«L'inquietudine» RV 234 appartiene alla straordinaria serie di concerti per violino di Vivaldi concepiti come medaglioni di affetti, e nello specifico al gruppo risalente intorno al 1720 che comprende anche «Il sospetto» RV 199 e «Il riposo» RV 270 (un quarto concerto, «Il piacere» RV 180 sarà pubblicato nell'op. VIII del 1725).
Nell'«Inquietudine» appare impressionante la capacità di Vivaldi di evocare l'affetto in questione grazie a una gestualità compositiva concentrata, a un'estrema economia tematica e al princìpio della ripetizione melodica e ritmica. Tutto, insomma, concorre a imprimere al dettato musicale una tinta unitaria in funzione rappresentativa: l'accumulo di tensione emozionale prodotto dalla concitata e incessante pulsazione ritmica, la segmentazione e i continui cambi di direzione delle linee melodiche, le studiate asimmetrie della struttura sintattica.
La forma dell'Allegro molto con cui s'apre il concerto è assai concisa e, per così dire, compressa in una specie di tour de force. Il ritornello orchestrale, che si svolge interamente su pedali articolati di tonica e di dominante, è costituito da un movimento di arpeggi senza requie. Integrati con le figure e il movimento del ritornello sono i due episodi solistici la cui scrittura insiste sulla ravvicinata successione di ampi intervalli e salti di registro e su una condotta melodica frammentata e instabile. Il secondo episodio si ricollega all'attacco del primo, mentre tocca inopinatamente alla dinamica modulante del ritornello di chiusura il compimento della struttura tonale del brano. Assai concisa è anche la forma del Largo, dove una sezione orchestrale basata sulla ripetizione di figure in ritmo puntato e rapide volatine ascendenti e discendenti comprende una breve sortita cantabile del solista accompagnato dal ritmo puntato delle parti di violini e viola. Sia nella specificità dei motivi tematici sia nell'insieme, il Largo mostra una notevole affinità con i movimenti iniziali dei concerti intitolati «La notte» (RV 104/439 e RV 501); affinità tanto più significativa se si considera che questi ultimi sono tra i lavori vivaldiani più visionari, cupi e angoscianti. Le figure in ritmo puntato e gli arpeggi si ripresentano nel ritornello dell'Allegro finale che nel corso del movimento conosce un processo di arricchimento e di progressiva intensificazione ritmica. In particolare, il terzo ritornello è pressoché identico a una sezione orchestrale che s'incontra nella tempesta del finale dell'«Estate» RV 315, ma anche i tre episodi solistici sono connotati dalla gestualità virtuoslstica e dal moto perpetuo dì moduli figurali, arpeggi e scale propri di quella come delle altre tempeste vivaldiane. Dopo il crescendo virtuosistico dell'ultimo episodio conclude il Concerto il ritornello suggellato da una nuova sezione d'epilogo.
Cesare Fertonani