Concerto in fa maggiore per violino, due oboi, due corni, fagotto, archi e basso continuo, RV 569


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (fa maggiore)
  2. Grave (fa maggiore)
  3. Allegro (fa maggiore)
Organico: violino, 2 oboi, 2 corni, fagotto, archi, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Ricordi, Milano, 1949
Guida all'ascolto (nota 1)

Sebbene Vivaldi abbia usato la definizione «concerto con molti istromenti» soltanto in due circostanze, per sottolineare la straordinaria ricchezza di organico di RV 555 e del trittico costituito da RV 540, RV 552 e RV 558, per estensione il termine può essere convenientemente adottato per indicare un genere di concerto in cui, oltre all'orchestra d'archi, vengono posti in gioco come solisti vari strumenti ad arco, a fiato e all'occasione anche a pizzico e a tastiera. Un genere di concerto assiduamente coltivato da Vivaldi, sensibilissimo alla sperimentazione timbrica, e del quale sono naturali destinatarie anzitutto le orchestre dell'Ospedale della Pietà e della corte ili Dresda, celebri in tutta Europa per la variegatezza dell'organico non meno che per l'eccellenza delle esecuzioni. Rispetto alla tipologia del concerto solistico e alla forma col ritornello che ne rappresenta l'emblema (ovvero l'articolazione dei movimenti mossi in ritornelli orchestrali, via via riproposti più o meno modificati in varie tonalità, ed episodi solistici), questi lavori presentano alcuni tratti specifici: anzitutto la moltiplicazione dei piani concertanti e l'inserzione di sezioni e interventi solistici all'interno del ritornello.

Lo splendido Concerto in fa maggiore RV 569, che dovrebbe risalire alla metà degli anni Dieci, è il terzo di una serie non meglio identificata, forse destinata alla corte di Dresda. Alla ricchezza dell'organico - che allinea violino principale, due oboi, fagotto e due corni da caccia - corrisponde qui una concezione elaborata e di ampio respiro, un sontuoso affresco sonoro che potrebbe essere stato concepito per una specifica occasione celebrativa. Se i diversi piani concertanti sono rappresentati dal protagonismo del violino principale, dal gruppo dei fiati e dall'intera orchestra, il modo con cui Vivaldi pone in gioco e fa interagire i solisti assume un'icasticità di tratto così consona all'idioma di ciascun tipo di strumento da raggiungere una suggestione e una qualità autenticamente drammatiche: violino principale, oboi, corni e l'orchestra divengono come i personaggi vivi di una rappresentazione. Per l'accuratezza della fattura, il Concerto in fa maggiore RV 569 merita un'analisi piuttosto approfondita.

L'Allegro di testa incomincia con un ritornello esteso e fastoso, aperto da accordi solenni: a corni e fagotto Vivaldi riserva interpolazioni e interventi concertanti. La sortita solistica del violino principale è un guizzo virtuoslstico cui subito rispondono oboi e fagotto, quindi il ritornello prosegue e si conclude con interventi concertanti di oboi e corni (note trillate). Il primo episodio, avviato da corni e fagotto, viene quindi condotto dal violino principale, inizialmente con il sostegno degli oboi. Seguono un ritornello e il secondo episodio, per oboi e fagotto, ancora un ritornello; il terzo episodio, percorso dagli arpeggi del violino principale ma concluso dai corni nella tonalità d'impianto con la prima delle interpolazioni solistiche del ritornello d'apertura, dà origine a un chiaro effetto di ripresa, accentuato dal successivo ritornello, identico a quello d'apertura. Il quarto e ultimo episodio ha poi un senso scopertamente riepilogativo: nell'ordine oboi e fagotto riprendono l'intervento solistico, i corni l'avvio del primo episodio, il violino principale il suo intervento iniziale. La ricapitolazione della parte iniziale del movimento è completata dal ritornello di chiusura.

Nel tempo lento del concerto, Grave, i fiati escono momentaneamente di scena. Il movimento è in forma ternaria: due Tutti incorniciano un Solo di dolce e melanconica cantabilità affidato al violino principale accompagnato da violini e viole; l'andamento cullante del tempo di siciliana, come spesso accade in Vivaldi, poco a poco tende a farsi ipnotico.

L'Allegro finale offre per contrasto un'inventiva frizzante e teatrale connotata dal gusto dell'ironia. Si apre a sorpresa con un motto di caccia di corni e fagotto soli: alla baldanzosa chiamata risponde subito il ritornello orchestrale, intessuto di interventi solistici di oboi e corni. Il primo episodio è un brillante, quasi meccanico soliloquio del violino principale nel registro acuto, appena punteggiato da un'entrata di corni e fagotto. Dopo il ritornello, nel breve secondo episodio agli oboi con fagotto risponde un inatteso violoncello solo. Altro ritornello e giunge quindi il terzo episodio, assegnato a oboi e fagotto sull'accompagnamento del violino principale e del basso, quindi all'oboe I. Di seguito al ritornello e al quarto episodio, pensato per l'agilità del violino principale accompagnato dal basso continuo, si ha un effetto di ripresa analogo a quello del primo movimento. Ritorna il motto introduttivo, per due volte suonato da corni e fagotto ed echeggiato da oboi e fagotto. Quando il movimento sembra ormai volgere al termine col ritornello successivo ecco un ulteriore colpo di teatro, con il quinto episodio, che si svolge su lungo pedale di tonica (fa) di tutta l'orchestra. I solisti del movimento, violoncello incluso, sono qui riuniti e contribuiscono al pedale aggiungendovisi uno dopo l'altro; in evidenza, nell'ordine, corno I, oboe I. corno II, violoncello, oboe II, violino principale, quindi ancora oboi e corni. L'effetto è molto teatrale: gli strumenti concertanti si scambiano veloci figure in un clima di protratta e crescente attesa che si scioglie nel ritornello conclusivo, integrato da cerimoniose sezioni cadenzali.

Cesare Fertonani


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 112 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 15 novembre 2016