Concerto in sol minore per due violoncelli, archi e basso continuo, RV 531


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro (sol minore)
  2. Largo (sol minore)
  3. Allegro (sol minore)
Organico: 2 violoncelli solisti, archi, basso continuo
Composizione: data sconosciuta
Edizione: Ricordi, Milano, 1949
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Musicista dotato di straordinaria fertilità creativa, Vivaldi compose oltre 450 concerti destinati a tuttti gli strumenti (violino, violoncello, viola d'amore, flauto, oboe, corno, clarinetto, tromba, trombone, mandolino, liuto, tiorba, clavicembalo, organo) impiegati sia individualmente che in gruppo. Grandissimo violinista, oltre che compositore, direttore d'orchestra, insegnante e addirittura impresario teatrale, egli diede un contributo importante e decisivo per la formulazione e la determinazione delle leggi classiche del concerto solistico. Sviluppò enormemente la tecnica strumentale e finì col trasformare il concerto grosso di impianto barocco in concerto solistico ed anche in vero e proprio concerto per orchestra. Secondo un'opinione accettata e sostenuta da vari musicologi italiani, francesi e tedeschi, Vivaldi va collocato fra i pionieri della sinfonia, in quanto i suoi «concerti a molti strumenti» hanno le caratteristiche embrionali di questa forma musicale. Per questa ragione la fama del «prete rosso», quando era in vita, fu enorme in Germania, in Francia, in Inghilterra e nei Paesi Bassi e molti fra i più grandi compositori e strumentisti del tempo, a cominciare da Johann Sebastian Bach, guardarono a lui come ad un maestro. Basti dire che di tredici concerti vivaldiani per violino Bach fece altrettanti concerti per organo, per clavicembalo e per quattro clavicembali.

Esuberanza di fantasia inventiva ed eccezionale sensibilità timbrica sono alla base della musica di Vivaldi, sempre caratterizzata da una nettezza del disegno melodico, da un'agilità di fraseggio e da una vivacità di contrasti ritmici. La sua scrittura musicale è sempre chiara e trasparente sia nei tempi lenti che in quelli allegri; certi adagi dei suoi concerti rivelano una sorprendente concentrazione emotiva e una efficace essenzialità espressiva, così da raggiungere quella «nuovissima maniera di composizione», tanto esaltata dal famoso flautista di Federico il Grande, Johann Joachim Quantz, che aveva ascoltato Vivaldi in un concerto da questi tenuto a Roma. La raccolta che va sotto il titolo di «Estro armonico», pubblicata ad Amsterdam nel 1712, «Il Cimento dell'armonia e dell'Inventione» (1725), comprendente fra l'altro i celeberrimi concerti che prendono il nome dalle stagioni, i dodici concerti dell'opera 4 chiamati «La Stravaganza» (1712-1713) e i dodici dell'op. 9 intitolati «La Cetra» (1728) restano documenti di una civiltà musicale di altissimo livello, i cui valori storici ed estetici la recente critica vivaldiana ha messo degnamente in luce, rivelando in pari tempo la profonda ingiustizia di una sorte che per lunghi anni aveva steso un velo di inspiegabile silenzio su un'arte di prima grandezza.

Del resto, sempre per rimanere nel tema dell'ingiustizia, ci sono diversi musicisti à la page che non hanno ben compreso il messaggio vivaldiano, e tra questi va collocato in prima linea Stravinsky, che espresse un giudizio tagliente e unilaterale sull'opera del «prete rosso», circolante anni fa nei salotti intellettuali. «On a beaucoup trop loué Vivaldi - disse l'autore della Sagra della primavera - Il est assommant et pouvait recomposer six cents fois le mème concert». Tale affermazione non è esatta perché, anche se lo schema formale del concerto vivaldiano resta sostanzialmente identico, variano gli elementi melodici e ritmici, dettati da una invenzione musicale che si rinnova come una forza della natura.

Il Concerto in sol minore per due violoncelli, archi e cembalo RV 531 dura dieci minuti e si apre con un tema ritmicamente vigoroso dei due violoncelli, cui segue un contrappunto arioso e festoso nel quale la voce dei due archi solisti assume un tono imperioso e marcato nel rapporto con il «Tutti» dell'orchestra. Il Largo ha un andamento meditativo, particolarmente adatto alla cantabilità del violoncello, primo e secondo, sorretto con discrezione dal cembalo. Dove Vivaldi sprigiona il suo estro puntato sulla luminosità del suono orchestrale è nell'Allegro finale, contrassegnato da una inarrestabile e travolgente vis strumentale.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Un posto tutto particolare tra i Concerti vivaldiani occupa quello in sol minore per due violoncelli, d'incerta datazione (come avviene per la più parte delle opere del Prete Rosso conservateci in forma manoscritta), ma, secondo il Kolneder, non anteriore agli anni 1720, attorno ai quali la tecnica violoncellistica doveva compiere rapidi progressi sotto l'impulso di alcuni virtuosi di scuola bolognese, tra i quali il celebrato Giuseppe Jacchini. Nel suo Concerto per due violoncelli, Vivaldi parte con fiducia baldanzosa alla conquista dell'agilità e del registro tenorile dei due per allora infrequenti strumenti concertanti. La scrittura si avvale, anche qui, di sommari effetti polifonici d'un gusto decorativo, alternati, come nel finale, a vigorosi unissoni.

Giovanni Carli Ballola


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 19 marzo 1982
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 13 gennaio 1981


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Ultimo aggiornamento 20 giugno 2016