Concerto in la maggiore per archi e basso continuo, RV 158


Musica: Antonio Vivaldi (1678 - 1741)
  1. Allegro molto (la maggiore)
  2. Andante molto (la minore)
  3. Allegro (la maggiore)
Organico: archi, basso continuo
Composizione: 1720 - 1724
Edizione: Ricordi, Milano, 1947
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Attualmente si conoscono circa settanta composizioni di Vivaldi per orchestra d'archi e continuo senza solisti, con l'occasionale aggiunta di qualche strumento a fiato di rinforzo. Il genere, fiorito tra la fine del Seicento e i primi del secolo successivo con Torelli, Taglietti e Dall'Abaco, nel primo ventennio del Settecento si era felicemente affermato anche a Venezia con le pubblicazioni di Albinoni. Se una decina di questi lavori vivaldiani può identificarsi nelle ouvertures operistiche di melodrammi come L'Olimpiade, La Verità in Cimento, Bajazet (con due corni) ecc., per le rimanenti composizioni pervenuteci prive di un collegamento con una specifica opera vocale, il Prete Rosso usò indifferentemente i termini di "Sinfonia" e di "Concerto", o più raramente quelli di "Concerto ripieno" e "Concerto a quattro". Le diverse denominazioni, tuttavia, non si accompagnano a chiare differenziazioni formali: alcuni di questi brani, infatti, recano entrambi i titoli, per cui l'assegnazione ad un genere piuttosto che ad un altro non è affatto scontata. L'RV 134, per esempio, contrassegnato in origine come "Concerto", ricevette successivamente il titolo di "Sinfonia"; l'RV 140, invece, seguì il percorso inverso, mentre il Concerto RV 117 è stato usato - con un altro movimento lento - anche come sinfonia della serenata La Sena Festeggiante.

La maggior parte di questi lavori furono scritti per essere eseguiti alla Pietà, uno dei quattro conservatori veneziani per fanciulle orfane, trovatelle, illegittime o povere - oltre a quelli degli Incurabili, dei Mendicanti e dell'Ospedaletto - al quale Vivaldi fu legato con diversi incarichi dal 1703 al 1740, sia pure con frequenti lunghe licenze per comporre e dirigere opere e concerti in altre città italiane ed europee. Secondo il Kolneder alcune di queste partiture, delle quali soltanto una è stata pubblicata durante la vita del compositore (op. XII n. 3) furono probabilmente approntate dal Prete Rosso come veri e propri studi orchestrali, in modo da migliorare la preparazione tecnica individuale delle sue allieve mediante l'esecuzione collettiva. E' possibile, però, che una parte di questi concerti siano stati scritti anche per soddisfare le richieste di qualche committente straniero. Charles de Brosses, rimasto colpito dall'ascolto di simili composizioni, così informava l'amico de Blancey in una lettera da Venezia del 29 agosto 1739: «Qui hanno una specie di musica che noi in Francia non conosciamo affatto e che più di ogni altra mi parrebbe adatta al giardino di Bourbonne. Si tratta di grandi concerti in cui non v'è il violino principale. Quintin può domandare a Bourbonne se vuole che gliene faccia una provvista». La presenza di dodici Concerti a quattro di Vivaldi nella biblioteca del Conservatorio di Parigi, due dei quali con evidenti stilemi francesizzanti come chiaro tributo al suo committente, deve probabilmente considerarsi il frutto dell'interessamento di de Brosses.

Il Prete Rosso applicò lo schema formale del concerto "a solo" a quello per orchestra sia nella struttura a ritornelli, sia nella consueta tripartizione Allegro/Adagio/Allegro. Tuttavia l'assenza del solista, e perciò dell'alternanza tutti-solo sulla quale si basava la maggior parte dei suoi concerti, poneva inevitabilmente dei problemi di natura formale che toccavano gli assetti più propriamente compositivi di quelle partiture. Il musicista veneziano li risolse con la consueta genialità agendo o sul piano strutturale - inserendo cioè tra i ritornelli alcuni intermezzi costruiti con materiale tematico nuovo - o elaborando un percorso armonico più interessante; oppure intervenendo sul livello stilistico, scegliendo di volta in volta tra scrittura contrappuntistico-imitativa del linguaggio sonatistico o sonora omofonia delle sinfonie d'opera.

Nel primo tempo del Concerto in la maggiore RV 158, Allegro molto, il ritornello - di per sé concluso e ricco di ben profilati spunti motivici - si ripresenta nelle tonalità previste dal consueto schema armonico tonica-dominante-relativo minore-tonica. La vitalità melodica dei vari episodi, le varianti a cui questi vengono sottoposti nelle diverse riesposizioni, le imitazioni fra le parti e l'esuberanza delle progressioni assicurano agilità ed interesse all'intero movimento. L'Andante molto, in la minore e in forma tripartita, costituisce nella sua spiccata cantabilità una parentesi lirico-espressiva inserita tra i due tempi veloci, mentre l'incisività ritmica dell'Allegro finale, considerato da Talbot «sulle soglie ormai della forma-sonata» per i suoi contrasti tematici e per l'efficace effetto della ripresa, chiude il pezzo nella trascinante e luminosa vivacità con la quale terminano la maggior parte delle sinfonie e dei concerti "ripieni" vivaldiani.

Marco Carnevali

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nei primi anni del '700 i compositori italiani scrivevano concerti di tre diversi generi: il concerto grosso, che alternava un piccolo gruppo di strumenti al tutti orchestrale, stava già per essere superato, perché per origine e natura era legato a uno stile contrappuntistico appartenente ormai al passato; il concerto solistico, che contrapponeva un solista all'orchestra, rappresentava invece il futuro, perché era più adatto a realizzare pienamente le più recenti tendenze verso un ritmo dinamico e incisivo e verso una scrittura più limpida, con una parte acuta melodica e fiorita sostenuta da un'armonia chiara e semplice; infine c'era il concerto per orchestra o concerto ripieno, destinato a un'orchestra d'archi con basso continuo, senza solista, che potrebbe sembrare un ramo morto nella storia della musica, perché non ebbe discendenti diretti, ma che in realtà è stato una forma di transizione verso la sinfonia, tanto che alcuni studiosi hanno ideato per lui il termine di concerto-sinfonia.

Il concerto per orchestra era relativamente raro ma Vivaldi ne scrisse ben quarantaquattro, che sono ingiustamente trascurati nell'attuale attività concertistica: non può essere un'attenuante per noi contemporanei il fatto che ebbero scarsa circolazione anche all'epoca di Vivaldi, tanto che uno solo fu pubblicato a stampa.

Pur senza l'alternanza solo-tutti, la forma di questi concerti per orchestra è simile a quella del concerto solistico. Il Concerto in la maggiore per archi e basso continuo, R. 158, ha un primo movimento (Allegro molto) dal ritmo molto vivace, che è reso ancora più mosso dal serrato dialogo che contrappone violini primi e secondi. L'Andante molto mostra un tono più severo della maggior parte dei corrispondenti movimenti lenti dei concerti solistici di Vivaldi, che si manifesta nella nobiltà della linea melodica e nel tessuto contrappuntistico. Spiritato, quasi danzante, ma anche contrappuntistico, l'Allegro finale, contrariamente alla norma, supera in lunghezza i due precedenti brevissimi movimenti.

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 28 Aprile 2000
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 13 dicembre 2001


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Ultimo aggiornamento 29 marzo 2015