Sinfonia n. 9 in mi minore "Dal Nuovo Mondo", op. 95


Musica: Antonin Dvoràk (1841 - 1904)
  1. Adagio - Allegro molto
  2. Largo
  3. Scherzo. Molto vivace
  4. Allegro con fuoco
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, piatti, triangolo, archi
Composizione: New York, 20 Dicembre 1892 - 24 Maggio 1893
Prima esecuzione: New York, Carnegie Hall, 16 Dicembre 1893

Vedi al n. B.521 la riduzione per pianoforte a quattro mani
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Il 16 dicembre 1893 Anton Seidl dirigeva alla Carnegie Hall di New York la prima esecuzione della Sinfonia n. 9 in mi minore op. 95 di Antonìn Dvorak, alla presenza dell'autore. Si tattò probabilmente dell'evento clou del soggiorno triennale di Dvorak negli Stati Uniti, fra l'ottobre del 1892 e l'aprile del 1895. Dvorak era stato invitato nel giugno 1891 a trasferirsi a New York, per assumere la direzione artistica del locale Conservatorio, da Jeannette Thurber, moglie di un ricco commerciante di generi coloniali; invito accolto dopo qualche esitazione e l'assicurazione di comprensibili garanzie (fra l'altro il ragguardevole stipendio di 15 mila dollari annui).

Gli enormi sviluppi della vita musicale newyorkese nell'ultimo scorcio del secolo trovavano così un logico esito nel potenziamento delle strutture didattiche, con la presenza di un eminente compositore europeo. Non è un caso che la scelta fosse caduta proprio su Dvorak.

Proveniente da una famiglia di piccola borghesia, precocemente avviato alla musica, Dvorak aveva colto il suo primo vero successo nel 1873, a 31 anni, con un Inno patriottico che si inseriva compiutamente nella corrente irredentista propria degli ambienti culturali boemi. L'anno seguente un riconoscimento prestigioso, con la vittoria di una borsa di studio del governo austriaco, assegnata da una giuria composta, fra gli altri, da Eduard Hanslick e Johannes Brahms. In seguito il lancio internazionale: al 1884 risale il primo personale trionfo in Inghilterra - dove il compositore si recò complessivamente nove volte - che comportò la nomina a membro onorario della London Philharmonic Society; nel 1890 doveva giungere la laurea honoris causa dell'Università di Cambridge.

Tali tappe della carriera di Dvorak seguivano da vicino anche la personale evoluzione dello stile del compositore. Se gli esordi creativi si erano svolti all'insegna della scuola neotedesca di Liszt e Wagner, il cui modernismo sembrava più adatto a veicolare i contenuti nazionalistici peculiari della cultura céca, è proprio intorno al 1873 che lo stile di Dvoràk subisce una brusca virata verso il sinfonismo puro e gli ideali di classico equilibrio della forma, ideali che trovavano nuova linfa nelle melodie di ispirazione popolare. È appunto questa peculiare mistura fra equilibrio formale e melodiosità slava che portò a riconoscere in Dvoràk un musicista dalla personalità inconfondibile, né conservativa né radicale, capace di apparire alla borghesia boema come una incarnazione dell'identità nazionale, o anche di farsi ammirare di fronte all'intera Europa per la raffinatezza della scrittura e la solidità costruttiva delle sue opere.

L'invito in America aveva dunque il significato di una consacrazione; ma il contatto con una cultura musicale composita, in evoluzione e così dissimile da quella europea non poteva non avere ripercussioni proprio sui nuovi esiti creativi del maestro boemo. Alcuni studenti di colore misero in contatto il maestro con la musica dei neri americani, con gli spirituals e i canti delle piantagioni. A Spilville, nello lowa, il compositore ebbe occasione di ascoltare canti della comunità indiana. La Sinfonia in mi minore è la prima importante risposta a tali stimoli, e non a caso reca la celeberrima intitolazione "Z Nového svéta" (Dal nuovo mondo); appunto la discussa influenza del nuovo mondo costituisce il punto centrale delle diverse valutazioni che della partitura sono state fatte.

Dvorak illustrò il titolo dell'opera spiegando che si riferiva semplicemente a «impressioni e saluti dal nuovo mondo»; ancora nel corso della stesura affermò che «l'influenza dell'America può essere avvertita da chiunque abbia "fiuto"». E molti compositori si domandarono se, con la nuova Sinfonìa, Dvorak intendesse inaugurare una nuova maniera, segnata dalla presenza di melodie ispirate al composito folklore americano. E in effetti la presenza di tali melodie è innegabile; nel primo tempo appare lo spiritual «Swing low, sweet chariot», mentre una generica ispirazione "indiana" hanno alcune melodie dei movimenti centrali. Tuttavia le melodie pentatoniche e l'armonia modale, la vitalità ritmica, sono caratteristiche proprie di tutta la musica di Dvorak; inoltre non mancano nella partitura chiari tratti del folklore boemo. Semmai tutta l'invenzione melodica della Sinfonia in mi minore presenta un'estrazione "primitiva", stagliata nitidamente più che non nella precedente esperienza sinfonica dell'autore.

Insomma, qualora si voglia trovare una "svolta" nella Nona Sinfonia di Dvorak, questa andrà individuata, più che nell'invenzione melodica, nel processo di semplificazione e chiarificazione della forma che dona a queste idee una plastica evidenza, allontanando la partitura dalla dolce seriosità della Settima e dagli indipendenti sperimentalismi dell'Ottava. Anche le sezioni di sviluppo del materiale - che costituiscono in genere il punto debole del sinfonismo dell'autore boemo, per una certa prolissità e povertà dialettica - sono affrontate con una snellezza maggiore che nelle precedenti opere sinfoniche.

Proprio l'aspetto formale è uno dei tratti che più garantiscono alla Sinfonìa la sua coerenza, e quindi la sua indubitabile e coinvolgente efficacia in sede esecutiva. La partitura si avvale infatti di un processo accumulativo del materiale, con ritorni tematici via via maggiori con la successione dei movimenti (fra l'altro le affinità fra le diverse melodie pentatoniche emergono nitidamente perché queste vengono prevalentemente affidate ai legni solisti). Inoltre ciascuno dei quattro tempi si apre con una breve introduzione lenta.

Nel primo movimento l'Adagio inttoduttivo lievita progressivamente, sfruttando uno spunto ritmico, verso il caratteristico tema che apre l'Allegro molto; tutto questo primo tempo, animato da temi secondari di icastica evidenza, risente di una ricchezza di episodi e di intrecci, di subitanei trapassi espressivi, che attribuiscono alla pagina una freschezza continuamente rinnovata.

Nel Largo una successione di ampi accordi conduce alla melodia pentatonica che informa tutta l'ambientazione lirica e soffusa del movimento, non contraddetta neanche nella più animata sezione centrale (il momento culminante ripropone un frammento del tema principale del primo tempo).

Nello Scherzo ritroviamo il gusto di Dvorak per la vitalità ritmica e la varietà coloristica, sorretti dalla mano infallibile dell'orchestratore, dalla sicura invenzione dei temi caratteristici. Più complesso il finale, aperto dalla perentoria affermazione del tema che ha assicurato alla Sinfonia la sua celebrità, e che viene poi ribadito al termine, in una estrema perorazione. Nel prosieguo del movimento, peraltro, si accumulano le principali idee melodiche già ascoltate nei tempi precedenti; procedimento già impiegato nei tempi centrali. Ma Dvorak non si accontenta di riesporre tali idee; le elabora e le intreccia con il tema principale del finale, sì che il movimento conclusivo si prospetta come una sintesi del contenuto dell'intera Sinfonia, e della stessa arte sinfonica del compositore.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

L'ultima e più famosa sinfonia di Dvoràk fu composta fra il 19 dicembre 1892 e il 24 maggio 1893, a New York, e quivi presentata il 16 dicembre 1893 sotto la direzione di Anton Seidl. Il compositore si trovava negli Stati Uniti dal settembre del 1892, avendo accettato l'incarico di direttore del National Conservatory di New York che gli era stato offerto nel corso del precedente soggiorno americano (1890). Fin dal suo arrivo nel Nuovo Mondo, Dvoràk si interessò molto ai canti negro-americani e alle tradizioni popolari dei pellerossa: ascoltò con attenzione musiche e cerimonie, trascrisse melodie, fu attratto dalle potenzialità delle scale pentatoniche. La Sinfonia in mi minore, nata in quel periodo, fu largamente ispirata da quelle musiche come lo stesso Dvoràk dichiarò pubblicamente numerose volte. C'è però da dire che le assunzioni nella sinfonia di motivi presi dal canto popolare americano non sono mai dirette, ma fortemente mediate e filtrate attraverso la sensibilità europea. Non si trova cioè alcuna citazione precisa di melodie attinte dal patrimonio popolare indiano. La stessa celebre melodia del corno inglese che si ascolta nel Largo e che viene considerata una ninna-nanna o un canto funebre pellerossa, è originale di Dvoràk e, per certi aspetti, potrebbe anche avere origini boeme. La forma della sinfonia è ciclica, ricorrendo il primo tema iniziale dall'Allegro molto più volte nel corso dell'intera sinfonia. All'elegiaco Largo, in semplice forma strofica, fa contrasto il vivace Scherzo, più ampio del normale perché dotato di un doppio Trio centrale. Di esaltante imponenza è l'Allegro con fuoco finale, che contiene il tema più memorabile della sinfonia, lungamente sviluppato insieme agli spunti dei temi principali apparsi durante l'intera composizione.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Come sappiamo, nel periodo di residenza americana Dvorak si occupò intensamente di canto indiano e negro: e compose questa Sinfonia "nello spirito di queste melodie popolari" senza peraltro averne citata nessuna letteralmente. Dvoràk fu portato a concepire tale composizione in questi termini dal vivo interesse che portava per questi popoli oppressi; non solo, ma trovandosi in America nella sua qualità di famoso compositore europeo, sentì forse il dovere di indicare ai compositori locali una possibile via "nazionale" in campo musicale. Ma il suo esempio restò sostanzialmente isolato, sia perché in fondo la Sinfonia "Dal nuovo mondo" resta un lavoro nutrito di una tradizione musicale schiettamente europea, sia perché pochi anni dopo gli elementi popolari della musica americana, soprattutto negra, avrebbero trovato una via completamente diversa con il jazz. D'altro canto, l'influenza dell'ambiente americano, e non solo della musica popolare locale, sulla Nona Sinfonia è indiscutibile: Dvoràk abbandona infatti qui in molti casi quella scrittura densa e a volte ieratica che aveva caratterizzato le precedenti sinfonie per infondervi uno spìrito più fresco, ispirato da un lato al diverso senso della natura che al musicista derivava a contatto con il grande continente americano, dall'altro all'incalzante modo di vita americano, che non gli permetteva nemmeno nella forma musicale lunghi ripensamenti e continui ritorni. Dì qui la ricchezza di idee, di episodi, di temi, dì intrecci che caratterizza l'ultima sinfonia di Dvoràk: dall'incontro dì due civiltà è scaturita una delle pagine sinfoniche più celebri e più sorprendenti dell'ultimo '800.

Ecco la successione del tempi della Sinfonia "Dal nuovo mondo": "Adagio-Allegro molto" (il primo tema dell'"Allegro" ha un'importanza fondamentale per tutta la Sinfonia; da notare nel seguito del primo tempo la presenza di due temi di sapore tìpicamente "americano"); "Largo," in cui risuona evidente l'eco della musica dei pellirosse americani; "Scherzo" - 'Molto vivace' - (anche qui nel ritmo incisivo del primo tema sembra di scorgere una reminiscenza delle danze popolari americane); "Allegro con fuoco", con il tema più popolare della Sinfonia, in cuiritornano nel corso dell'imponente sviluppo i principali spunti dei tempi precedenti.

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

Quando nel 1891 Jeannette Thurber, mecenate e fondatrice del National Conservatory of Music di New York propose ad Antonìn Dvoràk di trasferirsi negli Stati Uniti per dirigere quel Conservatorio, offrendogli una somma di 15.000 dollari annui, si rivolgeva ad uno dei compositori più famosi di tutta Europa, che aveva ricevuto anche due lauree honoris causa conferitegli rispettivamente dall'Università di Praga e dall'Università di Cambridge. Dopo le prime perplessità Dvorak si risolse a partire, e il 17 settembre 1892 si imbarcò per l'America insieme con la moglie e due dei figli. Accolto con grande entusiasmo, tenne il suo primo concerto il 21 ottobre, proprio in coincidenza con il quarto centenario dello sbarco di Colombo, e tre mesi dopo iniziò a comporre la Sinfonia in mi minore detta "dal Nuovo Mondo". Suo primo lavoro "americano" e ultima delle sue Sinfonie (inizialmente numerata come quinta perché, delle nove Sinfonie di Dvoràk, le prime quattro furono pubblicate postume), appare permeata dalla nuova atmosfera nella quale si trovò a vivere il compositore, che affermava: «Mi piace molto e si distingue in modo sostanziale dalle mie precedenti composizioni. Certamente l'influenza dell'America può esser sentita da chiunque abbia un naso». E ancora: «Credo che la terra americana influenzerà in modo benefico i miei pensieri, e potrei quasi dire che qualcosa del genere si sente già nella nuova Sinfonia». Sin dalla sua prima esecuzione, avvenuta alla Carnegie Hall di New York il 16 dicembre 1893, la Sinfonia "dal Nuovo Mondo" ebbe un successo enorme e acquistò da allora una grandissima popolarità nel repertorio sinfonico. Molti vollero vedervi, equivocando, una musica piena di sentimenti patriottici, costruita su melodie della tradizione popolare negra o indoamericana, salutando addirittura la nascita di una scuola nazionale statunitense, è vero che Dvorak fu molto attratto da alcune musiche americane, soprattutto dagli spirituals («nelle melodie dei neri d'America ho potuto trovare tutto ciò che serve a una grande e nobile scuola di musica. Esse sanno essere patetiche, tenere, appassionate, malinconiche, solenni, religiose, vigorose, amabili allegre [...] Non vi è nulla in tutta la varietà del comporre che non possa essere detto con questi temi») e dai songs di Stephen Collins Poster, che aveva conosciuto grazie al giovane cantante di colore Harry Burleigh. Ma nella sua nuova Sinfonia non citò alcun tema e, pur condividendo l'idea che si trattasse di una "Sinfonia americana", non voleva che si facesse troppo caso al titolo, aggiunto all'ultimo momento prima di inviare la partitura al direttore d'orchestra Anton Seidl che ne diresse la prima. Alla vigilia della prima, in un'intervista sul New York Herald del 5 dicembre, dichiarò: «È lo spirito delle melodie negre e degli indiani d'America che mi sono sforzato di ricreare nella mia nuova Sinfonia. Non ho usato neanche una di quelle melodie. Ho semplicemente scritto dei temi caratteristici incorporando in essi le qualità della musica indiana, e usando questi temi come mio materiale li ho sviluppati servendomi di tutti i moderni mezzi del ritmo, del contrappunto e del colore orchestrale». Come in altre Sinfonie di Dvorak si coglie il sapore boemo senza che vi siano citate melodie popolari boeme, così in questa Sinfonia sono semplicemente alcune strutture ritmiche e intervallari (matrice ricorrente è la successione di una terza minore ascendente, una nota ribattuta e un frammento di scala discendente, associata spesso a un ritmo giambico) ad alludere alla musica americana, e i suoi temi sono semmai più vicini all'idealizzazione di un canto popolare che all'ipotetico originale. La partitura, portata a termine il 24 maggio 1893, mostra la chiara impronta della scrittura sinfonica tedesca, soprattutto brahmsiana, una rigorosa forma classica, ma anche una concezione ciclica data dal ricorrere del tema principale (esposto nel primo movimento dal corno, dopo l'introduzione lenta), che affiora nei movimenti successivi, e dalla ricapitolazione di tutto il materiale tematico nel finale. Il movimento più celebre della Sinfonia è il Largo, che si apre con un corale modulante degli ottoni seguito da una nostalgica melodia del corno inglese (divenuta molto popolare negli Stati Uniti); melodia ripresa alla fine del movimento, dopo un episodio dal carattere pastorale, introdotto da un disegno staccato dell'oboe, caratterizzato da un'amplificazione del tessuto orchestrale, nella quale si innesta ancora il tema ciclico. Questo movimento e il successivo Scherzo sono entrambi ispirati a un poemetto di Henry Longfellow, intitolato Song of Hiawatha, che Jeannette Thurber aveva donato al compositore: il Largo evoca i funerali della sposa dell'eroe; lo Scherzo richiama una danza di pellirosse nella foresta, che si trasforma in una musica piena di vitalità, costruita con una parte principale divisa in due episodi distinti, un doppio Trio, e una coda che ripresenta più volte il tema ciclico. La Sinfonia si conclude con il trascinante finale, Allegro con fuoco, che ricapitola, come già detto, i temi della Sinfonia, riproponendo il tema principale con la forza di una apoteosi, e che appare, nel suo sviluppo multiforme e nella duttilissima orchestrazione, come una perfetta sintesi delle componenti boeme, mitteleuropee e americane del linguaggio sinfonico di Dvorak.

Gianluigi Mattietti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 29 Novembre 2003
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi,
Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001
(3) Testo tratto dalla Guida all'ascolto della musica sinfonica di Giacomo Manzoni,
Feltrinelli Editore Milano,1976
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 22 Gennaio 2004


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Ultimo aggiornamento 16 dicembre 2012