Kindertotenlieder (Canti per i bambini morti)

per voce e orchestra

Musica: Gustav Mahler (1860 - 1911)
Testo: Friedrich Rückert
  1. Nun will die Sonn' so hell aufgeh'n - Langsam und schwermütig; nicht schleppend (re minore)
    (E oggi il sole vuole ancora sorgere così splendente)
  2. Nun seh' ich wohl, warum so dunkle Flammen - Ruhig, nicht schleppend (do minore)
    (Ora vedo bene perchè fiamme così oscure)
  3. Wenn dein Mutterlein - Schwer, dumpf (do minore)
    (Quando la tua mammina)
  4. Oft denk' ich, sie sind nur ausgegangen - Ruhig bewegt, ohne zu eilen (mi bemolle minore)
    (Spesso penso siano solo usciti per una passeggiata)
  5. In diesem Wetter - Mit ruhelos schmerzvollem Ausdruck (re minore)
    (Con questo tempo, in questa bufera)
Organico: soprano o baritono, ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto basso, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, timpani, tamtam, campanelli, celesta, arpa, archi
Composizione: 1901 - 1904
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 29 gennaio 1905
Edizione: C. F. Kahnt, Lipsia, 1905
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nell'esegesi mahleriana il 1901 è comunemente considerato un anno di svolta per diverse ragioni: nella vita privata il compositore conosce un grave periodo di malattia a febbraio, dovuta ad emorragia, e una convalescenza a marzo durante la quale termina la Quarta Sinfonia. A novembre si colloca l'incontro con la giovane Alma Schindler, che diverrà sua moglie nel marzo 1902. In campo propriamente musicale si fa strada, con l'inizio della composizione in estate dello Scherzo della Quinta, una nuova idea della Sinfonia non più apertamente legata al mondo del Lied e alla consuetudine dei programmi esplicativi utilizzati ancora nella Quarta, l'ultima delle Wunderhorn-Symphonien. Ancora, il 1901 è l'anno dell'abbandono "ideologico" del volume di Arnim e Brentano Des Knaben Wunderhorn, fedele livre de poche sin dagli esordi, a favore dell'incontro con la poesia non più "popolare", ma "d'arte" di Friedrich Rückert, già musicato da Schubert e Schumann.

Questi eventi - che formano il contesto biografico utile a delineare una periodizzazione di comodo per comprenderne l'opera - vanno comunque letti come una graduale evoluzione della poetica del compositore, una maturazione di profonde esigenze che si configurano da un lato in una costruzione più autonoma e rigorosa dell'edificio sinfonico, permeato da una nuova coscienza delle proprie capacità tecniche, in particolare dell'elaborazione polifonica; dall'altra in un più preciso e chiaro obiettivo estetico, permeato dalla ricerca di una astrattezza contemplativa, della pittura di un dolore trasfigurato, più alto e universale.

I cinque Kindertotenlieder (anticipati da altre poesie di Rückert) inaugurano appieno questo periodo. Furono scritti tra il giugno 1901 (i primi tre) e l'estate 1904 (gli ultimi due) ed eseguiti per la prima volta a Vienna il 29 gennaio 1905 con il baritono Friedrich Weidemann. Se nella biografia di Rückert i "canti per i bambini morti" traevano origine da un'esperienza realmente vissuta dallo scrittore, Mahler li compose ben sei anni prima che lo colpisse la disgrazia della morte della figlia Maria di quattro anni, quasi "anticipando la sua vita" come scrisse nel diario una sconvolta Alma. È stato osservato spesso come Mahler fosse probabilmente attratto dal tono "ingenuo", venato di un certo misticismo, di queste liriche. In realtà esse, e tutto il mondo rückertiano, giungono nel percorso mahleriano a sostituire il mondo "naturale" del Wunderhorn, prediletto per quarantanni dal compositore "nella piena consapevolezza del suo carattere e del suo tono", con una lirica più attonita e riflessiva, illuminata da risvolti psicanalitico-filosofici. Il "nuovo" Mahler intende prendere le distanze dal mondo consolatorio della fiaba popolare, ma anche collocarsi lontano dai "rumori del mondo", secondo quanto volle suggerire tramite i versi del Lied "Ich bin der Welt abhanden gekommen", suo autoritratto musicale scritto nell'agosto 1901. Si direbbe dunque che egli ricerchi ora una ingenuità "di secondo grado" nella scelta delle cinque poesie da una raccolta che ne contemplava ben 241, indice di una precisa e sapiente strategia di percorso che fa comunque dei Kindertotenlieder, come dei giovanili Lieder eines fahrenden Gesellen, un ciclo narrativo in sé concluso, ancorché frammentario. Vibrano qui le "nuove" corde nel raggiunto pessimismo cosmico, che non contempla più alcuna gioia terrestre, nemmeno nella apparente innocenza della vita infantile, vissuta come illusione di felicità, vuoto assoluto.

Il senso del ciclo è dato dal percorso emotivo che passa dallo sconcerto ad una apparente rassegnazione, attraversando le stazioni del dolore, del rimpianto, del presentimento, della paura. "Nun will die Sonn'so hell aufgeh'n" dipinge l'impossibililà di credere che dopo una notte tragica il sole indifferente possa ricominciare a splendere; "Nun seh' ich wohl" è il presentimento di uno sguardo di morte non afferrato in tempo; la visione di un'ombra usuale e familiare percepita vicino alla figura materna dà il tono a "Wenn dein Mùtterlein"; "Oft denk'ich" si carica dell'illusione ostinata che i bimbi siano solo usciti per passeggiare in montagna e presto i genitori li raggiungeranno; ed è dopo la paura della tempesta, che è anche profondo senso di colpa ("In diesemWetter"), che le acque si placano in una visione di illusoria ricomposizione.

I cinque Lieder vivono di una luce irreale e questo senso di vuoto, di sottrazione del tempo, Mahler lo definisce nell'apparente essenzialità dei mezzi musicali usati e in una struttura tonale concentrata su un registro assai ridotto, che privilegia le tonalità minori. L'organico non può chiamarsi cameristico, poiché contempla tutti i legni, quattro corni, glockenspiel, celesta, arpa e tam tam. Ma l'uso di timbri puri, l'utilizzo delle tessiture gravi, la parsimonia nei colori, producono un effetto cameristico. In "Nun will die Sonn' so hell aufgeh'n" (re minore) il contrappunto intrecciato di oboe e corno klagend, lamentoso ma "senza portamento", stabilisce il clima di una stanchezza attonita che la voce riprende con una linea melodica per gradi molto vicini, quasi reticente all'espressione. Frammenti di quel lamento passano agli altri fiati, punteggiati dal tintinnare del Glockenspiel - quasi un sonaglio che ricorda quello dello slittino della Quarta Sinfonia e la visione del paradiso che hanno i bambini. Gli archi con le sordine hanno un tocco discreto e solo per poche battute di "rubato" increspano il clima per poi rasserenarsi in pp nella conclusione. Un sospiro "tristaniano" al ricordo delle "fiamme oscure degli occhi", che è allo stesso tempo una reminescenza del tema dell'Adagietto della Quinta inaugura "Nun seh' ich wohl" (do minore) ai violoncelli. In questo Lied la cantabilità si espande, gli archi sostengono discretamente il canto, mentre riemerge per poche battute, affidato all'oboe, il tema del primo Lied quando appare il concetto "non presentivo.. ovattato da nebbia...". È invece il corno inglese indicato "pesante, cupo" a dare il colore dominante al terzo Lied "Wenn dein Miitterlein" (do minore), una filastrocca malinconica che si snoda per note ribattute sul passo implacabile dei violoncelli, assenti i violini. Il tono dolente si accresce al ricordo del "caro visetto", in una straordinaria concrezione canora del grido di dolore. Un moto ampio dei corni doppiati dagli archi dà al quarto Lied, "Oft denk'ich", (mi bemolle maggiore) un tono più fiducioso, subito smentito dall'attacco in minore del canto. Ancora in re minore è l'ultimo, più drammatico e celebre dei cinque Lieder, "In diesern Welter" in un pesante tempo intero marcato dai trilli ostinati di violoncelli e contrabbassi con sordina. È una delle più straordinarie pitture della tempesta interiore, scandita da colori taglienti, tra i quali si staglia ancora una reminescenza tematica dello Scherzo della Quinta. Nel passaggio al maggiore che conclude il pezzo, "come una ninnananna" emergono i violini in tessiture acute, l'arpa e la celesta, mentre si riascolta, come un presagio sinistro, il tintinnio del Glockenspiel. Le stesse parole, prima minacciose, si distendono ora in una linea morbida, vagamente allucinata. La pace è desiderata, voluta, agognata, e solo qui la cadenza conclusiva, sempre evitata prima, si fa perfetta.

La cifra stilistica del ciclo è - come opportunamente rilevato da Paolo Petazzi - una sorta di Jugendstil funerario nel succedersi di immagini "frantumate e irreali", nel quale cioè la decorazione è diventata essa stessa linea portante.

Marco Spada

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

«Mi sarebbe addirittura piaciuto osservare come Mahler si faceva il nodo della cravatta, perché l'avrei sicuramente trovato più interessante e istruttivo del sapere come uno dei nostri parrucconi musicali compone su un "soggetto sacro"». Siamo perfettamente del parere di Schönberg. Nel senso che pochi, pochissimi musicisti delle generazioni più vicine a noi, offrono quanto lui un così inesauribile (e crescente) interesse verso la loro persona, vogliamo dire verso la vita e le sue manifestazioni, dalle più apparentemente insignificanti a quelle più importanti. Nel senso, anche, che in nessun altro come in Mahler la vita intride più a fondo l'arte con una serie di rapporti talvolta misteriosi e allucinanti. Per non allargare il discorso ci limitiamo a riferire che nel 1904 Mahler componeva i due ultimi Lieder dei Kìndertotenlieder, mentre i primi tre risalivano all'estate del 1901. Orbene, la scelta finale e il completamento musicale da parte di Mahler delle cinque poesie di Friedrich Rückert (1788-1866, poeta tardoromantico che in moltissimi Canti dei bambini morti aveva espresso lo strazio della morte dei propri figli), cadevano in un periodo familiare particolarmente felice e nel quale due bimbette allietavano la casa del musicista. «Non capisco» - diceva Alma Mahler, la moglie - «come uno possa cantare la morte di bambini, dopo che ne ha baciati e coccolati due, belli e felici, neanche mezz'ora prima»; e lo Scherzo della VI Sinfonia, anch'essa di quell'epoca, con la sua grazia da vecchia gavotta di carillon, sottolineata dalla indicazione altväterlich (patriarcalmente, da nonno), ad Alma sembrava «orrenda». Fatto sta che tre anni più tardi, la primogenita, la prediletta di Gustav Mahler, moriva di scarlattina e difterite, gli stessi mali che avevano stroncato i figli di Rückert... Come se la sensibilità musicale così singolarmente preveggente del compositore viennese, così ricettiva alle tragedie ch'erano nell'aria del nuovo secolo, volesse esser siglata e scontata da una sorta di capacità profetica anche negli accadimenti più tragici della propria esistenza personale.

Il Redlich osserva che, soprattutto al contatto vivificante con la poesia di Rückert già attuato da Mahler in altre composizioni, questi Kìndertotenlieder si diversificano sensibilmente dal tipo del Volkslied nel cui filone il musicista aveva proceduto, ad esempio, con i Lieder dì Das Knaben Wunderhorn (1888). Nella direzione dei Kinder Mahler toccherà la vetta con Das Lied von der Erde del 1908. Osserva ancora il Redlich lo stretto rapporto esistente tra la lirica confessione intima attuata da Mahler in questi Lieder e i tempi di mezzo, distesi, delle sue Sinfonie Quinta, Sesta e Settima.

Come il lettore potrà verificare seguendo i testi del Rückert, Mahler ha trascelto e disposto i cinque Canti in modo ch'essi formassero un itinerario compiuto, sia nella sceneggiatura ideale e fantastica sia nell'arcata musicale. La quale, dal primo Lied dolcemente adagiato sopra un pedale di re minore e dove la voce dialoga stupendamente con vari strumenti, soprattutto il corno, trascorre, nel secondo Lied, per varie gamme tonali, alzandosi e poi discendendo nella contemplazione degli occhi dei bimbi morti come stelle celesti. Il fondo cupo della tristezza viene toccato nel successivo canto (Wenn dein Mütterlem...), mentre rialzato in vaghezze quasi popolaresche è il tono del quarto Lied, la «passeggiata» dei bimbi. L'ultimo pezzo, il più variato e mosso, nasce con fremiti e lampeggiamenti di tragedia. Il clima tempestoso va pian piano digradando e schiarendo. Il dolore sembra assopirsi in fine in una nenia consolatrice, non dissimile da quella che ha aperto il ciclo nel primo Lied.

Giorgio Graziosi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 5 maggio 2002
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 13 dicembre 1962


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Ultimo aggiornamento 12 febbraio 2014