Scherzo n. 2 in si bemolle minore per pianoforte, op. 31, BI 111, CI 198


Musica: Fryderyk Chopin (1810 - 1849)
Organico: pianoforte
Composizione: Primavera - Estate 1837
Edizione: Schlesinger, Parigi, 1837
Dedica: contessa Adèle de Fürstenstein
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Opera tra le più straordinarie partorite dal genio di Chopin, lo Scherzo in si bemolle minore op. 31 si apre (sezione A) con un contrastante «botta e risposta» tra il pianissimo di fugaci arpeggi terzinati e il fortissimo di perentori stacchi accordali; un'inquietudine, quella iniziale, che si stempera in un saliscendi di scale che conduce a un canto dolce e appassionato in modo maggiore.

Nella seconda parte (B) Chopin porta alle estreme conseguenze una concezione dell'andamento ritmico che non si limita alla regolare scansione degli accenti, ma che diviene flusso di energia palpitante in continua mutazione. L'inizio è dunque statico, con pochi accordi che sostengono una sobria melodia mossa nel registro centrale, la trama musicale sembra animarsi leggermente lasciando presagire l'arrivo di qualcosa di nuovo, per tornare poi sui suoi passi, cioè allo spunto iniziale, riuscendo poi, con il secondo tentativo, a liberarsi in una struggente melodia in modo minore. Dopo una rapida modulazione al modo maggiore, Chopin scioglie ulteriormente il discorso musicale in un flusso leggero e rapidissimo della mano destra sotto il quale si distinguono le marcate scansioni del basso.

Ma non è finita, dopo il ritornello di tutta questa parte (B) vi è una sorta di Sviluppo che contiene elementi di entrambe le sezioni (A B). Inizialmente vi è un prolungamento del precedente flusso di arpeggi che porta a una travolgente ripresa del tema cantabile di B con indicazione Agitato. Vengono poi ripresi alcuni elementi di A che lievitano in un concitato e turbolento crescendo portando a un'ulteriore ripresa del cantabile di B, in un infuocato fortissimo che si stempera attraverso un'ostinata ripetizione degli incisi conclusivi fino a spegnersi del tutto.

La ripresa di A da capo e una vigorosa coda conclusiva completano infine la composizione.

Carlo Franceschi de Marchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

II nome e la fama universale di Chopin sono legati indissolubilmente alle composizioni per il pianoforte. Si tratta di settantaquattro opere numerate, più dodici senza numero d'opera, e comprendono: i due concerti con orchestra, op. 11 in mi minore e op. 21 in fa minore, e ancora con orchestra le Variazioni op. 2 sul duetto "La ci darem la mano" dal "Don Giovanni" di Mozart, il Rondò da concerto "Krakowiak" op. 14 e l'Andante spianato e Grande Polacca brillante op. 22. Inoltre, tre sonate, fra cui l'op. 35 dove figura la celeberrima Marcia funebre; quattro Ballate; sedici Polacche; cinquantanove Mazurke; ventisei Preludi; ventuno Notturni; venti Valzer; un Bolero; una Tarantella; una Berceuse; tre Ecossaises; la Polacca-Fantasia op. 61, un vero poema di larga e complessa articolazione; cinque Rondò; quattro Scherzi; tre Variazioni; ventisette Studi (i dodici dell'op. 10, i dodici dell'op. 25, i tre composti per la grande Méthode des méthodes di Moscheles e Fétis), il Trio con pianoforte op. 8 e pochi altri pezzi anche con violoncello.

Paragonata all'eredità di un Mozart o di uno Schubert, la produzione chopiniana è ben piccola cosa sotto il profilo della quantità, ma è innegabile l'enorme valore musicale, estetico, filosofico e umano del pianismo personalissimo e senza confronti di questo artista, che ha sintetizzato in sé le caratteristiche salienti e il clima spirituale di un'epoca che fu dei romantici e di Leopardi, raggiungendo spesso con poche figurazioni melodiche, nel contesto di un discorso armonico e ritmico di raffinata calibratura, le vette più alte della poesia, di quella del "fiore azzurro", secondo la definizione del Novalis, la quale esprime la speciale disposizione del cuore umano a sentirsi felice tanto nella tristezza quanto nel godimento, tanto nel sogno quanto nella realtà. «Lo stile del suo suono è come quello delle sue opere, unico»: così disse Schumann dopo aver ascoltato Chopin in un recital a Lipsia; infatti nessun altro musicista meglio del grande compositore e interprete polacco ha saputo realizzare una unità tanto perfetta tra tecnica ed espressione artistica, fra sentimento e intelligenza, fra immaginazione e riflessione, pur condannato dalla natura alle più angosciose sofferenze fisiche che lo condussero alla morte a soli 39 anni, nella notte del 17 ottobre 1849, pianto sinceramente dai migliori ingegni della cultura e dell'arte europea di quel tempo.

Chopin scrisse quattro Scherzi in tonalità diverse (in si minore op. 20; in si bemolle minore op. 31; in do diesis minore op. 39; in mi maggiore op. 54) che non si richiamano affatto agli analoghi tempi inseriti nelle Sonate e nelle Sinfonie beethoveniane, ma riflettono un tipo di composizione dalla fisionomia tutta particolare, dove la fantasia dispiega la propria libertà di espressione nei modi e nelle forme più opportune. Secondo l'opinione di qualche critico autorevole, come il polacco Jachimecki, gli Scherzi presenterebbero alcune analogie stilistiche e formali con le Ballate per quel carattere rapsodico e dai sentimenti contrastanti che caratterizza questa "forma" pianistica chopiniana. Il fatto si è che, all'infuori delle Mazurke, delle Polacche e dei Valzer ispirati a procedimenti narrativi ben precisi, l'intera opera di Chopin non può essere incasellata e circoscritta sotto questa o quella etichetta, perché certe strutture e certe soluzioni linguistiche e armoniche si ritrovano con identica chiarezza e a volte con le stesse figurazioni sia negli Studi che nelle Ballate e negli Scherzi.

Lo Scherzo in si bemolle minore op. 31 fu composto nel 1837 e dedicato a mademoiselle la Comtesse Adèle de Furstenstein: è tra le pagine più popolari di Chopin e lo stesso Schumann ne parlò subito in termini esaltanti, paragonandolo ad una poesia di Byron per la tenerezza e l'arditezza del suo linguaggio musicale. È formato da un Presto, articolato in due episodi: il primo slanciato e appassionato e il secondo cantabile e ben ritmato, nello spirito del valzer. Nell'evoluzione stilistica di Chopin lo Scherzo op. 31 rappresenta un momento di approfondimento del materiale tematico entro uno schema di equilibrato classicismo. Dal punto di vista espressivo lo Scherzo è sereno e brillante; forse riflette lo stato d'animo del musicista che in quel periodo pensava di sposare Maria Wodzinska, alla quale dedicherà poi il famoso Valzer dell'addio in la bemolle maggiore. Sarà il padre di Maria a negare il consenso a questo matrimonio, forse in considerazione delle precarie condizioni di salute del grande artista polacco.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Più o meno a meta tra i Notturni op. 15 e i Notturni op. 55 si colloca lo Scherzo in si bemolle minore op. 31, composto tra la primavera e l'estate dei 1837 e pubblicato alla fine di quell'anno con dedica alla contessa Adele de Fürstenstein, un'altra allieva di Chopin. Si tratta del secondo lavoro del genere composto da Chopin dopo quello in si minore op. 20, scritto alla fine del 1830 ma pubblicato solo nel marzo dei 1835.

Corne già nel caso dei Notturni, anche con gli Scherzi Chopin si riallaccia a un modello codificato, finendo perô per trasfigurarlo creando un genere dei tutto nuovo. Il modello è quello elaborato da Beethoven in campo sinfonico e sonatistico: un movimento in tempo ternario, di andamento molto veloce, articolato in tre sezioni (Scherzo-Trio-Ripresa), dai terni brevi e incisivi, caratterizzato da notevoli contrasti dinamici, dal ruolo importante giocato dalle pause, dai frequenti e repentini spostamenti tra il registro grave e quello acuto. A questo modello Chopin si attiene più fedelmente solo nelle composizioni sonatistiche, ma nel comporre i suoi Quattro Scherzi, tra il 1830 e il 1842, va gradualmente sperimentando nuove vie.

Il Secondo Scherzo rappresenta a questo proposito una tappa fondamentale, perché a partire da questo lavoro Chopin abbandona la rigida struttura in tre sezioni che non lo aveva pienamente soddisfatto in un brano ampio e dai violenti contrasti come il Primo Scherzo, fondendola con una concezione strofica e con l'idea di sviluppo tipica della forma-sonata. Pagina notissima e molto amata dal pubblico, lo Scherzo in si bemolle minore si présenta cosî assai più ricco e complesso del Primo, suddiviso in quattro sezioni principali: la prima, basata su due temi: interrogativo e poi drammatico il primo (in si bemolle minore), intensamente cantabile il secondo (in re bemolle maggiore); dopo la ripetizione della prima parte, segue la seconda, anch'essa basata su due temi: quasi un corale il primo (in la maggiore), una sorta di valzer lento e triste (in do diesis minore) che si va animando in una malinconica girandola (in mi maggiore) conclusiva; dopo aver ripetuto anche la seconda sezione, Chopin introduce una terza sezione in cui il tema in do diesis minore viene ripreso e sviluppato in un clima di crescente tensione che dopo aver raggiunto il suo massimo si va smorzando gradualmente; dopo un attimo di sospensione, prende il via la quarta sezione, in cui, dopo la ripresa dei primi due temi, una drammatica Coda pone tempestosamente fine a questo straordinario Scherzo.

Questo è solo lo scheletro di un brano di formidabile tensione emotiva, il cui «cielo d'inchiostro» - per dirla con Jankélévitch - è solcato continuamente da «lampi da fine dei mondo». In esso, infatti, anche le poeticissime isole di lirismo sono funestate da un perenne senso di tragedia. «L'impulso che trascina la musica di Chopin - scrive ancora Jankélévitch - è dunque, più che un vero dinamismo, una spinta a tergo. Non conosce, questa musica, l'attrattiva della speranza; non è aspirata in avanti verso l'avvenire, né sollevata verso le altezze; non ha un fine nell'ideale, né in una teologia intelligente: il suo slancio non è in lei, ma le è trasmesso da una forza trascendente e fatale; essa subisce, aile spalle, la forza cieca dei destino».

Carlo Cavalletti


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 131 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 10 Novembre 1989
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 12 maggio 1995


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Ultimo aggiornamento 16 novembre 2014