Sinfonia n. 1 in re maggiore

in quattro tempi per orchestra (versione definitiva)

Musica: Gustav Mahler (1860 - 1911)
  1. Langsam, Schleppend, Wie ein Naturlaut; im Aanfag sehr gemächlich; belebtes Zeitmass
    (Lentamente, trascinato, come un suono della natura; all'inizio molto tranquillo)
  2. Kräftig, bewegt, doch nicht zu schnell; Trio, Recht gemächlich
    (Vigorosamente mosso, ma non troppo presto; Trio, Molto tranquillo)
  3. Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen
    (Solenne e misurato senza trascinare)
  4. Stürmisch bewegt. Energisch
    (Tempestosamente agitato)
Organico: 2 ottavini, 4 flauti, 4 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto piccolo, clarinetto basso, 3 fagotti, controfagotto; 7 corni, 4 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, grancassa, piatti, triangolo, tam-tam, arpa, archi
Composizione prima versione: Budapest, 30 Marzo 1888
Composizione seconda versione: Vienna, 16 Agosto 1893
Prima esecuzione prima versione: Budapest, Redoutensaal, 20 Novembre 1889
Prima esecuzione seconda versione: Amburgo, Stadttheather, 27 Ottobre 1893
Prima esecuzione terza versione: Berlino, Neues Königliches Opernhaus, 6 Marzo 1896
Edizione: Verlag Weinberger, Vienna, 1899

Nella terza versione Mahler ha eliminato il secondo tempo "Blumine" ed i titoli delle singole parti
Genesi della sinfonia n. 1 in re maggiore

30 Marzo 1888 Malher termina a Budapest la composizione della sua prima sinfonia in due parti e cinque movimenti.
20 Novembre 1899 Mahler dirige nella Redoutensaal del Municipio di Budapest la prima versione della sinfonia con il sottotitolo "Poema sinfonico in due parti".
16 Agosto 1893 Mahler termina a Vienna la stesura della seconda versione della sinfonia alla quale applica il titolo di "Titano" ed inserisce una didascalia programmatica all'inizio dei singoli movimenti.
27 Ottobre 1893 Mahler dirige nello Stadttheather di Amburgo la seconda versione della sinfonia.
6 Marzo 1896 Mahler dirige nella Neues Königliches Opernhaus di Berlino la terza versione della sinfonia con il titolo "Sinfonia in quattro tempi".
In questa ultima versione il compositore ha cancellato il titolo e tutte le didascalie dei singoli movimenti ed eliminato l'Andante "Blumine" originariamente posto come secondo tempo.

Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Quando Mahler ne diresse la prima esecuzione il 20 novembre 1889, a Budapest, questa Sinfonia non aveva ancora raggiunto la forma definitiva. Mahler infatti si tormentò più a lungo del solito su questa partitura, sottoponendola a continue revisioni e passando attraverso lunghe esitazioni e ripensamenti: fra i primi abbozzi del 1884 e gli ultimi ritocchi del 1909 intercorsero venticinque anni, come dire l'intero arco creativo del compositore. Dal punto di vista strettamente musicale i cambiamenti più rilevanti furono la riduzione dei movimenti da cinque a quattro, a causa della soppressione di un Andante collocato originariamente in seconda posizione, e l'ampliamento dell'organico strumentale dalle normali dimensioni ottocentesche fino al gigantismo orchestrale tipicamente mahleriano: flauti, oboi e clarinetti passarono da tre a quattro, i corni da quattro a sette, le trombe da tre a cinque, i tromboni da tre a quattro e così via.

Ma più interessanti ancora sono le incertezze di Mahler sul titolo e sull'eventuale contenuto programmatico da attribuire a questo suo primo, grandioso impegno in campo sinfonico. Al pubblico di Budapest l'aveva presentato come "poema sinfonico in due parti", senza però indicarne il titolo e il programma, che sarebbero in teoria indispensabili in tale genere musicale. Successivamente gli diede il titolo di Titano, ispiratogli da un romanzo di Jean Paul, lo scrittore romantico che era stato fra i prediletti da Schumann: probabilmente Mahler aveva creduto di trovare i propri conflitti interiori rispecchiati nel personaggio di Roquairol che, non riuscendo ad afferrare la realtà, la reinventa e la assoggetta alla sua fantasia, sviluppando la sua lucida intelligenza e i suoi ardenti desideri in una sterile eccentricità, fino a cadere in una situazione di disagio spirituale e di malattia che lo conduce al suicidio. Inutilmente si cercherebbero però nel programma - steso da Mahler in varie redazioni più o meno elaborate ma sostanzialmente simili - dei precisi riferimenti all'argomento del romanzo.

In occasione dell'esecuzione ad Amburgo del 1893, Mahler definì dunque quest'opera "Titano", un poema sinfonico in forma di sinfonia. Era diviso in due parti: la prima parte, Dai giorni di gioventù: fiorì, frutti e spine, era formata dai primi tre movimenti e la seconda, Comoedia humana, dagli ultimi due. I cinque movimenti a loro volta erano così definiti:

  1. Primavera senza fine ("L'introduzione rappresenta il risveglio della natura dal lungo sonno invernale");
  2. Blumine (traducibile come "Raccolta di fiori": è il movimento che venne in seguito soppresso);
  3. A vele spiegate;
  4. In difficoltà! ("Una marcia funebre nello stile di Callot", al cui proposito Mahler annotò: «Lo stimolo esterno della composizione di questo brano musicale è venuto all'autore da "II corteo funebre del cacciatore", un'illustrazione satirica di un antico libro di favole, che è nota a tutti i bimbi austriaci. Gli animali della foresta accompagnano alla tomba il cacciatore morto: le lepri portano lo stendardo...»);
  5. Dall'inferno al paradiso (in italiano nell'originale), che deve seguire immediatamente il movimento precedente, "come l'improvviso grido di un cuore ferito nel profondo".

Nel 1894 titolo e programma vennero definitivamente abbandonati e dal 1896 scomparve anche la definizione di "poema sinfonico", sostituita semplicemente da Sinfonia in re maggiore. Riguardo a questa decisione Mahler scrisse nel 1896: «Il titolo, Titano, e il programma hanno una ragione: a quel tempo i miei amici mi indussero a stendere una specie di programma per facilitare la comprensione della sinfonia. Titolo e programma furono quindi pensati in un secondo momento. Se ora li voglio evitare, non è soltanto per il fatto di considerarli insufficienti e alquanto anodini ma anche perché l'esperienza mi ha insegnato che il pubblico dai programmi e dai titoli è indotto in errore. Succede sempre così!».

Pur messi così autorevolmente in guardia dal sopravvalutare presunti contenuti extra-musicali, bisogna però sottolineare come le oscillazioni di Mahler sul titolo e sul programma - nonché sulla forma stessa - di questa Sinfonia non possono assolutamente essere considerate prive di significato. La scelta a favore della musica a programma, che Mahler nella lettera citata attribuisce a pressioni esterne da parte di amici, doveva in realtà rispecchiare sue personali incertezze sulla strada da prendere con quest'opera di straordinarie dimensioni e di non meno straordinarie ambizioni, destinata non soltanto a chiudere il periodo giovanile e a segnare gli anni futuri della sua attività ma anche a regolare i conti con l'intera eredità musicale del passato: Mahler era qui chiamato a fare la sua scelta fra Brahms e la wagneriana musica dell'avvenire, fra la musica "pura" e il poema sinfonico di Liszt e del giovanissimo ma prepotentemente emergente Strauss, fra l'autonomia e l'indipendenza della musica e la tendenza all'unione delle varie arti, fra intimità liederistica e spettacolare espressività tardoromantica, fra la fusione wagneriana dei timbri orchestrali e ricerca di colori nettamente rilevanti.

Le oscillazioni di Mahler dimostrano che in realtà egli non scelse e che nella sua prima Sinfonia sono presenti le opposte tendenze della musica del suo tempo: il suo genio sta anche nell'aver saputo conciliare (o, meglio, nell'aver costretto a convivere) opposti inconciliabili.

Il primo movimento reca l'indicazione Langsam, Schleppend. Wie ein Naturlaut (Lento, strisciando. Come un suono della natura). Un la tenuto dagli archi su sette ottave, dal la profondissimo dei contrabbassi a quello incorporeo dei violini, evoca l'infinità della natura: su questo la i legni lasciano cadere sommessamente gruppi di due note (la-mi), che si condensano presto in un tema di elementare semplicità, mentre come di lontano risuona un motivo di fanfara militare. Questa fanfara e un trasparente ricordo del canto del cuculo rimandano a un mondo di infantile purezza, rivissuto attraverso la memoria e quindi trasfigurato al di là di ogni imitazione realistica: non a caso nella prima versione della Sinfonia la breve fanfara era naturalisticamente affidata agli ottoni, ma venne poi assegnata ai clarinetti. Romantiche frasi dei corni, intrecciandosi alla fanfara e ai richiami del cuculo, conducono al vero e proprio primo movimento, che si apre con un tema dei violoncelli ripreso a canone dai fagotti, tratto dal secondo dei Lieder eines fahrenden Gesellen: "Me ne andavo stamane per i campi...". Per un po' la sinfonia segue da vicino questo Lied campestre e amabilmente animato, avviandosi poi a toccare brevemente un apice d'intensità, che riporta all'atmosfera dell'introduzione, immobile e misteriosa, una "sospensione" in cui il tempo sembra fermarsi. "Sospensione" e "irruzione" sono - secondo Adorno - le due polarità del mondo espressivo di Mahler. E, in effetti, dopo la "sospensione" ecco l'"irruzione", allorché nuovi sviluppi, percorsi da ritmi di marcia e lentamente ma inesorabilmente avviati a divenire sempre più ansiosi e tesi, vengono interrotti da due ravvicinati interventi di crescente violenza delle trombe, che riescono a spezzare quell'atmosfera cupa e a portare un cambiamento improvviso di luce, con il ritorno della tonalità di re maggiore, risplendente e trionfante: è l'apoteosi che, dopo un'ultima e rapida ripresa del tema del Lied, conclude il movimento.

Il secondo movimento, Kräftig bewegt, dock nicht zu schnell (Vigorosamente mosso, ma non troppo veloce), ha lo schema tripartito di uno Scherzo. Il ritmo di Ländler, i temi dal lontano ma inconfondibile carattere di Jodler e il tono da musica da taverna del Trio gli conferiscono un'impronta rustica, indissolubilmente legata in Mahler ai ricordi d'infanzia, insidiati però in questo caso da ombre inquietanti, in particolare da una specie di moto perpetuo degli ottoni, che percorre - ora più ora meno percepibile - l'intero movimento.

Feierlich und gemessen, (Solenne e misurato): viene indicato da Mahler il tema della canzoncina infantile Frère Jacques, trasformato in una marcia funebre parodistica e allo stesso tempo spettrale, che inizialmente, sulla scansione implacabile dei timpani, viene sussurrata in un registro innaturalmente acuto dal contrabbasso, cui progressivamente si aggiungono a canone fagotto, violoncelli, basso-tuba e poi via via l'intera orchestra, mentre l'oboe sembra commentare insolentemente. Il tono parodistico si accentua con l'entrata di un tema dal sapore "ungherese", canticchiato dagli oboi con il controcanto di due trombe: i cimbali turchi contribuiscono all'effetto. La citazione dell'ultimo dei Lieder eines fahrenden Gesellen, "Die zwei blauen Augen" (I due occhi azzurri), introducono uno squarcio lirico, ma presto ritornano la spettrale marcia funebre e il beffardo tema tzigano, rafforzando ancor più l'iniziale effetto di annichilimento: questa canzoncina infantile che si trasforma in marcia funebre potrebbe essere elevata a simbolo dell'universo mahleriano.

Improvviso e fortissimo (Mahler lo definì "il grido di un cuore ferito") irrompe il movimento finale, Stürmisch bewegt (Tempestosamente agitato), che si contrappone da solo ai tre movimenti precedenti, tanto per le sue dimensioni che per il suo carattere. Il colpo di piatti che lo apre venne paragonato dall'autore al lampo repentino che illumina un ciclo nuvoloso e tutto il movimento può essere inteso come la riconquista della tonalità di re maggiore a partire da fa minore. Dopo una sezione introduttiva tumultuosa e dissonante, l'energico primo tema è quasi una versione più battagliera di un cupo tema di marcia udito nel movimento iniziale: dopo una lunga lotta s'inabissa e scompare in una serie d'interventi d'intensità decrescente degli ottoni, mentre emerge un secondo tema struggente, dal respiro melodico straordinariamente ampio. Questi diversi temi si mescolano con altre reminiscenze tematiche del primo movimento, fino a un tremendo climax orchestrale, che riconduce infine il re maggiore. Mahler ha dichiarato: "L'accordo di re maggiore deve risuonare come se fosse caduto dal cielo, come se venisse da un altro mondo!". Siamo poco oltre la metà del movimento finale: la parte restante, in cui i conflitti precedenti trovano la loro soluzione, risponde a ragioni sia architettoniche che psicologiche. Un nostalgico sguardo indietro, con ripetizioni più o meno testuali di elementi dei movimenti precedenti, serve quasi come momento di distensione prima dell'apoteosi finale, che combina contrappuntisticamente i vari temi, in mezzo a fragorosi ed esultanti interventi degli ottoni, in una conclusione volutamente "popolare" e aproblematica. Lo schema romantico del "trionfo dopo la lotta" celebra qui una delle sue ultime apparizioni.

Mauro Mariani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Composta nel 1888, su idee già nate in anni precedenti, la Prima Sinfonia di Mahler fu eseguita la prima volta a Budapest il 20 novembre 1889 sotto la direzione dello stesso autore, da poco nominato direttore del Teatro dell'Opera nella capitale ungherese; seguirono, sempre con il compositore sul podio, le esecuzioni del 1892 ad Amburgo, del 1894 a Weimar (qui con indignate reazioni della critica giornalistica, che infiammarono vieppiù la passione mahleriana di Bruno Walter diciassettenne), del 1896 a Berlino e del 1899 a Vienna.

L'opera nacque e si sviluppò sotto il segno di una tormentata temperie emotiva, alimentata sul piano esistenziale da passioni amorose senza speranza; una, particolarmente seria, fu quella stretta con la moglie di Cari von Weber, nipote del grande Carl Maria, nella cui casa e intimità Mahler aveva scovato la partitura incompleta dei Drei Pintos e conosciuto la famosa antologia poetica Il corno meraviglioso del fanciullo (Bruno Walter, con molta acutezza, chiamerà la Prima Sinfonia il "Werther" di Mahler). Nel progressivo assestamento della sua struttura la Sinfonia rivela qualche traccia di quel movimentato periodo: dapprima si presentò con la denominazione di "Poema sinfonico in due parti", quindi fu battezzata Titan, con riferimento a una novella di Jean Paul Richter e con una serie di titoli sul genere della Sinfonia fantastica di Berlioz. Ma la concezione originaria di un poema sinfonico in due parti ha lasciato tracce anche nell'aspetto in cui la Sinfonia si è consolidata, e cioè nella netta contrapposizione fra i due primi movimenti, dal piglio solido e sereno, e gli ultimi due dai colori tragici ed eroici (un Andante intitolato Blumine, risalente agli anni di Kassel e in origine pensato come terzo movimento, fu soppresso da Mahler).

La Sinfonia si apre con una introduzione lenta che nei suoi punti focali sparsi è l'opposto della compattezza sinfonica classica: unisoni translucidi, richiami di strani cucù ("come voce di natura" suggerisce Mahler) che hanno imparato il loro verso per quarte anziché per terze discendenti, lontane fanfare di cacciatori perdutisi in una foresta senza tempo; il rintocco di quarta produce l'avvio del primo movimento, percorso da amabili temi (il primo derivato da "Me ne andavo stamane per i prati", secondo brano dei Lieder eines fahrenden Gesellen), per lo più impostati su semplici figure di scale ascendenti e discendenti; ma il paessaggio dell'introduzione lenta tornerà a delinearsi, qui e nel Finale della Sinfonia, come riserva di idee, regione ideale da cui ripartire ogni volta per nuovi percorsi. Con il secondo movimento siamo nel quadro tradizionale dello Scherzo: robusti ritmi di danze morave per l'episodio principale, intercalato da un Trio in ritmo di valzer; ma ad un certo punto s'incide anche il profilo di Cajkovskij, tra l'altro conosciuto di persona da Mahler proprio nei primi mesi del 1888.

Il capitolo "umano" della Sinfonia si apre con la sua pagina più pregnante, in origine denominata Marcia funebre "in Callots Manier"; nella fantasia di Mahler aveva agito anche il "Funerale del cacciatore", una illustrazione ben nota alla letteratura tedesca per l'infanzia, con il parodistico corteo degli animali del bosco che scortano, suonando e danzando, il catafalco del cacciatore; ma bastano i rintocchi del timpano, il canone popolare "Frère Jacques" intonato dal contrabbasso solo, l'intervento motteggiatore dell'oboe, perché tutto l'humor callottiano e hoffmanniano si condensi in una "personalità" timbrica di inaudita originalità; e anche il demoniaco personaggio di Roquairol, nel Titan di Jean Paul, deve averci avuto parte. Per due volte la marcia si apre a nuovi episodi: il primo costeggia il canto popolare ebraico, con echi di nasali cantilene del tutto consanguinee a quelle inserite ancora da Jerry Bock e Sheldon Harnick nel loro fortunato Fiddler on the roof; il secondo riprende il tema dell'ultima strofa ("C'era lungo la strada un tiglio") del quarto dei Lieder eines fahrenden Gesellen. Il Finale, in forme talvolta esagitate, è dominato da un senso di ribellione, con qualche affinità con la musica di festa nell'episodio centrale del Klagende Lied; introdotto da un frammento cromatico dei violini di matrice "tristaniana", si fa avanti anche un secondo tema cantabile, dove ancora Cajkovskij fa sentire la sua presenza. Dopo un ritorno alle "voci di natura" che l'avevano aperta, la Sinfonia si conclude con una trionfale sintesi di inno, marcia e fanfara; ma la stessa eloquenza con cui s'inarca e quasi si spacca assegna a questo trionfo qualcosa di insicuro, di pronto a rimettere tutto in discussione.

Giorgio Pestelli

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Quella che sarebbe divenuta la prima delle nove Sinfonie portate a termine da Mahler ebbe una genesi alquanto tormentata. La forma nella quale comunemente la conosciamo - in quattro movimenti, secondo una struttura quasi classica, nonostante le dimensioni già notevolmente ampliate, anche se non inconsuete per l'epoca - fu il risultato di un lungo travaglio che accompagnò una fase importante nello sviluppo del pensiero sinfonico di Mahler. Quando cominciò a comporla, Mahler aveva venticinque anni e alle spalle un gruppo di opere già significative e ambiziose. Al loro centro stava però ancora la voce, in un rapporto privilegiato con la letteratura romantica, soprattutto con quella di tono popolare e intimistico, fiabesco e umoristico nella quale il musicista si era gettato secondando la sua natura anche come autore dei testi.

Anche la Prima Sinfonia nacque con profonde radici extra-musicali, ma a poco a poco queste radici vennero recise per avviare la conquista dell'autonomia della forma sinfonica. E in questo senso vanno intese le continue revisioni a cui l'autore sottopose la partitura. Quando essa venne eseguita per la prima volta, infatti, a Budapest il 20 novembre 1889 (dopo oltre tre anni di lavoro, dal 1885 al 1888), il sottotitolo l'annunciava come "poema sinfonico in due parti". Un programma vero e proprio comparve però soltanto dopo un'ulteriore revisione, ultimata il 16 agosto 1893: sempre in due parti, la Sinfonia recava ora il titolo "Titano", tratto dal romanzo omonimo di Jean Paul (1800-1803), e si articolava in cinque movimenti ognuno dei quali presentava un lungo programma letterario e pittorico, fitto di descrizioni e di riferimenti ancor più specifici a Jean Paul (per esempio nel secondo movimento, Blumine). In questa veste, indicata come "poema sonoro in forma di sinfonia", la partitura venne eseguita ad Amburgo il 27 ottobre 1893; ma le stesse implicazioni di ordine letterario parvero a Mahler troppo gravose e fuorvianti. Sicché dopo la terza esecuzione (Weimar, 3 giugno 1894) Mahler eliminò l'Andante, ossia Blumine, e il programma illustrativo, intitolando l'opera semplicemente "Sinfonia in re maggiore". E in questa forma essa venne data a Berlino il 16 marzo 1896 e apparve nelle edizioni a stampa, senza Blumine, che rimase ineseguita fino al 1967, quando Benjamin Britten la presentò da sola in un concerto al Festival di Aldeburgh, riproponendola all'attenzione del pubblico e degli studiosi.

Che cosa raccontava il programma di accompagnamento alla Sinfonia? La prima parte, intitolata "Dai giorni di gioventù: fiori, frutti e spine", cominciava con la rappresentazione del risveglio della natura dal lungo sonno invernale ("Eterna primavera: Introduzione e Allegro comodo), proseguiva con l'Andante Blumine ("una ghirlanda di fiori") e terminava con lo Scherzo, "A gonfie vele". "Commedia humana" era invece il titolo della seconda parte, concepita in due sezioni: la prima, "Piantato in asso", una "Marcia funebre nello stile di Callot" ispirata al quadro infantile e fiabesco del "Funerale del cacciatore", si mutava repentinamente in un Allegro furioso, "Dall'Inferno al Paradiso", per descrivere "l'improvviso scoppio di disperazione di un cuore ferito nel profondo". Ma più che a precise immagini o a una vera e propria storia a cui la musica si doveva attenere queste indicazioni programmatiche, aggiunte solo in un secondo momento e poi ripudiate, servivano a stabilire un clima, a evocare delle suggestioni. Certo, in esse si ritrovano i temi prediletti della poetica mahleriana, il senso dell'immensità della natura, il rimpianto per l'innocenza perduta, e nello stesso tempo la sensazione di estraneità dell'uomo di fronte al mistero dell'esistenza: con momenti di estasi e di disperazione in continua, problematica interazione. Se è vero che Mahler non dubitava della forza espressiva della sua musica, un tratto di fondamentale ingenuità presente nella sua indole di sognatore lo spingeva a credere che fosse necessario spiegare i contenuti delle sue partiture, non foss'altro per mettere l'ascoltatore nella disposizione d'animo giusta ad affrontarne il peso e le atmosfere. Ciò non aveva niente a che fare con il carattere intrinseco della musica, di per se stessa eloquente, ma semmai nasceva da un problema di ricezione, verso il quale Mahler, da uomo pratico qua! era, si mostrava estremamente sensibile. E quando si rese conto che i programmi, anziché aiutare la musica, al contrario ne dilazionavano e complicavano la comprensione favorendo equivoci e banalizzazioni, con altrettanto senso pratico li abolì, senza che per questo cambiassero la sostanza e il senso delle cose.

Nel cammino della Prima Sinfonia si assiste però, parallelamente all'altalena dei programmi, a un processo di riduzione del piano compositivo che ha ben altro valore. L'abolizione dell'Andante Blumine, per quanto si tratti di una pagina deliziosa, luminosa e serena, va nella direzione di un equilibrio formale sempre più interno all'arco disegnato dalla musica. Il ritorno ai quattro movimenti canonici, con lo spostamento del tempo lento dal secondo al terzo posto, non soltanto ricompone un quadro di misura classico ma offre all'economia dell'opera una notevole forza propulsiva. Che ciò fosse per Mahler un punto di arrivo e non di partenza, una conquista e non una premessa, non è la ragione ultima che fa della Prima Sinfonia un lavoro speciale e unico, quasi un ponte che dalle ultime propaggini della Sinfonia romantica si slancia verso nuove prospettive, chiudendo un'epoca per annunciarne una nuova.

Da questo punto di vista, bisogna attendere il gesto dimostrativo che apre l'ultimo movimento ("Con moto tempestoso") perché l'idea di irruzione rigeneratrice della forma si affermi in tutta la sua portata. Ciò che precede quel momento intensamente drammatico, simile a un sipario che si squarci per lasciar finalmente vedere ciò che prima era avvolto da un velario di brume e ombre, è preparazione e attesa, reminiscenza e visione interiore. Se un programma vi è sotteso, esso rimane tutto interno alla sensibilità che vuol mettersi alla prova, per diventare, prima ancora che figura, suono. All'inizio della Sinfonia, nella introduzione lenta ("Lento, strascicato") che precede il quieto snodarsi del tema principale ("Sempre molto tranquillo"), Mahler rappresenta la condizione originaria del suono, intesa come Naturlaut, suono di natura: su un lungo pedale tenuto dagli archi i legni a turno espongono un motivo di quarte discendenti, simbolo della voce intatta della natura, cui si contrappone, con brusca accelerazione, una fanfara portata prima dai clarinetti e poi dalle trombe. Questa entrata definisce già un panorama sul quale la Sinfonia muoverà i suoi passi, dopo aver identificato un contrasto tipico fra mondo della natura e visione individuale, che quella purezza contamina per il solo fatto di esistere, dell'uomo. Si affaccia qui per la prima volta in veste puramente musicale una contraddizione che è alla base dell'arte di Mahler: se la percezione del mondo della natura può esistere solo nel momento in cui il compositore la materializza in suoni, ogni ricreazione, anche quella che si manifesta "come un suono della natura", è impura e artificiale e ne svela al massimo una "seconda natura". E mai Mahler è così consapevole di questa contraddizione come quando cita temi o motivi tratti "direttamente" da quel mondo.

L'elemento di maggior peso nella Prima Sinfonia, dopo la riflessione sul suono, è dato dalla importanza annessa all'elaborazione. Nessuno dei temi principali che compaiono nei primi tre movimenti è di nuovo conio: quello del primo movimenlo, presentato dai violoncelli accompagnati dal primo fagotto, deriva dal secondo dei Lieder eìnes fahrenden Gesellen, Gìng heut' morgen übers Feld; lo Scherzo prende le mosse dalla citazione di un altro Lied composto in precedenza, Hans und Grethe, combinato con la quarta discendente del Naturlaut del primo tempo; quanto alla marcia funebre, essa si basa sulla notissima cantilena Bruder Martin (il nostro "Fra Martino"), esposta dal contrabbasso, in una combinazione che alla deformazione ironica da via via un tono sempre più beffardo e sarcastico di parodia Spettrale: e quando una nuova idea viene a interrompere questo corteo bizzarro e comicamente stralunato, ecco che si tratta ancora di una citazione, la melodia del Lied Die zwei blauen Augen, quarto dei Lieder eines fahrenden Gesellen (da suonarsi, prescrive Mahler, "in maniera semplice e disadorna, come un'aria popolare").

Che cosa significa questo continuo intrecciarsi di citazioni, anzi di autocitazioni, nella Prima Sinfonia? Due cose almeno. In primo luogo viene inoculata nei gangli vitali della Sinfonia una forte dose di "vissuto", di memoria autobiografica. Citando se stesso, e citandosi in figure emblematiche del suo passato (come fahrender Geselle, ossia viandante) o del suo retroterra poetico-culturale (gli archetipi della musica popolare), Mahler sembra voler affermare la propria individualità nella storia, convincersi di essere vivo e di esistere. Sotto questo profilo la Sinfonia è un mezzo per scrivere la propria autobiografia spirituale in termini musicali. Ma c'è anche un secondo aspetto da considerare, forse ancora più importante. L'unico modo per affermare la propria esistenza nel mondo è percorrerne le strade guardando in avanti, elaborando cioè quei temi in modo dinamico e progressivo facendone lo strumento di una esplorazione che, per quanto circoscritti siano i confini, anela a superare i limiti e a scoprire una conciliazione nell'ignoto. Nasce di qui la modernità linguistica della musica di Mahler, e ancor più quel brivido, quella fertile sensazione di crisi che Adorno ha descritto in modo impareggiabile, affermando che la musica di Mahler "anticipa terribilmente con mezzi passati ciò che deve venire". La Prima Sinfonia, con la continua tensione dei suoi svolgimenti e delle sue progressioni, individua questo desiderio di totalità e ne traccia in modo esemplare un possibile itinerario, non ancora illusorio. L'inizio del quarto movimento segna al suo interno un momento estremamente critico, un punto di non ritorno. E uno squarcio colossale, creato ad arte (fin troppo banale mettere in risalto quanto vi sia di teatrale e di esibito in questo) con il ricorso a tutta la scienza degli effetti orchestrali. Ma ciò che esso vuoi rappresentare con un gesto drastico, che brucia l'attesa, è l'annuncio di spazi e orizzonti nuovi, quasi prefigurando una trasfigurazione, una volta placata la tempesta. E la trasfigurazione, preparata da zone contemplative e idilliche, avviene allorché si ripresentano i motivi e i temi del primo tempo, a partire dall'introduzione lenta. Non si tratta qui di una ricapitolazione tesa a dare alla Sinfonia un carattere ciclico, bensì di un passaggio di livello, di un'ascesa: come di chi, superata la barriera delle nubi, si trovi davanti la visione illimitata della luce. Anche i suoni di natura appaiono ora in una prospettiva nuova: non più emblema di una purezza irraggiungibile, ma voci di presenze amiche, che infondono sicurezza e calore. E che confortano, dalle altezze in cui la loro pura essenza musicale spande un'eco gioiosa, a dare un senso concreto, positivo alla vita e all'errare.

Mahler non avrebbe mai più ripetuto la soluzione, insieme semplice e ardita, del Finale della Prima Sinfonia: nel quale un atto di fede nella tradizione della forma sinfonica si salda in unità con il superamento della forma come tradizione. E ciò fa di questa quasi un arcobaleno tracciato nel cielo per collegare la terra popolata di fantasmi all'ultimo Walhalla, dopo il crepuscolo e prima che scenda la notte.

Sergio Sablich

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

La Prima Sinfonia di Gustav Mahler fu eseguita nel novembre 1889 a Budapest. In seguito, la partitura venne sottoposta ad una revisione generale prima della pubblicazione, dieci anni dopo. Composta originariamente di cinque movimenti, fu ridotta a quattro con l'eliminazione del secondo, un Andante intitolato Blumine (Raccolta di fiori) ritenuto da Mahler eccessivamente sentimentale e pubblicato solo nel 1967. Il sottotitolo di "II Titano. Un poema sinfonico in forma di sinfonia", che accompagnava la prima esecuzione di Budapest e in seguito eliminato, era stato scelto dal compositore pensando al romanzo Der Titan di Jean Paul Richter, definito da Ladislao Mittner «opera pseudotitanica, un canto di lode della primavera tedesca e delle forze primaverili dell'anima tedesca». Come riporta il programma di Budapest, nel primo movimento Mahler intendeva infatti rappresentare una "primavera senza fine", ossia «il destarsi della natura dal lungo sonno invernale». Musica d'atmosfera, quindi, destinata a trasformarsi nel corso della composizione e ad acquistare, nell'ultimo movimento, il carattere liberatorio di una sfida prometeica.

L'opera tende, infatti, verso il gigantesco finale che rievoca i movimenti precedenti attraverso precisi richiami tematici, come avviene nella Nona di Beethoven. Ma non è estraneo a questa partitura il ricordo della Pastorale: il senso della natura impregna tutto il primo movimento, echeggiante di richiami boscherecci, ritmi di danza, versi di uccelli, in particolare quello del cuculo, che assurge quasi a motivo conduttore. «Con il primo suono - disse Mahier alla violista Natalie Bauer-Lechner - il lungo la degli archi con armonici, siamo in mezzo alla natura: nel bosco, dove la luce del sole estivo scintilla, tremolando tra i rami». Ma la natura di Mahler è ben lontana dalla religiosità panica della campagna beethoveniana: mentre questa appare come un tutto organico, perfettamente conosciuto dal soggetto che lo contempla, la natura di Mahler è un labirinto, popolato di voci segrete. In quel bosco pullula già la vita di un misterioso animismo che la musica espressionista farà proprio, deformandolo, pochi anni dopo, con effetti di terrore. Così i versi degli animali, i richiami degli uccelli acquistano un significato nuovo. Qui lo spettro dell'inquietudine viene sempre ad attraversare anche i momenti più sereni: basta un brivido d'armonia dissonante, o l'improvviso incupirsi della strumentazione nella comparsa di timbri sinistri, per incrinare una serenità nostalgicamente desiderata ma oramai irraggiungibile.

Inoltre, il bosco che ci accoglie nel primo movimento è caratterizzato da una immensa profondità spaziale. Dalla Pastorale di Beethoven, Mahler mutua il gioco degli echi interni, frammenti tematici che si rispondono da punti diversi e con diversi colori, ora in primo piano, ora di lontano. Lo spazio, così, s'incrocia con il tempo in una nuova dimensione della musica; le trombe con sordina suonano remote, i corni spalancano prospettive di valli e di montagne mentre, dopo i richiami iniziali, ad un certo punto la vita prende forma: un tema circolare, affettuoso, che si snoda passando da uno strumento all'altro, acquista movenze danzanti, e cresce sino a vere e proprie esplosioni vitali. È la melodia del secondo dei Lieder eines fahrenden Gesellen, "Ging heut' morgen übers Feld" ("Me ne andavo stamane sui prati / sull'erba c'era ancora la rugiada") che domina l'esposizione di una forma-sonata assai libera, dotata di una ripresa molto sintetica. Nello sviluppo, sembra che il tempo si arresti per poter tendere l'orecchio ad auscultare pulsazioni segrete. Schubert è all'origine di questa stupefazione, che a un certo punto si sblocca. Nella seconda sezione dello sviluppo risuona un tema di caccia esposto dai corni: richiamo silvestre che rimanda ad antichi effetti weberiani, e porta all'esplosione di una travolgente fanfara, alle trombe, ai corni e ai legni.

Il secondo movimento (Kraftig bewegt, doch nicht zu schnell) uno Scherzo in forma tripartita, salta con andamenti di danza rustica. Sono i ricordi delle danze contadine morave che Mahler aveva ascoltato in gioventù, e che formano, qui, un quadro di vita paesana il cui umorismo, rude e quasi sarcastico, si esprime nell'aspro suono dei bassi, nello squillo di corni e trombe, nel tinnire della percussione e nel continuo sobbalzare dei ritmi puntati. Una vena d'umor nero conferisce a questo girotondo sussultorio e frenetico un tono presago, mentre al centro del pezzo, annunciato da un lontano richiamo del corno, volteggia un ritmo di valzer viennese. Queste allusioni "dialettali" acquistano in Mahler una carica di nostalgia per uno stato d'innocenza ormai perduto. L'irruzione dell'elemento popolare non è nuova, risale ai minuetti di Haydn e di Mozart: ma in Mahler acquista un carattere di fulminante ricordo nell'ambito di una emotività incontrollabile, come ci suggerisce l'orgiastica ripresa dello Scherzo iniziale, con i suoi ritmi ostinati e lo stridore delle dissonanze.

Il terzo movimento (Feierlich und gemessen, ohne zu schleppen) è una "Marcia funebre alla maniera di Callot", ispirata al compositore da una vecchia stampa caricaturale per bambini: "II funerale del cacciatore". Mahier stesso la descrive nel programma di Budapest: «Gli animali del bosco accompagnano alla tomba la bara del cacciatore morto: le lepri portano lo stendardo, davanti c'è un gruppo di musicanti boemi con i quali suonano gatti, rospi, cornacchie ecc. e cervi, caprioli, volpi, e altri animali del bosco, alati o a quattro zampe, seguono il corteo in atteggiamenti farseschi». L'atmosfera è dunque ambigua, e oscilla tra ironia, sarcasmo e sinistri presagi. I timpani pulsano nel silenzio: e su quel rintocco si profila, lugubre e spettrale, un canone sulla melodia della canzone popolare Fra Martino campanaro, trasposta in tonalità minore. Come scrive Bruno Walter, «siamo condotti in un inferno che non ha forse l'eguale nella letteratura sinfonica». Il suono è terribilmente cupo, la melodia strisciante e, sopra questo abisso, il primo oboe saltella, triste e insieme beffardo. Una melodia ungaro-boema introduce un moto volteggiante, ma tutto sfocia in una ripresa di Fra Martino campanaro, che sembra attirare tutto nel suo gorgo oscuro. Anche la melodia paradisiaca, tratta dall'ultimo dei Lieder eines fahrenden Gesellen, che evoca il riposo primaverile, è rimossa dal ritorno della marcia, nella sua originalissima sovrapposizione di elementi sublimi e infernali, funebri e sarcastici, umoristici e funesti.

La Sinfonia termina con il gigantesco finale in forma-sonata, Sturmisch bewegt. Si notino: il vastissimo primo tema, battagliero e tumultuoso, vera immagine di lotta e di sofferenza; la meravigliosa dolcezza del secondo, che dura a lungo in una sorta di adagio lirico e nostalgico; il ritorno del clamore combattivo nello sviluppo, in cui cominciano ad affiorare gli spunti trionfali che porteranno alla comparsa di un motivo religioso, derivante dal Parsifal, ma non immemore dell'Alleluja del Messia di Händel. Questo tema, libero e slanciato, esprime l'impulso verso la redenzione, ma viene respinto, come ricacciato indietro da nuove catastrofi, dal ricordo dei "suoni di natura" del primo movimento, da un fugato laborioso e duro, prima di trionfare in un'affermazione conclusiva. La vittoria è definitiva? Il dubbio resta, leggendo Adorno: «nel Finale della Prima Sinfonia il dissidio interiore si potenzia, al di là di ogni possibilità di mediazione, in un'integrale disperazione, rispetto alla quale evidentemente la spensierata conclusione trionfale si sbiadisce diventando un semplice accorgimento di regia. Il compatto specchio sonoro si frantuma dando origine a una musica nuova con mezzi antichi».

Paolo Gallarati

Guida all'ascolto 5 (nota 5)

Particolarmente importanti sono le vicende della genesi della Sinfonia, che attraversò numerosi e dissimili stadi prima di raggiungere la veste oggi comunemente diffusa. Fra la prima idea (1884) e la versione definitiva (1896) della partitura intercorrono dodici anni; ma la gestazione del brano occupò l'autore per una durata di quattro anni, e la massima parte della stesura materiale avvenne fra i mesi di gennaio e marzo del 1888. A tale data la partitura si poteva dire compiuta, e trovò infatti la prima esecuzione a Budapest, sotto la direzione dell'autore, il 20 novembre 1889, con esito contrastato, se non infelice; e non fu che il primo della lunga catena di insuccessi incontrati da questa partitura (come, d'altra parte, dalla maggior parte di quelle successive) nel corso dell'esistenza dell'autore.

Le modifiche imposte negli anni successivi furono rivolte a mutare non tanto il contenuto musicale della composizione, quanto lo stesso assunto di base. La Sinfonia in re maggiore, infatti, non nacque affatto come sinfonia, ma come poema sinfonico in due parti; come un brano, insomma, dotato di un preciso percorso narrativo. Oggetto della partitura era il rapporto fra natura e uomo, riflettuto dalla divisione in due parti; la prima parte, "Aus den Tagen der Jugend" ("Dai giorni della gioventù"), comprendeva tre movimenti, il primo e il terzo corrispondenti agli attuali primi due movimenti della Sinfonia; mentre in seconda posizione si trovava un movimento "Blumine" (Andante), poi espunto. La seconda parte, "Comedia humana", si componeva di soli due movimenti, gli attuali terzo e quarto della Sinfonia. Puntuali indicazioni programmatiche illuminavano sul significato da attribuire ai singoli tempi: "Frühling und kein Ende" ("Primavera senza fine"), "Blumine" ("Piccolo fiore"), "Mit vollen Segeln" ("A vele spiegate") i titoli apposti alla prima parte, quella dedicata alla natura; "Todtenmarsch in Callot Manier" ("Marcia funebre alla maniera di Callot"), "Dall'Inferno al Paradiso" i titoli della parte dedicata all'uomo.

I cambiamenti imposti alla partitura si mossero in direzione di una maggiore coerenza musicale (con l'omissione del movimento "Blumine", che presentava una veste eccessivamente cameristica) e di un occultamento del contenuto programmatico. Già prima dell'esecuzione berlinese del 1896, infatti, Mahler eliminò tutte le didascalie, e convertì il titolo di poema sinfonico in quello di sinfonia; aggiunse invece il sottotitolo "Der Titan" ("Il Titano"), con riferimento all'omonimo libro di Jean Paul Richter (1763-1825), dalle atmosfere vicine allo Sturm und Drang, nella cui opera passionale ed ironica il compositore si riconosceva; ma l'intestazione "Der Titan" non voleva alludere al contenuto del romanzo di Richter, quanto a una figura umana eroica, protagonista ideale della Sinfonia. Nella redazione definitiva, tuttavia, anche il titolo "Der Titan" fu cancellato (quantunque esso si sia poi erroneamente imposto nella pratica concertistica).

Il significato di tali e tanti assestamenti è piuttosto limpido, ed è inoltre di guida nella ricerca delle problematiche che dettarono al compositore questa prima opera sinfonica. L'antitesi fra "musica pura", veicolata attraverso l'equilibrio delle grandi forme ereditate dal classicismo, e "musica a programma", per cui all'origine di una composizione musicale si doveva porre un percorso letterario o ideale, aveva animato tutto il dibattito musicale della seconda metà del secolo, trovando le proprie incarnazioni-simbolo nelle figure di Brahms, da una parte, e della scuola neo-tedesca di Liszt e Wagner dall'altra. L'ingresso di Mahler nel mondo sinfonico si muove in direzione della ricomposizione di questa antitesi, o meglio del suo superamento, attraverso la definizione di una partitura che costituisce qualcosa di radicalmente nuovo rispetto alla sinfonia del passato.

È sul piano puramente musicale che il conflitto trova una risoluzione; nella versione definitiva la Prima Sinfonia rimane saldamente ancorata alla forma sinfonica, secondo la tradizionale articolazione in quattro movimenti che comprende un primo tempo in forma sonata, uno Scherzo con Trio, un movimento lento e un complesso tempo conclusivo. Senonché è poi la logica compositiva a nutrirsi di elementi del tutto distanti dai principi "storici" del sinfonismo. Invece della tendenza alla coerenza, alla ferrea coesione di tutti i materiali, troviamo la sostanziale disomogeneità dei vari materiali, e il loro allineamento secondo salti logici. La diversa provenienza dei materiali tematici - compaiono autocitazioni liederistiche, canti popolari, citazioni colte (Liszt e Wagner); anche il materiale creato "ex novo" ha un riferi¬mento "esterno", come i "suoni della natura" del primo movimento - è di per sé espressione di una poliedricità di interessi che riflettono la composita formazione di Mahler. Ma i materiali non valgono poi come entità astrattamente musicali, si caricano di complesse allusioni e implicazioni, il cui dipanamento apre la strada al percorso "psicologico" che è alla base della partitura.

Già l'introduzione lenta del primo movimento si presenta come qualcosa di inedito: gli archi, per l'estensione di sette ottave, suonano con gli armonici un lungo la naturale tenuto: «Wie ein Naturlaut» scrive l'autore («Come un suono di natura»). Abbiamo così un pedale, un flusso continuo, atemporale, su cui si stagliano idee eterogenee e provenienti da fonti diverse: lontane fanfare, canti di uccelli, cantilene dei corni. È una regione astratta e ideale, cui si contrappone la concretezza del canto popolare. Dall'intervallo di quarta del clarinetto - intervallo basilare della Sinfonia - sorge naturalmente il motivo cantabile tratto dal secondo dei Lieder eines fahrenden Gesellen, che costituisce il primo tema della forma sonata. Il carattere cordiale, giocondo e popolare dei temi, il fitto e dinamico tessuto polifonico vitalizzano tutta l'esposizione; lo sviluppo prende l'avvio dal ritorno alla "sospesa" e idealizzata ambientazione espressiva dell'introduzione, rielabora poi, anche in complesso contrappunto, la melodia liederistica, non senza che la fanfara faccia la sua inattesa e folgorante apparizione, all'apice della tensione; la dialettica del movimento non è dunque razionalmente organizzata, ma anzi imprevedibile, dispersiva, legata a concetti lontani dalla realtà sensibile.

Se il primo movimento si discosta profondamente dal tradizionale modello sinfonico, il secondo è un puntuale Scherzo che, con i rudi motivi popolari, la composta articolazione formale, il ritmo di valzer del Trio, si riallaccia a modelli consolidati. Ma il contrasto fra danza morava e valzer viennese - fra i quali si affacciano anche reminiscenze ciaikovskiane - non ha il sapore di arricchimento coloristico di un impianto tradizionale, quanto piuttosto di allargamento delle radici culturali di tale impianto.

Con il terzo movimento la Sinfonia entra nel modo sonoro che il poema sinfonico aveva previsto come "umano". Si tratta di una marcia funebre dalla connotazione ironica e corrosiva; il motivo scelto è quello del canto infantile Frère Jacques, ma parodiato nel modo minore; timpani e contrabbasso solista danno l'avvio a un canone dalle straordinarie risorse timbriche; grottesco e tragico si sommano, partendo dall'immagine infantile del "Funerale del cacciatore", seguito da tutti gli animali. Ma una citazione dal quarto dei Lieder eines fahrenden Gesellen («Auf der Strasse steht ein Lindenbaum»: le ultime battute del canto di commiato) evoca senza mediazioni l'esperienza del dolore. Alla sinistra dissolvenza con cui si conclude il terzo movimento, si contrappone il fragoroso incipit del quarto, con una introduzione che coagula sparsi e dissimili frammenti tematici. È la transizione che, nel poema sinfonico, portava "Dall'Inferno al Paradiso", e non a caso si contrappongono nel movimento citazioni dalla Sinfonia "Dante" di Liszt e il tema del Gral del Parsifal di Wagner.

D'altra parte l'intera costruzione del Finale è improntata alla logica di contrapposizioni e diseguaglianze che sarà propria delle successive Sinfonie; vi fanno la loro comparsa anche citazioni dai movimenti precedenti, seguendo un percorso che è quello di progressiva e grandiosa affermazione, e che può essere riferita all'eroe protagonista del "viaggio" della Sinfonia. Più che seguire passo per passo tutto l'itinerario del movimento, converrà osservare che il trionfalismo della conclusione, animato da clangori degli ottoni e rulli di timpano, è in realtà incrinato, nella sua valenza positivistica, dal carattere dilazionatorio e quasi dispersivo degli episodi precedenti; fra i quali riappare un'ultima volta l'iniziale «Naturlaut», punto di partenza ma anche rifugio ideale e inattingibile della poetica mahleriana.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 10 Giugno 1990
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 6 Maggio 2000
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 21 Ottobre 2001
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 12 Marzo 2011
(5) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,


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Ultimo aggiornamento 23 maggio 2013