Sonata n. 3 in si minore per pianoforte, Op. 58, BI 155, CI 203


Musica: Fryderyk Chopin (1810 - 1849)
  1. Allegro maestoso
  2. Scherzo: Molto vivace (mi bemolle maggiore)
  3. Largo (si maggiore)
  4. Finale: Presto, non tanto. Agitato
Organico: pianoforte
Composizione: 1844
Edizione: Meissonnier, Parigi, 1845
Dedica: contessa Emilie de Perthuis
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Se escludiamo un'opera giovanile pubblicata postuma e catalogata come n. 1, sono solo due le sonate per pianoforte nel repertorio di Chopin. L'ultima di queste in ordine cronologico, la Sonata in si minore op. 58 (estate 1844), è quella che più si adegua allo schema formale tradizionale, sebbene con diverse licenze (la mancanza del primo tema nella ripresa nell'Allegro maestoso, l'uso dello Scherzo come secondo tempo, eccetera) che vanno tuttavia considerate nella norma, in un periodo in cui la sonata classica era entrata decisamente in crisi.

La scarsa frequentazione con quella che pochi decenni addietro era la forma principe della composizione strumentale non crea peraltro alcun impaccio al poeta della piccola forma, che riesce perfettamente a riversare il suo personalissimo materiale sonoro all'interno di un'opera di grandi proporzioni. Certo in Chopin non prevale la geometria e la razionalità dei suoi grandi predecessori nello scomporre e nel rielaborare i temi, quanto piuttosto un senso dell'evoluzione e della mutazione del loro carattere emotivo. È questa tuttavia un'opera nella quale Chopin non indulge particolarmente a richiami emozionali immediati, ma che, una volta conosciuta con una certa profondità, consente di farsi sedurre dall'ascolto come fosse un affascinante volo panoramico.

Un rapido arpeggio discendente in levare: è questo il timbro sonoro, il segno distintivo di un primo tema che si dispiega in tre frasi accordali in modo minore. L'ampio episodio di transizione al secondo tema riparte proprio dall'incipit di apertura, con una stretta progressione che sale di semitono per poi liberarsi in una caduta, quasi un rotolare scomposto, di accordi dal ritmo asimmetrico. Il discorso musicale prosegue in un movimentato succedersi di arpeggi, rapide discese di accordi, scale cromatiche del basso, fino a quando un concitato pedale di dominante porta all'appassionata e romantica melodia del secondo tema seguita da un delicato episodio di coda. Lo Sviluppo si apre con un sommesso ribollire di suoni, dal quale riemergono saltuariamente frammenti del primo tema, dispiegandosi in lungo e inesorabile crescendo della dinamica e della tensione emotiva, lasciando poi spazio a un'atmosfera più pacata e serena per la rielaborazione del secondo tema.

Nella Ripresa Chopin esclude completamente il primo tema, ripartendo dalla Transizione, per poi giungere al secondo tema trasportato di tonalità (si maggiore) seguito dagli episodi di coda.

Uscendo dallo schema sonatistico tradizionale Chopin utilizza uno Scherzo come secondo movimento, al posto del tempo lento che verrà invece collocato come terzo movimento. Il tema principale (A) è dato da un flusso di rapidissimi arpeggi in tonalità maggiore sopra frammentarie note di basso della sinistra. Un episodio di breve durata nel quale si coglie un momentaneo passaggio a tonalità vicine in modo minore, seguito dalla ripresa del tema iniziale e da un rapidissimo stacco conclusivo.

Assai diverso è invece il carattere della sezione intermedia (B): una pacata successione accordale con una semplice melodia alla voce superiore che viene turbata ritmicamente dal delicato contrappunto di una linea sincopata mossa nel registro centrale. Un sinistro rintocco di ottave ribattute increspa l'omogeneità del discorso musicale, che evolve in una condotta armonica più tortuosa, per poi tornare al tema iniziale. La ripresa dello Scherzo da capo completa infine il movimento.

Vigorose ottave dal ritmo puntato, seguite da una delicata sequenza accordale modulante, introducono una lunga e tranquilla melodia, simile un'aria vocale, sostenuta da uno scarno accompagnamento della mano sinistra. Conclusa questa prima parte con una statica successione di accordi modulanti, Chopin passa all'episodio centrale: una lunga sequenza di arpeggi a doppie terzine, la cui prima nota (sempre tenuta) suggerisce una scarna traccia melodica. Nel lento dipanarsi del tessuto musicale il disegno iniziale viene riproposto altre due volte, con delle varianti, per poi terminare stranamente con la stessa successione di accordi modulanti del primo episodio. Il movimento è completato dalla ripresa in forma ridotta della melodia iniziale, seguita nuovamente dalla coda di accordi modulanti e da un ulteriore epilogo nel quale vengono ricordati gli arpeggi terzinati del secondo episodio.

Con un breve ma impressionante crescendo introduttivo Chopin apre il sipario sul primo tema: un borbottio sommerso dal quale fa capolino una linea melodica mossa nel registro centrale e riesposta poi, con più forza, in una tessitura più brillante. Il secondo tema presenta invece vigorose successioni accordali attraversate da rapide cascate di note che, in un secondo tempo, si trasformano in un unico flusso continuo dall'andamento ondulatorio. Con un'insolita scelta formale Chopin ripropone i due temi in due nuove tonalità, per poi riprendere il primo tema nella tonalità iniziale. Una coda, che riprende il rapidissimo saliscendi di note del secondo tema, conclude infine l'intera sonata.

Carlo Franceschi de Marchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Lo Chopin più impegnato sotto il profilo costruttivo e meno legato alle regole della forma classica si ritrova nelle tre Sonate per pianoforte: la prima è quella in do minore op. 4 scritta nel 1828, che si richiama soprattutto ai modelli delle "Sonates d'étude" di un Czerny o di un Hummel, brillanti esercitazioni di stile e di tecnica; la seconda è la grande Sonata in si bemolle minore op. 35 composta nel 1839 e concentrata essenzialmente nella Marcia funebre, che è il nocciolo emozionale del pezzo, sottoposto nel secolo scorso alle più svariate interpretazioni letterarie e musicali; la terza Sonata è l'op. 58 in si minore, scritta nel 1844 e pubblicata l'anno seguente con dedica alla contessa di Perthuis, consorte dell'aiutante di campo di Luigi Filippo, di cui Chopin fu ospite a Saint Cloud nel 1834 insieme a Moscheles.

Quest'ultima Sonata ha uno spiccato carattere lirico, anche se non mancano toni drammatici, con quelle gradazioni di passaggio dal forte al piano e viceversa, che imprimono slancio e vitalità alla composizione, secondo il gusto e le scelte estetiche di Chopin. Inoltre in questo caso si ritrova utilizzato e applicato ampiamente il cosiddetto "tempo rubato", che fu analizzato acutamente da Liszt, il più autorevole testimone delle interpretazioni date dallo stesso Chopin alle proprie musiche pianistiche. «Tutte le composizioni chopiniane - dice Liszt - devono essere eseguite con quel tentennamento accentuato e prosodico e con quella morbidezza, la cui ragione difficilmente si svela quando non si abbia avuto l'occasione di udirle sovente. Chopin sembrava preoccupato di rendere evidente questa sua materia di esecuzione, specialmente di comunicarla ai suoi connazionali ai quali egli, più che ad altri, desiderava trasmettere il calore interno della sua commozione».

L'Allegro maestoso che apre la Sonata è basato su due temi distinti, ma non contrapposti: il primo, nella tonalità fondamentale, dal ritmo conciso su una scrittura contrappuntistica e il secondo, in re maggiore, dalla melodia fluente e delicatamente cantabile, con quell'amore per il vocalismo italiano al quale si richiama spesso Chopin, a cominciare dai Notturni. Un senso di vertiginosa e trascinante leggerezza si avverte nello Scherzo, al centro del quale sta un recitativo invitante alla meditazione. Il Largo è un vero e proprio notturno, punteggiato da accordi sospesi e pieni di raffinatezze timbriche, quasi pizzicati di archi, proprio come se si trattasse di un'aria operistica, e ricorda gli adagi dei due Concerti per pianoforte e orchestra dello stesso autore. L'ultimo movimento ha la scorrevolezza e il dinamismo del rondò a tre ritornelli; il tema è variato e ingigantito da una scrittura che lo rallenta progressivamente, provocandone un accrescimento dell'intensità emotiva verso la luminosa conclusione. Un musicologo italiano e studioso di Chopin, Ippolito Valetta (1848-1911), ha voluto riscontrare in questo Presto ma non tanto gli accenti di una "chanson a boire" fresca e spigliata, di spumeggiante allegria.

Ennio Melchiorre

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Composta nel 1844, la Terza Sonata appartiene all'ultimo periodo della creatività di Chopin ed è valutata in modo molto disparato: molti la considerano infatti meno originale e ispirata degli altri capolavori di quegli anni, mentre per alcuni è tra le più grandi creazioni chopiniane.

L'Allegro maestoso iniziale porta il personalissimo trattamento della forma-sonata anche più in là di quel che Chopin aveva fatto nel corrispondente movimento della Seconda Sonata. Qui l'elemento di gran lunga più importante è il lirico secondo tema, dal carattere quasi di Notturno, che si estende per ben cinquanta battute, mettendo in ombra il primo tema, accordale, che viene poi del tutto omesso nella ripresa.

Lo Scherzo (Molto vivace) è un moto perpetuo a velocità mozzafiato, che fornisce al pianista un mezzo ideale per far valere il proprio virtuosismo. Al suo centro s'apre un Trio nettamente contrastante, dall'andamento disteso e cullante.

Il successivo Largo conduce l'ascoltatore in un mondo completamente diverso. È un pezzo in forma ternaria: la melodia profonda e spirituale delle due sezioni esterne cede il passo nella sezione centrale ad un'ampia meditazione su un tema formato da sequenze di crome ondeggianti. Come sempre in Chopin, una speciale attenzione va prestata all'armonia: si noti in particolare l'iridescenza cromatica dei due passaggi in cui il tema principale si avvia verso la tonalità di si maggiore.

In contrasto col Largo, il Finale (Presto non tanto) è vigoroso e atletico. La forma ricorda un rondò, ma si allontana in più punti dallo schema classico: otto battute di turgidi accordi introducono a un maestoso e spavaldo tema da ballata, che costituisce il materiale melodico principale di questo movimento e s'alterna con un brillante motivo di carattere non tematico. La coda porta alla tonalità di si maggiore, per una conclusione positiva e trionfante, così lontana dal tono prostrato e malaticcio che nella mente di molti si accompagna indissolubilmente alla musica di Chopin.

Mauro Mariani

Guida all'ascolto 4 (nota 4)

Chopin scrisse tre Sonate per pianoforte: la prima «in do minore, op. 4» pubblicata, solamente, dopo la morte del compositore, ma posseduta dall'editore viennese Haslinger fin dal lontano 1828; la seconda, «in si bemolle minore, op. 35», scritta a Nohant, nel castello di proprietà di Georges Sand, nell'estate del 1839; la terza, la «Sonata in si minore, op. 58», pubblicata nel 1845 e dedicata alla contessa di Perthuis, consorte dell'aiutante di campo del re Luigi Filippo, grande ammiratrice del musicista polacco. Il primo tempo della Sonata (Allegro maestoso) esplode con l'attacco risoluto di un gruppo di semicrome che imprimono all'introduzione un carattere decisamente dinamico, che si acquieta, subito dopo, in una sonorità più calma senza che la natura del movimento iniziale venga deformata. Il secondo tempo, espresso in una sonorità dall'inflessione mollemente melodica, s'immerge in quell'albore stregato tipico di Chopin dove il sogno, l'abbandono, la nostalgia, la tristezza tessono i loro filamenti in un'atmosfera svaporante, sul sostegno di un accompagnamento flessibilissimo. Dopo un lungo sviluppo (in cui Chopin ha dimostrato, pienamente, la sua capacità di comprimere, nel quadro d'una architettura esatta e, deduttivamente, precisa, l'essenza della sua ispirazione) il tempo si conclude in un crescendo, percorso da bagliori di fervido entusiasmo. A immateriale leggerezza, è improntato l'inizio del secondo movimento, lo «Scherzo», che ha potuto suggerire ad un celebre esecutore-critico l'impressione dell'assalto canoro d'uno stormo di allodole alla volta celeste. All'agile sventagliare di rapide note succedono armonie più ombrose e più segretamente calme, creando, per contrasto, una zona di raccolta concentrazione, ben presto fugata dall'alata riapparizione dell'attacco iniziale. Dopo quattro misure, ferocemente martellate, esprimenti una tragicità incombente, il «Largo» si distende in una cantilena dove geme l'essenza del più puro sogno chopiniano, corso, a tratti, da trasalimenti, inflessioni e sussulti di malinconia, in cui convergono gli elementi più imponderabili della réverie romantica: rimpianti di amori svaniti, nostalgia per la patria lontana, presentimento divinatore di una fine imminente e, ancora, riposto scontento trivellante l'animo con l'ostinazione di un indomabile tarlo.

Per il terso cristallo della sua purezza, per la durata del suo arco melodico, per il suo genuino fremito poetico, il «Largo» dì questa Sonata si lega, come è stato detto, per consanguinea parentela, ai tempi lenti dei due Concerti per pianoforte e orchestra dello stesso Chopin. Il finale (Presto non tanto) della Sonata sembra essere stato concepito espressamente per confutare le argomentazioni di coloro che in Chopin hanno visto solamente un'anima malata. Risoluzione, impeto, ardore, espressi musicalmente in un dinamismo senza requie dominano, invece, in quest'ultimo tempo della sonata. La febbre energetica che percorre questo tempo è tale che non trova parallelo alcuno né in Mozart, né in Haydn, né (ed è tutto dire) nella stessa dinamica beethoveniana. Nel fluire del tempo l'impeto, ad un certo punto, sembra quasi sminuire; ma è solamente un accorgimento, un momento d'intenzionale calma dalla cui soglia si riscatena l'irruenza selvaggia, ormai ridotta alla nudità di un ossessivo martellamento di bassi, generatore inesausto di vitalità travolgente, quale figurazione sonora dell'ardore patriottico di Chopin, certo della resurrezione dall'annientamento della sua patria martirizzata.

Vincenzo De Rito


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 131 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 30 Ottobre 1992
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 26 ottobre 1995
(4) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Palazzo dei congressi, 11 maggio 1974


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 10 gennaio 2020