Sette Preludi, op. 17


Musica: Aleksandr Skrjabin (1872 - 1915)
  1. Allegretto (re minore)
  2. Presto (mi bemolle maggiore)
  3. Andante (re bemolle maggiore)
  4. Lento (si bemolle minore)
  5. Prestissimo (fa diesis maggiore)
  6. Andante doloroso (si bemolle maggiore)
  7. Allegro assai (sol minore)
Organico: pianoforte
Composizione: 1895 - 1896
Edizione: M. P. Belaieff, Lipsia, 1897
Guida all'ascolto (nota 1)

Skrjabin preferì sempre, nel preludio, la dimensione aforistica e, al contrario di quanto avvenne per Rachmaninov e per lo stesso Chopin, il preludio rappresentò nella sua esperienza creativa una costante.

Perché? Perché Skrjabin era piccolo di statura, si disse al tempo in cui il positivismo dettava legge. E ancora un esegeta scriabiniano molto serio, Donald Gravelmann, scrivendo una ventina d'anni or sono si senti in dovere di confutare l'accusa. Più ragionevole, ci pare, è pensare che nei preludi e in genere nei pezzi aforistici di Skrjabin cominci a prendere forma la poetica dell'espressionismo.

Il primo preludio di Skrjabin, poi incluso nell'op. 11, fu composto nel 1888, e dunque a sedici anni; gli ultimi cinque preludi, raggruppati nell'op. 74, furono composti nel 1914, e dunque un anno prima della morte: frammezzo a questi sei stanno altri ottantaquattro preludi, talvolta inseriti in raccolte di pezzi con vari titoli.

Qualche anno dopo aver gettato sulla carta i primi preludi Skrjabin affrontò quello che da Chopin in poi era diventato per vari compositori una specie di punto d'onore e un rompicapo: scrivere ventiquattro pezzi nelle ventiquattro tonalità, dodici maggiori e dodici minori. Skrjabin propose anzi all'editore Belaev, che accettò l'idea, di comporre due serie complete, e quindi quarantotto preludi.

Il grossissimo impegno venne veramente affrontato tra il 1894 e il 1895, e Skrjabin non mancò di incontrare puntualmente le difficoltà che l'impresa - se ne era accorto persino Chopin - comportava inevitabilmente. Sollecitato dall'editore, Skrjabin consegnò nel 1896 una raccolta completa di ventiquattro preludi, che venne pubblicata come op. 11. La seconda raccolta non fu mai ultimata, ma le tracce del lavoro che Skrjabin aveva compiuto sono chiaramente riscontrabili nel complesso di ventitré preludi pubblicati in raggruppamenti di diversa entità nelle opere 13, 15, 16 e 17.

I sei Preludi op. 13 seguono infatti l'ordinamento tonale dei primi sei Preludi op. 11, e i primi tre e il quinto dei cinque Preludi op. 15 riprendono l'andamento dei Preludi n. 7-10 dell'op. 11. I primi quattro dei cinque Preludi op. 16 riprendono l'andamento dei Preludi n. 11-14 dell'op. 11, ed i Preludi n. 3-4 e n. 6-7 dell'op. 17 seguono lo schema tonale dei Preludi n. 15-16 e n. 21-22 dell'op. 11. Anche i Preludi nn. 1, 2 e 5 dell'op. 17 sarebbero ipoteticamente collocabili in una serie di ventiquattro. In conclusione, Skrjabin aveva pronti ventuno dei ventiquattro numeri di una seconda serie di preludi. Ma siccome un ciclo di ventiquattro pezzi in ventiquattro tonalità presenta i difficilissimi problemi di equilibrio architettonico ed espressivo a cui già accennavamo, la decisione ultima fu di non completare ciò che mancava e di cercare raggruppamenti diversi in quattro numeri d'opera, con l'inserimento di due pezzi, op. 15 n. 4 e op. 16 n. 5, in tonalità già comprese nelle due serie.

Chiediamo scusa al lettore se ci siamo soffermati su un problema critico generale invece di parlare subito dei brani inclusi nel programma. Ma le caratteristiche dell'op. 17 si iscrivono chiaramente in un grandioso progetto rimasto incompiuto; e perciò ci è sembrato opportuno parlarne.

Il primo Preludio dell'op. 17, in re minore, è caratterizzato da un effetto di rubato scritto, tipico del primo Skrjabin: il numero delle note eseguite dalla mano sinistra cambia a ogni battuta. Il secondo, in mi bemolle maggiore, che è uno studio di ottave della sinistra, anticipa in una certa misura i caratteri del secondo tempo della Sonata n. 3. Il terzo e il quarto, in re bemolle maggiore e in si bemolle maggiore, con le loro linee melodiche ondeggianti, sono un alto esempio affascinante dello Skrjabin liberty. Più legato alla tradizione chopiniana il quinto, in fa minore, e alla tradizione schumanniana il settimo, in sol minore, mentre più personale appare il sesto Preludio, in si bemolle maggiore, sebbene la strumentazione pianistica, con una voce mediana in evidenza, riprenda un modulo molto diffuso nella seconda metà dell'Ottocento.

Piero Rattalino


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro della Pergola, 8 maggio 1988


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Ultimo aggiornamento 6 aprile 2016