Concerto in sol minore per flauto traverso, archi e basso continuo "La notte", op. 10 n. 2, RV 439


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Largo (sol minore)
  2. Fantasmi: Presto (sol minore)
  3. Largo (sol minore)
  4. Presto (fa maggiore)
  5. Il sonno: Largo (do minore)
  6. Allegro (sol minore)
Organico: flauto traverso, archi, basso continuo
Composizione: 1728
Edizione: Michel-Charles Le Cène, Amsterdam, 1728

Rielaborazione del Concerto per più strumenti e basso continuo RV 104
Guida all'ascolto (nota 1)

Nel XVIII secolo la musica a programma era meno diffusa in Italia che non in Germania o in Francia, dove la concezione dell'arte come imitazione della natura, vero e proprio cardine dell'estetica settecentesca, era seguita più alla lettera. I compositori italiani prediligevano le forme "pure", prive cioè di significati o immagini extramusicali, mostrando una sostanziale indifferenza per la musica descrittiva. Il caso di Vivaldi costituisce un'eccezione: il suo temperamento naturalmente drammatico, infatti, lo spinse alla descrizione anche nel genere puramente strumentale. Del resto l'opera veneziana, a cui il Prete Rosso dedicò gran parte della sua vita e delle sue energie creative - non meno che all'Ospedale della Pietà - abbondava di episodi descrittivi in cui l'orchestra, senza l'ausilio del canto, "dipingeva" musicalmente terremoti, tempeste, sonni incantati, apparizioni di demoni o di spettri. Vivaldi, a differenza dei suoi predecessori, come Biber, Kuhnau o Poglietti, che avevano conferito alle loro composizioni programmatiche la libertà d'andamento del futuro poema sinfonico, non rinunciò alla struttura del concerto nella sua tripartizione formale di Allegro-Adagio-Allegro e all'alternanza tra i solo e i tutti. Quasi la totalità dei suoi concerti programmatici, infatti, sono solistici. Le opere vivaldiane con titoli particolari sono complessivamente 28. Tra esse vanno distinte le composizioni meramente descrittive, come La Caccia, Il Riposo o L'Inquietudine, contraddistinte dalla ricerca di una unitarietà espressiva collegata ad uno stato d'animo o ad un fenomeno naturale, dai concerti autenticamente programmatici. Quest'ultimi sono dotati di una componente narrativa che, chiaramente espressa nei sonetti de Le Quattro Stagioni, è presente in minor misura anche nei due concerti intitolati La Notte: quello in si bemolle maggiore per fagotto RV 501 e quello in sol minore per flauto RV 439. Le due composizioni, sebbene molto diverse, sembrano costruite attorno ad un identico percorso narrativo-musicale (l'esperienza notturna) che è parzialmente specificato nei suoi nessi illustrativi dai sottotitoli aggiunti da Vivaldi in alcuni movimenti: il secondo e il penultimo tempo di entrambi i concerti infatti sono intitolati rispettivamente Fantasmi e Il Sonno (nell'RV 501 vi è inoltre l'espressione Sorge l'Aurora in corrispondenza dell'Allegro conclusivo).

Il Concerto in sol minore per flauto, archi e continuo RV 439 è la rielaborazione preparata per l'op. 10 (1728) del Concerto da camera per flauto, due violini, fagotto e continuo RV 104 scritto nella medesima tonalità. Diversamente dagli altri due brani descrittivi presenti nella medesima raccolta - La Tempesta di Mare (op. 10 n. 1) e il Gardellino (op. 10 n. 3) - l'RV 439 è in sei movimenti, sebbene la consueta tripartizione continui a sussistere nascostamente. Il "motto" iniziale del primo tempo (Largo) affianca una figurazione in ritmo puntato ad una scaletta ascendente, creando un'atmosfera di misteriosa inquietudine che è accresciuta dalla sapiente inserzione di pause e dalla incessante pulsazione ritmica della croma puntata scandita dall'accompagnamento. Il lungo pedale conclusivo termina sulla dominante e prepara con gesto quasi teatrale la repentina irruzione dei Fantasmi (sottotitolo del secondo movimento, Presto). Per rappresentare il senso dell'angoscia suscitata dalle visioni e dagli incubi notturni, Vivaldi ricorre a rapide scale di sedicesimi, ad accordi spezzati e a note ribattute che si rispondono fittamente a canone. Il Presto si interrompe improvvisamente con una cadenza sospesa, dando luogo all'episodio di più spiccata cantabilità del Concerto (Largo): il flauto viene accompagnato sommessamente dagli archi senza il basso, in un clima di momentanea distensione. Il quarto tempo, Presto, ci riporta all'intensa animazione dei Fantasmi, di cui ora si riascoltano alcune figurazioni melodiche trasportate nel metro ternario. La mobilità tonale che caratterizza i primi quattro movimenti del Concerto, la loro stessa frammentazione e gli allusivi richiami tematici, tendono ad unire questi brani in un'unica grande sezione che, assieme ai due tempi successivi, ricostruisce di fatto l"'archetipica" strutturazione tripartita. La descrizione de Il Sonno, sottotitolo del quinto movimento (Largo), è simile a quella presente nell'Autunno (op. 8, n. 3). L'assenza del cembalo, il suono smorzato degli archi in sordina, i ritardi dissonanti e il lungo pedale finale, creano un clima di immobilità stupita. Il Concerto termina con un Allegro, ritmicamente vigoroso, che in alcuni episodi solistici pare recuperare le figurazioni sincopate, a note ribattute e ad accordi spezzati dei Fantasmi. Vivaldi sembra quasi voler riaffermare, ancora una volta, gli aspetti inquietanti ed angosciosi dell'esperienza notturna, al contrario dell'RV 501 che si conclude con un Allegro significativamente intitolato Sorge l'Aurora.

Marco Carnevali


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Coniliazione, 2 novembre 1996


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Ultimo aggiornamento 9 ottobre 2014