Fra Monte Pincio (Dal Monte Pincio), op. 39 n. 1

per voce e pianoforte

Musica: Edvard Grieg (1843 - 1907)
Testo: Bjørnstjerne Bjørnson Organico: voce, pianoforte
Composizione: 1870
Edizione: Peters, Lipsia, 1884

Anche arrangiato per voce e orchestra nel 1894
Guida all'ascolto (nota 1)

Quando Nina [il soprano Nina Hagerup, moglie di Gieg. n.d.r.] canta nella sera romana stiamo parlando di Da Monte Pincio, op. 39, n. 1. Gli enigmatici accordi iniziali sembrano musica da camera oscura, accorgimenti per evitare di impressionare il viaggiatore del nord con i colori della notte capitolina. Il tema sembra muoversi parallelamente a quello del Lied precedente [Våren (Primavera), op. 33 n. 2], ma i paralleli di differenza sono almeno venti, e luce e calore sono inebrianti nella brezza del ponentino serale. È così maestoso l'affresco che Grieg dipinge nello spazio e nel tempo della città eterna e dei suoi dintorni, che gli si può perdonare la debolezza di quel canto popolare un po' didascalico che risuona e poi scema nella seconda parte del Lied, trasformando per un attimo Roma in un luogo comune. Nella seconda strofa la stessa musica serve ugualmente bene una rara incursione della forma Lied nella descrizione di eventi storici contemporanei: il Monte Pincio non è più la sede di spettacoli pirotecnici, ma il luogo d'acquartieramento militare in vista della presa di Roma con lo "sciamare di gente" che è anche fermento della storia.

Erik Battaglia

Testo

Aftenen kommer, Solen staar rod;
Farvende Straaler i Rummet Henskylle LyslsengsePns Glands i uendelig Fylde; -
Fjeldet forklares som Aasyn i Død.
Kuplerne gl0der, men laengere borte
Taagen längs Markernes blaatige Sorte
Vugger opover som Glemselen før:
Over flin Dal dxkker tusind Åars Slør.
Aft nen, hvor rød og varm,
Blusser af Folkelarm,
Glødende Hornmusik,
Blomster og brune Blik.
Tankerne straeber i Farver og Toner
Trofast mod det, som försöner.

Stille det bliver, end dunklere blaa,
Himmelen vaager og venter; - opunder
Fortid, som drømmer, og Fremtid, som stunder,
Usikre Blus i det rugende Graa.
Men de vil samle sig! Roma fremstige
Lystasndt en Na tfor Italiens Rige:
Klokkerne kime, Kanonerne slaa,
Minderne flamme paa Fremtidens Blaa!
Yndigt om Haab og Tro
Op mod Nygifte to,
Jubler en Sanger til
Citherog Fløjtespil.
Stxrkere Lasngsler faar barnesød Hvile;
Mindre tør vaagne og smile.
Viene la sera, i raggi variopinti
Del sole vermìglio percorrono lo spazio,
Nostalgici fulgori si trasfigurano
E i colli si stagliano tra funeste brume.
Le cupole si accendono e dalle azzurre,
Scure lontananze le nebbie risalgono
Tessendo sui campi la millenaria
Veste dell'oblio.
La sera chiara e calda
S'accende di voci,
Di fanfare, di profumi
Di sguardi intensi.
I pensieri sì rivestono di suoni e colori,
E anelano alla riconciliazione.

Nell'azzurro che s'oscura la pace si diffonde,
Il cielo veglia sul passato che si placa,
E sì apre al futuro che s'appressa
Con incerti bagliori nel buio che incombe.
Risplende nella notte la fiaccola
Di Roma accesa per l'unità d'Italia.
Al suono di campane e al rombo di cannoni
I ricordi si rivestono d'azzurro.
La fede si sposa
Alla speranza
Nel giubilar dì flauti
E cetre.
Desideri ardenti cullano i sogni dei bambini;
Pochi osano ancora star desti e sorridere.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 13 novembre 2009


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Ultimo aggiornamento 23 luglio 2015