Sinfonia n. 13 in si bemolle minore "Babi Yar", op. 113

per basso, coro maschile e orchestra

Musica: Dmitri Shostakovich (1906 - 1975)
Testo: Yevgeni Yevtushenko
  1. Babi Yar (Adagio)
  2. Humour (Allegretto)
  3. Al grande magazzino (Adagio)
  4. Paure (Largo)
  5. Una carriera (Allegretto)
Organico: basso, coro misto, ottavino, 2 flauti, 3 oboi (3 anche corno inglese), 3 clarinetti (2 anche clarinetto piccolo, 3 anche clarinetto basso), 3 fagotti (3 anche controfagotto), 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, nacchere, woodblock, tamburello, tamburo militare, frusta, grancassa, piatti, campane, tam-tam, glockenspiel, xilofono, 2 o 4 arpe, celesta, pianoforte, archi
Composizione: Mosca, 20 Luglio 1962
Prima esecuzione: Mosca, Sala grande del Conservatorio, 18 Dicembre 1962
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Sostakovic non ebbe rapporti comprensivi e tolleranti con il potere politico in URSS e in più di una occasione i responsabili delle questioni ideologiche e culturali del suo paese intervennero per scomunicare e censurare alcune composizioni dell'illustre musicista, costretto a volte ad umilianti ritrattazioni e ipocrite dichiarazioni, in cui era evidente la sofferta preoccupazione dell'artista di difendere le proprie scelte linguistiche e tecniche. Si può affermare che quattro furono i casi nei quali Sostakovic rimase impigliato abbastanza pesantemente tra le maglie della censura ufficiale sovietica. Una prima volta dopo la rappresentazione dell'opera Il naso, avvenuta a Leningrado il 12 gennaio 1930 e accolta con diffidenza e irritazione dal regime staliniano per quella carica di coraggioso anticonformismo e di vivace avanguardismo che caratterizza questa partitura, ricca di umori satirici e di sberleffi timbrici e ritmici, molto vicini alla musica gestuale creata dalla coppia Brecht-Weill, anche se con minore forza dissacratoria. La seconda scomunica avvenne nel 1936 a causa dell'opera Lady Macbeth del distretto di Mtsensk, rifatta e aggiornata poi con il nuovo titolo di Katerina Izmajlova, e aspramente criticata dalle autorità culturali per il suo formalismo (era l'accusa più pesante e riguardava il linguaggio dissonante e l'arditezza del testo), lontano dalla tradizione dell'arte sovietica. Poi nel 1945 il carattere parodistico e beffardo delineato nella Nona Sinfonia non mancò di suscitare reazioni e osservazioni non troppo benevole verso l'autore, sempre più colpito nella sua libertà di espressione. Inoltre e in maniera fredda e scostante nel resoconto della stampa fu rimproverato nel 1962 al musicista di aver utilizzato nella Tredicesima Sinfonia poesie di Evgenij Evtusenko, in cui, tra l'altro, veniva sollevata la questione ebraica. Infatti nella Tredicesima Sinfonia rivive, nella prima delle cinque poesie messe in musica, il massacro da parte dell'esercito nazista di trentaquattromila ebrei ucraini (alcune fonti parlano addirittura di settantamila e forse centomila vittime) nella gola montana di Babij Yar, presso Kiev, eccidio che il potere sovietico non si era mai preocupato di commemorare. I cadaveri degli ebrei uccisi vennero bruciati e gli stessi prigionieri costretti a questo compito feroce subirono poco dopo la stessa sorte, così da non lasciare testimoni.

Del resto ognuno dei cinque testi poetici di Evtusenko musicati da Sostakovic nei cinque corrispondenti movimenti ripropongono temi e situazioni psicologiche e storiche messe al bando dallo stalinismo e affiorate e denunciate dopo il cosiddetto disgelo: l'antisemitismo (Babij Yar); il senso dell'umorismo che sopravvive a dispetto delle censure e delle persecuzioni (Allegretto del secondo tempo); l'elogio delle donne russe pazientemente in coda davanti ai negozi scarsamente forniti di generi alimentari (All'emporio); la paura delle denunce durante il terrore staliniano (Paure); la libertà di coscienza e la sincerità intellettuale che sono offese e compromesse in un regime totalitario (Carriera). Per rendere il testo comprensibile al massimo, Sostakovic si affida ad una voce solista e ad un coro (entrambi bassi) che lo declamano con inflessioni spesso di tipo musorgskiano, così come musorgskiani sono certi impasti timbrici e figurazioni armoniche dal colore scuro; non va dimenticato che nello stesso periodo in cui il musicista era alla prese con la Sinfonia n. 13 aveva orchestrato i Canti e danze della morte e la sostanziosa e possente partitura della Chovanscina.

La "prima" della Sinfonia n. 13 (dura poco più di un'ora) ebbe luogo nella Sala Grande del Conservatorio di Mosca il 18 dicembre 1962 sotto la direzione di Kiril Kondrasin e con la partecipazione del basso Vitaly Gromadskij e dei bassi del Coro di Stato Repubblicano, del Coro dell'Istituto Gnessin e dell'Orchestra Filarmonica di Mosca. Le autorità disertarono l'esecuzione, mentre il pubblico rimase colpito e impressionato dal messaggio della composizione e applaudì a lungo il musicista e il poeta Evtusenko, commossi fino alle lacrime. L'organico orchestrale è piuttosto massiccio e comprende tre flauti, tre oboi, tre clarinetti, tre fagotti, quattro corni, tre trombe, tre tromboni, tuba, timpani, percussione, celesta, due o quattro arpe, pianoforte e archi.

La Sinfonia si apre con un Adagio d'intonazione dolorosa con il coro di voci maschili e la voce del basso ubbidienti ad uno stile solenne e vigoroso. Non mancano momenti di assorta e pensosa tristezza e ritmi cadenzati su sonorità aspre e taglienti a piena orchestra, in cui sembrano riaffiorare in tutta la loro tragicità episodi storici dell'antisemitismo: l'antico Egitto, il caso Dreyfus, gli ebrei polacchi di Bialystock, Anna Franck e infine l'eccidio di Babij Yar. Accorato e puntuale è il commento sinfonico.

L'Allegretto del secondo tempo si presenta con un tema marcato, ripetitivo e ironico. L'intelaiatura orchestrale è brillante e ricca di effetti nella sua multiforme varietà ritmica e dissonante. Il tema musicale dell'umorismo, di trasparente linea melodica, deriva dalla lirica "L'Addio di Macpherson" che fa parte delle Sei romanze op. 62, su versi di poeti inglesi, scritte dal musicista nel 1943.

Il clima espressivo cambia nel terzo tempo (Adagio). Suoni cupi dei contrabbassi su cui si innesta mestamente la voce del basso, con il contrappunto dei bassi del coro. L'orchestra ha un tono elegiaco di toccante semplicità: è evidente l'impianto descrittivo di una folla alle prese con problemi di sopravvivenza quotidiana. Alla fine, dopo una tesa perorazione strumentale, tutto si scioglie in un'atmosfera di cupa malinconia. Efficace, tra l'altro, l'impasto tra pianoforte, arpe e celesta.

Luci sinistre e clima opprimente contraddistinguono il Largo del quarto tempo. Suoni lugubri e rintocchi di campane dischiudono una visione terrificante e gelida della vita sotto il potere staliniano. Non manca una marcia cadenzata che lascia spazio nell'immaginare soltanto una resistenza morale e silenziosa alla spieiata dittatura.

Le armonie dei flauti aprono l'Allegretto finale, caratterizzato da una pungente e fresca politonalità che si richiama alla verve satirica dell'opera Il naso. Il discorso fugato confluisce in una visione rasserenante, quasi a sottolineare la consapevolezza dell'intellettuale a non rinnegare le proprie idee. Di straordinario coinvolgimento emotivo è la conclusione della sinfonia: una lineare melodia degli archi si eleva purissima sui rintocchi dolcissimi della celesta. Un finale semplice e di sincera partecipazione umana, lontana da qualsiasi retorica di maniera, più o meno perseguita dai carrieristi e adulatori di ogni regime, ieri come oggi.

Ennio Melchiorre

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sinfonia n. 13 op. 113 "Baby Yar", scrittafra il settembre del 1961 e il 20 luglio del 1962, segna l'incontro della musica di Sostakovic con la poesia di Evgenij Evtusenko; ciascuno dei cinque movimenti è infatti basato su un testo del poeta russo: il primo Baby Yar, che ricorda l'eccidio di duecentomila ebrei commesso dai nazisti presso Kiev, durante la seconda guerra mondiale, è anche quello che da il titolo all'opera. Per questa composizione Sostakovic fece ritorno, a più di trent'anni di distanza dalla Terza Sinfonia, alla voce umana, impigando un basso solista e un coro maschile.

Il primo tempo, Baby Yar (Adagio) è una pagina di sconsolata tristezza, ricca di drammatiche perorazioni orchestrali. Il secondo movimento, Humour (Allegretto) ("Volevano uccidere l'umorismo, ma l'umorismo si è preso gioco di loro"), colla pungente ironia, è invece una programmatica e palese esaltazione del valore di certe tematiche predilette dal compositore. Nel terzo tempo, Al grande magazzino (Adagio), sono tessute musicalmente le lodi della donna sovietica e della sua pazienza nell'affrontare quotidianamente lunghe code davanti ai negozi. Il quarto e il quinto movimento si susseguono senza interruzione. Paure (Largo) si apre in modo sinistro ed opprimente, per giungere infine a una conclusione liberatoria; Una carriera (Allegretto) è invece un'ode a quanti (e qui l'allusione del compositore a se stesso è piuttosto evidente) hanno mantenuto fede alle proprie opinioni. La prima esecuzione della Sinfonia n. 13 avvenne nella Sala Grande del Conservatorio di Mosca il 18 dicembre 1962 ad opera del basso Vitaly Gromadskij, dei bassi del Coro di Stato Repubblicano, del Coro dell'Istituto Gnessin e dell'Orchestra Filarmonica di Mosca, sotto la direzione di Kiril Kondrasin.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 20 Gennaio 1991
(2) Testo tratto dal Repertorio di Musica Classica a cura di Pietro Santi, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 2001


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Ultimo aggiornamento 20 luglio 2011