Das Klagende Lied (Il canto del lamento e dell'accusa)

Cantata in tre parti per soli, coro e orchestra

Musica: Gustav Mahler (1860 - 1911)
Testo: Gustav Mahler
  1. Waldmärchen (Fiaba della foresta) - Langsam und träumerisch
  2. Der Spielmann (Il menestrello) - Mit sehr geheimnisvollem Ausdruck
  3. Hoch zeitsstuck (Scena di nozze) - Mit höllischer Wildheit
Organico: soprano, contralto, tenore, baritono, voce bianca, coro misto, 2 ottavini, 3 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 3 fgotti, 4 corni (il 4 anche corno Waldhorn) 4 trombe (1 e 2 anche cornette), 3 tromboni, 2 tube, timpani, triangolo, piatti, tam-tam, grancassa, 6 arpe, archi
Fuori scena: ottavino, 2 flauti, 4 clarinetti, 3 fagotti, 4 flicorni, 2 cornette, timpani, triangolo, piatti
Composizione: Testo ultimato il 18 marzo 1878, partitura ultimata il 1° novembre 1880
Prima esecuzione: Vienna, Opernhaus am Ring, 17 febbraio 1901
Edizione: Waldheim-Eberle, Vienna, 1899
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La storia

Waldmärchen ("Fiaba della foresta")

Una regina orgogliosa, d'incomparabile bellezza, decide di accettare in matrimonio soltanto il cavaliere capace di trovare nella foresta un certo fiore rosso bello quanto lei. Due fratelli cercano di conquistare i suoi favori. Il più giovane è dolce e gentile; l'altro sa solo imprecare! Vicino a un vecchio salice verde, il primo cavaliere trova il fiore e si stende per riposare. Ma il crudele fratello maggiore, con gioia selvaggia, lo sorprende nel sonno e lo trafigge con la spada.

Der Spielmann ("Il menestrello")

Accanto al salice, in mezzo alla foresta, il biondo cavaliere giace coperto da un manto di foglie e fiori. Tutto è soave e profumato, e un pianto sembra diffondersi nell'aria. Un menestrello errante, trovandosi a passare, vede risplendere un ossicino bianco e ne ricava un flauto. Quando comincia a suonarlo ne esce, così strano e triste, eppure così bello, il canto del lamento del giovane cavaliere che accusa il suo assassino. Facendo riecheggiare ovunque questo canto, il menestrello s'incammina verso il castello dove la regina sta festeggiando il suo matrimonio.

Hochzeitsstück ("Scena di nozze")

Per la celebrazione risuonano cornette e tamburi; sull'alta rupe risplende il castello. Ma in tanta gioia, lo sposo è stranamente pallido e taciturno. Appare il menestrello col suo flauto. Comincia a far sentire il canto lamentoso del giovane cavaliere assassinato. Il re balza dal trono, afferra lo strumento e lo accosta alle labbra. Dall'osso emerge la terribile storia: la voce di suo fratello lo accusa di averlo assassinato. La regina sviene; i tamburi e le cornette tacciono; gli ospiti fuggono terrorizzati; le antiche mura crollano.

Il titolo

Di solito viene tradotto come Il canto del lamento, ma la migliore traduzione italiana di Das klagende Lied ci sembra essere quella di Quirino Principe, Il canto del lamento e dell'accusa. Il verbo klagen infatti, come segnalano sia Principe che Edward R. Reilly, in tedesco ha due significati diversi: lamentarsi, ma anche accusare, citare in giudizio, e sono entrambi fondamentali per capire il senso della storia. Il termine Lied inoltre, qui non si riferisce al genere musicale, bensì al canto che funge da tema centrale del la vicenda: quello che esce dall'osso del cavaliere ucciso.

Il genere

Das klagende Lied è una Cantata fiabesca in tre parti, dai toni epico-drammatici. Nella forma ricorda le Ballate dell'ultimo Schumann (Der Königsohn, op. 116, oppure Des Sängers Fluch, op. 139), composte per soli, coro e orchestra, in cui si narra una serie di eventi leggendari. È scritta nello stile Durchkomponiert wagneriano, cioè in sviluppo continuo, senza Recitativi, Arie o numeri chiusi. Le voci soliste non equivalgono mai a personaggi, ma hanno un ruolo puramente musicale e narrativo, mentre il coro, come nella tragedia greca, commenta l'azione. L'obiettivo dei solisti non è quello di interpretare dei personaggi, bensì di raccontare una storia. Si tratta di un dramma il cui vero protagonista non è il fratello malvagio, e neppure l'orgogliosa regina, bensì l'osso che canta: l'unico che si esprime in prima persona, attraverso la voce bianca di un bambino. Questa voce non va concepita in senso naturalistico. Il fratello ucciso era un giovane in lotta per la conquista della mano di una regina. La voce del bambino dovrebbe quindi suggerire una sfera metafisica, quella della vita dopo la morte: come una di quelle sculture che possono trovarsi nelle cattedrali romaniche e gotiche, dove l'anima del defunto viene raffigurata da un bambino.

Peripezie di un Schmerzenskind ("Figlio del dolore")

Nel settembre del 1875 Mahler lascia Iglau (oggi Jihlava), in Moravia, dove ha vissuto dai sei mesi in poi, e si iscrive al Conservatorio di Vienna. Studia pianoforte e composizione, ottenendo vari primi premi in entrambe le discipline. Nel luglio 1878 si diploma. Il 18 marzo 1878 termina il libretto di Das klagende Lied, ispirato a racconti e a leggende popolari del romanticismo tedesco, che preannuncia la sua passione futura per Des Knaben Wunderhorn ("II corno magico del fanciullo"). Nonostante alcune ingenuità, il testo ha un'indubbia efficacia ed è molto adatto ad essere musicato. Nel 1879, presumibilmente nel mese di settembre, Mahler inizia a comporre la partitura, ma la necessità di guadagnarsi la vita impartendo lezioni private di pianoforte lo costringe a interrompere di continuo il suo lavoro. Nell'estate del 1880 accetta il suo primo incarico come direttore d'orchestra in un mediocre teatro di provincia, nella stazione termale di Bad Hall, nell'Austria settentrionale. A fine agosto torna a Vienna, completa la partitura di Das klagende Lied con sforzo immane, e il primo Novembre del 1880 può scrivere a un amico: «II mio Märchenspiel ("rappresentazione fiabesca") è finalmente finito, un vero Schmerzenskind ("figlio del dolore"), a cui lavoro già da più di un anno. Ma ne è valsa la pena. Il mio prossimo obiettivo: farlo eseguire a qualunque costo». L'impresa, però, risulterà ben più ardua di quanto avesse sperato il giovane Mahler. Nel dicembre del 1881, egli presenta la partitura al concorso per il prestigioso "Beethoven Preis" (premio organizzato dalla Società degli Amici della Musica di Vienna), ma Das klagende Lied viene bocciato da un'autorevole giuria composta da direttori d'orchestra, professori del Conservatorio e compositori, tra cui Johannes Brahms. Nel 1883 propone la partitura a Franz Liszt per un'eventuale esecuzione nel suo festival, "Allgemeiner Deutscher Musikverein". Non viene accettata, e Mahler resta profondamente ferito dal rifiuto. Nel 1891 presenta la partitura all'editore B. Schott's Söhne di Mainz, ma anche stavolta viene rifiutata. In previsione di un'eventuale esecuzione, fra il dicembre 1893 e il gennaio 1894 realizza una prima revisione della partitura. Elimina i titoli di ognuna delle tre parti e taglia la prima parte, Waldmärchen. In vista della pubblicazione, nel maggio del 1898, provvede a una seconda revisione della partitura.

Nel 1899, oppure nel 1902, a seconda delle fonti, il lavoro viene finalmente pubblicato dall'editore viennese Josef Weinberger nella versione in due parti. Solo il 17 febbraio 1901, cioè più di vent'anni dopo aver terminato la partitura, Mahler dirige la prima assoluta di Das klagende Lied nella sala d'oro del Musikverein di Vienna, nella versione in due parti. Il 18 maggio 1911 muore senza aver mai ascoltato Waldmärchen.

Nel 1934 (il 28 novembre in lingua ceca e il 2 dicembre nell'originale tedesco), il nipote di Mahler Alfred Rosé, che aveva ereditato (senza farla mai vedere) la partitura manoscritta, dirige in terra morava, per Radio Brno, la prima assoluta di Waldmärchen. L'8 aprile del 1935, per Radio Vienna, Rosé dirige la prima assoluta di Das klagende Lied, completa delle tre parti, ma in una versione mista: Waldmärchen nella versione del 1880, e Der Spielmann e Hochzeitsstück nella versione riveduta del 1898*. In seguito Rosé ritira di nuovo la partitura, rifiutandosi di farla conoscere. Nel 1969, dopo molte esitazioni, spinto da problemi economici, accetta di venderla all'Università di Yale ed è così che il 13 gennaio 1970 può avere luogo la première di Waldmärchen in una sala da concerto, diretta da un tale Frank Brieff, con la New Haven Symphony Chorale and Orchestra. Nello stesso anno Pierre Boulez realizza la prima registrazione discografica della partitura integrale in tre parti. Nel 1973 Jack Diether cura la prima edizione di Waldmärchen per la Belwin-Mills di New York, nel 1997 esce l'edizione critica della partitura originale in tre parti - nella prima versione del 1880 - a cura di Reinhold Kubik. Kent Nagano ne esegue la prima assoluta e la registra per la casa discografica Erato, ed è questa la versione che presenta stasera l'Accademia Nazionale di Santa Cecilia.


* Questa pratica, seguita purtroppo anche da altri direttori, è oggetto di molte critiche. Bisognerebbe infatti eseguire la partitura integrale nella versione originale del 1880, oppure concentrarsi solo sulle due ultime parti, nella versione riveduta del 1898. Eseguire una versione che mescola le due esistenti è un'operazione che non riflette le intenzioni del compositore.

L'importanza di Das klagende Lied

In questa partitura sono evidenti gli influssi di vari compositori: Weber, Mendelssohn, ma soprattutto il Bruckner delle prime Sinfonie (in particolare la Terza, che Mahler aveva trascritto per pianoforte a quattro mani) e il Wagner dei primi drammi musicali (nel suo primo anno di Conservatorio, nel novembre del 1875, Mahler potè assistere alla rappresentazioni di Tannhäuser e di Lohengrin all'Opera di Vienna, e lo stesso Wagner era presente) e del Götterdämmerung (la cui prima viennese risale al 1879). D'altra parte l'originalità di Mahler, la sua specifica personalità di autore, emergono con chiarezza. Studiando la partitura, Henry-Louis de La Grange sottolinea come Mahler, a soli vent'anni, dimostrasse già un'incredibile padronanza delle risorse sinfoniche e un'eccezionale fantasia per gli impasti strumentali. E aggiunge che un'abilità del genere è difficilmente spiegabile in un giovane appena diplomato al Conservatorio di Vienna, con una sola esperienza pratica come direttore del teatro d'operetta di Bad Hall, nella provincia austriaca. Anche Pierre Boulez si stupisce di scoprire "in un musicista tanto giovane, una tale maestria nel trattare le masse orchestrali e corali. Questo è un dono del cielo: alcuni compositori lo possiedono fin dalle prime opere, pur non avendo ancora avuto alcun contatto con la prassi musicale quotidiana. Mahler, in questa sua opera, ha già una conoscenza ben precisa del timbro e una geniale intuizione della sua 'resa'." Fin d'ora "è possibile constatare la perfezione con cui l'idea musicale viene restituita dal materiale strumentale". In questa partitura, Mahler non solo scopre per la prima volta la sua passione per il paradiso perduto della Germania medioevale, che si sarebbe dimostrata tanto feconda nelle sue future rivisitazioni del variegato mondo del Corno magico del fanciullo, ma dimostra la sua capacità di integrare nel mondo musicale una dimensione romanzesca; i temi ricompaiono con significato drammatico, come personaggi che, sviluppando una trama, la raccontano in musica.

Non solo: qui Mahler introduce per la prima volta la sua tipica contrapposizione tra il registro gioioso e quello sinistro, l'ingenuità popolare e la colta raffinatezza; il meraviglioso si mescola al macabro, il tragico all'ironia.

Affiorano nella composizione anche tutti gli elementi più caratteristici di quello che si sarebbe definito come il tipico stile musicale mahleriano: i concitati ritmi puntati, le alternanze tonali fra maggiore e minore, la costruzione di strutture sinfoniche a partire da motivi molto brevi, spesso con funzione di leitmotiv wagneriano, le continue alterazioni della dinamica degli strumenti per ottenere effetti di contrasto tra luce e ombra, il Naturlaut ("suono della natura"), le fanfare militari, le marce, i corali. E poi ancora il principio del Durchkomponieren ("sviluppo continuo"), contrario a qualsiasi ripetizione, lo sviluppo di una composizione sinfonica a partire dalla canzone, l'articolazione trasparente del contrappunto orchestrale, l'innovativa organizzazione della musica fuori scena che espande considerevolmente il senso dello spazio sonoro, e che crea, in sede di concerto, una specie di teatro immaginario, con veri e propri effetti scenici. Non a caso Mahler, in una lettera del 1896 a un critico musicale scrive: «II primo lavoro in cui mi sono veramente affermato come "Mahler" è una fiaba per coro, solisti e orchestra: Dos klagende Lied. Classifico quel lavoro come il mio Opus I».

PER APPROFONDIRE

Fonti del libretto

A Iglau, quand'era bambino, Mahler sentiva spesso una cuoca cantare una melodia popolare, la Ballade vom Brudermord ("Ballata del fratricidio"). E da Nanni, la governante di Theodor (suo amico d'infanzia e figlio del suo primo maestro di musica Heinrich Fischer), che conosceva molte fiabe, aveva ascoltato il racconto di una storia sinistra, intitolata Das klagende Lied. Negli anni in cui studiava al Conservatorio, Mahler non riuscì a completare alcuna composizione. Abbozzò tre progetti operistici, di cui ci resta a malapena un libretto: Herzog Ernst von Schwaben, Die Argonauten e Rübezahl. Sono ambientati tutti e tre in un passato remoto, fiabesco, oppure sono stati tratti da antiche leggende. Scrive Boulez: "Mahler tenta di arrivare alle sorgenti stesse del romanticismo tedesco, ricorrendo al racconto e alla leggenda popolare che, a partire da Arnim e Brentano, hanno rappresentato il filo conduttore di una certa visione romantica. In questa ricerca delle origini è implicita una grande nostalgia del paradiso perduto". Nel periodo 1877-1880 (la stessa epoca dei suoi studi al Conservatorio), Mahler segue in modo irregolare, per pura curiosità culturale, alcuni corsi dell'Università di Vienna, tra cui uno di Storia della Letteratura Medioevale Tedesca, dedicato alla poesia amorosa dei Minnesinger, e al ciclo di leggende sul Santo Graal, e un altro di Storia della filosofia con Franz Brentano, nipote del celebre Clemens Brentano (il quale, insieme a Achim von Arnim, aveva curato la prima antologia di vecchi canti tedeschi, il Corno magico del fanciullo, che Mahler, in seguito, avrebbe musicato in decine di Lieder). È in quello stesso periodo che Mahler fonda un club letterario insieme a un gruppo di amici, giunti da Iglau per studiare letteratura a Vienna. La sua passione è tale che considera addirittura la possibilità di lasciare la musica per diventare poeta.

Per il testo di Das klagende Lied, seguendo la pratica wagneriana, è lo stesso Mahler a scrivere il libretto, su cui compone in seguito la musica. Inizia il lavoro con uno studio approfondito di tutte le possibili fonti letterarie del racconto. Nella colpevolezza della coppia reale, Henry-Louis de La Grange trova un parallelo con l'Hamlet di Shakespeare, mentre Quiriino Principe ipotizza un affascinante parallelo con la saga del Ring wagneriano. La maggior parte degli studiosi tuttavia, segnala come fonti dirette del libretto di Mahler due racconti dei fratelli Grimm: Jorinde und Joringel (dove compare la ricerca del fiore rosso sangue), e soprattutto Der singende Knochen ("L'osso che canta"), dove due fratelli - il maggiore astuto e sprezzante, il più giovane innocente e semplice - fanno a gara per conquistare la mano di una principessa. La sfida consiste nell'uccidere nella foresta un cinghiale impazzito. Ne derivano il fratricidio e il già citato episodio dell'osso che canta.

È stata segnalata inoltre l'influenza di Das klagende Lied, poema di Martin Greif, nom de pLume dell'oscuro poeta bavarese Friedrich Hermann Frey (1839-1911), che venne rappresentato in versione teatrale a Vienna, il 3 maggio 1876, dagli allievi di arti drammatiche del Conservatorio, dove Mahler studiava da sette mesi. Questa versione teatrale è scomparsa ed è sopravvissuta soltanto la sua versione poetica originale, datata 1869. Il poema di Greif è basato su un racconto di Ludwig Bechstein (1801- 60), intitolato Das klagende Lied (è la prima volta che compare in stampa questo titolo), e compreso in una sua antologia di leggende popolari (Neues deutsches Märchenbuch - "Nuovo libro di fiabe tedesche", pubblicata a Lipsia nel 1856), che Mahler lesse nel 1878. La storia è quella di un fratello e una sorella in gara nella ricerca di un fiore che farà conquistare il trono; la ragazza trova il fiore e viene uccisa nel sonno dal fratello; un pastore trova un osso, ne ricava un flauto e resta sconvolto dall'ascolto della voce di un bambino, che esce dallo strumento denunciando il fratricidio. Mahler, sul solco dei fratelli Grimm, trasforma i protagonisti in due fratelli; aggiunge l'arroganza della principessa e la sua pretesa del rarissimo fiore rosso, nonché il senso di colpa del fratricida che porterà alla distruzione finale.

La cultura musicale di Mahler all'epoca di Das klagende Lied

Abbiamo già segnalato i compositori che influirono sulla partitura: Weber, Mendelssohn, e soprattutto Bruckner e Wagner. A questo punto vale la pena di chiedersi quale musica Mahler avesse ascoltato e studiato prima di comporre la sua Cantata fiabesca. Da giovane, Mahler aveva ricevuto in dono dai genitori l'abbonamento a una biblioteca che gli consentiva di prendere in prestito degli spartiti. Perciò riceveva ogni settimana pacchi di musica che leggeva al pianoforte in modo indiscriminato e vorace. Si trattava di trascrizioni di opere liriche, di antologie, di album per il pianoforte, di musica da ballo e d'altro. Era inevitabile, in questo modo, che togliesse tempo allo studio sistematico dello strumento. Ma fu sempre un entusiasta della lettura a prima vista, utilissima non solo per il suo futuro lavoro come maestro sostituto e direttore d'opera, ma anche per la sua attività di compositore.

A Vienna, il direttore del Conservatorio Joseph Hellmesberger (figlio di un noto musicista contemporaneo di Beethoven), attraverso il suo celebre Hellmesberger Quartett, offriva agli studenti la possibilità di conoscere la grande tradizione viennese della musica da camera, in particolare attraverso esecuzioni leggendarie degli ultimi Quartetti di Beethoven. Il 19 settembre 1875, subito dopo l'inizio del suo corso al Conservatorio di Vienna, insieme ad altri allievi di composizione, Mahler chiese all'Onorevole Società dei Filarmonici di Vienna di essere ammesso alle prove generali dei Concerti Filarmonici. La richiesta non fu accettata: il nuovo direttore dei Filarmonici, Hans Richter (passato alla storia come direttore della prima assoluta dell'Anello dei Nibelunghi a bayreuth, nel 1876), aveva appena iniziato la sua attività di direttore sinfonico, e non voleva essere osservato alle prove da studenti del Conservatorio. I Filarmonici decisero comunque di concedere agli allievi di composizione alcuni ingressi gratuiti. Così, nel suo periodo in Conservatorio (1875-1878), Mahler riuscì a sentire Hans Richter dirigere Beethoven (le Nove Sinfonie, le più importanti Ouvertures per orchestra, il Concerto n. 5 con Liszt al pianoforte), Schubert (le Sinfonie n. 8, Incompiuta, e n. 9 in do maggiore, La Grande), Berlioz (la Sinfonia Fantastica e il Carnevale Romano), Wagner (Faust ouverture e l'Idillio di Sigfrido), Brahms (Variazioni su un tema di Haydn) e Mendelssohn (Sinfonia n. 3, Scozzese e l'Ouverture Calma di mare e viaggio felice). Opere che si ritroveranno nel futuro repertorio di Mahler direttore d'orchestra, e che ispirarono l'attività del giovane compositore.

La sconfìtta di Mahler al "Beethoven Preis" del 1881

Nel 1898 Mahler confidò all'amica Natalie Bauer Lechner: «Se la Giuria del Conservatorio mi avesse concesso i 600 Gulden del "Beethoven Prize" per Das klagende Lied, tutta la mia vita sarebbe stata diversa... Mi sarebbe stata risparmiata questa degradante carriera nel mondo dell'opera. Invece... sono stato condannato per sempre a quest'infernale vita in teatro.»

Forse, se la sua attività nel teatro d'opera (Bad Hall*, Laibach, Olmùtz, Kassel, Prague, Leipzig, Budapest, Hamburg, Vienna, New York) non avesse assorbito la maggior parte delle sue energie e del suo tempo, Mahler, durante la sua vita, avrebbe potuto essere un compositore ben più prolifico. Nel 1881 aveva appena cominciato la sua attività come direttore e la vittoria del "Beethoven Preis" per Das klagende Lied gli avrebbe dato certamente più fiducia nella sua attività di compositore.

Non a caso, quando nel 1883 anche Liszt rifiutò la sua partitura, Mahler ebbe una forte crisi creativa; e fino al 1888 compose solo Lieder per canto e pianoforte. Il lauto compenso, insieme a un'esecuzione pubblica dell'opera (garantita dal premio), avrebbero fatto del giovane Mahler un compositore noto a Vienna, facendogli forse ottenere delle commissioni che avrebbero costituito per lui un'alternativa all'attività di direttore d'opera.

Brahms rappresenla un buon esempio di autore volato quasi esclusivamente alla composizione, con indipendenza artistica e successo. Richard Strauss, all'opposto, ottenne fin dalle composizioni giovanili un grande successo di pubblico, e questo gli permise di sviluppare la carriera di compositore parallelamente a quella di direttore d'orchestra. Anzi, l'attività di direttore fu certamente uno stimolo essenziale per quella creativa; è quindi lecito pensare che anche per Mahler il lavoro di direttore, al contrario di quanto avesse confidato egli stesso a Natalie Bauer-Lechner, abbia costituito un nutrimento fondamentale per l'attività compositiva.


* Nel suo primo lavoro come direttore d'opera, nell'estate 1880 presso le terme di Bad Hall, il suo cachet era di soli 30 Gulden al mese.

Era Das klagende Lied l'opera lirica che Mahler non compose mai?

Nella già citata lettera del primo novembre 1880 al suo amico Emil Freund, Mahler annuncia la fine di Das klagende Lied, descrivendolo come "il mio Märchenspiel" ("rappresentazione fiabesca"). Qualche anno dopo avrebbe raccontato a Ernst Decsey che, all'inizio, aveva pensato di scrivere un Märchenspiel für die Bühne ("una rappresentazione fiabesca per il palcoscenico")

Nella partitura di Das klagende Lied spiccano segni che fanno pensare a un progetto destinato al teatro lirico: la divisione della vicenda in tre parti; la voce bianca nel racconto dell'osso che canta; l'inizio brillante della terza parte, che descrive la festa nuziale e la banda fuori scena. Ma, come osserva Donald Mitchell, è evidente che qualora ci fosse stata inizialmente un'intenzione teatrale, questa fu abbandonata già prima di scrivere il testo, che non risponde affatto alle esigenze di un libretto d'opera. Sia il testo che la musica infatti, furono scritti per una Cantata drammatica, dove, come s'è già detto, le voci soliste non s'identificano mai con personaggi veri e propri. Risulta illuminante, in tal senso, la lettura del libretto di un vero Märchenspjel mahleriano, Rübezahl, scritto nello stesso periodo di Das klagende Lied. Questo libretto, che è sopravvissuto (non così la musica, forse mai composta), dimostra quanto fosse diverso un testo destinato al palcoscenico: esso non prevede alcuna narrazione, ma viene recitato da veri personaggi teatrali.

Musica sinfonica con voci

In tutta la sua opera, Mahler ha dimostrato un interesse particolarmente spiccato per le voci. Nel suo primo periodo compositivo, i generi del Lied, della Sinfonia, del Poema Sinfonico e della Cantata appaiono strettamente collegati. Ad eccezione della Prima Sinfonia (che comunque è in gran parte costruita a partire da alcuni suoi Lieder precedenti), tutte le sue composizioni fino al 1900 (i tre Poisl Lieder; i cinque Lieder giovanili; Lieder eines fahrenden Gesellen; Des Knaben Wunderhorn; Seconda, Terza e Quarta Sinfonia) utilizzano la voce umana. Il suo interesse per l'uso delle voci nella musica sinfonica riaffiorerà nelle ultime composizioni (Rückert Lieder, Kindertotenlieder, Ottava Sinfonia e Das Lied von der Erde). Per questo Das klangende Lied, con il suo connubio tra Lied, coro e passaggi sinfonici, non va considerato un'eccezione all'interno dell'opera mahleriana.

Autocitazioni: Das klagende Lied in altre partiture mahleriane

La partitura di Das klagende Lied è un serbatoio per varie future composizioni di Mahler. Segnaliamo alcuni esempi:

La sezione di Der Spielmann che precede il passaggio cruciale in cui il menestrello suona il flauto di osso (O Wunder, was nun da began - "Oh prodigio, cosa comincia ora qui"), che riappare nel Hochzeitsstück (Was ist der König so bleich und stumm - "Perché è così taciturno e pallido il re?"), viene utilizzato anche in Im Lenz, il primo dei tre Lieder composti nello stesso periodo per Josephine Poisl, che all'epoca era la sua innamorata a Iglau. Inoltre le ultime battute di Waldmärchen vengono riutilizzate nella coda finale per pianoforte solo di Winterlied, secondo dei Poisl Lieder. Sono questi, senz'altro, i primi esempi di autocitazione che compaiono nella sua opera. Una pratica che Mahler utilizzerà più volte nelle composizioni a venire.

Il passaggio di Waldmärchen dove il cavaliere più giovane trova il fiore presso il salice e si stende a riposare, subito prima di essere assassinato, riapparirà quasi identico alla fine dei Lieder eines fahrenden Gesellen, quando il viandante si sdraia sotto un tiglio.In entrambi gli esempi, la musica accompagna il protagonista nel suo sprofondarsi in un sonno da cui non si risveglierà mai più.

L'inizio di Der Spielmann ricorda chiaramente il mondo sonoro e l'atmosfera dell'inizio della Seconda Sinfonia: la stessa tonalità (do minore), le stesse associazioni funeree; simile il lungo crescendo orchestrale alla Bruckner e lo stesso intenso tremolo delle viole, mentre gli archi gravi presentano un motivo-guida denso di presentimenti. Va ricordata, in tal senso, anche l'entrata inaspettata e magica del coro, che già lascia intravedere la celebre entrata del coro, non meno imprevista e accattivante, nel finale della stessa Seconda Sinfonia.

Quando la musica di Der Spielmann evolve in una gentile evocazione pastorale (in fa maggiore), con tanto di canti degli uccelli, siamo immersi nel mondo del primo movimento della Prima Sinfonia. E l'apocalittico climax di Hochzeitsstück, col crollo dei muri del castello, verrà ripreso due volte nell'ultimo movimento della stessa Sinfonia.

Fernorchester ("L'orchestra collocata in lontananza")

La collocazione di gruppi strumentali fuori scena, risorsa teatrale suggerita ai compositori dalla stessa azione scenica, è stata utilizzata più volte nel teatro d'opera. Un esempio per tutti: la tromba che suona fra le quinte nel momento culminante del Fidelio di Beethoven, annunciando l'arrivo del Ministro (poi utilizzata nell'Ouverture di Leonore n. 3).

Berlioz fu tra i primi a introdurre la stessa tecnica nella musica sinfonica: basti pensare agli interventi derrière la scène sia dell'oboe nella Scène aux champs che delle campane nel Songe d'une nuit du Sabbat, all'interno della Symphonie fantastique. Ma è stato proprio Mahler (come ricordano Donald Mitchell e Reinhold Kubik) a sviluppare al massimo le potenzialità dello spazio acustico nella musica sinfonica, sia sovrapponendo suoni generati da vari gruppi strumentali collocati in posizioni diverse, sia utilizzando livelli dinamici contrapposti e ritmi e tonalità contrastanti. L'esempio più famoso è la banda In weitester Ferne aufgestellt ("collocata alla massima distanza"), che il compositore introduce nel drammatico passaggio della resurrezione dei morti nel gran finale della Seconda Sinfonia.

L'introduzione di una Fernorchester ("orchestra collocata in lontananza") nella partitura di Das klagende Lied (nella seconda parte, Der Spielmann, e soprattutto nella terza, Hochzeitsstuck) rappresenta un'innovazione radicale nell'ambito della musica sinfonica, sia perché anticipa ciò che Mahler farà nei suoi capolavori futuri, sia perché sviluppa questa tecnica compositiva ben oltre quanto fosse stato fatto fino a quel momento nel repertorio sinfonico*.

Il primo intervento appare in Der Spielmann, nel momento in cui il menestrello finisce di costruirsi il flauto dall'osso del fratello assassinato e il coro prova a dissuaderlo dal suonarlo (O Spielmann, lieber Spielmann mein! - O liessest du das Flöten sein - "Oh menestrello, mio caro menestrello! - Lascia stare quel flauto."). Segue una sezione strumentale che riprende la scena che in Waldmärchen precede l'assassinio. Mahler anticipa, in lontananza, la musica nuziale, che sentiremo nella terza parte (Hochzeitsstück - "Scena di nozze"). Questa musica, in tutti i sensi, è 'fuori': infatti, mentre la Fernorchester suona in ritmo di 3/4 e nella tonalità di do maggiore, l'orchestra principale, in scena, suona in ritmo di 4/4 e in do bemolle maggiore. Il radicale contrasto ritmico e armonico che ne scaturisce incrementa la drammaticità di questo passaggio cruciale del racconto. Nella Hochzeitsstück Mahler intensifica l'intervento della Fernorchester, in modo veramente teatrale (seguendo probabilmente un modello illustre: la banda fuori scena all'inizio del Terzo Atto del Lohengrin, che Mahler aveva ascoltato all'Opera di Vienna nel novembre del 1875). Pone fuori scena una vera banda, strumentata secondo i modelli militari, che fa suonare forte o fortissimo, ma il cui suono ci arriva sempre da lontano, creando due spazi sonori molto diversi tra loro.

Il primo intervento avviene all'inizio della scena, subito dopo lo parole: O Freude, heia! Freude! ("Oh gioia, ohé! Gioia!"). Il secondo segue le parole cruciali dell'osso che canta: Mein Bruder freit ein wonnig Wieb! ("Mio fratello sposa una donna incantevole"), per accompagnare il commento del coro: O Leide! Weh, o Leide! ("Oh sventura! Ahimè, oh sventura!"). Il terzo e ultimo intervento appare al culmine del dramma con le parole: Hört ihr die Märe wüst und bang?! ("Non udite voi la storia terribile e spaventosa?!"), dopo che il re balza dal suo trono per afferrare lo strumento e suonarlo. Qui Mahler utilizza di nuovo tonalità diverse e contrastanti: il do maggiore della gioiosa banda fuori scena che accompagna lo scatenato festino regale, indifferente alla tragedia in atto sulla scena, si scontra in grande dissonanza con, in successione, le tonalità di do diesis, fa diesis e sol diesis nella musica dell'orchestra in scena. Oltre alla creazione di diversi spazi sonori, Mahler sottolinea in modo significativo il contrasto fra piani espressivi antitetici. E attraverso questa banda, scrive La Grange, la musica popolare (la cosiddetta volgarità spesso rimproverata al compositore) irrompe con forza, per la prima volta, nel "sacro" ambito dell'arte sinfonica.


* Nel 1893, nel corso della prima revisione della partitura, Mahler aveva eliminato tutta la musica fuori scena, onde facilitare un'eventuale esecuzione. Ma nel 1898, in occasione della seconda revisione, decise per fortuna di ripristinarla.

Il vero dramma di Das klagende Lied:

Il centro drammatico della Cantata non è il fratricidio in sé, bensì l'accusa e la punizione che ne conseguono. Questo, come abbiamo visto, è segnalato dal duplice significato del verbo klagen che appare nel titolo. La figura centrale risulta quindi essere il menestrello, che ha costruito il flauto dall'osso e che lo suona, il che permette alla vittima di lanciare la sua accusa; attraverso la sua arte, il menestrello rivela il crimine e rovescia il regime corrotto. In una storia dove la figura di un popolano cita in giudizio un aristocratico criminale, Edward R. Reilly vede l'influenza diretta di due autori fondamentali nel pensiero di Mahler: Wagner e Nietzsche. In particolare fu molto influenzato dalla loro concezione della potenzialità drammatica dei miti e dall'importanza che attribuivano alla musica e ai musicisti nella redenzione della società. Inoltre Wagner non solo aveva scritto sulla rivoluzione sociale, ma l'aveva fatta. Reilly suggerisce quindi di leggere Das klagende Lied come un'allegoria politica dove, indirettamente, è la corona a incitare i suoi sudditi a commettere un fratricidio, e dove un umile musicista, armato solo del suo talento artistico, fa crollare una società crudele e competitiva.

Ripristinare Waldmärchen

Nel corso delle sue varie revisioni della partitura, Mahler tagliò la prima parte, intitolata Waldmärchen ("Fiaba della foresta"). Alcuni esperti hanno collegato questa decisione a un problema psicoanalitico: i rimorsi inconsci provati da Mahler nel 1874, in occasione della morte di suo fratello Ernst, più piccolo di lui di dieci mesi, avrebbero reso intollerabile al compositore la vicenda del fratricidio. Già Theodor Reik aveva segnalato come il nome Ernst riguardasse anche un'altra partitura di Mahler: così si chiamava infatti uno dei figli morti ai quali Rückert dedicò i suoi poemi sulla morte dei bambini, utilizzati in seguito da Mahler nei Kindertotenlieder, Sappiamo inoltre che il nome di Ernst fu annotato più volte da Mahler sui margini del manoscritto di Das klagende Lied. Quest'argomento non è convincente, visto che anche dopo il taglio della prima parte l'episodio del fratricidio è mantenuto nelle due parti sopravvissute. È anzi il tema portante dell'intera partitura. Più attendibile appare la tesi di Alfred Rosé, che vede nella durata eccessiva della versione originale l'impedimento all'esecuzione a cui aspirava il compositore. La prima parte, infatti, dura quanto le altre due messe insieme.

Henry Louis de La Grange sostiene che tagliando la prima parte Mahler abbia evitato gravi problemi di monotonia, di mancanza di contrasti e di déjà entendu, giacché i Preludi delle prime due parti (Waldmärchen e Der Spielmann) hanno molti elementi in comune, e l'antefatto della prima parte (il fratricidio) viene comunque riassunto nella seconda. La Grange vede quindi la prima parte come un'introduzione poetica e di ambientazione pastorale (wagneriani "mormorii della foresta"), e pensa che senza Waldmärchen aumenti molto l'intensità drammatica della composizione.

Noi siamo invece convinti che questa prima parte sia essenziale per la forma e per l'atmosfera di tutto il lavoro. Il magnifico Preludio orchestrale ci immerge subito in un'atmosfera di tensione e mistero fondamentale per lo svolgersi della storia del fratricidio. Oltre a presentare molta musica meravigliosa che non appare nelle altre due parti, Waldmärchen contiene una rete di Leitmotiv alla Wagner, che riappariranno nel resto della partitura stabilendo collegamenti trasversali utilissimi per la comprensione del lavoro nella sua globalità. Omettendo Waldmärchen inoltre, verrebbero a mancare alcuni importanti collegamenti drammatici e narrativi, come la figura dell'orgogliosa regina, catalizzatrice della vicenda del fratricidio, e risulterebbero ridotti in modo considerevole la funzione espressiva dell'osso che canta, il significato del suo lamento e della sua accusa, e il senso di devastazione della scena finale.

Gastón Fournier-Facio

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

In tedesco, klagen significa lamentarsi, piangere, così come ci si lamenta e si piange per un lutto, per un dolore o per un'ingiustizia. In forma di sostantivo, troviamo la stessa parola nel titolo di una famosa cantata bachiana: Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen, letteralmente «il pianto, il lamento, il tormento, lo sconforto», sentimenti che aggiunti all'«angoscia» e alla «povertà» sono «il pane nero» di lacrime che ogni giorno viene servito al cristiano, a chi crede nelle sofferenze del Cristo e vi partecipa con la compassione. Ma klagen in tedesco vuol dire anche appellarsi a un tribunale, accusare, sporgere querela e chiedere un risarcimento. Nel titolo del lavoro mahleriano, Das klagende Lied, il termine deve essere preso nella sua duplice accezione: lamento per la morte del giovane cavaliere che aveva trovato nella foresta il fiore rosso nascosto, condizione per sposare la bella regina; accusa invece per il fratello che lo aveva ucciso con lo scopo di sostituirsi a lui e di diventare dunque re grazie a un matrimonio doppiamente infausto, perché fondato sull'omicidio e sull'inganno. Il canto che accusa e che esprime il dolore, Das klagende Lied appunto, è a sua volta quello che esce da un osso trovato da un giovane menestrello nella foresta, accanto al salice dov'era sepolto il corpo del cavaliere: suonato come fosse un flauto, il piccolo osso canta con voce di contralto e svela la storia del fratricidio, spingendo il musicista a denunciare il misfatto prima che le nozze si compiano.

Ha dunque un'ambientazione fiabesca il primo lavoro nel quale Mahler cominciava a riconoscere se stesso e in cui noi, oggi, riconosciamo Mahler. Volentieri egli lo definiva il suo «Opus 1», staccandolo come un organismo interamente nuovo da tutta la serie delle prove e dei frammenti nei quali si era esercitato durante gli anni del Conservatorio.

A confrontarlo con ciò che lo precede, in effetti, si ha l'impressione che con Das klagende Lied Mahler abbia compiuto un vero e proprio salto verso la sua ispirazione più originale, accumulando nella composizione un materiale talmente abbondante che spesso sfugge al suo controllo, ma che appare particolarmente fecondo proprio perché costringe il giovane autore a impiegare tecniche di lavoro differenti, a moltiplicare le soluzioni formali ed espressive, a fare i conti con quella "discontinuità" di ispirazione e di scrittura che, una volta sottratta all'imperativo delle buone maniere accademiche, sarebbe divenuta una delle caratteristiche fondamentali del suo linguaggio sinfonico.

Das klagende Lied mostra questi elementi nel loro stato nascente, quando ancora sono privi di una definizione netta e consentono di riconoscere in modo più chiaro il loro debito nei confronti della tradizione, la loro provenienza. La formula scelta da Mahler è insolita: una cantata con voci sole, coro e orchestra, ma organizzata secondo lo stile della ballata romantica e basata sul testo di una fiaba non d'autore, come si usava al tempo, ma rielaborata in proprio con l'idea di conservare il più possibile le ingenuità di "montaggio", potremmo dire, che la fiaba consente nell'organizzazione del materiale drammatico e musicale.

Anziché obbedire alla logica classica degli sviluppi, la morfologia della fiaba consente infatti una tecnica di accostamenti e giustapposizioni che Mahler svilupperà in seguito in maniera ben più sottile, ma che qui appare nella sua formula germinale e in tutta la sua forza espressiva, "elementare" solo in apparenza.

La prima idea, con la stesura del testo, risale al 1878 e si ispira a fonti diverse: un poema di Martin Greif e un racconto di Ludwig Bechstein che portano lo stesso titolo, quindi alcune favole dei fratelli Grimm, tra le quali la più vicina a Das klagende Lied sembra essere L'osso che canta (Der singende Knochen), infine una serie di tradizioni orali che rimontano probabilmente a una storia udita da Mahler da bambino, raccontata da una governante. Fra i primi appunti musicali e il compimento del lavoro passano due anni che coincidono con il periodo degli ultimi esami scolastici a Iglau e con i diplomi in composizione e pianoforte al Conservatorio di Vienna. Sempre a Vienna, in compagnia dell'amico Hugo Wolf, Mahler frequentava allora un piccolo cenacolo socialista che si riuniva nel centrale ma defilato ristorante Ramharter e che professava, rispettando un'idea propugnata da Wagner, un rigoroso regime vegetariano. Alla metà dell'anno 1880 la partitura era pronta nella forma che oggi conosciamo, articolata in tre parti: un prologo nel quale viene narrato il fratricidio, Waldmärchen (La favola della foresta); una seconda parte nella quale il menestrello che vaga per il bosco raccoglie il piccolo osso, lo intaglia a forma di flauto e ne ode il canto, Der Spielmann (Il menestrello); infine la scena delle nozze nel castello addobbato a festa, con l'arrivo del menestrello che porta con sé il flauto, il presentimento del re che decide di suonarlo di persona e il canto d'accusa che fa svenire la regina, mentre intorno crollano le mura, Hochzeitsstück (La festa nuziale).

Nel 1899, anno della prima edizione a stampa di Das klagende Lied, la partitura si presentava però in forma differente: per ragioni che sono state variamente interpretate, ma che con ogni probabilità dipendevano solo da problemi pratici di esecuzione, Mahler aveva deciso già nel 1893 di omettere il prologo, Waldmärchen, e di ridurre la partitura a un dittico. In questa forma, peraltro, egli la diresse per la prima volta il 17 febbraio 1901, in una speciale serata della Wiener Singakademie alla quale parteciparono circa cinquecento esecutori. Negli anni seguenti, Mahler diresse Das klagende Lied almeno in due altre occasioni, a Vienna il 20 gennaio 1902 e ad Amsterdam il 10 marzo 1906. In entrambe le occasioni decise di non reintegrare la prima parte della composizione il cui autografo, da lui donato alla sorella Justine e da questa affidato al marito, Arnold Rosé, venne dimenticato fino alla metà degli anni Trenta, quando fu riscoperto o semplicemente riproposto da Alfred Rosé, figlio di Arnold. Waldmärchen tornava così alla luce, ma solo per un breve periodo, dato che Rosé non permise la stampa e la circolazione della partitura fino al momento in cui non si trovò costretto a vendere il manoscritto. Questo accadde alla fine degli anni Sessanta, negli Stati Uniti, e da allora - complice la riuscita della prima edizione discografica, registrata nel 1970 da Pierre Boulez - Das klagende Lied viene sempre eseguito nella forma originaria, reintegrando l'ormai riacquisito Waldmärchen.

Il recupero del prologo, in effetti, si rivela decisivo per due ragioni, una di ordine drammaturgico, l'altra invece relativa all'elaborazione interna del materiale musicale. Dal primo punto di vista, non c'è dubbio che con Waldmärchen torna ad essere visibile la matrice wagneriana dela scansione narrativa di Das klagende Lied: come nella Walkiria o nel Tristano, il primo atto è una preparazione, il secondo una peripezia e il terzo segna il compimento del destino che si annunciava nelle parti precedenti. Nel commento che introduce la prima edizione a stampa della partitura integrale, apparsa a New York nel 1973, Jack Diether indica questa costruzione e vi riconosce in filigrana anche un'allusione al meccanismo classico della forma-sonata, articolata com'è noto in una parte di esposizione, in uno sviluppo e una ricapitolazione. Quest'ultimo paragone, per quanto sia artificioso, ci porta subito verso il secondo aspetto del problema cui si è fatto cenno, quello che riguarda l'elaborazione del materiale musicale. In questo caso, più che a una tecnica di lavoro avvicinabile a quella delle forme classiche, Mahler si rifa piuttosto a a un incrocio di influenze diverse, o per meglio dire a una genealogia di modelli che in Das klagende Lied si dispongono nel movimento orizzontale di uno sviluppo sempre più lontano dalle sue fonti e sempre più vicino alla definizione di uno stile nuovo. Schematizzando, si può descrivere il senso di tale sviluppo come se Mahler fosse partito dalla fascinazione brahmsiana per la ballata popolare, intesa come una vera e propria alternativa al teatro d'opera, vi avesse innestato il culto wagneriano per l'arcaismo, ma avesse poi trasformato quest'ultimo in qualcosa di più personale sostituendo alla mitologia delle saghe nordiche il materiale "povero" della fiaba. O ancora, in una direzione che guarda più da vicino il trattamento delle idee musicali, è come se Mahler avesse preso da Brahms la tecnica della narrazione corale, l'avesse arricchita della miniaturistica organizzazione wagneriana dei Leitmotive, ma avesse poi trasformato questi ultimi nell'indice di un'ossessione sempre ricorrente, accentuando una direzione di sviluppo che ad esempio già si trova in Bruckner. In Wagner i temi conduttori sono degli organismi complessi e vengono sottoposti a un sottilissimo lavoro di elaborazione che è a sua volta sintomatico della variazione espressiva che i temi subiscono a seconda del contesto in cui compaiono. In Das klagende Lied invece essi tendono a ripresentarsi tali e quali, sembrano il prolungamento sonoro di una coazione a ripetere di cui la musica si fa carico in modo crescente.

I Leitmotive principali vengono tutti esposti in Waldmärchen, specie nell'introduzione orchestrale, concepita apparentemente come un collage di motivi conduttori che si giustappongono l'uno all'altro, a cominciare dal richiamo dei corni all'inizio della partitura, fino al breve tema costruito su un intervallo di quinta ascendente ed esposto da due trombe all'unisono non appena la dinamica dell'introduzione si sposta sul "forte", o ancora fino al breve e ben scandito soggetto che gli archi raccolgono subito prima che intervenga la voce. Anche le melodie vocali hanno però spesso in Waldmärchen il carattere di motivi conduttori destinati a ricomparire in seguito magari solo alterati nella tonalità, come avviene ad esempio con il tema del sorriso e della morte che commenta il fratricidio, sulle parole «Der Junge lächelt wie im Traum», che ritroveremo in una tonalità diversa nel finale, o come avviene ancora con i temi del fiore e della regina. Mahler dunque accumula tutti i suoi materiali al principio per riutilizzarli più avanti, utilizzando il prologo come se fosse una riserva di idee. Invece di sottoporli a un vero e proprio lavoro di variazione che, come in Wagner, finisce inevitabilmente per trasformare anche il valore dei temi stessi, Mahler ne offre al massimo delle "varianti", si limita ad aggiungere delle ornamentazioni, a deformarli come accade ai testi delle favole narrate a voce, che possono esagerare un dettaglio o aggiungere una divagazione, senza che nulla cambi nel significato del racconto.

Al di là della struttura ad accumulazione che lo caratterizza, Waldmärchen segnala anche un'altra tecnica di lavoro, anch'essa di ascendenza wagneriana: è quella che Mahler usa al principio, quando nell'introduzione orchestrale per un verso usa intervalli che non hanno una precisa definizione tonale, per un altro associa gruppi strumentali fra loro lontani, o il cui ingresso produce un effetto straniante, come avviene ad esempio con il primo intervento dell'arpa. Con questo espediente, che ricorda il celebre inizio dell'Oro del Reno, Mahler cerca di sospendere la normale percezione delle scansioni temporali nella musica, cerca in altre parole di sospendere il tempo e di trasferirci nella zona incerta della favola, nella dimensione incerta del "c'era una volta" che con il suo importo di irrealtà si stende su tutta la prima parte di Das klagende Lied, indubbiamente la meno lineare e narrativa dell'intera composizione.

Le forme tradizionali della narrazione musicale si ricompongono infatti almeno in parte nella seconda sezione, Der Spielmann, la cui apertura, da molti critici avvicinata a quella della Seconda Sinfonia, ci offre anche le prime citazioni della sequenza medievale del Dies irae, un'apparizione destinata a ricorrere spesso in tutto il ciclo sinfonico mahleriano e che qui, come bene ha scritto Quirino Principe, genera immancabilmente nell'ascoltatore appassionato «l'emozione di un primo incontro». È una scena di impianto decisamente più teatrale, con pagine di grande effetto, come quella addirittura straordinaria che vede l'ingresso del coro misto nel finale, e con tutta la misteriosa preparazione del canto di accusa, una preparazione che Mahler prolunga ad arte e che affida poi a una voce di contralto che voleva fosse diversa da quella che interpreta le altre parti, se non addirittura affidata a una voce bianca.

La teatralità è ancora più accesa nella scena nuziale, Hochzeitsstück, all'inizio della quale risuonano evidenti citazioni della Cavalcata delle Walkirie, e che rispetto a quanto è stato già esposto non aggiunge che un solo tema, quello esposto dalle trombe dopo la prima e più riconoscibile citazione wagneriana. Più chiaro diviene peraltro qui il gioco dell'ironia mahleriana, con l'alternarsi di musiche volgari e infantili che fa quasi da contrappunto fisico alla sublimità raggiunta da certi passaggi dello Spielmann. Nel momento cruciale di questa scena, quello in cui il futuro re vede il menestrello e sente su di sé un presentimento del suo destino, solo grazie all'ascolto di Waldmärchen riconosciamo nella frase che dipinge il suo terrore il ritorno di quella che descriveva lo strano, sognante sorriso del fratello ucciso. La favola termina con il crollo delle mura del castello, evento che evoca la catastrofe del giudizio finale mentre ancora da lontano giungono i suoni di una fiera che continua a svolgersi all'aperto, da un maneggio di saltimbanchi e di funamboli da cui sembra provenire, come un'epigrafe di tragica ironia, anche la domanda su cui si chiude il testo di Das klagende Lied: «Cos'è rimasto del banchetto di nozze?

Stefano Catucci

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Nel 1881, quando aveva già cominciato la sua carriera di direttore d'orchestra, Mahler inviò una sua composizione, appunto «Das klagende Lied», al «Premio Beethoven», una gara riservata agli allievi ed ex allievi del Conservatorio viennese. La composizione non fu presa in considerazione dalla giuria, della quale facevano parte Brahms ed Hanslick, il critico mentore del musicista amburghese, nel quadro di quella polemica tra brahmsiani e bruckneriani che divideva allora l'ambiente musicale viennese. Fu.un duro colpo per il giovanissimo maestro boemo che ancora nel 1899 cosi esprimeva il suo disappunto a Natalie Bauer-Lechner, scrivendo in una lettera: «Se la giuria del Conservatorio mi avesse allora attribuito il «Premio Beethoven» per «Das klagende Lied» la mia vita avrebbe avuto un corso differente. Non sarei stato obbligato ad andare a Lubiana e questa maledetta carriera di direttore d'orchestra mi sarebbe stata risparmiata. Ma fu Herzfeld a vincere il premio ed io e Rott siamo ripartiti a mani vuote. Rott disperato sarebbe morto poco dopo; quanto a me fui (e sono ancora) condannato all'inferno della vita teatrale». È legato, dunque, questo «Das klagende Lied» ad una delle numerose delusioni vissute con intensa partecipazione esistenziale da Gustav Mahler (ma evidentemente le sue conseguenze furono essenziali solo per la formazione successiva della complessa personalità mahleriana); quel che più interessa però in questa sede è il grumo di speranze che il maestro legò a tale sua composizione, apparendogli il Premio come la condizione indispensabile per avviare la sua vita su binari diversi da quelli che già aveva imboccato in quegli anni e scegliendo quindi la carriera del compositore anziché quella del direttore d'orchestra.

È noto che «Das klagende Lied» ha conosciuto varie vicissitudini nell'ambito della biografia e dell'opera creativa di Mahler: normalmente viene eseguito nella versione riveduta dall'autore nel 1899, ma allo stato attuale degli studi su Mahler è possibile procedere a un'indagine globale sulla genesi di questo lavoro, secondo un metodico riscontro delle fonti, sia in relazione al testo, sia alla partitura.

Il testo del poema nella sua interezza era stato scritto da Mahler, con data conclusiva al 18 marzo 1878, e fu inserito dall'autore nella partitura d'orchestra originaria a tre pannelli, il cui autografo era in proprietà sino a poco, tempo fa di Alfred Rosé e trovasi ora alla Osborn Collection della Yale University Library. Sembra che la prima stesura della musica, secondo una lettera di Mahler a Paul Decsey, sia durata due anni e che abbia richiesto all'autore «una fatica erculea»: per il novembre del 1880 comunque la partitura d'orchestra era pronta. Due lettere, sino a poco tempo fa inedite, dall'archivio Rosé, hanno permesso di stabilire la data della prima revisione, anche contraddicendo certe affermazioni dello stesso Mahler. Secondo Guido Adler essa ha avuto luogo nel 1898 mentre l'orchestrazione fu rivista dopo il 1900, invece secondo Ernst Decsey e Natalie Bauer-Lechner «Das klagende Lied» fu rivisto ancora ad Amburgo con il recupero nel 1898 di alcuni episodi della prima stesura. Anche un riscontro superficiale della partitura del 1880 — le modifiche apportate successivamente furono di lieve entità, nel versante musicale — è sufficiente a definire la maestria compositiva e l'abilità d'orchestratore che Mahler già possedeva a 19 anni, quando la sua esperienza direttoriale era appena agli inizi.

Le recenti indagini di Donald Mitchell sulle fonti letterarie del testo mahleriano citano una novella di Grimm, «Joringe und Joringel», un poema omonimo di Martin Greif e una ballata di Ludwig Bechstein, curatore di un'antologia di leggende popolari dell'entroterra romantico tedesco. Ancora Ernst Decsey fornisce interessanti particolari in merito all'ipotesi che «Das klagende Lied» fosse stato originariamente concepito per la scena, pur se il genere musicale più prossimo è quello della Cantata; «durchkomponiert» secondo i procedimenti adottati nel genere liederistico dall'ultimo Schubert, nonché da Schumann, Brahms, Wagner e lo stesso Mahler.

Soffermiamoci un momento sull'analisi del primo pannello, «Waldmärchen». La tonalità prevalente è quella del la minore con varie modulazioni per concludersi in fa diesis minore. L'indicazione di tempo è il 4/4, alla breve. L'estensione della partitura di questo primo pannello è prossima a quella dell'ultimo episodio ed è quasi il doppio della sezione centrale. Naturalmente la musica appare scritta di getto e non presenta le rifiniture delle altre due parti. Figurano altresì varie esitazioni sui versi da assegnare ai solisti, oltre a contemplare un ruolo, poi eliminato, di baritono. Jack Dieter ha proceduto ad un'accuratissima analisi dei nessi motivici e tonali intercorrenti tra «Waldmärchen» e le altre due parti di «Das klagende Lied», concludendo a favore di una valutazione psicoanalitica, per l'assonanza inconscia che il giovane Mahler aveva riscontrato tra quella vicenda fiabesca e alcuni suoi casi personali, in particolare riferibili alla morte precoce del fratello Ernst. Ci sembra pero in proposito di dover concordare con la tesi di Henry-Louis de La Grange e di ritenere del tutto giustificata la soppressione di «Waldmärchen» operata dallo stesso Mahler, sia per imporre al lavoro una maggiore concisione drammatica — il primo episodio è infatti essenzialmente lirico e pastorale, almeno fino all'assassinio — sia per conferire maggior pregnanza al preludio orchestrale con cui si apre la prima parte della stesura definitiva di «Das klagende Lied». E, tutto sommato, pur contenendo «Waldmärchen» un'eccellente musica, non ci sembra opportuno, almeno questa volta, dar torto all'autore.

Sulla partitura della versione definitiva di «Das klagende Lied» figura la divisione in due parti. La prima, detta «Der Spielmann» (il menestrello), è nella prevalente tonalità di do minore, in tempo alla breve. S'apre con un preludio, strutturato come un'ouverture d'opera, presenta qualche reminiscenza del materiale tematico di «Waldmärchen», nel contesto di un ordito orchestrale che non ha nulla da invidiare ai maggiori lavori sinfonici di Mahler.

La seconda parte che porta il nome di «Hochzeitstück» (Scena di nozze) è nella tonalità di si bemolle per concludersi in la minore, mentre le indicazioni di tempo trascorrono dal 6/8, alla breve, al 4/4. I sostenitori della vocazione teatrale di Mahler hanno sempre trovato un solido elemento a favore della loro tesi nelle battute introduttive di questo episodio, marcato da un colore orchestrale di stampo weberiano, con reminiscenze della grande stagione tardo-romantica tedesca, da Bruckner, a Liszt, a Wagner; e la fanfara del corno, che deriva da «Waldmärchen», suscita a nostro avviso un impatto drammatico assai più elevato per il fatto dì essere esposta ora per la prima volta, anziché fungere da reminiscenza. La presenza d'uno strumentale di gusto «banale», da banda di paese, come il clarinetto in si bemolle, i flauti in re bemolle, il corno di bassetto nell'orchestrina fuori scena, costituisce già una singolare premonizione di analoghe scelte linguistiche ed emblematiche, sempre caratterizzanti la maggiore produzione sinfonica di Mahler. Inoltre, accanto a tante reminiscenze che hanno fatto parlare di uno «strano lavoro discontinuo nel suo grafico narrativo», non si può sfuggire alla sensazione del canto di Mahler della maturità già prefigurato in questa sua opera giovanile, dalla prodigalità di immagini allucinate alla orchestrazione ricchissima ed enfatica, fino a veri e propri richiami musicali ed espressivi al mondo delle «Sinfonie» e soprattutto del «Canto della Terra». Non esercitazione scolastica dunque, ma una vera e propria opera di Mahler. Il quale peraltro scriveva ancora nel 1896: «La prima opera nella quale mi sono ritrovato ad essere Mahler è un racconto per coro, solisti e orchestra: «Das klagende Lied»! lo considero quest'opera come la mia opus 1». Che del resto «Das klagende Lied» svolga un importante ruolo nella storia della musica, non solo di Mahler, è ormai un fatto indubitabile. Per la prima volta Mahler ha avuto la consapevolezza dei caratteri essenziali della sua poetica, tra cui si annovera l'ardente sua nostalgia per il «paradiso perduto» della Germania medievale, in assonanza con le ballate corali di Schumann «Der Königsohn», op. 116 e «Des Sängers Fluch» op. 139. In «Das klagende Lied» si rinvengono poi altri elementi caratteristici e premonizioni del più maturo stile di Mahler, come le fanfare, i tempi di marcia, gli ostinati, gli effetti di musica fuori campo, i motivi corali, l'alternanza di maggiore e minore, i ritmi ribattuti ecc., per non parlare della commistione di elementi funerei ed ironici, il gusto del romanzesco, tanto efficacemente rilevato da Adorno, un ingenuo primitivismo combinato con il tratto d'estrema raffinatezza ed infine la sua peculiare tecnica di sviluppo evolutivo. Mahler ebbe a dire una volta che «tutti i mattoni, tutti gli elementi costruttivi che un artista impiega nella sua vita esistono già nel bagaglio culturale acquisito in gioventù». Quest'affermazione trova il suo riscontro in un breve saggio che Pierre Boulez ha vergato in occasione dell'edizione discografica da lui curata nel 1970 per la CBS. Ha osservato infatti Boulez: «Questo primo importante lavoro di Gustav Mahler contiene certe caratteristiche assolutamente consistenti che sottolineano la fisionomia del compositore cosi come ci è familiare oggi. Due qualità appaiono ad un esame anche sommario: la dimensione epica e, sul piano più propriamente professionale, un preciso senso strumentale. Ed anche se la maestria in questi due soli campi non spiega da sola il successo assoluto delle sue opere più tarde, non di meno è da rimarcare che la personalità di Mahler sempre mostra se stessa in una rara integrazione del visionario con il musicista pratico». E Boulez continua: È significante che Mahler usi qui un testo poetico. Nessuna forma ereditata dal passato sinfonismo lo soddisfa. Il suo bisogno di confessarsi e il suo desiderio di comunicare istantaneamente gli fa respingere i nessi formali per i quali, architettonicamente, si è obbligati a ripetere se stessi. Se è vero, come dimostra Richard Strauss, che la forma musicale fin da Wagner aveva scelto di aprirsi verso il futuro e se è pur vero che un ritorno indietro, un confronto con il passato, con la necessità di capire un lavoro attraverso le sue architetture, era stato dichiarato impossibile, Mahler si è immediatamente reso conto della nuova situazione storica, impegnando tutte le sue forze verso un 'continuum' musicale... È impressionante, soprattutto trattandosi di un giovanissimo compositore, la maestria nel condurre le masse corali ed orchestrali. Si tratta di un dono assoluto... In questo lavoro Mahler mostra di possedere già un acuto senso del timbro ed un'innata intuizione del suo campo d'azione. La sua orchestrazione è naturalmente tributaria dei modelli dei suoi precursori... ma già possiamo renderci conto dell'intelligenza con cui sono state assegnate le distinte parti: ai solisti l'evolversi della vicenda drammatica, al coro il ruolo di commento che funge da transizione e raccordo tra il testo e la musica».

In definitiva dunque il primo testo epico mahleriano attesta e preannuncia tutti gli sviluppi e le implicazioni future della sua poetica e del suo sinfonismo. Tutti gli altri esiti artistici della creatività di Mahler sono capitoli della grande storia che ha avuto inizio con «Das klagende Lied».

Luigi Bellingardi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 Aprile 2005
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 30 maggio 1997
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 22 novembre 1978


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Ultimo aggiornamento 13 dicembre 2018