Introduzione e valzer da "Der Rosenkavalier", op. 59, I. e II. Atto,

Nuova suite per orchestra - Prima serie tratta dal primo e secondo atto

Musica: Richard Strauss (1864 - 1949)
Organico: 3 flauti (3 anche ottavino), 3 oboi (3 anche corno inglese), 3 clarinetti, clarinetto basso (anche corno di bassetto), 3 fagotti (3 anche controfagotto), 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, grancassa, piatti, triangolo, tamburo, glockenspiel, campane tubolari, castagnette, celesta, 2 arpe, archi
Composizione: Garmisch, 15 Novembre 1944
Prima esecuzione: Londra, 4 Agosto 1946
Guida all'ascolto (nota 1)

Il 7 aprile 1909, dalla sua casa di Rodaun, Hugo von Hofmannsthal scrive all'amico Leopold von Andrian: «[...] Al momento per Richard Strauss sto scrivendo, con fatica, ma anche con divertimento, il testo di un'opera giocosa che si svolge a Vienna, all'epoca di Maria Teresa. Non so quanto talento io abbia, ma il mio métier mi dà gioia e spero di lasciare un giorno dietro di me il ricordo di un artista rispettabile e coscienzioso. Sta' bene. Il tuo vecchio Hugo». Ma aveva già avvertito il suo collaboratore musicista (lettera a Strauss dell'11 febbraio 1909): «[...] Ma c'è qualcosa che per noi due è assai più importante (così spero): qui in tre pomeriggi tranquilli ho preparato un canovaccio completo e tutto originale di un'opera, con decisi elementi comici nei personaggi e nelle situazioni, con una vicenda varia ed evidente quasi come una pantomima, con occasioni per parti liriche, burlesche, umoristiche e perfino per un piccolo balletto. Il mio abbozzo lo trovo incantevole, e il conte Kessler, con cui ne ho discusso, è entusiasta».

Nella lettera ad Andrian sembra strano che un giovane artista di trentacinque anni ormai celebre, consapevole di sé e della sua fama, pensi, con scrupolosa modestia, alla sua immagine tra i posteri. C'è, sì, ironia, che noi avvertiamo nella sorridente cordialità della firma («Il tuo vecchio Hugo»), ma il tono è quello serio di chi si impone una prova e un compito nuovo. E questo, effettivamente, stava accadendo. In una profonda crisi personale e artistica da qualche anno egli si era allontanato dalla poesia, stanco come si sentiva del suo magistero letterario e della raffinata dottrina delle parole che si erano ormai alzati a far muro tra lui e la vita veramente vissuta. Ad un giovane così attento e sollecito dei casi umani quale egli era, sembrò che ogni rapporto con il presente e con il passato si fosse inaridito in una finzione estetica.

Così Hofrnannsthal abbandonò, quasi all'improvviso, la poesia lirica per la prosa narrativa e saggistica e specialmente per il teatro di commedia, cioè per forme d'arte (che il saggio critico o storico nel suo caso è arte) che egli definiva 'sociali', nate dalla comprensione, eticamente responsabile, del passato, interpretato e rivissuto con amore, e del presente, finalmente sentiti vicini e vitali.

Da allora, nei suoi lavori maggiori c'è, esplicita (come nel libretto del Rosenkavalier, concluso nel 1910, e nella stupenda commedia Der Schwierige, L'uomo difficile, del 1919) o celata, l'energia nata dalla vittoria interiore sull'angoscia dell'intelligenza e sulla malattia dell'anima.

Nel 1909, dunque, il poeta da due anni scrive vere commedie e mette alla prova se stesso nel genere letterario che egli giudica il più adatto ai tempi, come ho appena detto, il più civile e fecondo, ma il suo talento è ancora insicuro. Gli unici lavori teatrali portati a termine tra il 1903 e il 1909 sono traduzioni, riduzioni, rielaborazioni da drammi classici o barocchi, fatte per consolidare la competenza (ma nel 1903 esce la famosa Elektra), per il métier (come aveva scritto all'amico Andrian). Dei lavori originali due restano per allora incompiuti, il terzo, il maggiore in realtà, sembra nelle sue parole il meno importante, il più laborioso ma anche il più piacevole: è il libretto del Rosenkavalier, ed è questo che gli suggerisce il pensiero della sopravvivenza poetica, il suo personale non omnis moriar.

Ebbene, vedeva giusto il poeta, che la prova di sé e la conclusione della ricerca stanno, infatti, nella poesia del Rosenkavalier. Né direi esagerato l'affermare che in tutta l'opera poetica di Hofrnannsthal nulla, nemmeno gli indiscutibili Ariadne e Der Schwierige, esprima, come fa il Rosenkavalier, la certezza di un'energia interiore risanata, il senso di un nesso vitale con le epoche trascorse, la gioia della comprensione e della gratitudine. Questi sono i sentimenti che Strauss ha accolto nella sua musica, affidando al ritmo di valzer le suggestioni della letizia e della malinconia. E l'ammirevole esattezza della poesia nel ritrarre ogni carattere con i suoi affetti e pensieri, con il suo tono sociale, il colorito delle parole, addirittura i gesti, ha dato alla musica un'occasione unica di realismo psicologico, nel sentimentale e nel comico. L'infallibile energia descrittiva della musica in ogni figura della commedia (il pathos aristocratico della Marescialla, la sbrigativa sensualità del Barone, l'adolescente spavalderia di Octavian...) e in ogni incastro comicosi avverte perfino nelle sintesi sinfoniche che dall'opera sono state tratte. Si ascolti, per esempio, nella suite del nostro concerto con quale naturalezza il trasporto sensuale dell'inizio (I episodio) si dilegui nelle tenere galanterie della colazione (II episodio) o quanto lontane da questo sereno languore, lontane nelle mosse e nelle parole (percepite già nella sola musica!), siano le spicce emozioni del Barone che assedia 'la servetta' (Ve VI episodio).

Ma non ci ingannino l'amabilità o l'allegria della commedia e di tutte le sue figure, perché la sostanza poetica e musicale dell'opera è seria, sì che non capita mai, credo, di congedarci da questa poesia e dalla musica che le appartiene, senza sentire una commozione perplessa, un'ansiosa gratitudine, e la malinconica incertezza che ci dà ogni capolavoro moderno, riflessivo, critico, com'è questo, riassuntivo del passato e agilmente carico di sapienza storica, sociale, letteraria, psicologica. Il Rosenkavalier di Strauss e Hofmannsthal andò in scena a Dresda il 26 gennaio 1911, con un trionfo e in pochi giorni fu sui palcoscenici di tutti i teatri tedeschi.

L'enorme successo dell'opera (la più rappresentata del Novecento dopo Madama Butterfly) spiega le varie suites e antologie da concerto che ne sono state tratte, da Strauss stesso e da altri, con il suo permesso o anche senza. Una musica irresistibile e tanto amabilmente felice è destinata a tornare di frequente non solo a teatro ma anche nelle riduzioni per il concerto (e può, quindi, procurare soddisfacenti introiti agli autori). Ma la questione di tutte queste riduzioni è assai confusa, perché le antologie scelte con criteri differenti (non sempre chari e logici) sono state pubblicate in epoche diverse e sono ancora oggi manipolate. È il carattere della musica teatrale di Strauss (o della sua musica in genere), l'infallibile sua capacità descrittiva, l'evidenza e la concisione tematica, a sollecitare la creazione di brani sinfonici da concerto, che l'autore stesso, infatti, trasse da molte sue opere. Ma la suite o l'antologia di musiche e melodie così caratterizzate nella loro coerenza drammatica suonano spesso mal collegate e i brani sembrano sforzatamente giustapposti. Così è, per esempio, nella suite dalla Frau ohne Schatten, La donna senz'ombra, e anche, o più, nelle serie di valzer e nelle suites dal Rosenkavalier: la musica, beninteso, è quella che è, bellissima.

La cosiddetta Prima serie di valzer fu in realtà preparata da Strauss per seconda nel 1944 e ritoccata qualche anno dopo (prima esecuzione a Londra, 4 agosto 1946, diretta da Erich Leinsdorf). L'altra, oggi intitolata Seconda serie, risale al 1911 e contiene pagine dal solo III atto dell'opera: e non basta, che una precedente Prima serie era già stata messa insieme da Otto Singer nel 1912 (questa di Strauss del 1946 la sostituisce ufficialmente).

La Prima serie di valzer fu sistemata da Strauss soprattutto per necessità economiche. Subito dopo la guerra, nel 1946, il grande musicista, che era stato ricchissimo, ormai vecchio non aveva più nulla, neppure la villa di Garmisch (che poi, per fortuna sua e della nostra coscienza, gli fu resa). Lavorava come poteva per sopravvivere con dignità e decoro. Vendeva qualche suo manoscritto, con discrezione, e riadattava sue musiche del passato (ma creava anche, e come!).

Gli episodi che ascoltiamo sono: 1) dal I atto, l'Introduzione (che non è in tempo di valzer), cioè la notte d'amore della Marescialla col giovine Octavian, fino alla grande melodia dell'abbraccio (ma la pagina dell'Introduzione è accorciata); 2) con una graziosa transizione modulante, da 4/4 a 2/4 e infine al tempo di valzer, si passa al duetto dei due amanti che fanno colazione; 3) dal II atto, la scena della letterina, poi, 4) la cordiale melodia, in 4/4, che accompagna le fantasie del Barone, il quale, rinfrancato dal vino dopo la paura del duello, si mette a canticchiare il valzer 'popolare', 3/4, «Ohne mich, ohne mich» (qui Strauss consiglia di rimpiazzare la voce del solista col contrabbasso); 5) il grande valzer, soddisfatto e protervo, del Lerchenauisch' Glück, 6) il corteggiamento del Barone alla finta Mariandel, al quale si collega, come gran finale, il sonorissimo valzer conclusivo del II atto. Coerente o no tra le parti, originale o qua e là corretta per sostituire le voci (non sempre sostituibili, essendo lì i personaggi quelli che sono!), ascoltiamo in ogni caso musica di bellezza radiosa e commovente.

Franco Serpa


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 28 ottobre 2006


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 18 febbraio 2016