Prazdnichnaya uvertyura (Ouverture festiva) per orchestra, op. 96


Musica: Dmitri Shostakovich (1906 - 1975)
Organico: 3 flauti (3 anche ottavino), 3 oboi, 3 clarinetti, 3 fagotti (3 anche controfagotto), 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, tamburo, grancassa, piatti, archi
Ottoni aggiunti (ad libitum): 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni
Composizione: 1954
Prima esecuzione: Mosca, Teatro Bolshoi, 6 Novembre 1954

Composta per il 30° anniversario della Rivoluzione di Ottobre
Guida all'ascolto (nota 1)

La composizione di questo lavoro, nell'autunno del 1954 a Mosca, coincise con un periodo di relativa serenità nell'esistenza di Sostakovic, anche in conseguenza della scomparsa di Stalin nella primavera dell'anno precedente. Fu, del resto, un anno di moderata attività creativa il 1954, trascorso dopo il completamento, nell'ottobre 1953, della Decima Sinfonia op. 93, del Concertino op. 94 e l'avvio della colonna sonora del film Canto dei grandi fiumi op. 95. Fu anche un anno in cui il musicista potè riflettere con calma su certi argomenti che allora impegnavano l'attenzione di numerosi artisti sovietici, tra i quali un risalto spiccato assunse il dibattito sul rapporto tra l'effettiva "musica a programma" e l'ambiente sociale russo, in merito al quale lo stesso Sostakovic era intervenuto direttamente nel 1951 con dettagliati interventi sulle riviste "Sovetskaja muzyka" e "Sovetskoe iskusstvo".

Il punto di vista da cui partivano le considerazioni di Sostakovic era, secondo le stesse sue parole, il seguente: «La musica a programma è un problema importante e attuale che sempre interesserà non solo i musicisti, ma anche gli ascoltatori e gli appassionati. Non si tratta di un problema puramente teorico, come credono alcuni colleghi, bensì del problema del contenuto ideale della nostra arte, di un suo specifico rapporto con la nostra realtà socialista, della necessità di stabilire un contatto vivo fra i compositori e gli ascoltatori... Personalmente identifico il programma con l'esistenza di un contenuto. Non vi può essere una musica viva e valida senza un preciso contenuto ideale. E il contenuto della musica non è solo un soggetto circoscritto e preciso, ma anche un'idea generale o un insieme di idee... Per me sono ricche di contenuti, e pertanto di un programma, opere come le fughe di Bach, le sinfonie di Haydn, Mozart, Beethoven, gli studi e le mazurche di Chopin, la Kamarinskaja, di Glinka, le sinfonie di Cajkovskij, Borodin, Glazounov, alcune sinfonie di Miaskovskij e molte altre... Avrebbero guadagnato qualcosa queste opere, per esempio le fughe di Bach, se l'autore avesse assegnato loro un titolo? Certamente no; né con ciò il loro contenuto sarebbe stato sminuito... Che cos'è, d'altro canto, una "musica non a programma"? Vi includo personalmente la musica senza espressione, puramente logica, costruita su precisi schemi precedentemente stabiliti. In questo modo sono realizzate, per esempio, molte opere di Max Reger».

Entrando nel merito del dibattito, Sostakovic precisò il vero suo pensiero, scrivendo: «Il compositore di una sinfonia, di una sonata o di un quartetto non ha bisogno di dichiarare un programma, ma è obbligato ad averlo come base ideale dell'opera... In me, il programma ideale nasce sempre prima della musica... Sarebbe tuttavia sbagliato rinunciare del tutto a enunciazioni programmatiche verbali. Nel corso degli anni i nostri autori sinfonici hanno peccato sovente in tal senso, preferendo nel contempo le "forme pure" della musica strumentale. Glinka, Cajkovskij, Rimskij-Korsakov, Liszt, Berlioz e molti altri grandi classici non hanno avuto timore di scrivere musica su concreti soggetti programmatici, e con evidenza realistica e fortemente descrittiva».

Per concludere: «Per i compositori sovietici si dispiegano possibilità di scelta letteralmente inesauribili per i programmi delle loro opere. Qui da noi ci sono i cantieri del comunismo, la battaglia per la pace, per la vita dei cittadini sovietici o l'eroismo del lavoro. Il compositore sovietico non ha neppure il bisogno di tornare al passato della propria patria. Le opere possono essere suscitate anche da opere pittoriche o letterarie ecc. Naturalmente, quanto più serio e responsabile è il soggetto del programma, quanto più profondi sono i contenuti, tanto più alta si deve mostrare la qualità musicale dell'opera. Nel comporre musica a programma su un soggetto dichiarato affiorano spesso interrogativi sulle possibilità d'impiego di una musica puramente illustrativa... Nel comporre musiche per film io ebbi la possibilità di misurare le mie forze in un genere puramente illustrativo. E, comunque, credo che la musica a programma possa perfettamente svilupparsi entro le forme e gli schemi che ci hanno tramandato i classici» (Cfr. Sostakovich di F. Pulcini, Torino 1988, Parte terza).

Le sopra menzionate considerazioni entrarono direttamente in gioco durante la stesura della Ouverture festiva che Sostakovic scrisse in onore del trentennale della Rivoluzione d'ottobre nel 1947, ultimandone la composizione nel 1954. L'organico prescritto comprende l'ottavino, oboi, clarinetti, trombe, tromboni a tre, fagotti e flauti a due, controfagotto, quattro corni, bassotuba, timpani, triangolo, percussioni di vario registro e potenza, gli archi, oltre ad una banda ad libitum di quattro corni, tre trombe e tre tromboni per la Coda.

La prima esecuzione assoluta dell'Ouverture festiva ebbe luogo in occasione del trentasettesimo anniversario della Rivoluzione d'ottobre, il 6 novembre 1954 al Teatro Bol'soj di Mosca, sul podio Aleksandr Melik-Pasa'ev. La prima in Occidente fu diretta il 16 novembre da Maurice Abravanel a New York alla guida della Utah Symphony Orchestra ed ebbe, in seguito, tra i più tenaci assertori del plasticismo d'effetto della sua partitura, maestri come Mitropoulos, Gauk, Prétre e Ancerl.

L'Ouverture festiva si apre con la fanfara degli ottoni (Allegretto) alla quale segue, sempre vigoroso nell'ampio volume sonoro, il Presto nell'alternarsi degli interventi degli archi e dei fiati. L'assolo del corno e i violoncelli propongono poi un tema di maggior respiro che viene elaborato e poi ripreso dall'intera orchestra. Poco prima della conclusione un'altra banda di ottoni si unisce al vasto organico strumentale, accrescendone il clangore con maschia autorevolezza nella Coda. Lavoro d'effetto, ideale per cerimonie all'aperto, quest'opera celebrò a Mosca nel 1980 i XXII Giochi Olimpici.

Luigi Bellingardi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 29 Gennaio 1995


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Ultimo aggiornamento 23 luglio 2011