Violinista egli stesso, è naturale che Vivaldi sia stato particolarmente sollecitato dai concerti destinati allo strumento preferito. Ce lo conferma non soltanto la vastità della produzione, quanto anche la varietà sbalorditiva delle figurazioni adottate nei ponti solistici, e la gioia cantabile, tipicamente italiana, delle aperture tematiche.
Il Concerto
in si bemolle maggiore per violino, archi e cembalo fa succedere ai
ritmi barocchi, da ouverture operistica, dell'introduzione, il brio
delle fioriture violinistiche, sostenute con discrezione da arpeggi e
ribattuti degli archi. L'appariscenza del virtuosismo belcantistico si
trasporta nella trama del concerto strumentale, stabilisce una
alternanza fra soli e tutti, basata sulla dialettica melodrammatica
delle diverse caratterizzazioni affettive. L'Andante in do
minore è un esempio di quel lirismo idealizzato con cui le scuole
violinistiche vennero incontro alle tendenze astratte dell'Arcadia. L'Allegro conclusivo
è costruito sulla classica sincope di tanti finali vivaldiani,
artificio in cui la musica del primo Settecento individuava una
retorica della concitazione. Soccorrono qui le sortite del violino, a
ristabilire un equilibrio fra maniera ed estro dell'improvvisazione.