A csodálatos mandarin (Il mandarino miracoloso), BB 82, SZ 73

Pantomima in un atto

Musica: Béla Bartók (1881 - 1945)
Sceneggiatura: Ményhért Lengyel e propria

Organico: 3 flauti (2 e 3 anche ottavino), 3 oboi (3 anche corno inglese), 3 clarinetti, (2 anche clarinetto piccolo e 3 anche clarinetto basso ), 3 fagotti (2 e 3 anche controfagotto), 4 corni (2 e 4 anche tuba wagneriana), 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, tamburo, tamburo piccolo, grancassa, piatti, triangolo, tam-tam, xylofono, celesta, arpa, pianoforte, organo, archi
Composizione: 14 settembre 1918 - agosto 1919
Prima esecuzione: Colonia, Stadttheater, 27 novembre 1926
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1925
Argomento

Tre malfattori costringono una ragazza ad attirare uomini che possano derubare. La prima vittima è un vecchio cavaliere che viene subito cacciato via perché non ha soldi. Il secondo è un timido giovane dal quale la ragazza si sente attratta. Ma ciò non corrisponde ai propositi dei malfattori che aspettano una vittima ricca; perciò gettano il giovane in un canale. Passa il mandarino, un uomo ripugnante dall'aspetto terrificante che ha solo vissuto per accumulare ricchezze. Per stimolare i suoi istinti la ragazza balla con un erotismo forzato per cadere infine esanime al suolo. Mentre il mandarino si butta su di lei, i malfattori gli rubano una valigia piena d'oro. Quindi vogliono liberare la ragazza ma il Mandarino oppone una resistenza così violenta che i malfattori decidono di soffocarlo sotto una coperta. Ma il Mandarino che non ha mai veramente vissuto ora è condannato a non poter morire. Anche un colpo di pugnale non pone fine alla sua vita. Allora i malfattori lo impiccano, ma l'amore è più forte della morte. Il Mandarino continua a muoversi e la ragazza, mossa dalla pietà, lo libera. I malfattori terrorizzati dalla forza sovrannaturale del mandarino, sono fuggiti. Finalmente il Mandarino può abbracciare la ragazza. Nel momento in cui ritrova la vera vita, trova anche la liberazione nella morte.
Guida all'ascolto (nota 1)

Béla Bartók ha composto la musica per «Il Mandarino meraviglioso» nel 1918-1919 ispirandosi ad un racconto di Melchior Lengyel che redasse quindi il libretto originariamente inteso come soggetto di una pantomima. La musica è nata sotto il segno dell'espressionismo. Bartók intravide persino in questo tetro argomento i segreti della natura ai quali egli aveva sempre rivolto i suoi interessi.

Il 28 novembre 1926 la pantomima venne rappresentata in forma integrale all'Opera di Colonia. Fu uno scandalo. La pantomima venne definita «scandalosamente oscena, insopportabilmente macabra», la musica «un'orgia di rumori che dà ai nervi». Immediatamente dopo la prima l'allora sindaco di Colonia Konrad Adenauer proibì ogni altra rappresentazione su richiesta del Partito Centrista. Nei successivi sedici anni nessun teatro del mondo ebbe il coraggio di mettere in scena «Il Mandarino meraviglioso». In alcuni luoghi l'opera venne proibita dalle autorità come avvenne, ad esempio, perfino a Budapest dove non poteva essere rappresentata a causa del libretto. La musica invece a poco a poco si impose, fu compresa e ammirata. Bartók aveva tratto dalla partitura completa del «Mandarino» una suite che finì per conquistare le sale da concerto.

In quel periodo Aurelio M. Millóss, allora soltanto ballerino, era sempre in cerca di ruoli interessanti. Ascoltando la musica di Bartók ne rimase subito affascinato, come pure dalla vicenda drammatica. «Il Mandarino meraviglioso» finì per avere un ruolo essenziale nella vita di Milloss. Leggiamo nelle parole dello stesso coreografo la storia autentica di come si trasformò la pantomima «Il Mandarino meraviglioso» in un dramma coreografico.

«Devo confessare che ciò che più mi colpì nel "Mandarino", era la musica, l'argomento, proprio a causa della concezione musicale di Bartók, mi si presentò invece completamente diverso da come era descritto nel libretto. Ciò anche malgrado la precisa aderenza della musica ai singoli momenti dell'azione scenica. Ho subito avvertito la profondità e la verità dell'espressione musicale. Nella trama Bartók doveva aver intuito più di quello che un primo sguardo sullo svolgimento esteriore poteva suggerire. Ovviamente Bartók vi ha visto fenomeni che affondano le loro radici nei più remoti segreti del destino umano. Certamente sono stati questi motivi vigorosi che l'hanno ispirato e che lui intendeva esprimere nella musica, e così ha finito col mettere in primo piano le forze motrici nascoste nei segreti dell'azione. Tutto ciò mi affascinava e mi incitava a dare una adeguata forma scenica all'opera. Mi sembrava indispensabile rivalutare l'impianto librettistico secondo il prisma dei summenzionati criteri musicali.

Questo mio lavoro di analisi mi portò infallibilmente a concepire i personaggi diversamente da come appaiono nel libretto della pantomima. In primo luogo mi sembrava assurdo che un potente personaggio cinese si facesse uccidere per una prostituta tre volte senza poter trovare la morte. Era perciò inconcepibile interpretare il Mandarino come un uomo sano senza problemi, tutto d'un pezzo. Doveva avere i suoi segreti e vi dovevano essere ragioni ben precise per cui tutto ciò che succedeva nel libretto potesse accadergli. Inoltre mi accorsi che Bartók suggeriva nella musica, ancor prima che il sipario si alzasse, i rumori della grande città, impressione questa che venne mantenuta anche in seguito. Perciò non poteva trattarsi del destino di un singolo individuo isolato in una stanza, ma certamente di un dramma generale e riferibile ad un aspetto tipico della grande città.

«Per poter giustificare questo significato più vasto della figura del Mandarino e rendere palese il senso di un dramma tipico della grande città, anche la figura della ragazza e il suo destino dovevano trovare una corrispondente prospettiva».

Erano questi i pensieri di Milloss verso la fine degli anni venti. Allora ballerino non trovava ancora possibilità di lavorare, come era suo desiderio, anche come coreografo. La realizzazione delle sue idee sul «Mandarino meraviglioso» doveva dunque aspettare. Milloss iniziò la sua carriera di coreografo nel 1932, ma nei primi anni non trovò alcun teatro che fosse disposto a rappresentare «Il Mandarino meraviglioso». Oggi possiamo dire per fortuna, perché così, prima ancora che nascesse il nuovo Mandarino, avvenne l'incontro decisivo con Béla Bartók. Dei molti colloqui avuti col musicista, Milloss ci racconta: «Negli anni 1936-1938 Budapest era il centro della mia attività. Un contattò con Bartók fu presto stabilito, e mi sentii subito ìntimamente attratto dal suo mondo spirituale. Le nostre conversazioni su "Il Mandarino meraviglioso" furono tanto più spontanee quanto la mia concezione trovava una conferma da parte di Bartók. Ora si trattava soltanto di portare avanti il lavoro.

Bartók disse, misconoscendo con troppa autocritica la situazione: — "Non è vero che il Mandarino è stato proibito sempre solo a causa del libretto apparentemente osceno — non piace la mia musica!" — lo gli feci l'elenco dei suoi successi per sottolineare che il noto divieto veramente si riferiva solo al libretto. Allora Bartók — "Non è possibile. Gli uomini non possono sopportare la verità? Sono cose che succedono nella natura! — Convinsi Bartók che l'errore stava nel sottotitolo dell'opera e che il giudizio erroneo era nato dalla prima assoluta in forma di pantomima. Sostenevo dunque che il Mandarino non era una pantomima, ma un dramma coreografico. Bartók andò al pianoforte per suonare alcuni passi dell'opera domandandomi: — "E come si fa a ballare su questa musica?" — Subito glielo mostrai improvvisando. Bartók suonò altri brani ed io ballavo. Infine Bartók concluse: — "È vero, la danza rende visibili le forze motrici che stanno nel profondo".

Feci alcune altre proposte a Bartók. All'entrata del Mandarino la musica suggerisce la paura della ragazza. Perciò il Mandarino deve avere un aspetto terrificante, repulsivo, misterioso. Egli ha soppresso i suoi istinti, i suoi sensi perché pensava solo al potere e alla ricchezza, e così ha subito una metamorfosi kafkiana, una deformazione al non umano. La ragazza deve superare il proprio disgusto, la sua paura, per poter quindi fare ogni sforzo per svegliare i sensi del Mandarino. Appena svegliati i sensi è la vittoria dell'umano, della natura. Anche volendo ucciderlo, il Mandarino non morirebbe poiché la verità della natura, la vita, sono diventate in lui più forti della morte. Potrà trovare la liberazione della morte solo quando avrà soddisfatto i suoi sensi nelle braccia della ragazza.

Così la figura della ragazza adeguatamente acquistava un profilo. La vedevo come una povera creatura di cui i malfattori abusavano costringendola ad attirare le vittime, a fare la parte della prostituta, ma in verità non lo era. Dopo le vicissitudini con il vecchio cavaliere e con il giovane la ragazza è doppiamente spaventata alla vista del terrificante Mandarino. Saranno la bontà e il senso umano che infine la indurranno a togliere l'impiccato che non può morire. Superando ogni disgusto si abbandona a lui.

Questa interpretazione eleva il lavoro al di sopra del livello di una pura storia d'orrore. Ecco perché ho spostato l'azione da una stanza chiusa in un angolo triste e abbandonato di una grande città, dove il Mandarino passa solo per caso. Il caso fa da destino, restituendo alla natura i suoi diritti.

In tal modo l'opera acquistava inoltre una dimensione morale. Questa circostanza convinse Bartók, che aveva del resto già dato il suo consenso alle mie idee, completamente».

Ma al coreografo Milloss mancava sempre il teatro. C'era la speranza di una esecuzione in un teatro privato di Budapest, ma prima Milloss dovette comporre la coreografia per il «Mandarino» con alcuni ballerini liberi nel suo studio privato. Il primo compito era di sviluppare la danza dagli impulsi psicologici che determinano gli eventi. Inoltre nell'interpretare la musica, gesti tipici dell'espressionismo dovevano essere resi visibili, sì, ma anche nello stesso tempo superati. La rappresentazione programmata per il teatro privato però non poteva aver luogo per motivi finanziari e politici. Milloss non perdette mai la fiducia di poter rappresentare l'opera in qualche luogo. Nei corso degli eventi della seconda guerra mondiale Milloss si ritrovò in Italia e Bartók negli Stati Uniti. Milloss lavorava come coreografo a Napoli, Roma e Firenze. Quindi venne invitato per una stagione di opere contemporanee alla Scala, ed ivi avvenne il 12 ottobre 1942 la prima assoluta del coreodramma «Il Mandarino meraviglioso» con grande successo di pubblico e di critica.

Bartók non ne sapeva nulla. Nel 1945, dopo la morte di Bartók, Milloss presentò l'opera anche a Roma, e fu solo dopo l'edizione romana che anche altri coreografi crearono versioni proprie. Milloss ha presentato il «Mandarino» inoltre a Rio de Janeiro (1954), San Paolo (1955), Firenze (1957 e 1964 al Maggio Musicale espressionista) e nel 1962 su invito di Oscar Fritz Schuh a Colonia dove l'opera venne data in una sola stagione 24 volte in teatri sempre esauriti. L'ultima realizzazione della sua versione di questo balletto drammatico è stata presentata da Milloss nell'autunno del 1972 all'Opera di Stato di Vienna.

Lothar Knessl


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 15 giugno 1974


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Ultimo aggiornamento 11 novembre 2019