Sinfonia in si minore per archi e basso continuo "Al Santo Sepolcro", RV 169


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Adagio molto (si minore)
  2. Allegro ma poco (si miore)
Organico: archi, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Ricordi, Milano, 1947
Guida all'ascolto (nota 1)

È noto che fra la seconda metà del '600 e la prima parte del 700 la musica italiana assunse nei confronti dell'Europa quella leadership che nei secoli precedenti era stata un esclusivo appannaggio delle lettere umanistiche e delle arti figurative. Nell'ambito vocale ma ancor più nel campo strumentale si affermarono allora personalità creative tali da esercitare un'influenza significativa sulla musica di tutto il continente, specialmente sulla musica tedesca: valgano per tutti almeno due esempi, quello di Händel che si sentì in dovere di trasferirsi in Italia per perfezionare la sua formazione musicale, e quello di Bach che non esitò a copiare e trascrivere composizioni dell'età barocca italiana, in specie di Vivaldi.

Uno dei centri promotori più attivi della vita culturale del tempo in Italia, se non il principale, fu Venezia ove il gusto per la festa, con il divertimento, strettamente associato alla musica, derivava da origini lontane, sia dalla trasformazione nel volgere delle epoche delle antiche sacre rappresentazioni sia da manifestazioni popolari connesse alle vicende della storia cittadina o alla lunga stagione del carnevale. Per i veneziani l'uso di mascherarsi risaliva ai tempi della conquista del Levante e, col passare degli anni, quei mesi tra il finire dell'inverno e l'inizio della primavera segnavano l'apogeo di ogni genere di spettacolo, dalle regate nei canali alle giostre nei Campi, ai battelli festosamente ornati, alle gondole risonanti di canti, alle rappresentazioni liriche e drammatiche nei teatri dei palazzi.

Alludere alla civiltà musicale di Venezia a cavallo del 700 significa parlare del fasto della Cappella di San Marco, con gli strumenti uniti alle voci nella sublimazione della gloria divina, ma anche degli "spedali" dove la musica era base d'educazione per nobili fanciulle decadute o per orfani cantori; e significa pure accennare ai "dilettanti", cioè a quanti non professionisti per ragioni di censo, ma eccellenti musicisti, che solevano trasformare le loro dimore in autentici cenacoli d'arte. Quasi contemporaneo alla prima affermazione del melodramma fu l'avvio della grande stagione dell'opera strumentale che ha trovato nella pittura della scuola veneta del XVIII secolo la testimonianza più probante della presenza di complessi di musicanti nelle feste dei palazzi aristocratici e negli spettacoli all'aperto.

Della civiltà musicale veneziana del 700 la produzione di Antonio Vivaldi costituisce l'espressione più autentica e rappresentativa in tutti i generi compositivi, dalle Sonate alle Sinfonie, dai Concerti alle opere teatrali, dalle Cantate profane ai lavori vocali sacri.

Secondo un'abituale tradizione d'epoca, Vivaldi compose musiche in occasione di alcune festività del calendario liturgico. Se ne ha la puntuale conferma sfogliando qualche catalogo della produzione del "prete rosso" ove si annoverano titoli quanto mai emblematici di pagine composte per la "solennità di San Lorenzo" o per quella "della Santa Lingua di Sant'Antonio in Padova" o, ancora, per il "Natale" e l'"Assontione di Maria Vergine". In tale ambito si colloca la Sinfonia "Al Santo Sepolcro", scritta presumibilmente per la cappella della Pietà, e che è praticamente una Sonata a quattro con il medesimo titolo d'un lavoro cameristico.

A differenza di tantissimi altri lavori vivaldiani, non si ravvisa nella Sinfonia "Al Santo Sepolcro" alcuna particolare sottolineatura di "estro" o di "stravaganza", dal momento che la sua struttura si articola in due soli movimenti ed impiega un organico estremamente essenziale, con violini primi e secondi, viole e violoncelli raddoppiati dai contrabbassi. Lo spirito della composizione sembra mirato ad accrescere la carica espressiva d'una profonda meditazione della Passione di Cristo. Come ha attentamente rilevato Kolneder, Vivaldi ha fatto ricorso a una tecnica armonico-contrappuntistica che determina incontri d'una certa arditezza per l'epoca, cioè attorno alla seconda decade del 700. Si consideri al riguardo la tensione che caratterizza proprio l'avvio dell'Adagio molto: sul fa diesis dei violini secondi si inseriscono i violini primi ad un intervallo di seconda minore.

Da notare altresì il rifiuto del basso continuo: Vivaldi si premura di precisare "Senza Organi o Cembali", quasi a voler prendere le distanze da certi effetti di fascino sonoro che potevano generarsi dall'impiego del basso continuo come fattore propulsivo della discorsività musicale. Non per nulla in alcune stampe allegoriche settecentesche l'indicazione del continuo era a volte accompagnata dalla raffigurazione del diavolo.

Nella tonalità minore l'Adagio molto trascorre quasi compostamente dall'indicazione di piano a quella di pianissimo. Segue l'Allegro ma poco che si estrinseca essenzialmente in una doppia fuga marcata dalla sottolineatura del dramma di cui è permeata quest'opera sin dall'idea enunciata dai violini primi, e che si esplicita in una quarta discendente per moto cromatico, secondo una formula frequentemente adottata nel 700 a proposito del clima espressivo della Passione.

Luigi Bellingardi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 20 gennaio 2001


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Ultimo aggiornamento 26 novembre 2014