Seconda Sinfonia in re maggiore, op. 43


Musica: Jean Sibelius (1865 - 1957)
  1. Allegretto
  2. Tempo andante, ma rubato
  3. Vivacissimo
  4. Finale: Allegro moderato
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, archi
Composizione: 1902 (revisione 1903)
Prima esecuzione: Helsinki, Conservatorio, 8 marzo 1902
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1903
Guida all'ascolto (nota 1)

Il caso del musicista Sibelius è molto singolare e pieno di contraddizioni, a volte curiose, che non sempre trovano una ragionevole giusitificazione sul terreno critico. Egli è l'unico compositore finlandese che abbia avuto una enorme risonanza internazionale, anche se la sua arte è legata profondamente alla letteratura e alla storia del suo paese. Vissuto fin oltre metà del nostro secolo, Sibelius è rimasto sostanzialmente, come sensibilità e linguaggio, un autore dell'Ottocento e lo stile della sua considerevole produzione musicale (ha scritto ben sette sinfonie) si inserisce nella cultura strumentale tardo-romantica di derivazione tedesca. Acclamato, esaltato e immortalato quando ancora era in vita con monumenti, musei, strade, francobolli e festivals a lui dedicati, la sua fama raggiunse una straordinaria popolarità non solo in Finlandia, ma anche nei paesi anglo-sassoni e negli Stati Uniti, mentre negli anni intorno alla seconda guerra mondiale (il suo silenzio creativo durò dal 1926 al 1957) e comunque dopo la morte la stella di Sibelius cominciò a tramontare e la sua musica, anche se gode di rispetto e di stima, non ha più la diffusione di una volta. In Italia, poi, il fenomeno Sibelius resta legato soprattutto ai poemi sinfonici (fra questi, in special modo, En saga, Finlandia, Il cigno di Tuonela e Tapiola, senza considerare la celeberrima Valse triste, originariamente concepita come musica di scena) ed alcune sinfonie (la seconda, la quarta e la settima), dove è racchiusa più compiutamente la personalità del compositore finlandese che evoca suggestivi paesaggi nordici avvolti nella nebbia e ridesta dall'oblio motivi di antichi canti popolareschi e guerrieri della sua terra, puntando essenzialmente sui pedali prolungati per gli strumenti ad arco e gli ottoni, sulle melodie con la nota sostenuta e improvvisamente interrotta da una terzina e sul tremolo degli archi con l'uso delle modulazioni dal maggiore al minore e viceversa.

La Sinfonia n. 2 in re maggiore fu composta nel 1901, durante un soggiorno del musicista a Rapallo, ed eseguita per la prima volta l'8 marzo 1902 a Helsinki, suscitando larghi consensi per la sua vigorosa pregnanza sonora, di gusto più classico che romantico, nel rispetto della tradizione beethoveniana (questa è l'opinione del critico musicale Karl Flodin autore, fra l'altro, di un documentato studio su Sibelius). In realtà la sinfonia si impone all'ascolto per la naturalezza e immediatezza tematica, sin dal primo movimento, in cui viene modificato e alterato lo schema della forma-sonata, secondo una concezione più varia e frammentaria del discorso sinfonico. Caratteristiche in questo Allegretto iniziale le larghe distese melodiche dei fiati che poi sfociano in uno scherzo vivace e brillante, dove si respira aria del folclore finnico di intonazione pastorale. Il secondo movimento (Tempo Andante, ma rubato) si apre con un pizzicato dei contrabbassi e dei violoncelli a sostegno di una frase malinconica e lamentosa dei fagotti, che si dice ispirata da riflessioni sul "Don Giovanni e il Convitato di pietra", ossia la morte. Man mano il clima musicale si infittisce e passa da un Andante sostenuto ad un passaggio Con moto ed energico, sospinto da un tema ampio e solenne degli archi, immerso in un robusto fremito fonico di tutta l'orchestra. Il canto si allarga e si distende, sino ad assumere alla fine una maggiore concentrazione espressiva. In netto contrasto è il Vivacissimo attaccato dagli archi con martellanti terzine d'ascendenza beethoveniana e interrotto da colpi di timpani; si dischiude un tempo Lento e soave indicato dal flauto e dall'oboe. I due momenti si ripropongono e confluiscono in una possente frase a piena orchestra di indubbio effetto emotivo, punteggiata anche da delicate armonie di sapore cajkovskiano. Senza soluzione di continuità si passa all'Allegro moderato finale, in cui il tema precedente assume il carattere di un inno processionale. La sezione di sviluppo è quanto mai variegata nelle soluzioni timbriche e la ripresa prolungata e ad ampio respiro della frase fondamentale avvia l'apoteosi finale, contraddistinta da quelle luminose perorazioni tipiche dello stile del Sibelius più maturo, come, ad esempio, nella poderosa conclusione della Quinta Sinfonia.

Ennio Melchiorre


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 8 febbraio 1992


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Ultimo aggiornamento 20 maggio 2015