Musicista dotato di straordinaria potenza creativa, Vivaldi compose oltre 450 concerti destinati a tutti gli strumenti (violino, violoncello, viola d'amore, flauto, oboe, corno, clarinetto, tromba, trombone, mandolino, liuto, tiorba, clavicembalo, organo) impiegati sia individualmente che in gruppo. Grandissimo violinista, oltre che compositore, direttore d'orchestra, insegnante e addirittura impresario teatrale, egli diede un contributo importante e decisivo per la formulazione e la determinazione delle leggi classiche del concerto solistico. Sviluppò enormemente la tecnica strumentale e finì col trasformare il concerto grosso di impianto barocco in concerto solistico ed anche in vero e proprio concerto per orchestra. Secondo un'opinione accettata e sostenuta da vari musicologi italiani, francesi e tedeschi, Vivaldi va collocato tra i pionieri della sinfonia, in quanto i suoi «concerti a molti strumenti» hanno le caratteristiche embrionali di questa forma musicale. Per questa ragione la fama del «prete rosso», quando era in vita, fu enorme in Germania, in Francia, in Inghilterra e nei Paesi Bassi e molti fra i più grandi compositori e strumentisti del tempo, a cominciare da Johann Sebastian Bach, guardarono a lui come a un maestro. Basti dire che di tredici concerti vivaldiani per violino Bach fece altrettanti concerti per organo, per clavicembalo e per quattro clavicembali.
Esuberanza di fantasia inventiva ed eccezionale sensibilità timbrica sono alla base della musica di Vivaldi, sempre caratterizzata da una nettezza del disegno melodico, da un'agilità di fraseggio e da una vivacità di contrasti ritmici. La sua scrittura musicale è sempre chiara e trasparente sia nei tempi lenti che in quelli allegri; certi adagi dei suoi concerti rivelano una sorprendente concentrazione emotiva e una efficace essenzialità espressiva, così da raggiungere quella «nuovissima maniera di composizione», tanto esaltata dal famoso flautista di Federico il Grande, Johann Joachim Quantz, che aveva ascoltato Vivaldi in un concerto da questi tenuto a Roma. La raccolta che va sotto il titolo di "Estro armonico", pubblicata ad Amsterdam nel 1712, "Il Cimento dell'Armonia e dell'Inventione" (1725), comprendente fra l'altro i celeberrimi concerti che prendono il nome delle stagioni, i dodici concerti dell'opera IV chiamati "La Stravaganza" (1712-1713) e i dodici dell'op. IX intitolati "La Cetra" (1728) restano documenti di una civiltà musicale di altissimo livello, i cui valori storici ed estetici la recente critica vivaldiana ha messo degnamente in luce, rivelando in pari tempo la profonda ingiustizia di una sorte che per lunghi anni aveva steso un velo di ingiustificato silenzio su un'arte di prima grandezza.
Del resto, sempre per rimanere nel tema dell'ingiustizia, ci
sono diversi musicisti à la page che non hanno ben compreso il
messaggio vivaldiano, e tra questi va collocato in prima linea
Stravinsky, che espresse un giudizio tagliente e unilaterale sull'opera
del "prete rosso", circolante anni fa nei salotti intellettuali. «On a
beaucoup troup loué Vivaldi - disse l'autore della Sagra della primavera
- Il est assomant et pouvait recomposer six cents fois le mème
concert». Tale affermazione non è esatta perché anche se lo schema
formale del concerto vivaldiano resta sostanzialmente identico, variano
gli elementi melodici e ritmici, dettati da una invenzione musicale che
si rinnova come una forza della natura.
Vivaldi ha dedicato una buona parte della sua produzione all'oboe, da lui chiamato in varie maniere: Hautbois, Hautboy, Houbois, Aubois, Oboe e preferito per le musiche all'aperto a causa del suo timbro penetrante. In particolare si conoscono di questo autore 14 Concerti per oboe, 3 Concerti per 2 oboi, 1 Concerto per oboe e fagotto, 1 Concerto per oboe e violino, 2 Concerti per violino e 2 oboi, 1 Concerto per violino, organo e oboe, 1 Concerto incompiuto per oboe detto "Wiesentheid" e 3 Concerti per fagotto trascritti per oboe. Parecchi fra i Concerti per oboe solista vennero pubblicati quando il compositore era ancora in vita e furono eseguiti in varie occasioni, suscitando l'ammirazione del pubblico, conquistato dall'abilità dell'autore nel trattare le possibilità espressive di questo strumento che si impone per un suono pastorale e dolcemente cantabile. Tali qualità sono evidenti nel Concerto in do maggiore e tra i più conosciuti e apprezzati per la freschezza inventiva e la cordialità musicale valorizzata dall'oboe in ogni suo registro e con uscite anche di piacevole virtuosismo nei due tempi allegri, dove è facile cogliere quell'eleganza del fraseggio strumentale, così tipica del compositore veneziano.