Concerto in re maggiore per due violini, due violoncelli, archi e continuo, RV 564


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (re minore)
  2. Largo (re maggiore)
  3. Allegro (re maggiore)
Organico: 2 violini, 2 violoncelli, archi, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Ricordi, Milano, 1950

Rielaborato nel Concerto RV 564a
Guida all'ascolto (nota 1)

Musicista dotato di straordinaria potenza creativa, Vivaldi compose 480 concerti e sinfonie destinati a tutti gli strumenti (violino, violoncello, viola d'amore, flauto, oboe, corno, clarinetto, tromba, trombone, mandolino, liuto, tiorba, clavicembalo, organo) impiegati sia individualmente che in gruppo. Grandissimo violinista, oltre che compositore, direttore d'orchestra, insegnante e addirittura impresario teatrale, egli diede un contributo importante e decisivo per la formulazione e la determinazione delle leggi classiche del concerto solistico. Sviluppò enormemente la tecnica strumentale e la determinazione delle leggi classiche del concerto solistico. Sviluppò enormemente la tecnica strumentale e finì col trasformare il concerto grosso di impianto barocco in concerto per orchestra. Secondo un'opinione accettata e sostenuta da vari musicologi italiani, francesi e tedeschi, Vivaldi va collocato tra i pionieri della sinfonia, in quanto i suoi "concerti a molti strumenti" hanno le caratteristiche embrionali di questa forma musicale. Per questa ragione la fama del "prete rosso", quando era in vita, fu enorme in Germania, in Francia, in Inghilterra e nei Paesi Bassi e molti fra i più grandi compositori e strumentisti del tempo, a cominciare da Johann Sebastian Bach, guardarono a lui come a un maestro. Basti dire che di tredici concerti vivaldiani per violino Bach fece altrettanti concerti per organo, per clavicembalo e per più clavicembali.

Esuberanza di fantasia inventiva ed eccezionale sensibilità timbrica sono alla base della musica di Vivaldi, sempre caratterizzata da una nettezza del disegno melodico, da un'agilità di fraseggio e da una vivacità di contrasti ritmici. La sua scrittura musicale è sempre chiara e trasparente sia nei tempi lenti che in quelli allegri; certi adagi dei suoi concerti rivelano una sorprendente concentrazione emotiva e una efficace essenzialità espressiva, così da raggiungere quella «nuovissima maniera di composizione», tanto esaltata dal famoso flautista di Federico il Grande, Johann Joachim Quantz, che aveva ascoltato Vivaldi in un concerto da questi tenuto a Roma. La raccolta che va sotto il titolo di "Estro armonico", pubblicata ad Amsterdam nel 1712, "Il Cimento dell'Armonia e dell'Inventione" (1725), comprendente fra l'altro i celeberrimi concerti che prendono il nome delle Stagioni, i dodici concerti dell'op. IV chiamati "La Stravaganza" (1712-1713) e i dodici dell'op. IX intitolati "La Cetra" (1728) restano documenti di una civiltà musicale di altissimo livello, i cui valori storici ed estetici la recente critica vivaldiana ha messo degnamente in luce, rivelando in pari tempo la profonda ingiustizia di una sorte che per lunghi anni aveva steso un velo di ingiustificato silenzio su un'arte di prima grandezza.

Del resto, sempre per rimanere nel tema dell'ingiustizia, ci sono diversi musicisti che non hanno ben compreso il messaggio vivaldiano e tra questi va collocato in prima linea Stravinsky, che espresse un giudizio tagliente e unilaterale sull'opera del "prete rosso", circolante anni fa nei salotti intellettuali. «On a beaucoup trop loué Vivaldi - disse l'autore della Sagra della primavera - il est assomant et pouvait recomposer six cents fois le mème concert». Tale affermazione non è esatta perché anche se lo schema formale del concerto vivaldiano resta sostanzialmente identico, variano gli elementi melodici e ritmici, dettati da una invenzione musicale che si rinnova come una forza della natura,

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Il Concerto in re maggiore per due violini, due violoncelli, archi e cembalo F. IV n. 4, il cui manoscritto fa parte della raccolta Renzo Giordano custodita presso la biblioteca nazionale di Torino, è nella triplice forma di Allegro-Largo-Allegro e si distingue per il brillante trattamento delle parti solistiche secondo un criterio prevalentemente contrappuntistico. Il primo tempo inizia con un efficace unisono del "tutti" in cui si afferma in pieno la tonalità di re maggiore e si pone in evidenza un esaltante discorso ritmico, sia per i "soli" che per il resto. Il Largo è una pagina improntata ad un sentimento di assorta meditazione nell'alternanza di fraseggi cantabili e di ritmi puntati. L'Allegro finale sottolinea maggiormente, con una preponderanza del ritmo sincopato, il gioco imitativo ora tra i due violini, ora tra i due violoncelli e ora tra le varie sezioni combinate fra di loro.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 2 giugno 1989


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Ultimo aggiornamento 23 ottobre 2014