Sinfonia n. 80 in re minore, Hob:I:80


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Allegro spirituoso (re minore)
  2. Adagio (si bemolle maggiore)
  3. Minuetto (re minore) e Trio (re maggiore)
  4. Finale: Presto (re maggiore)
Organico: 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: Eisenstadt, 8 novembre 1784
Edizione: Artaria, Vienna, 1785
Guida all'ascolto (nota 1)

Haydn ha riservato all'orchestra la parte più rilevante della sua produzione; di sinfonie ne scrisse molte e secondo il catalogo redatto da Hoboken esse ammonterebbero a 108, anche se l'ultima è cronologicamente la n. 104. Le prime sinfonie, composte dal 1757, sono in tre tempi e si richiamano allo stile galante degli autori viennesi del tempo, specie di Wagenseil. Successivamente dal 1761 in poi Haydn allarga il suo orizzonte e scrive sinfonie con intento descrittivo, come le n. 6, 7 e 8, dette "Le Matin", "Le Midi" e "Le Soir", in cui si avverte una maggiore varietà espressiva. Poi man mano i suoi componimenti sinfonici si arricchiscono di sostanziose sonorità e di chiaroscuri dinamici, fino a toccare tonalità inusitate e stravaganti, come nella n. 45, più conosciuta come "Sinfonia degli addii", in fa diesis minore. Ognuna delle successive sinfonie si distingue per varietà di forme e di caratteri, nel rispetto di quella chiarezza melodica e di quella unità stilistica che sono alla base di una civiltà musicale di cultura illuministica. Cuore della composizione diventa il momento dello sviluppo e dell'elaborazione tematica, come è possibile cogliere sempre nello svolgimento del discorso orchestrale, che raggiunge il suo apogeo nelle cosiddette "Sinfonie parigine" (n. 82-87) e "londinesi" (n. 93-104), nonché nelle sinfonie intermedie (n. 88-92) e nella n. 105 concertante. Haydn getta le basi della struttura sinfonica, di cui terrà conto Mozart e soprattutto Beethoven, il quale non dimenticò mai la lezione del geniale musico dei principi Esterhàzy.

La Sinfonia n. 80 in re minore si colloca tra il 1783 e il 1784 e si apre con un Allegro spiritoso puntato su un tema ricavato dall'Alleluja gregoriano, variato e trasformato con molta abilità. Il secondo tema è più netto e specifico, ma si amalgama bene con il primo, pur assumendo la trama sonora una varietà di tonalità e di atteggiamenti espressivi. La scrittura strumentale è semplice e chiara con brillanti passaggi dal minore al maggiore. L'Adagio è costruito su quattro figure melodiche: due canti larghi e distesi, il primo ornato di trilli e il secondo più ampio e caldo; una frase frastagliata e contrappuntata e infine un gioco delicato di semicrome. Non manca lo sviluppo nella zona centrale in cui si riaffacciano i quattro nuclei espressivi, ma il culmine dell'Adagio si può cogliere nel dolcissimo arpeggio discendente dal fa maggiore al re minore. Nel Menuetto ritorna il tema dell'Alleluja, cui Haydn imprime un carattere piuttosto vigoroso. La melodia del Trio, intonata da un gradevole impasto strumentale, è nella tonalità di re maggiore. Violini, oboi e corno svolgono all'unisono una luminosa perorazione. Allegro e brillante è il Presto conclusivo, formato da una vivace successione di sincopi nella rincorsa tra violini e fiati. La tensione si arresta con l'assolo di oboi sul pedale dei corni, ma il finale è all'insegna di una festosa armonia di suoni di piacevole effetto.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 30 marzo 1990


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Ultimo aggiornamento 14 luglio 2011