschi, rupi e gole montane. Sul motivo letteralmente trasfigurato di «Accende lumen sensibus» (affidato a violoncelli e contrabbassi in pizzicalo), si staglia pianissimo in flauti e clarinetti il tema (H) dell'introduzione, che, costituito da elementi già noti, anticipa il coro iniziale e altri episodi successivi, contenendo, a sua volta, il germe del conclusivo coro mistico «Alles Vergängliche...».

Alla fine dell'introduzione si collega il primo coro (inizialmente limitato alle sole voci maschili) che riprende, variandolo e con suggestivi effetti d'eco, il materiale tematico dell'inizio. Carattere operistico e di tormentata vocalità presentano invece gli a-solo del Pater ecstaticus («Ewiger Wonnebrand») e del Pater profundus («Wie Felsenabgrund...»), rispettivamente su una libera trasformazione del tema dell'introduzione e su un nuovo tema (I). Affidata prevalentemente alle voci femminili e infantili, la seconda parte dell'Esposizione annuncia, per bocca del coro degli angeli, il principio di salvazione di Faust («Chi si affatica a tendere più oltre,/ noi possiamo redimerlo»). Nuovi temi (L, M, N) caratterizzano il delizioso «Jene Rosen...» degli angeli novizi, mentre la terza parte dell'Esposizione riproduce l'«lnfirma nostri corporis» dell'inno, unitamente ad altri temi della prima parte della sinfonia.

Annunciato dalla marcia gioiosa degli angeli novizi, l'ingresso dell'anima di Faust segna quindi l'inizio dello Sviluppo mentre il Doctor Marianus insieme al coro, in un clima vieppiù religioso invocante la Vergine, prepara l'apparizione della Mater Gloriosa. Con la didascalia «Mater gloriosa schwebt einher» («la Mater gloriosa si libra in volo») ha inizio la seconda sezione dello Sviluppo: un Adagissimo lungo il quale, ai violini primi, su un accompagnamento di arpe e armonium, si dispiega lo splendido «tema d'amore», vagamente schumanniano e forse memore dell'Adagietto della Quinta Sinfonia, che di qui in poi si rivelerà determinante.

Seguono tre distinti interventi vocali femminili su testi di Luca (VII, 36, Magna Peccatrix) bo, Giovanni (IV, Mulier Samaritana) e degli Acta Sanctorum (Maria Aegyptiaca), interventi poi ricongiunti in un trio canonico sul tema d'amore. Dello stesso disegno melodico si vale poi Margherita (Una poenitentium) nel primo dei suoi due episodi vocali («Neige, neige...»), mentre nel secondo («Vom edlen Geisterchor umgeben»), dopo l'ultimo intervento dei fanciulli beati, riprende il tema di «Imple superna gratia», unitamente ad altro materiale tematico dell'inno. «Komm! Komm! Hebe dich zu höhern Sphären!» («Vieni! Vieni! Sollevati alle sfere più alte!») canta quindi la Mater Gloriosa a inizio della terza sezione dello Sviluppo. Sul «tema d'amore» il canto si distende (dolcissimo) in un'ultima, ampia e sospesa zona lirica, per poi essere raccolto dal coro maschile che, quasi in eco, ripete «Vieni! Vieni!». Segue «al modo di un inno» l'invocazione («Blicket auf...») del Doctor Marianus («col volto chino, in preghiera»), su un ennesimo nuovo tema, mentre il coro, ora anche con soprani e contralti, ripete l'esortazione «Vieni! Vieni!».

Un interludio orchestrale distende allora un velo di tersa luminosità e di quiete carica d'attesa, approdando all'entrata «wie ein Hauch» («come un soffio») del «chorus mysticus», su una variante del tema introduttivo. Inizia quindi un lungo, lento crescendo sul «tema d'amore», che culmina nel fortissimo di orchestra e cori, con organo a piena potenza. La parola «hinan» («verso l'alto») viene ripetuta da sola, mentre corni e tromboni richiamano simbolicamente la fine del canto di Margherita, quindi il tema di «Accende lumen». All'ultima battuta del coro entrano gli ottoni isolati con una poderosa evocazione in valori aumentati del «Veni, creator» con cui si conclude trionfalmente la sinfonia.

Andrea Schenardi


(1) Gustav Mahler, 1906 (da una testimonianza riportata da Richard Spechtnel 1914 e citata nella prefazione all'edizione critica Universal Edition, 1976)
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 8 Febbraio 2003
(3) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al numero speciale AMS 055 - 56 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 31 gennaio 2017