Ventiquattro preludi e fughe, op. 87


Musica: Dmitri Shostakovich (1906 - 1975)
  1. Do maggiore a quattro voci (Moderato - Moderato)
  2. La minore a tre voci (Allegro - Allegretto)
  3. Sol maggiore a tre voci (Moderato non troppo - Allegro molto)
  4. Mi minore a quattro voci (Andante - Adagio)
  5. Re maggiore a tre voci (Allegretto - Allegretto)
  6. Si minore a quattro voci (Allegretto - Moderato)
  7. La maggiore a tre voci (Allegro poco moderato - Allegretto)
  8. Fa diesis minore a tre voci (Allegretto - Andante)
  9. Mi maggiore a due voci (Moderato non troppo - Allegro)
  10. Do diesis minore a quattro voci (Allegro - Moderato)
  11. Si maggiore a tre voci (Allegro - Allegro)
  12. Sol diesis minore a quattro voci (Andante - Allegro)
  13. Fa diesis maggiore a cinque voci (Moderato con moto - Adagio)
  14. Mi bemolle minore a tre voci (Adagio - Allegro non troppo)
  15. Re bomolle maggiore a quattro voci (Allegretto - Allegro molto)
  16. Si bemolle minore a tre voci (Andante - Adagio)
  17. La bemolle maggiore a quattro voci (Allegretto - Allegretto)
  18. Fa minore a quattro voci (Moderato - Moderato con moto)
  19. Mi bemolle maggiore a tre voci (Allegretto - Moderato con moto)
  20. Do minore a quattro voci (Adagio - Moderato)
  21. Si bemolle maggiore a tre voci (Allegro - Allegro non troppo)
  22. Sol minore a quattro voci (Moderato non troppo - Moderato)
  23. Fa maggiore a tre voci (Adagio - Moderato con moto)
  24. Re minore a quattro voci (Andante - Moderato)
Organico: pianoforte
Composizione: Mosca, 25 febbraio 1951
Prima esecuzione: Leningrado, Sala da concerto Glinka, 23 e 24 dicembre 1952
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Concertista o compositore? Era, per il giovane Sciostakovic, un dualismo che si era manifestato sin da quando la madre, scoprendolo ascoltare la musica che facevano i vicini con l'orecchio incollato alle pareti, l'aveva costretto ad intraprendere lo studio: «Nell'estate del 1915 iniziò lei stessa a darmi lezioni di pianoforte. Andò molto bene. Si comprese che avevo orecchio assoluto e anche una buona memoria. Imparai rapidamente le note e senza fatica la mia mente le ritenne come se fossero state dentro di me. Ero molto bravo nella lettura musicale. Presto ci furono anche i primi tentativi autonomi di composizione».

Risolto non senza difficoltà il dilemma (a complicare la scelta era anche intervenuto l'attestato di merito ottenuto nell'edizione del 1927 del Concorso Chopin di Varsavia), il virtuosismo pianistico di Sciostakovic si era rivelato utilissimo in due diverse circostanze contingenti: quando, dopo la morte del padre, per alcuni anni si era dovuto adattare a svolgere l'attività di illustrator (come era chiamato in russo l'accompagnatore di pellicole mute) in alcuni cinema di Leningrado. E parecchio più tardi, negli anni Cinquanta, quando perduta la cattedra di composizione al Conservatorio per le accuse di decadentismo lanciategli da Zdanov, fu costretto a intraprendere tournées in provincia per mantenere la famiglia.

Tuttavia - al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare da un compositore-pianista - il catalogo di questo torrenziale musicista, autore tra l'altro di ben quindici sinfonie compiute, concede allo strumento uno spazio modestissimo, anche se tutt'altro che trascurabile. Quasi tutti i pezzi pianistici si riferiscono agli anni giovanili. Pochi quelli della maturità, alla quale appartengono i Ventiquattro Preludi e Fughe, maturati dopo una permanenza a Lipsia, nel 1950, dov'era stato invitato per far parte della giuria del Concorso Bach - in occasione delle manifestazioni per il duecentesimo anniversario della morte - e dove si era anche esibito nell'esecuzione del bachiano Concerto per tre pianoforti e orchestra insieme alla Nikolaeva e a Serebrjakov.

Rivisitazione in chiave moderna del "Clavicembalo ben temperato" (i cui preludi e fughe sono ripresi scrupolosamente anche nella numerazione), l'op. 87 conobbe una rapida divulgazione in tutto il paese, anche perché l'autore l'inserì subito nei programmi delle tournées che continuava a svolgere in provincia per guadagnarsi il pane. Una prima frammentaria esecuzione leningradese ebbe luogo alla Sala Glinka il 18 novembre 1951, con Sciostakovic al pianoforte, mentre quella integrale avvenne nel dicembre dell'anno successivo, sempre nella Sala Glinka, per mano di Tatjana Nicolaeva.

Nei Ventiquattro Preludi e Fughe si rispecchiano le altissime capacità di trascrittore di Sciostakovic, mentre l'invenzione risiede soprattutto nella forma. Ma pur tra le movenze barocche di Gighe, Minuetti e Sarabande, l'accademismo deve piegarsi all'accettazione dell'ironia e certe Fughe, invece di proseguire la loro corsa in avanti, si inabissano all'improvviso nei meandri dell'introspezione: anche al cospetto di Bach, Sciostakovic rimane sempre se stesso.

Ivana Musiani

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La musicologia occidentale ha esaminato a lungo e puntigliosamente il rapporto tra Bach e il Novecento. Lo ha studiato in Busoni, in Satie, in Reger, in Schönberg, in Bartók, in Stravinsky, in Hindemith, in Villa Lobos, magari in Honegger, in Casella, in Eisler, in Sorabji. Ma non si è mai veramente curata - e per ovvie ragioni, dipendenti dall'isolamento culturale dei paesi dell'Europa orientale - di ciò che Bach significò per la cultura russa e sovietica. Che cosa significò Bach per Sergej Rachmaninov, per Nicola] Miaskovskij, per Samuel Feinberg, per Dmitrij Sostakovic? Anche nell'ultimo saggio dedicato ai rapporti tra Bach e il Novecento, e di uno studioso peraltro molto aperto all'indagine sulla realtà culturale della musica sovietica (Luigi Pestalozza: J.S. Bach: il clavicembalo, il pianoforte, in Bach tra 700 e 900, Milano 1988), il nome di Sostakovic compare di sfuggita, una volta, in un testo di diciassette pagine, e non vi compaiono altri nomi di artisti russi o sovietici. Eppure non si può oggi negare che si stia lentamente riscrivendo la storia della musica del Novecento e che la figura di Sostakovic stia riemergendo al livello che, in fondo, le era stato riconosciuto all'inizio degli anni '30, al tempo del Naso, al tempo della Lady Macheth del distretto di Mzensk, e che solo più tardi le era stato negato. Molti problemi critici dovranno dunque essere ripresi con maggior ampiezza di indagine, e sebbene si tratti di un processo non breve noi pensiamo che fra qualche anno avremo di certo una rinnovata visione dell'arte musicale del Novecento.

L'ombra di Bach appare nelle Variazioni su un tema di Chopin op. 22 di Rachmaninov, scritte tra il 1902 e il 1903. Dalle Variazioni ai 24 Preludi e fuga di Sostakovic passano quasi cinquantanni. La storia di questi cinquant'anni, durante i quali Bach non cessa di attraversare la cultura sovietica è, come prima dicevamo, tutta da scrivere. Ed è da scrivere quella successiva, che arriva almeno fino ai 24 Preludi e fuga di Rodion Scedrin, scritti tra il 1963 e il 1970, e alla trascrizione dell'Offerta musicale, sempre di Scedrin, del 1985.

In questo lungo cammino Sostakovic sta al centro, e il suo omaggio a Bach, come l'ultimo di Scedrin, è legato a una speciale circostanza (sebbene, come diremo, non manchi un'altra e diversa ragione). Scedrin trascrisse l'Offerta musicale in occasione del tricentenario della nascita di Bach; Sostakovic pensò di scrivere i 24 Preludi e fuga dopo aver assistito a Lipsia, nel 1950, alle celebrazioni per il duecentenario della morte di Bach.

Iniziato dunque nel 1950, il ciclo fu completato nella primavera del 1951. Nello stesso 1951, il 23 e il 28 dicembre, aveva luogo la prima esecuzione, a Leningrado, con Tatjana Nikolaeva. Per lungo tempo nessun altro pianista, dopo la Nikolaeva, mise in repertorio il ciclo completo. Si ebbero invece molte esecuzioni parziali (di Gilels e di Richter, tra gli altri), spesso limitate a uno o due numeri. Tra le incisioni discografiche sono da ricordare soprattutto quella stupefacente di Richter (numeri 4, 12, 14, 15, 17, 23) e quella dello stesso Sostakovic (numeri 6, 7, 8, 20, 22, 24).

Ventiquattro preludi e fuga in tutte le tonalità maggiori e minori. Il riferimento programmatico a Bach è evidentissimo. Però l'organizzazione tonale del ciclo non è quella seguita da Bach nel Clavicembalo ben temperato (progressione per semitoni), ma quella adottata da Chopin nei 24 Preludi op. 28 (progressione per quinte ascendenti). Il colore tonale che ne consegue è sostanzialmente diverso e più legato alla evoluzione della tonalità nell'Ottocento. Bach, in pratica, 'accoppia' la tonalità maggiore e la cosiddetta simigliante minore (do maggiore-do minore), mentre Chopin e Sostakovic accoppiano la tonalità maggiore e la relativa minore (do maggiore-la minore). Il contrasto do maggiore-do minore è sicuramente più forte del contrasto do maggiore-la minore, ma è soprattutto violento il rapporto do maggiore-do minore-do diesis maggiore, con quel che segue, mentre è molto più sfumato e, anzi, legato da rapporti tonali consequenziali il seguito do maggiore-la minore-sol maggiore. Con Bach abbiamo una serie di bruschi trapassi a zig-zag, con Chopin e con Sostakovic una catena di modulazioni: in realtà, Bach intende solo 'dimostrare' la possibilità di praticare sulla tastiera temperata tutte le tonalità maggiori e minori, mentre Chopin e Sostakovic, in tempi nei quali il temperamento equabile ha già vinto la sua battaglia, indicano la possibilità di creare una catena, con un percorso che ritorna all'origine (in questo senso si devono ricordare i 25 Preludi di Charles-Valentin Alkan: venticinque perché dopo il ventiquattresimo, secondo il rapporto modulare seguito fin dall'inizio, ritorna necessariamente il do maggiore, con cui il ciclo di Alkan si chiude).

In Chopin, come ci è avvenuto altra volta di dire, le ventiquattro tonalità diventano una costellazione simmetrica che simboleggia la musica stessa: il ciclo come allegoria. Ma che cosa doveva affermare Sostakovic, più di cent'anni dopo Chopin?

Dicevamo prima che nell'Ottocento il temperamento equabile aveva già vinto la sua battaglia: alla metà del Novecento stava invece diventando, per lo meno nel campo della musica colta, una struttura linguistica obsoleta. E dunque probabile che, più che affermare, Sostakovic intendesse riaffermare la fede nella tonalità, alla quale la musica d'avanguardia dell'Europa occidentale aveva ormai sostituito altri principi di organizzazione dello spazio sonoro.

Una finalità squisitamente reazionaria, favorita più dalle condizioni politiche - il realismo socialista come dottrina estetica di stato - che dalla autentica vitalità culturale dell'Unione Sovietica? Apparentemente, si. E non si può neppure non osservare che dopo il 1948, anno della dura requisitoria di Zdanov nei confronti suoi e di altri, Sostakovic attese la morte di Stalin prima di far eseguire il Concerto n. 1 per violino (1947-48), il ciclo per canto e pianoforte Dalla poesia popolare ebrea (1948) e il Quartetto n. 4 (1949), facendo eseguire invece un lavoro programmatico come l'oratorio Il canto delle foreste (1949). I 24 Preludi e fuga, opera per sua natura 'astratta', presentano però un contenuto ideologico - la celebrazione della, tonalità - che sta in linea con le direttive politico-culturali di Zdanov.

Non si può però dimenticare che Sostakovic era nato come musicista d'avanguardia, non come accademico o conservatore. E oggi, alla luce di considerazioni storiche che superano le polemiche degli anni '50, si tende a vedere in lui una personalità capace di accettare una direttiva politica senza venir meno alla sua coscienza e alla sua responsabilità di creatore. A parer nostro la sua raccolta di ventiquattro preludi e fuga divenne cosi, più che una astratta affermazione di fede, una utopia (per non dire una patafisica), un «gioco delle perle di vetro» alla Hermann Hesse.

Questo carattere utopico, utopico fino alla seraficità francescana, lo si nota subito nel Preludio e fuga in do maggiore che apre il ciclo. La Fuga (tre pagine a stampa, centosette battute) non presenta un solo segno di alterazione: è tutta in do, tutta - avrebbe detto Prokof'ev, che aveva progettato una volta un quartetto bianco, tutto diatonico - una fuga bianca. I valori metrici sono tre soli: l'intero, la metà, il quarto; e dalla dodicesima battuta il gioco delle parti fa si che la scansione ritmica uniforme dei quarti non venga più abbandonata sino alla fine. L'articolazione del suono è legato sempre, la dinamica prevede solo quattro pianissimo, cinque piano, due mezzoforte, sei crescendo e cinque diminuendo. La tessitura sonora e la scrittura a quattro parti, con pochissimi raddoppi in ottava al basso, nonché la dinamica e la morbidezza della articolazione d'attacco danno al brano un sapore arcaico e arcano, come una salmodia di più voci sparse che arriva dalla profondità dei secoli.

E questo pezzo di straordinaria suggestione evocativa viene introdotto da un preludio a modo di corale armonizzato a cinque parti e isoritmico, primitivistico anch'esso anche se spesso devia su durezze armoniche che la morbidezza dell'attacco impedisce di percepire per tali. Il Preludio è però costruito in modo romantico e ideologicamente complesso. La curva della dinamica si tende fino al punto culminante (battuta 52, forte), e il corale viene interrotto tre volte da una melodia iperespressiva: la prima interruzione avviene anzi in un punto che spezza nettamente e violentemente la logica conclusione del corale.

Sebbene sia molto difficile individuare una simbologia in Sostakovic, sembra indubitabile che il corale rappresenti qui il remoto imperturbabile passato e la melodia il presente doloroso. E se c'è un artista a cui si possa far concretamente, non astrattamente riferimento, questi non è Bach ma il tardo Liszt delle pagine religiose, il Liszt che impiega indifferentemente il pianoforte e l'harmonium e che riscopre miti antichi penetrando in un passato anche più profondo di quello rappresentato da Bach.

I riferimenti stilistici a Bach, in verità, non mancano affatto nella raccolta: basta guardare il Preludio in la minore, che su una tessitura molto più ampia riprende la scrittura monodica delle allemande per violino solo, o la scattante Fuga in sol maggiore, che riprende i modi stilistici delle gighe bachiane, o il Preludio in sol diesis minore, in cui viene tenuta ben presente la bachiana Passacaglia per organo. Riferimenti evidenti al Settecento si trovano nel Preludio in si minore (ritmo francese), nella Fuga in la maggiore (scarlattiana), nel Preludio in si bemolle maggiore (tema con variazioni, con aumento progressivo della densità ritmica), nella Fuga in si bemolle minore (abbellimenti); 'neo-barocchi', nel senso che il termine aveva assunto negli anni '20, sono i soggetti di molte fughe.

Non mancano d'altronde le riassunzioni di moduli stilistici ottocenteschi, come la serenata (Preludio in re maggiore, Preludio in fa diesis maggiore), come la polka (Preludio in fa diesis minore), come lo scherzo (Preludio in re bemolle maggiore, Preludio in mi bemolle maggiore, Fuga in si bemolle maggiore), come la berceuse (Preludio in la bemolle maggiore), come l'arioso (Preludio in fa minore, Preludio in fa maggiore), come lo studio di agilità (Preludio in si bemolle maggiore), come, nella impressionante Fuga in si minore, un non celato omaggio allo Schubert della Sinfonia Incompiuta (che è in si minore), come, nel Preludio in mi maggiore, nel Preludio in mi bemolle minore, nel Preludio in do minore, il vivido ricordo di Musorgskij.

Non vorremmo dar l'impressione di andar poliziescamente cercando le tracce di un atteggiamento eclettico. Si tratta invece di ritrovare una serie di segnali della profonda riflessione in cui Sostakovic include tutta la musica, tutto un passato di cui la tonalità è simbolo. Comincia con un'evocazione, come abbiamo detto, finirà in gloria; e nel punto corrispondente al taglio dei ventiquattro dittici secondo la sezione aurea si colloca il punto di crisi.

Il Preludio e fuga in re bemolle maggiore, quindicesimo, rappresenta chiaramente una provocazione, un grottesco. Il Preludio è uno scherzo con trio, con elementi tematici che derivano - siamo al limite della citazione stilistica - dalla tradizione schubertiana rivissuta da Mahler. Il soggetto della Fuga, di ventuno suoni, contiene undici delle dodici note della scala cromatica (manca il sol naturale). La metrica è «disordinata» (tre battute in tre quarti, una in tempo tagliato, una in tre quarti, una in cinque quarti), la scansione è rapidissima (6,9 suoni al secondo), la dinamica è uniforme e implacabilmente tenuta sul massimo (fortissimo marcatissimo sempre [sino] al Fine). Dalla settima battuta prima della fine Sostakovic inserisce, in un seguito di cadenze perfette di re bemolle maggiore, una serie di dodici suoni che occupa quattro battute, e conclude con una clamorosa riaffermazione della tonalità.

Riaffermazione? O vittoria? L'interpretazione dei simboli di Sostakovic, come già abbiamo detto, non è facile. Ma in questo caso il simbolo pare chiarissimo. Il soggetto della fuga sfiora la dodecafonia, il 'nemico storico' in un mondo diviso in blocchi. E il Preludio e la Fuga hanno l'aspetto di una rappresentazione infernale, nel solco di Mahler. Ma la dodecafonia, smascherata, viene battuta.

Il ciclo, dicevamo, finisce in gloria. La scrittura strumentale è spesso di elevata difficoltà esecutiva, ma senza che la difficoltà appaia evidente all'ascoltatore. La enorme (trecentosei battute, otto pagine a stampa) ventiquattresima Fuga, in re minore, inizia misteriosamente e cresce lentissimamente di tensione, adottando progressivamente i moduli della trascrizione dall'organo al massimo del suo sviluppo, cioè della trascrizione secondo Busoni. Nelle ultime trentasette battute abbiamo un vero e proprio 'immaginario', un Bach trascritto da Busoni in un linguaggio armonico, s'intende, che non è di Bach ma di Sostakovic. Ed è la conclusione dell'utopia e la celebrazione di quel periodo in cui non solo la tonalità aveva rappresentato la base del linguaggio, ma il pianoforte aveva riassunto in sé tutta la storia della tastiera. Bach come presenza immanente, come divinità; ma anche Liszt all'inizio e Busoni alla fine come sommi sacerdoti.

Piero Rattalino


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 2 aprile 1992
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Della Pergola, 17 maggio 1988


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Ultimo aggiornamento 14 aprile 2016