Concerto in re maggiore per tromba, archi e continuo, TWV 51:D7


Musica: Georg Philipp Telemann (1681 - 1767)
  1. Adagio
  2. Allegro
  3. Grave (si minore)
  4. Allegro
Organico: tromba, archi, basso continuo
Composizione: 1708 - 1714 circa
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Georg Philipp Telemann, oltre ad una sterminata produzione musicale che ancora oggi non è possibile dominare completamente, ha lasciato un prezioso carteggio epistolare con alcuni dei più significativi rappresentanti del mondo artistico e culturale tedesco della prima metà del Settecento e tre saggi autobiografici che costituiscono una fonte di grande valore per avere informazioni sulla sua educazione, carriera, mentalità e gusto. Particolarmente importante, in questo senso, è la prima delle sue autobiografie, scritta a Francoforte nel 1718 su richiesta del Mattheson (le altre due sono rispettivamente del 1729 e del 1739), in quanto in essa sono contenute alcune interessanti considerazioni del Maestro di Magdeburgo sul Concerto strumentale, vale a dire sul genere che, assieme all'Opera in musica, era stato il tramite principale della diffusione dello stile italiano in Germania, così come la suite lo era stato di quello francese.

Ripercorrendo retrospettivamente gli anni trascorsi come Konzertmeister e Kapellmeisterz ad Eisenach (1708-1712), Telemann ricorda «dal momento che è sempre piacevole fare qualcosa di nuovo, mi misi a scrivere anche dei concerti. Devo riconoscere che essi non mi sono mai andati particolarmente a genio sebbene ne avessi già composti un numero non trascurabile...». Il senso della frase che, estrapolata dal suo contesto, potrebbe apparire sorprendente, viene chiarito poco più avanti dallo stesso autore, il quale sembra indirizzare le sue critiche non tanto al genere preso in sé, quanto al virtuosismo fine a se stesso, privo cioè di una reale legittimazione melodica e di un sufficiente equilibrio armonico, del concerto a ritornelli di provenienza italiana.

Ciò non gli impedì, tuttavia, di scrivere «un numero non trascurabile» di concerti (ce ne sono rimasti circa un centinaio) per le Hofkapellen di Eisenach, Dresda, Darmstadt, e soprattutto per i Collegia Musica da lui fondati o diretti a Lipsia, Francoforte e Amburgo. Tali istituzioni concertistiche cittadine, nate un po' in tutto il Nord Europa, furono espressione di una concezione prettamente "borghese" della musica e del far musica come fenomeno culturale non esclusivo dei circoli aristocratici e di corte, alla quale Telemann contribuì, oltre che sul piano organizzativo, con la creazione di un linguaggio musicale perfettamente commisurato alle aspettative del pubblico di dilettanti e di appassionati che le frequentava, dei quali conosceva perfettamente i limiti e le preferenze e che era il destinatario naturale e più diretto delle sue opere strumentali. Si tratta di una musica semplice, ben articolata nelle sue strutture interne, ricca di attraenti spunti melodici e di particolari effetti timbrici, pronta ecletticamente a recepire le molteplici influenze della musica francese, italiana e del folklore musicale dell'est europeo, fedele ad un ideale estetico che faceva della facilità, della simmetria e della sintesi stilistica un criterio valutativo discriminante.

Sul piano formale, nei suoi concerti Telemann mirò costantemente a superare la mancanza di equilibrio armonico e tematico che a volte si manifestava nell'alternanza di "soli" e "tutti" del concerto di provenienza italiana, legando i solisti all'orchestra mediante spunti motivici comuni e spostando semmai la loro contrapposizione da un livello strettamente sintattico-costruttivo ad uno più squisitamente sonoro. Interprete acuto della tavolozza timbrica dell'orchestra barocca, egli dimostrò una spiccata sensibilità nell'individuare le potenzialità espressive nascoste nei vari strumenti: vengono allora valorizzati quelli dalle sonorità insolite, come lo chalumeau e l'oboe d'amore; elevati a solisti dell'orchestra quelli, come il flauto a becco o la viola da gamba, prevalentemente usati nell'ambito della più intima musica da camera; arricchiti sul piano della cantabilità lirica - specie nei movimenti lenti - quelli, come gli ottoni, per troppo tempo ristretti alla sfera puramente eroico-celebrativa.

Di Telemann ci sono giunti due Concerti per tromba, archi e continuo, entrambi in re maggiore: uno, come la maggioranza dei suoi concerti, è in quattro movimenti, secondo lo schema della sonata da chiesa: Lento - Veloce - Lento - Veloce; l'altro invece segue la tripartizione tipica del concerto italiano. A questi vanno aggiunti anche i lavori in cui la tromba viene utilizzata assieme ad altri strumenti, come nelle numerose suites per orchestra e nei concerti "di gruppo" (per esempio i due per tre trombe). In questi brani la contrapposizione tra i "soli" e i "tutti" si articola su un libero ma equilibrato gioco di scambi tematici tra il solista e l'orchestra. Il senso di continuità del dialogo strumentale così creatosi, se pur privo della complessità contrappuntistica bachiana o dell'intensità drammatica vivaldiana, determina un andamento pacato, discorsivo, garbato dell'eloquio musicale, che si pone ormai già alle soglie del primo stile Rococò.

Marco Carnevali

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Il Concerto in re maggiore per tromba, archi e continuo è un esempio classico di concerto in stile veneziano in tre movimenti, dal momento che l'Adagio introduttivo, nel quale la tromba solista mette in evidenza le sue straordinarie capacità di «cantare», va considerato come un grande «levare» introduttivo per l'Allegro successivo.

Alessandro De Bei


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 17 aprile 1998
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 116 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 13 febbraio 2017