Concerto in re maggiore per due trombe, archi e basso continuo, RV 781 (già 563)


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (re maggiore)
  2. Largo (fa maggiore)
  3. Allegro (re maggiore)
Organico: 2 trombe, archi, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Ricordi, Milano, 1971

Nel secondo movimento il solo strumento solista è il I violino
Guida all'ascolto (nota 1)

Musicista dotato di straordinaria fertilità creativa, Vivaldi compose oltre 450 concerti destinati a tutti gli strumenti (violino, violoncello, viola d'amore, flauto, oboe, corno, clarinetto, tromba, trombone, mandolino, liuto, tiorba, calvicembalo, organo) impiegati sia individualmente che in gruppo. Grandissimo violinista, oltre che compositore, direttore d'orchestra, insegnante e addirittura impresario teatrale, egli diede un contributo importante e decisivo per la formulazione e la determinazione delle leggi classiche del concerto solistico. Sviluppò enormemente la tecnica strumentale e finì col trasformare il concerto grosso di impianto barocco in concerto solistico ed anche in vero e proprio concerto per orchestra. Secondo un'opinione accettata e sostenuta da vari musicologi italiani, francesi e tedeschi, Vivaldi va collocato fra i pionieri della sinfonia, in quanto i suoi «concerti a molti strumenti» hanno le caratteristiche embrionali di questa forma musicale. Per questa ragione la fama del «prete rosso», quando era in vita, fu enorme in Germania, in Francia, in Inghilterra e nei Paesi Bassi e molti fra i più grandi compositori e strumentisti del tempo, a cominciare da Johann Sebastian Bach, guardarono a lui come ad un maestro. Basti dire che di tredici concerti vivaldiani per violino Bach fece altrettanti concerti per organo, per clavicembalo e per quattro clavicembali.

Esuberanza di fantasia inventiva ed eccezionale sensibilità timbrica sono alla base della musica di Vivaldi, sempre caratterizzata da una nettezza del disegno melodico, da un'agilità di fraseggio e da una vivacità di contrasti ritmici. La sua scrittura musicale è sempre chiara e trasparente sia nei tempi lenti che in quelli allegri; certi adagi dei suoi concerti rivelano uria sorprendente concentrazione emotiva e una efficace essenzialità espressiva, così da raggiungere quella «nuovissima maniera di composizione», tanto esaltata dal famoso flautista di Federico il Grande, Johann Joachim Quantz, che aveva ascoltato Vivaldi in un concerto da questi tenuto a Roma. La raccolta che va sotto il titolo di «Estro armonico», pubblicata ad Amsterdam nel 1712, «Il Cimento dell'armonia e dell'Inventione» (1725), comprendente fra l'altro i celeberrimi concerti che prendono il nome dalle stagioni, i dodici concerti dell'opera 4 chiamati «La Stravaganza» (1712-1713) e i dodici dell'op. 9 intitolati «La Cetra» (1728) restano documenti di una civiltà musicale di altissimo livello, i cui valori storici ed estetici la recente critica vivaldiana ha messo degnamente in luce, rivelando in pari tempo la profonda ingiustizia di una sorte che per lunghi anni aveva steso un velo di inspiegabile silenzio su un'arte di prima grandezza.

Del resto, sempre per rimanere nel tema dell'ingiustizia, ci sono diversi musicisti à la page che non hanno ben compreso il messaggio vivaldiano, e tra questi va collocato in prima linea Stravinsky, che espresse un giudizio tagliente e unilaterale sull'opera del «prete rosso», circolante anni fa nei salotti intellettuali. « On a beaucoup trop loué Vivaldi - disse l'autore della Sagra della primavera - Il est assommant et pouvait recomposer six cents fois le méme concert ». Tale affermazione non è esatta perché, anche se lo schema formale del concerto vivaldiano resta sostanzialmente identico, variano gli elementi melodici e ritmici, dettati da una invenzione musicale che si rinnova come una forza della natura.

La caratteristica del vivaldiano Concerto in re minore per due trombe e orchestra d'archi è data dalla contrapposizione tra i due gruppi sonori, specie nel primo e nell'ultimo tempo. Nel Largo centrale gli archi riprendono il sopravvento, nell'ambito di una precisa scelta della tecnica compositiva del musicista veneziano.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 18 febbraio 1983


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Ultimo aggiornamento 6 novembre 2014