Gloria in re maggiore, RV 589

per soli, coro, tromba, oboe, archi e basso continuo

Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Gloria in excelsis Deo - Allegro (re maggiore)
    Coro e tutti gli strumenti
  2. Et in terra pax - Andante (si minore)
    Coro, archi e basso continuo
  3. Laudamus te - Allegro (solo maggiore)
    2 soprani, archi e basso continuo
  4. Gratias agimus tibi - Adagio (sol maggiore)
    Coro, archi e basso continuo
  5. Propter magnam gloriam - Allegro (mi minore)
    Coro, archi e basso continuo
  6. Domine Deus Rex celesti - Largo (do maggiore)
    Soprano, violino, oboe e basso continuo
  7. Domine Fili unigenite - Allegro (fa maggiore)
    Coro, archi e basso continuo
  8. Domine Deus - Adagio (re minore)
    Contralto, coro, archi e basso continuo
  9. Qui tollis peccata mundi - Adagio (do maggiore)
    Coro, archi e basso continuo
  10. Qui sedes ad dexteram Patris - Allegro (si minore)
    Contralto, archi e basso continuo
  11. Quoniam tu solus sanctus - ... (re maggiore)
    Coro, tromba, oboe, archi e basso continuo
  12. Cum Sancto Spiritu - Allegro (do maggiore)
    Coro, tromba, oboe, archi e basso continuo
Organico: 2 soprani, contralto, coro misto, tromba, oboe, archi, basso continuo
Composizione: Venezia, 9 settembre 1708
Edizione: inedito

Utilizza le introduzioni RV 637, 640 e 642
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nel 1713 Francesco Gasparini, "maestro di coro" all'Ospedale della Pietà di Venezia, ottiene licenza di assentarsi temporaneamente dalla città per tornare a Roma ad occuparsi di "premurosi affari della sua casa". Vivaldi, a quel tempo, operava già alla Pietà come "maestro, di strumenti" con l'incarico di insegnare alle "putte" il violino e la viola all'inglese. Fra i due incarichi vi era una sostanziale differenza: infatti mentre il "maestro di strumenti" aveva soprattutto una responsabilità di ordine didattico e non era tenuto a scrivere musica, il "maestro di coro" doveva soddisfare anche impegni di ordine artistico-compositivo.

Quando Gasparini, poco tempo dopo, comunicherà la sua intenzione di non ritornare più in laguna, i Governatori nomineranno come suo sostituto Pietro Scarpati ma decideranno anche di affidare a Vivaldi il compito di provvedere alla composizione di musiche liturgiche e Concerti. Nel giugno 1715 gli viene riconosciuto un compenso speciale di 50 ducati per aver i omposto: "una Messa intiera, un vespero, un oratorio, più di 30 mottetti ed altre fatiche".

Questa attività viene poi definitivamente ufficializzata nel 1716, quando il prete rosso ottiene il titolo di "maestro dei concerti" con il compito di scrivere lavori appositamente per le musiciste della Pietà. A quell'anno risalgono il Concerto RV 172 scritto per Pisendel, l'oratorio sacro Juditha Triumphans e l'opera Arsilda Regina di Ponto. Secondo gli studi condotti da Paul Everett sulle carte e sui pennini, al 1716 apparterebbe anche il Gloria RV 589, il cui autografo è conservato nel preziosissimo Fondo Foa-Giordano della Biblioteca Universitaria di Torino [Giordano 32-4].

Le opere sacre vivaldiane su testi liturgici rientrano in tre categorie: parti di messe, salmi per Vespri (più il responsorio Domine ad adiuvandum e il Magnificat) e inni. Benché siano stati fatti tentativi di raggruppare le parti di messe e i salmi in un insieme più ampio, i risultati, data l'estrema frammentazione del materiale giunto fino a noi, sono assai poco convincenti.

Per quanto riguarda le sezioni della Messa abbiamo a disposizione solo un Kyrie in sol minore (RV 587) per doppio coro, archi e continuo, un Credo in mi minore (RV 591) per soli, coro, archi e continuo e due versioni del Gloria, entrambe in re maggiore, RV 588 e 589. Le due versioni sono assai imparentate, fino a collimare in alcuni momenti nelle scelte compositive e anche nel materiale musicale utilizzato.

Il Gloria RV 589 è senz'altro una delle pagine più avvincenti e conosciute del musicista veneziano: l'organico prevede un coro a quattro parti, due soprani, un contralto, oboe, tromba, archi e basso continuo. Il testo è organizzato in 12 sezioni che si alternano in una varietà di forme, di tempi, di ritmi, di tonalità e di organico: brani solistici nello stile dell'aria, strumenti concertanti, cori omofonici, contrappunti, ritornelli nello stile del Concerto. L'unitarietà del lavoro viene garantito dalla ripresa, nel penultimo movimento, dello stesso tema iniziale in una sorta di circolarità strutturale.

L'opera si apre con una incalzante e trionfale introduzione orchestrale su un tema incisivo e ritmico (con salto di ottava) degli archi bassi al quale risponde un disegno più scorrevole proposto prima dai violini e poi dai fiati; su questo deciso andamento si innesta la maestosa entrata omoritmica del coro, Gloria in excelsis, che si amalgama e si alterna con l'orchestra secondo i tipici dettami dello stile sacro concertato.

Con il versetto Et in terra pax l'atmosfera cambia radicalmente; protagonista e sempre il coro (questa volta trattato contrappuntisticamente) ma con accenti e modulazioni di intimismo sofferto.

Il Laudamus te è sostanzialmente un duetto per due soprani con l'accompagnamento di archi e continuo; il clima è festoso e la chiarezza formale della pagina è assicurata dalla ripresa cadenzata del ritornello strumentale. Torna il coro con un lento e omofonico Gratias agimus tibi che si trasforma immediatamente in un perfetto fugato a quattro voci (Propter magnam gloriam tuam).

Il Domine Deus Rex Coelestis è una delicata aria in do maggiore affidata ai soprani; la concertazione con l'oboe dona a questa pagina una idilliaca atmosfera pastorale avvallata anche dal ritmico andamento "alla siciliana". È nuovamente il coro a riprendere la parola in compagnia degli archi: il Domine Fili Unigenite è retto da un incisivo ritmo puntato con un ampio ricorso alla tecnica imitativa del canone.

Un bellissimo tema affidato ai bassi sorregge il Domine Deus, agnus Dei sul quale si libra l'intensa voce del contralto punteggiata da accorati interventi invocativi del coro ("miserere nobis!"). Coro a cui è lasciata la pagina successiva, Qui tollis, dal carattere assorto e intimamente spirituale: voci e orchestra procedono insieme solennemente e mestamente, come in un corale luterano.

Lo stile maestoso dell'inizio comincia a riapparire nel Qui sedes ad dexteram patris strutturato nella forma del Concerto: un ampio ritornello dell'orchestra introduce l'aria del contralto che dialoga con la compagine strumentale in una sorta di rinnovata alternanza solo-tutti.

Il circolo quindi si chiude sul Quoniam tu solus sanctus che è in realtà una sintesi del materiale utilizzato nel primo movimento e ha il compito di introdurre la solenne fuga finale, Cum Sancto Spiritu. Quest'ultimo brano però, che conclude anche l'altro Gloria RV 588, non è opera di Vivaldi; si tratta infatti di una sezione di Gloria scritta da Giovanni Maria Ruggieri nel 1708 e solo ricopiata dal compositore veneziano.

Laura Pietrantoni

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Dopo circa due secoli dalla morte di Antonio Vivaldi, alcuni esimi «tombaroli» nostrani, affiancati da illustri colleghi stranieri, nella caparbia ostinazione di dimostrare che l'Italia aveva avuto una ricca tradizione strumentale barocca, soffocata dalle glorie del melodramma ottocentesco, ma a questo nient'affatto inferiore, si misero a dissotterrare i principali protagonisti e con foga appassionata portarono alla luce manoscritti inediti, rovistarono archivi, apprestarono edizioni critiche e revisioni, indissero manifestazioni e festivals.

E fu così che il «prete rosso», la cui fama nell''800 era rimasta per lo più confinata alle celebri trascrizioni di Bach oltre che alle 14 opere a stampa pubblicate in vita, risorse.

Pincherle, Tiersot in Francia, Torrefranca, Malipiero, Casella in Italia — per citare solo i maggiori — dettero il via all'operazione «pro Vivaldi», seguiti ben presto da una schiera di giovani fautori, fra i quali Remo Giazotto e Adriano Cavicchi. Mentre dalle biblioteche di Parigi e Dresda saltavano fuori preziosi manoscritti, a Torino Mauro Foà e Renzo Giordano acquistavano nel 1927 un blocco di musiche inedite (ben 12 volumi), che regalavano poi alla Biblioteca Nazionale della città, rendendo cosi possibili ricerche filologiche e trascrizioni.

Il «Gloria in re maggiore» appartiene appunto a questa raccolta e fu eseguito per la prima volta nella Chiesa dei Servi di Siena, in occasione della settimana vivaldiana, il 20 settembre 1939: revisione e direzione d'orchestra di Alfredo Casella. La verifica di ascolto non rendeva più accettabile la dichiarazione di Tartini che aveva definito fallimentare l'esperienza vocale di Vivaldi («si è sempre fatto fischiare»), e ingiusta suonava pure l'affermazione di Goldoni «eccellente suonatore di violino e compositore mediocre». Più oggettivo l'instancabile viaggiatore e musicomane francese Charles de Brosses, presidente del Parlamento di Digione, aveva annotato durante il suo soggiorno in Italia fra il 1739 e il 1740: «Vivaldi ha una furia compositiva prodigiosa... è più veloce nello scrivere un concerto che un copista a copiarlo». («Lettres familières»).

Infatti a dispetto di un male misterioso — «ristrettezza di petto» lo chiama Vivaldi che fu per questo esonerato dal celebrare la messa, un anno dopo essere stato ordinato sacerdote — la sua attività creativa non conosce soste, come pure i suoi molteplici impegni di impresario, direttore, esecutore e didatta.

Diviso in dodici parti il «Gloria in re maggiore» è fra gli esempi più celebri di spiritualità barocca, oscillante fra pause di delicato intimismo ed estroversa magniloquenza celebrativa.

Vizi e vezzi dell'epoca — gli stilèmi — sono disseminati all'interno dell'opera, ma come rigenerati grazie a una prorompente felicità inventiva. Tali gli effetti di eco, le simmetriche alternanze soli-tutti, l'uso delle progressioni, l'inizio e la chiusa all'unisono (tacita mimesi dell'immobile modello celeste): moduli sintattici di organizzazione formale e al contempo riflesso di una estetica musicale — quella barocca, appunto — basata oltre che sulla dottrina matematica delle proporzioni, su un codice rigorosamente dualistico.

La revisione del «Gloria» è opera di Gian Francesco Malipiero, realizzata per l'Istituto italiano Antonio Vivaldi — del quale fu pure direttore artistico — fondato da Antonio Fanna. Dopo un breve preludio strumentale per oboe, tromba e archi il coro intona con accenti di fervida esuberanza le parole del «Gloria in excelsis Deo»; il successivo «Andante» «Et in terra pax hominibus» costruito sull'arpeggio di si minore dei violini primi e secondi, è immerso in un'atmosfera di elegiaca mestizia. Al fresco duettino dei due soprani («Laudamus te») segue l'intervento del coro: un corale isoritmico («Gratias agimus tibi») e un «Allegro» fugato («Propter magnam gloriam»). La sesta parte («Domine Deus») è una mirabile aria per soprano solo sul cullante ritmo di siciliana, mentre «Domine Fili unigenite» acquista un'ossessiva drammaticità mediante la reiterazione del nucleo ritmico puntato che si ripercuote dal settore degli archi al coro. In forma dialogica fra contralto e massa corale è costruito «Domine Deus, Agnus Dei» nel quale non poche affinità sono riscontrabili con l'adagio del primo «Concerto per cembalo» di Bach. Dopo la ricomparsa dell'intero organico vocale («Qui tollis peccata mundi»), l'aria per contralto «Qui sedes ad dexteram» si staglia con le sue incisive e severe nervature, tipicamente vivaldiane. Nel «Quoniam tu solus Sanctus» riappare la ripresa del tema iniziale del «Gloria» che prepara la maestosa fuga a quattro voci «Cum Sancto Spiritu» con la quale l'opera termina in una luce di osannante tripudio.

Fiamma Nicolodi

Testo

Coro [Allegro]
Gloria in excelsis Deo

Gloria a Dio nell'alto dei cieli
Coro [Andante]
Et in terra pax hominibus.

e pace in terra agli uomini.
Aria [Allegro] - Due soprani
Laudamus te, benedicimus te,
adoramus te, glorificamus te.

Noi ti lodiamo, ti benediciamo,
ti adoriamo, ti glorifichiamo.
Coro [Adagio]
Gratias agimus tibi

Ti rendiamo grazie
Coro [Allegro]
Propter magnam gloriam tuam.

per la tua gloria immensa.
Aria [Largo] - Soprani
Domine Deus, Rex coelestis,
Deus Pater omnipotens,

Signore Iddio, Re del cielo,
Dio Padre onnipotente.
Coro [Allegro]
Domine Fili unigenite Jesu Christe,

Signore Figlio Unigenito, Gesù Cristo,
Aria [Adagio] - Contralto e Coro
Domine Deus, Agnus Dei, Filius Patris.
Qui tollis peccata mundi,
miserere nobis.

Signor Dio, Agnello di Dio, Figlio del Padre,
tu che togli i peccati del mondo,
abbi pietà di noi.
Coro [Adagio]
Qui tollis peccata mundi,
miserere nobis,
suscipe deprecationem nostram.

Tu che togli i peccati del mondo,
abbi pietà di noi
accogli la nostra supplica.
Aria [Allegro] - Contralto
Qui sedes ad dexteram patris,
miserere nobis.

Tu che siedi alla destra del Padre,
abbi pietà di noi.
Coro [Allegro]
Quoniam tu solus sanctus,
tu solus Dominus,
tu solus altissimus Jesu Christe.

Perché tu solo il Santo,
tu solo il Signore,
tu solo l'altissimo Gesù Cristo.
Coro [Allegro]
Cum Sancto Spiritu in gloria
Dei Patris, Amen.

con lo Spirito Santo nella gloria
di Dio Padre. Amen

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 18 maggio 2002
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Basilica di san Lorenzo, 3 giugno 1976


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Ultimo aggiornamento 26 aprile 2023