Sant'Elena al calvario

Oratorio in due parti


Testo del libretto


Argomento

La nota Profezìa d'Iaia Et erit Sepulchrm ejus gloriosium, altro non significa, secondo la spiegazione di Nicolò di Lira, e di San Girolamo, se non cbe la Tomba del Nostro Redentore diverrebbe un giorno glorioso aggetto alla peregrinazione de' Fedeli, anche grandi, ed illustri, che concorrerebbono dalle più remote partì del mondo a venerarla. Per lo spazìo dì tre secoli intieri non si verificò questa predizione: Poichè il Santissimo Sepolcro rimase per tal tempo nascosto, e profanato: prima dalla perfidia degli Ebrei, e poi dall'empietà de' Gentili, che per cancellarne affatto la memoria, v'innalzarono fopra tempj, e simulacri alle loro impure, ed abbominevoli Deità. Ma dopo che Coftantino il Grande ebbe liberato l'Oriente dalla tirannide di Licinio gran persecutore de' Cristiani; Sant'Elena Imperadrice inspirata da Dio, ed avvertita in sogno con visioni celesti, andò a vìsitare il Calvario. Quivi assistita da Macario, allora Vescovo di Gerusalemme, rinvenne non solo il sofpirato Sepolcro, ma anche la SS. Croce. Ed avverando il detto d'Isaia, adorò, ed espose l'uno, e l'altra all'adorazione del Mondo. Rappresentando adunque l'adempimento della Profezia suddetta, si prende opportunamente occasione di esemplificare ne' teneri, e pietosi affetti, che si destarono in questa Santa Imperadrice nel ritrovar gli stromenti della nostra Redenzione; quali debbano esser quelli di tutti i Fedeli: particolarmente in questo tempo consacrato dalla Chiesa a celebrarne il Mistero.

PARTE PRIMA.

S. Macario.
Ecco, o pìetosa Augusta,
Del tuo santo viaggio, ecco la meta,
Questo è il Golgota, e queste
Le strade son dal Redentor bagnate
Di purissimo Sangue. Invida cura
Di genti infide al venerato loco
L'aspetto trasformò. V'è chi per uso
Qualche sacro vestigio
Dubbioso adora, e al pellegrin l'accenna:
Ma trema intimorita
L'istessa man, che al pellegrin l'addita,
S.Elena.
Fortunato terreno,
Dove di sua bontà l'immenso Amore
Compi l'opra più grande! Io ti ravviso
Piu chè ad ogni altro segno,
A' moti del mio core: a quell'ignoto,
Che l'anima m'ingombra,
Rispettoso timore: a quel soave,
Che tutto inonda il petto,
Che sforza a lagrimar, tenero affetto.

Sacri orrori, ombre felici
Il mio cor v'intende assai.
Questo è il suol per cui passai
Tanti Regni, e tanto mar.

Più sommesso il vento istesso
Mormorando tra le fronde,
Qual tesoro in voi s'asconde
Par che voglia palesar.
Draciliano.
Volgiti Augusta, e mira
Qual numeroso stuolo
In due schiere diviso a noi s'appresta.
S. Elena.
A che vien? Chi lo guida?
Draciliano.
Della femminea schiera
Eudossa è condottiera,
Dell'altra Eustatio: ei Palestino; ed ella
Germe Roman: questi fedel divenne:
Quella nacque fedele. Al sacro Monte
Spesso co' lor seguaci
Tornano entrambi, e quì ciascun devoto
A lui, che ne governa,
Supplici note in umil suono alterna.
CORO.
Di quanta pena è frutto
La nostra libertà!
Eudossa.
Qui chi governa il tutto,
Mostrò nel suo dolore,
Ch'è d'ogni nostro errore
Maggior la sua Bontà,
Eustatio.
Non fu su questo monte
Il Dio delle vendette;
Ma delle grazie il Fonte,
Ma il Fonte di Pietà.
CORO.
Di quanta pena è frutto
La nostra libertà!
S. Elena.
Anime elette, ah chi di voi m'addita
Del Redentor la tomba?
Eustatio.
Eccelsa Augusta,
(Che tal nel manto umile
Ti mostri ancor) lunga stagione in vano
Da noi si cerca.
Eudossa.
Alla barbarie altrui
Non bastò che schernito,
Che trafìtto, che morto
Fosse Gesù: delle sue pene ancora
Gl'istromenti nascose: oppresse il marmo,
Che lo raccolse estinto: immondi tempj
Sopra v'eresse, e simulacri impuri:
Contaminò di scellerati incensi
L'aure di questo Cielo
De' respiri d'un Dio tiepide ancora:
E su quell'ara istessa,
Dove l'eterno Figlio
Lavò col sangue suo le colpe umane,
Svenò ferro idolatra ostie profane.

Veggo ben'io perchè,
Padre del Ciel, non è
Più frettoloso il fulmine
Gl'ingrati a incenerir.

Tardo a punir discendi,
O perchè il reo s'emendi
O perchè il Giusto acquisti
Merito nel soffrir.
S. Macario.
O come, Amici, oh come
Questi barbari esempj
Si rinnovan fra noi! Sarebbe ogni alma
Vivo tempio di Dio; ma il reo talento
Altri Numi vi forma
Del proprio error. Neil'adunar tesori
Chi suda avaro: e chi superbo anela
Alle vuote di pace
Sperate dignità: questi respira
Sol vendetta, e furor: del bene altrui
Quegli s'affanna: altri nel fango immerso
D'impudico piacer; nell'ozio vile
Altri languendo a se medesmo incresce:
E nell'anima intanto,
Che germogliar dovea frutto sublime,
Della Grazia celeste i semi opprime.

Amor, Speranza, e Fede
Fecondi i nostri petti
D'affetti, che innocenti
Sorgano intorno al cor.

Sparga la Fede il seme,
La speme l'alimenti:
Onde raccolgan tutti
Frutti di Santo Amor.
S. Elena.
Oh di qual zelo ardente,
Saggio Pastore, il tuo parlar m'infiamma!
Fedeli e questo il campo
Della pugna felice: è questo il loco
Dove ii Re delle sfere
L'Inferno debellò. Ma dove sono
Della vittoria i segni?
Della nostra salute
Il vessìllo dov'è? Dunque io nel trono,
E fra l'immonda polve
La Croce resterà? Di gemme, e d'oro
Elena cinta, e di ruine oppresso
Il Sepolcro di Christo? Ah no fedeli.
Si deluda il Nemico: al nostro zelo
Sia del bramato acquisto
Il mondo debitor. Nel più nascoso
Seno del monte a ricercar si vada
Il perduto tesoro. Io son la prima,
Che l'indurate glebe,
L'invide spine, ed i tenaci sassi
Sveller saprò. Chi di sua man l'aita
All'ufficio pietoso
Negar vorrà? Chi di versar ricusa,
Dove l'Eterno Amore
Tanto sangue versò, poco sudore?

Raggio di luce
Dal Ciel discende,
Che mi conduce,
Che il cor m'accende,
Che di me stessa
Maggior mi fa.

Ferve nel petto
Lo spirto acceso,
E 'l corpo stanco,
Reso più franco
Non sente il peso
Di lunga età.
Eustatio.
Forse l'ora è vicina in cui s'avveri
Il presagio divin, che a noi promesse,
Che il Sepolcro di Lui
Glorioso sarà.
Draciliano.
Forse al tuo braccio
E' serbato l'onor, Donna Reale,
D'innalzar fra le genti
Il segno vincitore, e intorno a quello,
Dalle quattro del Mondo ultime parti,
Del profugo Israele
Il disperso adunar gregge fedele.

Del Calvario già sorger le cime
Veggo altere di tempio sublime:
E i gran Duci, del Re delle sfere
Pellegrini la tomba adorar.

Le bandiere, l'insegne votive,
Chiare spoglìe di barbare schiere,
Agitate dall'aure festive,
Fra que' marmi già vegg'ondeggiar.
S. Elena.
Non è, non'è, compagni,
Temerario il mio voto: il Ciel m'inspira.
Oh quali in su l'Aurora
Di questo di misteriose io vidi
Immagini nel sonno! Esser mi parve
Col sitibondo Isacco infra' deserti
Dell'Arabia infeconda. Avean d'intorno
Di Gerara i maligni abitatori
Degli opportuni umori,
Co' sassi, e con l'arene
Ricoperte le vene: onde languiva
Assetata la greggia,
La Famiglia, il Pastor. Mentre pietosa
L'acque bramate a ricercar m'affretto;
Veggo d'onda improvvisa
Sgorgar viva sorgente
Dal terren polveroso; onde gridai:
Ecco il fonte! ecco il fonte! e mi destai.
Eustatio.
Sarà vero il presagio.
Tutto lice sperar. La Stirpe Augusta
Dio per ministra elesse
De' benefìcj suoi. Se oppresso geme
L'Oriental Tiranno, e se respira
Il Popolo fedel da' lunghi affanni;
Del tuo Cesare è dono.
Se avvicinarsi al trono osa di nuovo
La timida virtude, e se ritorna
Da' suoi deserti ad abitar la Reggia;
Opra è di te, che per le vie del Cielo
I popoli soggetti
Chiami, conduci, e con l'esempio alletti.

In te s'affida, e spera
Ogni dubbioso cor,
Iride messaggiera
Del sospirato dì.

Scopri il bramato stelo,
Quasi Colomba ancor,
E mostra che del Cielo
Lo sdegno ormai finì.
S. Elena.
Seconda Eterno Padre
Cosi belle speranze. All'alta impresa
Me non sdegnar ministra. Io so, che spesso
Godi per mezzi umili
Gran disegni eseguir. Sol che tu voglia,
Golia cede alla fromba
D'inesperto Pastor: nel proprio sangue
Sifara cade, ed Oloferne, estinto
Da destra femminil: cantan sicuri
Nelle fornaci ardenti
I Fanciulli innocenti: ed ogni fiera
La natia crudeltà pronta ammollisce,
E all'inerme Profeta il piè lambisce.
Eudossa.
Elena, che si tarda? Ogn'un sospira
Di seguir l'orme tue: l'impaziente
Desio non leggi a' tuoi seguaci in fronte?
Noi siam la Greggia: ah ne conduci al Fonte.
S. Elena.
Venite. Io già del Cielo
Chiaro nel vostro zelo
Riconosco il favor. La sacra Tomba
Si cerchi, si discopra.
All' opra anime elette.
Tutti.
All'opra, all'opra.
CORO.
Quanto può ne' soggetti
L'esempio de' Monarchi! Ogn'uno imita
Di chi regna il costume, e si propaga
Facilmente dal trono
Il vizio, e la virtù. Perciò più grande
Il merito, e la colpa
Sempre è nel Re: che del fecondo esempio
Per cui buono, o malvagio altri si rende,
Premio maggior, maggior castigo attende.

Fine della Prima Parte.

PARTE SECONDA.

S. Elena.
Cessate olà, cessate. (Oh Dio, qual gielo
Mi ricerca le vene!) E' forse questo
Il Sepolcro di Christo?
S. Macario.
Non dubitarne Augusta. Ecco la Tomba
Del nostro Redentore. Al Sol nascente
Volge l'ingresso: e la figura, e il loco
Lo palesa abbastanza.
S. Elena.
Oh vista! oh rimembranza!
Draciliano.
Anime elette,
Ecco l'onde bramate.
Venite a dissetarvi.
Eudossa.
Ah no, fermate.
D'avvicinarsi al sasso
Elena non ardisce.
S. Macario.
Elena, E quale
Improvviso stupor t'ingombra i sensi?
Il Cielo t'esaudì. Vedi l'oggetto
De' tuoi voti felici. Or come in vece
D'imprimer là su l'adorato marmo
Mille teneri baci,
Tremi, lo guardi, impallidisci, e taci?
S. Elena.
Nel mirar quel sasso amato,
Che raccolse il sommo Bene,
Mi ricordo le sue pene,
Mi rammento il nostro error.

Parmi questo
Il dì funesto,
Che spirò l'Eterna Prole,
E che il volto ascose il Sole,
Per pietà del suo Fattor.
S. Macario.
O marmo glorioso, emulo al seno
Della Madre di Dio. Chiudeste in voi
Dell'umana salute entrambi il prezzo,
Immaculati entrambi. E la grand'opra
Della Pietà infinita
Fu cominciata in quello, in te compita.

In te s'ascose
L'Autor del tutto,
Come nel seno,
Che il partorì.

Ma di quel fiore
Tu rendi il frutto:
Ma di quell'Alba
Tu mostri il dì.
S Elena.
Ceda, ceda una volta
Il timore al desio. Venite Amici
Ad inondar quel sasso
Di lagrime pietose. Io vi precedo . . .
Ma . . . che sarà! Vedete
Presso alla sacra tomba
Quel Tronco là fra le ruine in parte
Nascosto ancora?
S. Macario.
Oh fortunato giorno!
Oh ben sparsi sudori! Ecco la nostra
Sospirata difesa: ecco il vessillo,
Che sgomenta l'Inferno: ecco la Croce.
S. Elena.
Ah lasciate ch'io vada
Ad abbracciarla almeno, onde languisca
Fra gli amplessi tenaci
In tenere agonie lo spirto mio.
Eudossa.
Fermati Augusta. Oh Dio! Chi sa qual sia
Quella del Redentore? Ella è confusa
Fra le due di que' Rei,
Che con diversa sorte
Furo al nostro Signor compagni in morte.
S. Elena.
Sarà questa che all'altre
Giace nel mezzo,
Eustatio.
Ah la malizia altrui
Potè cangiarle il loco.
S. Elena.
Almen lo scritto.
Che GESÙ' NAZZAREN RE DE' GIUDEI
Distinse un dì, distinguerà la Croce.
Dracìliano.
Dal tronco, a cui s'affisse,
Separato è lo scritto, e non v'è segno,
Che mostri onde fu svelto.
S. Elena.
A questa è troppo
Tormentosa incertezza,
Caro pegno di Pace,
Temuto in terra, e venerato in Cielo,
Un raggio, un raggio solo
Esca da te, che i dubbj miei rischiari.
Sento la tua presenza: ardo d'amore;
Ma la face qual è? Ti trovo, oh Dio,
E non posso adorarti:
Che se adorarti io tento,
Un tronco infame idolatrar pavento.
S. Macario.
Elena, ascolti il suono
Di quel canto funebre? A piè del monte
Vedi su quel feretro un corpo estinto?
S. Elena.
Lo miro.
S. Macario.
Ah quinci a caso
Non passa in questo istante. Ardir. Prendiamo
La Croce Eustatio. Una gran prova io spero
Dall'arbore vital.
Eustatio.
Ma qual de' tronchi
Da noi si prenderà?
S. Macario.
Quel che fra gli altri
Occupa il mezzo. A secondar t'affretta
Gl'impulsi del mio cor. Sieguimi. E' questo
Giorno di meraviglie.
S. Elena.
Intendo, intendo,
Anch'io verrò.
S. Macario.
No. Tu rimani Augusta
La Tomba ad adorar del Re del Cielo:
E seconda co' voti il nostro zelo.
S. Elena. e Eudossa.
Dal tuo soglio luminoso;
Deh rimira il nostro pianto
Amoroso Redentor.

Ah risplenda ai marmo accanto,
Che raccolse il Verbo Eterno,
Della Morte, e dell'Inferno
Anche il legno vincitor.
Draciliano.
Signor, de' falli nostri
Questo dubbio è la pena. In simil guisa
Giunge al confin della promessa terra
E non v'entra Mosè: con sorte eguale
Il Profeta Reale
A fabbricarti il tempio, i cedri eletti,
I marmi, e l'oro a radunar s'adopra,
E spira poi sul cominciar dell'opra.
Ah no; questi fra noi
Rinnovar non ti piaccia
Esempj di rigor. Sia Padre adesso,
Chi fu Giudice allor. Viva nell'alma
La speme ancor mi resta
Di tua promessa; e la promessa è questa.

Si scuoteranno i colli,
Il monte tremerà:
Ma sarà sempre stabile
L'immensa mia Pietà.

Nè spargerò d'obblio
Quel patto mai di pace,
Che riunì con Dio
L'oppressa Umanità.
Eudossa.
Chi mai con tante prove
Della tua tenerezza, Eterno Padre,
Dubitarne potrà? Del nostro affanno
No, tu non sei l'Autore. Arte maligna
Dell'infernal Nemico
E' la nostra dubbiezza. Ei si rammenta
La virtù di quel Tronco: asconde a noi
Un soccorso si grande: invidia al Cielo
Un trofeo sì sublime: e gonfio il seno
Di quell'odio impotente,
Che mai non sia (per suo castigo) estinto,
Contro l'armi congiura, onde fu vinto.

Sul terren piagata a morte
Tutte l'ire insieme accoglie,
E s'annoda, e si discioglie
Serpe rea talor così.

In quel ramo i morsi affretta,
E in quel sasso, che l'opprime:
Disperando la vendetta
Nella man, che la ferì.
Eustatio.
Elena Augusta, Amici,
Oh se veduto aveste . . ., Oh noi felici!
$. Elena.
Che rechi Eustatio?
Eustatio.
E' dissipata alfine
Ogni nostra dubbiezza,
Draciliano.
E come?
Eustatio.
Il Cielo
Co' portenti parlò.
Eudossa.
Che fu? Sospesi
Non tenerci così.
Eustatio.
La mesta pompa,
Che quindi rimiraste, al primo cenno
Del Pastor venerato a piè del Monte
I suoi giri arrestò. Corre al feretro
Macario impaziente, e pieno il core
Di quella viva Fede,
Che ferma il Sole, e che divide i Mari,
Al cadavere freddo
La Croce appressa. (Onnipotenza eterna!
Che non ottiene una Pietà verace?)
Come se a viva face
Face poc'anzi estinta
S'avvicina talor, subito splende,
L'altra fiamma non tocca, e già s'accende,
Tal dal Tronco felice
Passa virtù nella gelata spoglia,
Che il già rappreso sangue
In ogni vena a ribollir costringe:
Tornano a' loro uffìcj
Le fibre irrigidite: alterna il petto
Il suo moto vitale: al giorno il ciglio,
S'apre il labbro a' respiri: e non intende
L'anima sbigottita
Chi la richiami alla seconda vita.
S. Elena.
Oh meraviglie!
Eudossa.
E voi
Come mai rimaneste:
Voi Spettatori al gran portento eletti?
Eustatio.
Poscia che agli altri affetti
Diè loco lo stupor, fra noi si desta
Di flebili sospiri,
Di liete voci, e d'interrotti accenti
Un mormorio confuso. Altri alla Croce
Desioso s'appressa:
Altri prono l'adora:
Chi batte il sen: Chi le sue colpe accusa:
E si discioglie intanto
Ogni Fedel per tenerezza in pianto.
S. Elena.
Non più. Corriamo amici
La Croce ad adorar.
Eustatio.
Fermati, a noi
Già Macario ritorna. Osserva quanto
Sul Calvario ei conduce
Popolo intorno al gran Vessillo accolto:
E di qual nuova luce ei splenda in volto.

Dal nuvoloso Monte,
Dopo il fatal tragitto,
Il Condottier d'Egitto
Forse così tornò.

Cosi fra' suoi discese,
L'orme portando in fronte
Del raggio, che l'accese,
Quando con Dio parlò.
S. Macario.
Al Ciel diletta Augusta,
Popoli al Ciel diletti, eccovi il Tronco
Vincitor della Morte, in cui spirando
Vittima, e Sacerdote
Placò l'ira del Padre il Figlio eterno.
A pie di questo ogn'uno
Rechi i tributi suoi. Non già gli eletti
Balsami preziosi,
Non le gemme Eritree, non i tesori
Dell'Indiche pendici:
Ma gli affetti nemici
Venga a deporre: I desiderj avari:
Le cure ambiziose:
Le bramate vendette: i folli amori.
In tutti il Vecchio Adamo
Si purgi, si rinnovi; e non conservi
L'alma, che torna al suo Fattore amica,
Vestigio in se della catena antica.

Al fulgor di questa Face
Si rìsvegli a nuova vita,
Dal letargo contumace
L'ostinato Peccator.

A calcar la via smarrita
Dio l'invita, e per mercede
Poche lagrime gli chiede:
Ma che partano dai cor.
S. Elena.
Questo é pur dunque il sacrosanto Legno,
Ministro a noi della celeste aita!
Qui l'Autor della vita
Dunque mori! Qui fu svenato il mio
Tenerissimo Padre! Ed io sollevo
A rimirarlo il temerario sguardo?
Io rea di mille colpe
Dell'eterna Giustizia innanzi al trono?
Pietà, Signor, perdono. Ah non sia vero,
Che il Sangue prezioso,
Che spargesti per me, sia sparso invano.
Mi tolga la tua mano
Le reliquie dall'alma
D'ogni passato error. Lasciami solo
De' falli miei la rimembranza amara,
Per materia di pianto. E la tua Croce
C'innamori cosi, che ogn'un di noi
Ad abbracciarla inteso,
Ne speri il frutto, e ne sostenga il peso.
CORO.
Fedeli, ardire. Ah secondiam la brama,
Che alle nostr'alme inspira
D'Elena la pietade. Il desiarla
Principio è di salute. E chi si pente,
Nei verace dolor, torna innocente.

FINE.


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Ultimo aggiornamento 30 agosto 2023