Concerto in re minore per due violini, violoncello, archi e continuo, op. 3 n. 11, RV 565


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (re minore). Adagio e spiccato
  2. Allegro (re minore)
  3. Largo e spiccato (re minore)
  4. Allegro (re minore)
Organico: 2 violini, violoncello, archi, basso continuo
Composizione: 1711
Edizione: Estienne Roger, Amsterdam, 1712

Questo Concerto fu trascritto per organo da J. S. Bach (BWV 596)
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Musicista dotato di straordinaria potenza creativa, Vivaldi compose 480 concerti e sinfonie destinati a tutti gli strumenti (violino, violoncello, viola d'amore, flauto, oboe, corno, clarinetto, tromba, trombone, mandolino, liuto, tiorba, clavicembalo, organo) impiegati sia individualmente che in gruppo. Grandissimo violinista, oltre che compositore, direttore d'orchestra, insegnante e addirittura impresario teatrale, egli diede un contributo importante e decisivo per la formulazione e la determinazione delle leggi classiche del concerto solistico. Sviluppò enormemente la tecnica strumentale e la determinazione delle leggi classiche del concerto solistico. Sviluppò enormemente la tecnica strumentale e finì col trasformare il concerto grosso di impianto barocco in concerto per orchestra. Secondo un'opinione accettata e sostenuta da vari musicologi italiani, francesi e tedeschi, Vivaldi va collocato tra i pionieri della sinfonia, in quanto i suoi "concerti a molti strumenti" hanno le caratteristiche embrionali di questa forma musicale. Per questa ragione la fama del "prete rosso", quando era in vita, fu enorme in Germania, in Francia, in Inghilterra e nei Paesi Bassi e molti fra i più grandi compositori e strumentisti del tempo, a cominciare da Johann Sebastian Bach, guardarono a lui come a un maestro. Basti dire che di tredici concerti vivaldiani per violino Bach fece altrettanti concerti per organo, per clavicembalo e per più clavicembali.

Esuberanza di fantasia inventiva ed eccezionale sensibilità timbrica sono alla base della musica di Vivaldi, sempre caratterizzata da una nettezza del disegno melodico, da un'agilità di fraseggio e da una vivacità di contrasti ritmici. La sua scrittura musicale è sempre chiara e trasparente sia nei tempi lenti che in quelli allegri; certi adagi dei suoi concerti rivelano una sorprendente concentrazione emotiva e una efficace essenzialità espressiva, così da raggiungere quella «nuovissima maniera di composizione», tanto esaltata dal famoso flautista di Federico il Grande, Johann Joachim Quantz, che aveva ascoltato Vivaldi in un concerto da questi tenuto a Roma. La raccolta che va sotto il titolo di "Estro armonico", pubblicata ad Amsterdam nel 1712, "Il Cimento dell'Armonia e dell'Inventione" (1725), comprendente fra l'altro i celeberrimi concerti che prendono il nome delle Stagioni, i dodici concerti dell'op. IV chiamati "La Stravaganza" (1712-1713) e i dodici dell'op. IX intitolati "La Cetra" (1728) restano documenti di una civiltà musicale di altissimo livello, i cui valori storici ed estetici la recente critica vivaldiana ha messo degnamente in luce, rivelando in pari tempo la profonda ingiustizia di una sorte che per lunghi anni aveva steso un velo di ingiustificato silenzio su un'arte di prima grandezza.

Del resto, sempre per rimanere nel tema dell'ingiustizia, ci sono diversi musicisti che non hanno ben compreso il messaggio vivaldiano e tra questi va collocato in prima linea Stravinsky, che espresse un giudizio tagliente e unilaterale sull'opera del "prete rosso", circolante anni fa nei salotti intellettuali. «On a beaucoup trop loué Vivaldi - disse l'autore della Sagra della primavera - il est assomant et pouvait recomposer six cents fois le mème concert». Tale affermazione non è esatta perché anche se lo schema formale del concerto vivaldiano resta sostanzialmente identico, variano gli elementi melodici e ritmici, dettati da una invenzione musicale che si rinnova come una forza della natura,

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Il Concerto in re minore per due violini, violoncello concertante, archi e cembalo op. III n. 11 appartiene alla famosa raccolta dell'"Estro armonico" e offre un esempio della straordinaria inventiva vivaldiana. Nell'Allegro del primo movimento del Concerto l'accordo in re minore viene indicato e svolto ampiamente dai due violini solisti, il cui gioco concertante si arricchisce di una figura ritmica concitata e nello stesso tempo saldamente vincolata alla tonalità di base. Intervengono il violoncello concertante e il contrabbasso e dopo un brevissimo Adagio scatta il secondo Allegro: c'è un tema fugato di forte rilievo esposto dal violoncello solo e dal contrabbasso che si sviluppa sino alla corona conclusiva. Il Largo poggia su un episodio dolcemente malinconico, dominato nella parte centrale dalla melodia del primo violino. Il terzo tempo (Allegro) attacca con un festoso contrappunto ad imitazione affidato ai due violini solisti. L'orchestra intervalla con una serie di accordi interrotti il gioco virtuosistico del violoncello. Il discorso musicale si snoda senza nuovi elementi di sviluppo, pur registrando una fantasiosa successione di episodi concertanti e di robusti interventi dell'intera orchestra.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il Concerto in re minore per due violini, violoncello, archi e continuo appartiene all'opera III, la prima delle nove raccolte di concerti date alle stampe durante la vita del compositore. La prima, e la più ambiziosa, come era comprensibile per un musicista giovane e desideroso di affermarsi al di là delle Alpi presso un editore, qual era Estienne Roget di Amsterdam, di rinomanza europea. Ciò che spiega l'alta qualità complessiva delle dodici composizioni uscite da un'oculata cernita, e il titolo «L'Estro Armonico» dato da Vivaldi alla silloge. Lo stile dell'opera III è quello del primo Vivaldi, già assolutamente affrancato dalla monumentale gravità e dal rigore polifonico di Corelli e dei corelliani (vedi Haendel), al cui «circuito chiuso» formale sostituisce quello «aperto» di una sfrenata libertà fantastica conferita alle parti degli strumenti solisti che si alternano, in episodi imprevedibilmente vari quanto a sviluppo e a scelta di figurazioni, al ritornello dei «Tutti». Vi è inoltre, di tipicamente vivaldiana, la elementare, irresistibile vitalità di quei ritmi squadrati ed energici, che spesso s'impongono quale parametro primario dell'invenzione, fagocitando, nella loro «quasi fisiologica esuberanza, i pur cospicui valori melodici ed armonici. Questi ultimi, ridotti quasi sempre alle semplici funzioni fondamentali di tonica, dominante, sottodominante e come irreggimentati nella successione volutamente prevedibile di semplici progressioni, contribuiscono a conferire a tutto il discorso quella chiarezza simmetrica e quell'intenso dinamismo che i contemporanei più attenti (quali il Quantz) non mancarono di sottolineare quale tratto specifico della personalità vivaldiana ed evento affatto nuovo nel panorama della musica coeva.

In più, sopravvive nell'opera III un sommario e si direbbe scenografico gusto contrappuntistico destinato in seguito a cedere di fronte al prevalere di una concezione di scrittura sostanzialmente verticale. Si noti, nel Concerto in re minore, op. III n. 2 (tra i più belli della raccolta e, in assoluto, tra i più celebrati di Vivaldi), l'effettistica entrata dei due violini e del violoncello soli che per trenta battute si scambiano implacabilmente le stesse elementari figurazioni in una stasi tonale volutamente esasperata. Tre, battute di accordi, irti di «settime» e di «seste napoletane», scaricano poi la loro studiata tensione armonica nel ruvido fugato con quale ha effettivamente inizio il primo tempo. Nel successivo «Largo e spiccato» (ossia dall'andamento ritmicamente animato e non legato) le doti di Vivaldi melodista emergono nel canto nudo e stupendo di una Siciliana scandita dal violino principale sul semplice sostegno accordale dell'orchestra. Nell'Allegro finale, gli estri virtuosistici dei "soli" già prevalgono sul loro intreccio contrappuntistico che periodicamente si sfalda in elaborati arabeschi.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 2 giugno 1989
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 13 gennaio 1981


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Ultimo aggiornamento 20 giugno 2016