Nei quaderni di appunti che Skrjabin tenne a partire dal 1905,
il nodo
teosofico dell'estasi, come stato spirituale nel quale si
fonde anima ed universo, occupa un posto di assoluto primo
piano. Dagli scritti si comprende come il problema
fondamentale del compositore non fosse solo provare nell'intimo questo
stato, ma anche renderlo a livello di scrittura
fìlosofica, poetica e musicale. Non a caso la composizione
del Poema dell'estasi,
che prese gli anni dal 1905 al 1908, fu
preceduta da un breve poemetto che Skrjabin fece pubblicare a sue
spese nel 1905 e distribuì solo agli amici e ai
collaboratori più stretti. I versi del poema
innalzano un inno alla forza invincibile dell'animo umano; vi si
possono leggere frasi come «e tu sarai un'onda di gioia e di
libertà dal molteplice generata. / O legioni di sentimenti /
o pure sensazioni / io creerò / in complessa
unità / la sensazione di beatitudine che tutte vi
rapisce». Tutto è pervaso da una cocente
visionarietà, da un'estatica esaltazione. L'autore
però non volle mai che il componimento poetico e quello
musicale si integrassero a vicenda. Lontano da qualunque
volontà di dare vita a un'opera di "musica a
programma", ebbe spesso a sottolineare che un direttore
d'orchestra desideroso di eseguire il Poema dell'estasi
non avrebbe
dovuto conoscere lo scritto (anche se poi chiese al direttore Modest
Altschuler di pubblicarne una
sintesi nel programma della prima americana a New York, il 10 dicembre
1908). La pubblicazione poetica è comunque solo uno stadio
verso il componimento musicale. Come tale può servire per
fare luce su un percorso che ha però un'evoluzione
ulteriore, che troverà solo nel mondo 'fusionale' dei suoni
la sua realizzazione ultima.
Tormentato dall'esigenza di esprimere un crogiolo di sensazioni sorretto da un potente impeto espressivo, Skrjabin affidò alla speculazione teosofica il suo bisogno di inesprimibile, la sua sete di conoscere ciò che trascende la mera quotidianità. Portando a maturazione ultima la convinzione romantica della musica come fonte di conoscenza dell'infinito, egli tende a trasfondere nella creazione sonora quella parte di sé che partecipa ancora alla sintesi primigenia di ogni cosa. Detto in termini filosofici, ciò che Skrjabin cerca è l'astrazione dell'identità assoluta (il motore primo da cui deriva la realtà e lo spirito) tramite una smisurata fiducia nell"io' creativo, e facendo dell'arte l'atto continuamente replicante la 'creazione'.
Skrjabin amava moltissimo parlare di questi argomenti; ce lo ricorda Georgij Plechanov, primo traduttore in Russia di Marx ed Engels, padre del marxismo russo, autore assai stimato da Lenin. Nel 1905 i due, in vacanza a Bogliasco sulla riviera ligure, si incontrarono divenendo presto amici. Plechanov, che stimava enormemente Skrjabin, sceglieva spesso di rimanere in silenzio, lasciando parlare liberamente il musicista; in un suo scritto lo avrebbe poi definito "un mistico incorreggibile".
In ogni modo, per quanto il pensiero voli alto, la musica con cui Skrjabin costruisce il suo Poema dell'estasi ha evidenti punti di contatto con la tradizione. La macrostruttura del Poema è in fondo una gigante 'forma sonata' in cui si susseguono un'introduzione, l'esposizione dei temi, il loro sviluppo, la ripresa variata e la coda finale. La mastodontica orchestra mette a disposizione del compositore risorse coloristiche enormi, che insieme alla fervida immaginazione ritmica e melodica costituiscono il vero elemento di interesse dell'opera. Per Skrjabin l'estasi è 'stasi', immobilità: l'introduzione è caratterizzata da un motivo che ruota intorno a una singola nota, enunciato dal flauto e ripreso da altri strumenti a diverse altezze. Ma è anche trasporto appassionato e sorprendente: l'inquieta armonia, striata in ampi voli ascensionali, lanciata in percorsi senza consequenzialità apparente, sostiene un'invenzione lirica assolutamente eccentrica. Skrjabin sa dipingere con sapienza, tragicità e rapimento. Il caotico rincorrersi dei temi, la saturazione del tessuto sonoro tramite il cromatismo, simboleggiano una ricerca inquieta, così come i trilli vaporosi e la diafana tessitura dei soli archi alludono, prima della coda, a un piacere celestiale.
Il Poema dell'estasi intende guidare l'ascoltatore nei meandri di un viaggio sonoro assolutamente anomalo ed eccezionale, perturbante e grandioso. Il successo espressivo della composizione, più che nell'aver dipinto lo stato dell'estasi, sta nella potenza con cui ha saputo dare suono al desiderio travolgente di raggiungerla.
Simone Ciolfi