Ouverture dell'Oberon


Musica: Carl Maria von Weber (1786 - 1826)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani e archi
Composizione: Dresda, 10 aprile 1825 - Londra, 10 aprile 1826
Prima esecuzione: Londra, Covent Garden, 12 aprile 1826
Edizione: Welsh & Haves, Londra, 1826
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Oberon (Londra, Covent Garden, 12 aprile 1826) è l'ultima opera di Carl Maria von Weber, che morì di tisi meno di due mesi dopo la prima rappresentazione, il 5 giugno, quando non aveva ancora compiuto i quaranta anni. L'invito del Covent Garden fu per lui, dunque, l'ultimo riconoscimento della sua fama che, già solida in Germania e in Austria (soprattutto per l'enorme successo popolare del Freischütz, Il franco cacciatore, 1821), aveva ormai varcato i confini nazionali. E il successo trionfale dell'Oberon, coronandone la gloria gli consolò gli ultimi, dolorosissimi giorni di vita.

Dopo la sua morte la fama si trasformò in giusta celebrazione di colui che era stato il primo musicista veramente romantico, fondatore dell'opera nazionale tedesca. Come tale lo esaltarono Mendelssohn, Schumann, Berlioz (che tradusse in francese il Freischütz e ne musicò i dialoghi parlati per le rappresentazioni all'Opera di Parigi) e soprattutto lo esaltò Wagner. Questi di Weber aveva un ricordo commosso e incancellabile, di quando a Dresda egli, bambinetto, aspettava sveglio nella sua stanza di sentire dalla strada i passi del grande musicista che a notte alta tornava a casa dal Teatro dell'Opera (dal 1817 Weber era lì secondo Kapellmeister - alle dipendenze dell'italiano Morlacchi!). Poi nel 1844 Wagner, direttore ormai egli stesso dell'Opera di Dresda, insistette perché le ceneri di Weber tornassero da Londra in patria e nella solenne occasione della cerimonia di sepoltura pronunciò uno splendido discorso in onore dell'artista, dei valori che egli aveva incarnato e della nuova arte musicale della Germania.

Sui valori che Wagner magnificava e sul carattere delle opere di Weber occorre qualche chiarimento. Perché, ci chiediamo noi oggi, tutti allora, i musicisti, i poeti, gli intellettuali, sentivano e affermavano che Weber era il primo operista tedesco, anche se da anni e decenni i teatri della Germania e dell'Austria avevano in repertorio la Entführung (Il ratto dal serraglio), la Zauberflöte (Il flauto magico), il Fidelio, e anche, di minore ma non trascurabile significato, il Faust di Spohr e Undine di E.T.A. Hoffmann? La risposta, o almeno una sua parte, sta nella coscienza che Weber aveva della nuova cultura romantica e dunque dell'identificazione, che per primo egli sentì in sé e sostenne negli scritti e nell'azione con polemica energia (Weber seppe essere un polemista anche aspro e, del resto, l'identificazione era inoppugnabile), tra spirito nazionale tedesco e romanticismo. Dunque, Freischütz, 1821, Euryanthe, 1823, Oberon, 1826, le sue tre maggiori, non furono certo le prime opere in tedesco, ma furono le prime espressioni consapevoli e compiute di un nuovo spirito anticosmopolita (soprattutto antiedonistico e antitaliano) e di nuovi ideali estetici ed etici, che Weber aveva assimilato dalla letteratura e dalla filosofia. Tra l'illuminismo e l'umanesimo ottimista di Mozart e anche del Fidelio da una parte e Weber dall'altra ci sono le favole dei Grimm, i racconti di Brentano, le ballate e le canzoni popolari tedesche raccolte da Arnim e da Brentano, la letteratura fantastica e sentimentale, insomma, che aveva cambiato le inclinazioni e le attese di tutti, i colti e i semplici. In Weber, che conosceva e amava queste meraviglie poetiche, impulso creativo, emozioni letterarie e convinzioni culturali facevano tutt'uno e, in un certo senso, quello nasceva da queste, senza poi esserne affatto costretto. Cioè, l'idea musicale prendeva forma, ma forma solo musicale, appunto, nell'entusiasmo letterario romantico che sapeva sollecitarla all'invenzione di mezzi linguistici per allora inauditi: il prodigioso colorismo strumentale, le immagini sonore di paesaggi idillici o tempestosi, il senso profondo del fantastico, del magico, del demoniaco, ma anche il trasparente lirismo sentimentale e l'esaltazione eroica e guerresca, infine la trasfigurazione di melodie popolari.

Questi caratteri specifici sono evidenti nelle ouvertures dei tre drammi musicali, tutte di concezione formale simile, poiché espongono i temi principali delle opere in un'organizzazione dialettico-sinfonica rigorosa. Tuttavia la solidità costruttiva non intralcia un dinamismo narrativo così fervido che queste ouvertures ci suonano come poemi sinfonici. Il libretto dell'Oberon, tratto dal meraviglioso poema cavalleresco di Wieland (con modifiche non felici dell'autore del libretto, l'archeologo inglese e letterato dilettante James Robinson Planché, 1796-1880), mette in scena due coppie di innamorati, gli shakespeariani Oberon con Titania, litigiosi principi degli spiriti, e Hüon di Bordeaux, cavaliere di Carlo Magno, con Rezia, figlia del califfo di Bagdad (Hüon e Rezia sono una singolare coppia di innamorati perché si amano senza conoscersi, essendosi incontrati solo in sogno!). Tra equivoci, tempeste, disavventure, sortilegi si raggiunge un lieto fine.

Tre note del corno (re, mi, fa diesis), nude e solenni, ripetute due volte, avviano la musica: è il suono del corno fatato di Oberon, che ascolteremo più volte nel corso dell'opera. Al doppio richiamo risponde un lieve bagliore notturno (flauti e clarinetti, poi arpeggi di violini), come un volo rapido di spiritelli, che quasi si sovrappone a un suono lontano di trombe, corni, fagotti. Il mondo delle fate e quello dei cavalieri, cioè la sostanza simbolica e drammatica della vicenda, sono immediatamente a confronto, tra sogno e realtà («Adagio sostenuto ed il tutto pianissimo possibile», dice l'indicazione del musicista, in italiano stentato). Poi con un'ammirevole transizione, armonicamente audace, si giunge alla prima sezione dell'ouverture, «Allegro con fuoco», un magnifico tema impetuoso nella tonalità principale di re maggiore. Questo è il mondo delle avventure e delle tempeste, che trascolora, modulando a la maggiore, nell'interiorità di sogni e sospiri. È la celebre, sublime, melodia del clarinetto, ripresa subito dai violini, interpuntata da un secondo tema, agile e anelante, che sarà il tema principale della grande aria di Rezia. Nello sviluppo sinfonico, poi, tutti e tre i temi si alternano e si sovrappongono drammaticamente, fino alla maestosa espansione finale del tema di Rezia, in un trionfale re maggiore.

Franco Serpa

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Sul finire dell'estate del 1824 Weber, già malato e inattivo da molto tempo, ricevette un invito dal Covent Garden di Londra. Charles Kemble, il direttore, gli proponeva di comporre un'opera per il suo teatro: Weber avrebbe diretto egli stesso la rappresentazione del nuovo lavoro, oltre a riprendere il Franco cacciatore e Preciosa. Dopo qualche esitazione, l'accordo fu stipulato: Weber ebbe libertà di scelta per il libretto, che fu tratto dall'Oberon, un poema in ottave di Christoph Martin Wieland, su un soggetto fantastico e cavalleresco già alla base di Huon de Bordeaux, un poema medioevale francese. Autore del libretto sarebbe stato un giovane poeta inglese, James Robinson Planché: il 18 gennaio 1825 Weber riceveva i primi due atti, e si poneva con entusiasmo al lavoro. Rallentata spesso dalla cattiva salute del musicista, la composizione procede tuttavia felicemente: il 16 febbraio 1826 Weber si imbarcava per Londra, portando con sé la partitura completa tranne che per l'Ouverture. Il soggiorno fu intenso di lavoro: le prove della nuova opera (e la composizone dell'Ouverture), gli altri spettacoli, una serie di dodici concerti da dirigere; Weber ne trasse grandi soddisfazioni, specialmente alla prima dell'Oberon, il 12 aprile: al suo ingresso in orchestra, il musicista fu accolto da un'ovazione di oltre un quarto d'ora, fu costretto a dare il bis dell'Ouverture e vide applauditi con entusiasmo tutti i pezzi, al punto che fu difficile arrivare in fondo alla rappresentazione. Un trionfo: ma lo sforzo era stato troppo grande, e Weber non lo resse: meno di due mesi dopo, senza aver potuto far ritorno in patria, Weber moriva.

Il soggetto dell'Oberon si riconduceva alla vena del Romanticismo fantastico cara a Weber, che da quella aveva tratto la linfa per la riforma, più che altro dal punto di vista spirituale e espressivo che non da quello strettamente linguistico, del teatro musicale tedesco; tinta però, in questo caso, di un ottimismo e di una trasparenza abbastanza lontani dal clima drammatico e diabolico del Franco cacciatore, e che trovavano realizzazione in musica alternando agli episodi recitati secondo l'uso del Singspiel una serie di grandi arie, spesso brillanti. La vicenda narra di Oberon, re delle fate, che dopo una lite con la regina Titania giura di rifiutarsi all'amore finché non abbia incontrato fra gli uomini una coppia che dimostri autentica fedeltà. Puck, il genietto che gli è devoto, gli indica il nobile duca Huon, cavaliere senza macchia e senza paura: a questi Oberon ordina di recarsi a Bagdad, dove dovrà entrare nel palazzo del califfo Harun al Rascid, uccidere la persona che troverà alla destra di lui e chiedere la mano di sua figlia Rezia. Huon e Rezia dovranno poi affrontare molti ostacoli e pericoli, ma la loro fedeltà saprà trionfare su tutto, grazie anche al corno magico che Oberon ha donato al Duca.

L'Ouverture di Oberon, composta, come si è visto, per ultima, riassume in sé tutta la vicenda, le situazioni, i personaggi; e tuttavia respira la vita autonoma dei grandi capolavori sinfonici, quanto e più delle altre due grandi Ouvertures weberiane, quelle del Franco cacciatore e dell'Euryanthe, con le quali completa una triade di importanza capitale nella storia dell'Ouverture tedesca. La apre un'introduzione lenta, che presenta il tema del corno magico di Oberon, un breve motivo dei fiati che caratterizza le fate e il loro regno, un ritmo di marcia che tornerà nel finale dell'opera. La parte principale dell'Ouverture, in tempo vivace, è costruita in libera forma di sonata: il primo tema, esposto all'inizio del cambiamento di tempo, è quello del quartetto del secondo atto, quando Huon e Rezia si imbarcano verso la libertà; il secondo, presentato dal clarinetto, è il motivo d'amore di Huon. A questi si accompagnano altri tre motivi, quello dell'aria di Rezia del secondo atto («Ocean, thou mighty monster»), quello con il quale Puck evoca gli spiriti delle acque, e l'altro, ritmicamente affine, della tempesta che sarà la prova culminante affrontata dai due amanti. Tutto questo materiale tematico dà vita a un quadro di estrema varietà, all'insegna di una sfrenata inventiva fantastica, che trova espressione oltre che nel disegno suadente e fascinoso delle linee melodiche nelle magie di una strumentazione che apre alla tavolozza orchestrale del primo Ottocento gli orizzonti timbrici più inediti, inaugurando la sensibilità sonora di un Romanticismo fatato e aereo.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 5 giugno 1999
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino;
Firenze, Teatro Comunale, 27 settembre 1980


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Ultimo aggiornamento 5 novembre 2014