Concerto in sol maggiore per oboe, fagotto, archi e basso continuo, RV 545


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Andante molto (sol maggiore)
  2. Largo (sol maggiore)
  3. Allegro molto (sol maggiore)
Organico: oboe, fagotto, archi, basso continuo
Composizione: 1720 - 1724
Edizione: Ricordi, Milano, 1958
Guida all'ascolto (nota 1)

Non c'è dubbio che Antonio Vivaldi, maestro dei concerti, come fu definito dai contemporanei, abbia segnato un momento di svolta e di progresso nella storia della musica, perché seppe dare una impronta nuova nello spirito e nella forma alla sua straordinaria produzione artistica, contrassegnata davvero da doti di estro e di invenzione. Musicista particolarmente prolifico, egli compose oltre 450 concerti destinati a tutti gli strumenti (violino, violoncello, viola d'amore, flauto, oboe, corno, clarinetto, tromba, trombone, mandolino, liuto, tiorba, clavicembalo, organo) impiegati sia individualmente che in gruppo. Grandissimo violinista, oltre che compositore, direttore d'orchestra, insegnante e addirittura impresario teatrale, egli diede un contributo importante e decisivo per la formulazione e la determinazione delle leggi classiche del concerto solistico. Sviluppò enormemente la tecnica strumentale e finì col trasformare il concerto grosso di impianto barocco in concerto solistico ed anche in vero e proprio concerto per orchestra. Secondo un'opinione accettata e sostenuta da vari musicologi italiani, francesi e tedeschi, Vivaldi va collocato fra i pionieri della sinfonia, in quanto i suoi "concerti a molti strumenti" hanno le caratteristiche embrionali di questa forma musicale. Per questa ragione la fama del "prete rosso", quando era in vita, fu enorme in Germania, in Francia, in Inghilterra e nei Paesi Bassi e molti fra i più grandi compositori e strumentisti del tempo, a cominciare da Johann Sebastian Bach, guardarono a lui come a un maestro. Basti dire che di tredici concerti vivaldiani per violino Bach fece altrettanti concerti per organo, per clavicembalo e per quattro strumenti.

Esuberanza di fantasia inventiva ed eccezionale sensibilità timbrica sono alla base della musica di Vivaldi, sempre caratterizzata da una nettezza del disegno melodico, da un'agilità di fraseggio e da una vivacità di contrasti ritmici. La sua scrittura musicale è sempre chiara e trasparente sia nei tempi lenti che in quelli allegri; certi adagi dei suoi concerti rivelano una sorprendente concentrazione emotiva e una efficace essenzialità espressiva, così da raggiungere quella "nuovissima maniera di composizione", tanto esaltata dal famoso flautista di Federico il Grande, Johann Joachim Quantz, che aveva ascoltato Vivaldi in un concerto da questi tenuto a Roma. La raccolta che va sotto il titolo di "Estro armonico", pubblicata ad Amsterdam nel 1712, "Il Cimento dell'armonia e dell'Inventione" (1725), comprendente fra l'altro i celeberrimi concerti che prendono il nome delle stagioni, i dodici concerti dell'opera IV chiamati "La stravaganza" (1712-1713) e i dodici dell'op. IX intitolati "La cetra" (1728) restano documenti di una civiltà musicale di altissimo livello, i cui valori storici ed estetici la recente critica vivaldiana ha messo degnamente in luce, rivelando in pari tempo la profonda ingiustizia di una sorte che per lunghi anni aveva steso un velo di ingiustificato silenzio su un'arte di prima grandezza.

Per l'oboe, il cui timbro penetrante si prestava alle musiche all'aperto, Vivaldi scrisse molti concerti, pubblicati quando il compositore era ancora in vita, e tra essi la più famosa è la raccolta "Harmonia Mundi", edita per la prima volta a Londra da Walsh & Hare. Il fagotto, poi, è stato utilizzato dal musicista in tutti i "Concerti con molti istrumenti" e in quasi tutti i concerti da camera con molta scioltezza e bravura, specie nei movimenti veloci, più adatti a far risaltare il virtuosismo dell'esecutore. In questo senso è significativo l'intervento dell'oboe e del fagotto nel Concerto in sol maggiore, articolato con molta varietà di fraseggio e di ritmo, nell'ambito di una struttura di razionale chiarezza classicheggiante.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Piazza del Campidoglio, 17 luglio 1985


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Ultimo aggiornamento 7 novembre 2016