Der Bürger als Edelmann (Il borghese gentiluomo)

Suite dalle musiche di scena, op. 60 (TRV 228c)

Musica: Richard Strauss (1864 - 1949)
Organico: 2 flauti (2 anche ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 1 tromba, 1 trombone basso, timpani, piatti, tamburello, triangolo, grancassa, tamburo, glockenspiel, pianoforte, arpa, archi
Composizione: Vienna?, 1919
Prima esecuzione: Vienna, Wiener Philharmoniker, 31 gennaio 1920
Edizione: A. Fürstner, Berlino, 1920
Guida all'ascolto (nota 1)

Leggendo il catalogo di Richard Strauss ci s'imbatte, giunti all'op. 60, in quattro composizioni che condividono lo stesso numero e, in parte, anche lo stesso titolo: si tratta della "commedia con danze tratta da Molière" Der Bürger als Edelmann (II borghese gentiluomo), della suite orchestrale dallo stesso titolo, dell'"opera in un atto preceduto da un prologo" Ariadne auf Naxos (Arianna a Nasso) e della prima versione di questa stessa opera (convenzionalmente indicata come Ariadne I). Sono quattro lavori collegati, in quanto ebbero origine da un unico progetto, ma distinti, in quanto giunsero a realizzazione secondo tempi e modi diversi. È indubbiamente un fatto insolito.

Per districare questo nodo aggrovigliato bisogna risalire all'inizio del 1911, quando, poco dopo il trionfale debutto a Vienna del loro Rosenkavalier (II cavaliere della rosa), Richard Strauss e Hugo von Hofmannsthal si chiesero come avrebbero potuto dare un seguito a quella felice collaborazione. Il poeta propose al compositore tre diverse idee: una rielaborazione teatrale con musiche originali del Bourgeois gentilhomme di Molière per la compagnia di prosa diretta dal grande regista Max Reinhardt; un'opera da camera sul mito d'Arianna, nella quale i personaggi di un'opera settecentesca si trovano fianco a fianco con le maschere della commedia dell'arte; un più complesso lavoro interamente originale. Mentre quest'ultima idea avrebbe dato vita alcuni anni dopo a Die Frau ohne Schatten (La donna senz'ombra), le altre due si sarebbero dapprima fuse insieme per poi separarsi nuovamente, dopo essere passate per una serie di profonde revisioni.

Bisogna ricordare che Le bourgeois gentilhomme originale era una comédie-ballet nella quale al testo di Molière erano inframezzate le musiche di Lully, dando vita a un composito spettacolo fatto di recitazione, canto e danza, culminante nel grande Ballet des Nations finale. Hofmannsthal architettò un congegno teatrale, per cui al termine della commedia (ora arricchita dalle musiche di Strauss, al posto di quelle di Lully) seguiva la rappresentazione dell'opera sul mito d'Arianna: la sua idea era che il protagonista - il neoricco Monsieur Jourdain, che tenta d'imitare i modi di vita dell'aristocrazia - disponesse di far seguire la sontuosa cena che conclude la commedia dalla rappresentazione di un'opera seria e d'un intermezzo comico, per poi cambiare idea e decidere che, per non andare troppo per le lunghe, i cantanti avrebbero dovuto adattarsi ad eseguire simultaneamente l'opera e l'intermezzo. In questa veste Der Büger als Edelmann fu rappresentato al Hoftheater di Stoccarda nel 1912, ottenendo un'accoglienza piuttosto fredda. Strauss capì subito che la debolezza dello spettacolo risiedeva proprio nella sua natura composita, che costringeva gli appassionati d'opera ad assistere a una commedia cui non erano interessati, e viceversa. Si rimise dunque al lavoro insieme a Hofmannsthal, divise l'opera dalla commedia e la fornì d'un prologo totalmente nuovo, che mostrava i preparativi dello spettacolo: in questa veste Ariadne auf Naxos, ormai staccatasi da Der Bürger als Edelmann, fu rappresentata nel 1916 alla Hofoper di Vienna. Invece la versione della commedia di Molière con le nuove e splendide musiche di scena scritte nel 1912 non attecchì e quindi Strauss decise di salvare la propria musica riunendone i nove numeri più importanti in una suite orchestrale da concerto.

Molière ispirò a Strauss una musica che per la sua squisita fattura e la sua frizzante eleganza è stata paragonata alle tele di Fragonard e Boucher: ma sotto alcuni andamenti in stile antico (o piuttosto pseudoantico) sono sempre agevolmente riconoscibili i tratti più tipici del sanguigno musicista bavarese, come la freschezza spontanea dei motivi, il vigore delle linee, la comicità ridanciana e soprattutto il vivido colore orchestrale, ottenuto nonostante le dimensioni relativamente ridotte dell'orchestra (comunque Strauss si concede una cospicua sezione di strumenti a fiato, una variegata percussione, un pianoforte e un'arpa).

L'Ouverture descrive l'animazione del palazzo di Monsieur Jourdain, al cui centro domina il proprietario stesso, grottescamente pomposo ma in fondo insicuro di sé (lo rivelano le improvvise modulazioni), che incede pavoneggiandosi e compiacendosi della propria ostentata e ridicola galanteria (da notare il tema dell'oboe in ritmo di siciliana in 6/8, che fu riutilizzato nella versione del 1916 di Ariadne auf Naxos, dove è cantato dal Compositore sulle parole "Tu, schiavo di Venere"). Il Menuet è un brevissimo pezzo orchestrato in modo leggero per i due flauti e gli archi, che con la loro grazia saltellante e la loro eleganza manierata accompagnano la lezione di danza impartita al ricco borghese da un femmineo maestro. Trombone, tromba e pianoforte annunciano il fiero ingresso d'un maestro d'arrni, mentre l'imbelle e corpulento allievo si produce in maldestre mosse di scherma, rese dall'orchestra con irresistibile evidenza. Si direbbe che la concretezza d'un lavoro artigianale renda i sarti un po' (ma solo un po') più solidi e meno affettati dei maestri di danza e di scherma: fanno il loro ingresso con una Gavotta ampiamente orchestrata, poi entra in azione il primo sarto, che al ritmo d'una Polonaise eseguita dal primo violino si dà da fare intorno a Monsieur Jourdain, la cui tronfia presenza viene rivelata da fiati e pianoforte con un tema simile a quello già ascoltato nell'Ouverture.

Le tre danze seguenti sono modellate direttamente su musiche di Lully, ma il loro stile e la loro atmosfera non hanno più alcun rapporto con l'originale. Nel Menuett des Lully non resta che il tema di Lully, che riceve un colore totalmente straussiano dalle ricche modulazioni e dalla sensuale e avvolgente orchestrazione. La Courante inizia con vivacità e galanteria (in realtà più settecentesche che seicentesche) per poi evolvere in un fitto ma trasparente intreccio contrappuntistico. Il pezzo seguente era destinato a Cleonte. Il pretendente alla mano di sua figlia, che prima era considerato inaccettabile da Monsieur Jourdain ma che ora, poiché si è presentato travestito da ricco turco, gli sembra più appropriato come potenziale genero. Strauss utilizza qui una Sarabanda di Lully, dividendola in tre sezioni: la prima è delicatamente orchestrata per i soli archi con sordina, la seconda è affidata a sei strumenti a fiato più il triangolo che le conferiscono un curioso colore orientaleggiante, la terza riprende la parte iniziale con un'orchestrazione più ricca.

Il Preludio al secondo atto (che in seguito cambiò collocazione e prese il nome di Intermezzo) con i suoi atteggiamenti galanti raffigura il conte Dorante e la marchesa Dorimene, una coppia d'avventurieri che cerca di circuire (notare l'insinuante e subdola eleganza del primo violino) e "alleggerire" Monsieur Jourdain. Das Diner è il pezzo più ampio della Suite: i commensali sono accompagnati al banchetto da una Fanfara seguita da una Marcia, che allude alla Marcia dell'incoronazione del Prophète di Meyerbeer. Poi iniziano a sfilare le varie portate, ognuna abbinata ad adeguate e spiritose citazioni musicali: il salmone del Reno evoca il Rheingold di Wagner, l'arrosto di montone è accompagnato da una citazione dell'episodio del gregge dal Don Quixote dello stesso Strauss, da cui deriva anche il successivo solo del violoncello, che indica che Monsieur Jourdain, ormai alticcio, sta rivolgendo le sue attenzioni galanti alla bella Dorimène. Quindi il cinguettio degli uccelli tratto dal Rosenkavalier (ma si può riconoscere anche "La donna è mobile" del Rigoletto) accompagna un piatto d'allodole e tordi. Il banchetto raggiunge il culmine quando i camerieri al ritmo d'un Valzer viennese portano sul tavolo una grande omelette surprìse, da cui salta fuori un giovane sguattero, che con una danza di prorompente vitalità porta il pezzo alla sua conclusione.

Mauro Mariani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La storia di questa Suite orchestrale è abbastanza complessa, e si lega con quella di una curiosa impresa artistica, progettata nell'ambito di uno dei sodalizi più importanti nella cultura del primo Novecento, quello fra Richard Strauss e il letterato di squisitissima civiltà che ne fu per lungo arco di tempo «librettista» di lusso e autorevole ispiratore, Hugo von Hofmannsthal. Già collaudata la loro collaborazione nel 1908 con Elektra e nel 1910 con Il cavaliere della rosa, Strauss e Hofmannsthal meditavano nel 1911 quella che sarebbe divenuta La donna senz'ombra (1918); contemporaneamente, erano nati i progetti di un adattamento, con musiche di scena di Strauss, di un testo di Molière, e di un'opera da camera nella quale si fondessero, motivi della mitologia classica e quelli della Commedia dell'arte. Presto in Hofmannsthal i due schemi vennero a confluire in un'unica concezione: «mi si è improvvisamente reso chiaro», scrisse il poeta al musicista, «quale splendida introduzione potrebbe essere Il borghese gentiluomo a un divertissement operistico come quello che ho in mente». Strauss aderì con entusiasmo, ponendosi subito al lavoro: nacque così la prima versione dell'Arianna a Nasso, nella quale al posto del Prologo che oggi conosciamo figurava una riduzione in due parti, a cura di Hofmannsthal, del Borghese gentiluomo di Molière, con musiche di scena di Strauss. Allestito il 25 ottobre 1912 al Teatro di corte di Stoccarda con la regia di Max Reinhardt e Strauss stesso sul podio, l'insolito spettacolo ebbe successo limitato; ancor meno felice fu l'esito di una ripresa a Dresda. Hofmannsthal non tardò a rendersi conto dell'impraticabilità teatrale di un lavoro così ibrido, e propose a Strauss una modifica radicale, con la rinuncia alla commedia di Molière e la sua sostituzione con un Prologo in musica: dopo qualche tentennamento, Strauss seguì ancora una volta i consigli di Hofmannsthal, portando e termine nel 1916 la seconda stesura dell'opera, quale oggi è in repertorio. Seguì, nel '18, anche la revisione del Borghese gentiluomo, portato da Hofmannsthal a tre atti, e corredato da Strauss di una partitura ben più estesa (diciassette numeri contro gli otto della prima versione); l'anno successivo Strauss ne trasse la Suite orchestrale in nove brani che figura in questo programma.

Nel preparare le musiche per Il borghese gentiluomo, Strauss aveva tenuto ben presenti quelle composte da Lulli per la rappresentazione del 1670 a Chambord; e parte di esse giunse addirittura a rielaborare, nei brani che figurano sotto i numeri 5, 6 e 7 (Minuetto, Corrente, Entrata di Cleonte) della Suite orchestrale. Ne sortì una partitura di fascino ed eleganza straordinari: i cui caratteri di pastiche stilistico, evidenti già nella scelta di un organico cameristico ma aperto a contenere strumenti moderni come il pianoforte, configurano una sorta di personale neoclassicismo, sia pure nell'accezione eminentemente letteraria che informa tutti gli sviluppi dell'antico progetto del 1911, e in particolare l'Arianna a Nasso. Troppo spesso accusato di superficialità, questo lavoro è il frutto levigatissimo e prezioso di uno Strauss certo «addomesticato» rispetto alle poderose esplosioni vitalistiche dei poemi sinfonici della gioventù, ma proiettato verso una civiltà culturale destinata a dare ancora prodotti stupendi, in campo teatrale e non. Appunto sotto il segno di un coltissimo esotismo cronologico, ancor più stilizzato e moderno di quello che informa tanta parte del Cavaliere della rosa, le musiche per Il borghese gentiluomo sembrano porsi fin dall'Ouverture con la quale ha inizio la Suite orchestrale. Il brano è diviso in due parti: la prima introduce la figura del protagonista della commedia di Molière, Monsieur Jourdain, e la variopinta corte di parassiti che ne sfruttano le ambizioni di snob ante litteram, con la frotta degli insegnanti che dovrebbero assicurare al borghese il rapido apprendimento di tutte le discipline degne di un gentiluomo; la seconda è un'arietta, nella versione scenica affidata a un soprano, e qui intonata dall'oboe, in clima genuinamente straussiano. Il Minuetto che segue coincide con la lezione di danza, o offre il destro a Strauss di sfoggiare una scrittura di calligrafica eleganza cameristica; un'altra lezione, quella di scherma, dà vita a un episodio di segno più marcato, talora quasi stravinskiano. L'entrata dei sarti che recano il nuovo lussuoso abito di Tourdain pronto per la prova avvia un brano ampio, fra i più celebrati della Suite, che impegna il primo violino in virtuosistiche escursioni su un pomposo ritmo di Polacca, e si sviluppa suggerendo con immediata evidenza visiva lo svolgersi di un'elaborata pantomima. Quinto, sesto e settimo brano trasfigurano il materiale musicale delle tre danze originali di Lulli (l'«Entrata di Cleonte» è una Sarabanda) nelle magie di un'armonia e di una strumentazione di raro fascino, dove la ricreazione del passato assume quasi il senso di un'evocazione di paradisi perduti. Il breve Intermezzo prima del secondo atto introduce Dorante e Dorimene, la coppia dei falsi aristocratici che intrigano ai danni di Tourdain. Quindi si dipana il pezzo più ampio ed elaborato dell'intera Suite, con la scena del banchetto, dove Strauss si compiace addirittura di numerose citazioni, nel seguire le vicende dell'azione: compaiono, più o meno trasformati, motivi dall'Oro del Reno di Wagner (quando si reca in tavola il salmone del Reno), dal Don Chisciotte dello stesso Strauss (è la musica dell'episodio delle pecore, ripresa quando si serve il montone), dal Rigoletto («La donna è mobile» in uno sberleffo dell'oboe, quando Dorimene stuzzica la corte di Tourdain); ritmi di danza ora calmi ora più vivaci si susseguono fino alla sorpresa finale, quando il più giovane dei garzoni di cucina balza fuori dall'omelette, scatenando la brillante danza che conclude la Suite.

Daniele Spini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 22 Aprile 2006
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 28 maggio 1981


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Ultimo aggiornamento 27 ottobre 2017