Ouverture in do maggiore "Wasserouverture", TWV 55:C3


Musica: Georg Philipp Telemann (1681 - 1767)
  1. Ouverture
  2. Sarabande. Die schlaffende Thetis. Doucement
  3. Bourée. Die erwachende Thetis.
  4. Loure. Der verliebte Neptunus.
  5. Gavotte. Die spielenden Najaden.
  6. Harlequinade. Der schertzende Tritonus.
  7. Der sturmende Aeolus.
  8. Menuet. Der angenehme Zephir.
  9. Giga. Ebbe und Fluth.
  10. Canarie.Die lustigen Bots-Leut.
Organico: 2 flauti piccoli, 2 flauti a becco, 2 oboi, fagotto, 2 violinni, viola, basso continuo
Composizione: 1725
Edizione: inedito
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Georg Philipp Telemann fu contemporaneo di Bach - nacque quattro anni prima e morì diciassette anni dopo il maestro di Eisenach - ed è spesso messo criticamente in relazione con questo suo grande contemporaneo, ora sottolineando le analogie ora i contrasti che caratterizzavano i loro stili come le loro biografie. Nella biografia di Telemann, ad esempio, e proprio in contrapposizione a quella bachiana è stato notato il gusto per un continuo peregrinare che lo portò a Lipsia, in Polonia, ad Eisenach a Francoforte ed infine ad Amburgo in una continua ricerca di nuove esperienze artistiche con una curiosità del nuovo che poi spiega l'eclettismo della sua opera aperta alle esperienze non solo della musica tedesca ma di quella francese, italiana e polacca; esperienze che egli seppe fondere in una artigianale ma disinvolta scrittura musicale spesso piena di idee estrose e garbate.

Del resto la «curiosità» e la «mondanità» di Telemann - doti queste che lo accomunano più ad Händel, altro musicista, a lui contemporaneo, che a Bach - sono dimostrate anche dal suo impegnarsi in prima persona nell'organizzazione di concerti e rappresentazioni liriche e dal suo interesse perfino per le questioni di critica musicale sulle quali scrisse sul primo periodico musicale tedesco, il «Getreuer Musik - Meister» da lui fondato nel 1728 ad Amburgo, ultima e più lunga tappa del suo attivo peregrinare.

Nel complesso, la vita di Telemann è quindi più segnata da un mondano attivismo che da un bachiano impegno creativo; il che non gli vietò di essere tra gli autori più prolifici dell'intera storia della musica - la sua produzione è quantitativamente superiore a quella di Bach e di Händel messa insieme! - essendosi egli cimentato nella composizione di musiche di ogni genere: migliaia di pezzi per uso liturgico, venticinque opere teatrali, parecchie decine di Passioni e di Oratori, musica da camera, centinaia di pezzi orchestrali.

Pure, al di là del dato puramente cronologico, Telemann, forse proprio per le sue doti di curiosità e di eclettismo, finisce con l'andare oltre Bach ponendosi quasi come un anello di congiunzione tra il barocco e il rococò tedesco, tra la grande tradizione sacra sia cattolica che luterana e i modi e le forme della musica cosiddetta «galante». Ed è in questa dimensione che si trova la spiegazione di come vecchie forme della tradizione assumessero nelle sue mani nuovi contenuti tra i quali - nella stessa direzione che negli stessi anni imponeva alla musica clavicembalistica Francois Couperin in Francia - assumeva particolare spicco quello derivante dall'interesse del musicista per la «musica a programma».

Ed è questa la caratteristica, anche della Suite in do maggiore che, arricchita di movimenti diversi da quelli allora tradizionali, si caratterizza dall'intenzione dichiarata in precise didascalie apposte ad ogni singolo movimento, di esprimere precisi fatti e precisi stati d'animo. Così la «Suite» si apre con una introduzione (un lungo «Allegro» incorniciato da due tempi lenti) alla quale seguono sette brevi movimenti di danza intercalati da una sorta di intermezzo intitolato «La tempesta di Eolo», che si presentano nella seguente successione:

Sarabanda: Teti dormiente
Bourrée: Il risveglio di Teti
Loure e Gavotta: Nettuno innamorato
Arlecchinata: Un tritone che scherza
La tempesta di Eolo
Minuetto: Lo zeffiro gradevole
Giga: L'alta e la bassa marea
Canaria: Marinai allegri

E qui occorre aggiungere qualche notizia sulle due danze meno note che appaiono in questa «Suite»: la «loure», dunque, è una danza in tempo di 3/4 che prende il suo nome da una sorta di cornamusa propria della Normandia che poi cedette il suo nome alla danza che tradizionalmente accompagnava; la «Canaria», invece, in tempo di 6/8, è una danza proveniente dalle omonime isole dell'Atlantico che chiude degnamente questo settecentesco poema marinaresco. Il brano è scritto per una formazione orchestrale costituita da: violini e viole, violoncelli, contrabbassi e cembalo (questi con funzione di basso continuo), ottavino, flauti, oboi, fagotti. Nella Sarabanda e nella Bourrée entrano nell'impasto orchestrale anche due flauti a becco.

La Suite in do maggiore non è stata ancora esattamente datata. La critica telemanniana più moderna ritiene che si tratti di un lavoro scritto durante il soggiorno a Francoforte sul Meno (1712-1721) destinato ad essere eseguito dal «Collegium Musicum» di cui era direttore lo stesso Telemann in concerti pubblici tradizionalmente fissati tra la festa di San Michele e la Pasqua che avevano luogo al palazzo Frauensteinschen.

Gianfilippo De' Rossi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La produzione di Georg Philipp Telemann è straordinariamente vasta e abbraccia praticamente tutti i generi musicali del suo tempo. Personalità poliedrica, uomo di cultura, profondo conoscitore della musica «pratica» come di quella «teorica», Telemann sfruttò le esperienze stilistiche musicali che i numerosi viaggi per tutta Europa gli permisero di conoscere approfonditamente. Anche se numericamente inferiore rispetto a quella vocale, la sua produzione strumentale contempla composizioni per strumento a tastiera e per liuto, preludi corali per organo, fantasie, suites e sonate per clavicembalo, numerose sonate per uno strumento e basso continuo, ouvertures per orchestra, concerti per uno o più strumenti e orchestra e le Tafelmusiken.

La Wassermusik (Musica sull'acqua) in do maggiore è del 1725, periodo nel quale Telemann occupava la carica di Kantor ad Amburgo. Si tratta di una piacevolissima suite per orchestra, i cui singoli movimenti sono costituiti da danze che recano in partitura un titolo che si richiama a dei e divinità del mare. L'Ouverture si apre con un'introduzione solenne, dominata dalle lunghe note tenute degli oboi, sui quali si levano gli archi con un motivo in ritmo puntato. È il tipico inizio «alla francese», pomposo e cerimoniale. L'Allegro che segue è in stile fugato e viene giocato da Telemann sulla continua alternanza fra Tutti e Soli, nella tipica scrittura del Concerto grosso italiano. Negli episodi dei Soli spiccano i timbri di oboe e fagotto, prima con un nuovo motivo «a singhiozzo», poi con un breve intervento che precede la ripresa del motivo principale. Un ritornello integrale del Grave e dell'Allegro precede il finale, ovvero la ripetizione abbreviata del Grave introduttivo.

La Sarabanda danza in tempo ternario dall'andamento lento e severo, rappresenta Teti dormiente. Come di norma è articolata in due parti ripetute. La prima parte presenta un movimento ostinato di crome (violini II e viole), sul quale si leva un motivo affidato ai fiati e costituito da un incipit in ritmo puntato seguito da un ipnotico movimento in terzine. La seconda parte è motivicamente identica alla prima, ma presenta il percorso armonico-tonale inverso (dalla dominante alla tonica).

Il risveglio di Teti è affidato a una Bourrée, antica danza francese in tempo binario, allegro, dagli accenti ritmici ben marcati. La prima parte, rapida e incalzante, si apre con uno scatto ascendente formato dalle note tonali di do maggiore (Tutti); la seconda vede impegnati flauti e fagotto in un disegno melodico più tranquillo e ornato (Soli).

Anche la Loure (Nettuno innamorato) è una danza di origine francese, dall'andamento moderato e dal tempo ternario. Delicata e nostalgica, in modo minore, questa pagina è dominata da uno zoppicante ritmo puntato.

Le Naiadi, le giovani ninfe abili nuotatrici, vengono dipinte in musica da Telemann con una Gavotta, danza in tempo binario dall'andamento moderato. La scrittura orchestrale è qui compatta e il discorso musicale si snoda delicato e quasi «distaccato», sempre sottovoce.

Gli scherzi di Tritone sono occasione di un'allegra Arlecchinata, che si apre con un Tutti caratterizzato da veloci notine discendenti, quasi «graffi» irriverenti. Il primo episodio solistico riprende e sviluppa il motivo precedente: il violoncello solo viene accompagnato dagli archi in pizzicato. Dopo il ritornello del Tutti, il secondo episodio solistico, molto simile al primo, precede l'ultima apparizione del ritornello.

Gli slanci di Eolo (Eolo impetuoso), il re dei venti, sono rappresentati da un movimento ritmico che si anima poco a poco: prima con crome ribattute, poi con ritmi puntati, infine con semicrome ribattute e impetuose scale a tutta orchestra. La seconda parte è speculare alla prima e presenta quindi la stessa scrittura ritmica; diverso il percorso tonale, con la riconduzione dalla dominante alla tonalità d'impianto.

Il mite Zefiro è un aggraziato Minuetto, dominato nella prima parte dal tipico ritmo breve-lunga, che genera un caratteristico spostamento di accento nella battuta; la seconda parte è dominata dal timbro squillante del flauto piccolo che si produce in una lunga e sinuosa melodia.

I giochi dell'alta e della bassa marea sono resi in musica da una Giga, danza in tempo ternario dall'andamento veloce. Sopra un lungo pedale dei bassi, si leva una sinuosa linea in terzine esposta prima da violini primi e secondi, poi ripresa in crescendo da tutta l'orchestra. La pagina è giocata sulla continua alternanza fra diminuendo-piano (bassa marea) e crescendo-forte (alta marea).

La suite si conclude col ritmo allegro e saltellante di tutta l'orchestra, impegnata in vivaci giochi di eco musicale fra le sue varie sezioni: è la Canarie, una danza di origine spagnola dal ritmo ternario e dall'andamento veloce.

Alessandro De Bei


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 28 gennaio 1970
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 190 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 3 maggio 2017