Ledi Makbet Mtsenskovo Uyesda (Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk), op. 23

Opera in quattro atti e nove quadri

Musica: Dmitri Shostakovich (1906 - 1975)
Libretto: libretto proprio e di Alexander Prejs, dal racconto omonimo di Nikolaij Leskov

Ruoli:
Organico: 2 ottavini, 3 flauti, ottavino, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, clarinetto piccolo, clarinetto basso, 3 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, tamburello, tamburo, tamburo militare, grancassa, piatti, tam-tam, xilofono, glockenspiel, 2 arpe, celesta, organo, archi
Composizione: Leningrado, 17 Dicembre 1932
Prima rappresentazione: Leningrado, Malyi Gosudarstvennij Akademicjeskij Opernij Teatr ("MALEGOT", Piccolo Teatro Accademico Nazionale d'Opera), 22 Gennaio 1934
Scene:

Atto I:

Atto II:
Atto III:
Atto IV:

Sinossi:

Luogo dell'azione: Una cittadina russa di provincia negli anni sessanta dell'ottocento

Atto primo:
Quadro primo: Vengono sottolineate le umiliazioni alle quali Caterina è sottoposta da parte del suocero, che non solo la importuna e vorrebbe possederla, ma le rinfaccia di non riuscire ad avere figli. Come se non bastasse, poiché il marito di Caterina, Sinovio, dovrà allontanarsi per alcuni giorni, Boris le fa giurare, davanti a tutta la servitù, che rimarrà fedele al consorte lontano. La cuoca Aksinia, allora, interviene e le fa notare un bel garzone assunto da poco.
Quadro secondo: È incentrato su alcuni lavoranti che insidiano e maltrattano la deforme Aksinia, aizzati proprio da Sergej. Caterina interviene in difesa della donna, ma pur essendo provocata da Sergej, ne rimane attratta.
Quadro terzo: Caterina si dispera per la sua atroce solitudine. Sergej si introduce nella sua camera da letto e seduce Caterina.

Atto secondo:
Quadro quarto: Boris è eccitato e tormentato dalla presenza di Caterina, al punto da decidere di assolvere ai doveri coniugali in vece del figlio. Mentre sta progettando tali lascivie, gli cade addosso, dalla finestra della camera di Caterina, Sergej. Boris lo riduce in fin di vita a frustate di fronte agli occhi di tutti i servitori e di Caterina stessa; quindi Sergej viene rinchiuso in cantina. Caterina avvelena Boris mettendo del veleno per topi nel suo piatto; dopo avergli sottratto la chiave della cantina dove è rinchiuso l'amante, assiste alla funzioni del pope, chiamato per assistere il moribondo.
Quadro quinto: Caterina è a letto con Sergej, tormentata dai rimorsi: arriva il marito, che viene ucciso dai due e nascosto in cantina.

Atto terzo:
Quadro sesto: Caterina e Sergej si sposano, mentre il marito è dato per disperso. Caterina è ossessionata da ciò che ha fatto e guarda terrorizzata verso la cantina. Un servo ubriaco, mentre gli altri sono in chiesa per il matrimonio, credendo che le occhiate di Caterina nascondano la presenza di un buon vino, sfonda la porta della cantina, trova il cadavere di Sinovio e chiama la polizia.
Quadro settimo: Nel distretto di polizia i gendarmi si annoiano e, per passare il tempo, si divertono a creare problemi a qualche intellettuale, ad esempio accusando di nichilismo un innocente insegnante.
Quadro ottavo: Caterina, alla fine della cerimonia, si accorge che la cantina è stata aperta ma è troppo tardi per fuggire.
Atto quarto:
Quadro nono: Caterina e Sergej si trovano in un accampamento, di notte, mentre sono in viaggio verso la Siberia perché condannati ai lavori forzati. Caterina corrompe una guardia perché le permetta di passare la notte con Sergej, ma lui la considera ormai solo una fonte di disgrazie ed è invece attratto da un'altra detenuta più giovane, Sonetka, alla quale regala le calze di lana che Caterina gli ha dato. Tutti si prendono gioco di lei: Caterina, disperata, si getta nel fiume trascinando con sé la rivale. Le due donne annegano, mentre i deportati riprendono la marcia.

Nota di Dimitrj Shostakovich (nota 1)

Lavoro alla Lady Macbeth già da circa due anni e mezzo. La Lady Macbeth è la prima parte di una progettata trilogìa dedicata alla situazione della donna in diverse epoche della storia russa. Il soggetto della Lady Macbeth del distretto di Mcensk è preso a prestito dall'omonimo racconto di Leskov. Questo racconto si rivolge al lettore con un'eccezionale pregnanza di contenuti. In esso ha conquistato la mia massima attenzione la tragica e straordinariamente realistica rappresentazione del destino di una donna dotata, intelligente e superiore alla media, che rovina la propria vita a causa dell'opprimente posizione a cui la Russia prerivoluzionaria l'assoggetta. Maksim Gor'kij disse in occasione del suo giubileo: «Bisogna imparare. Bisogna conoscere il proprio paese, il suo passato, il suo presente e il suo futuro». E il racconto di Leskov corrisponde al postulato della frase di Maksim Gor'kij come meglio non si potrebbe. Esso è un'eccezionale e impressionante rappresentazione delle epoche oscure della Russia pre-rivoluzionaria. Per il compositore della Lady Macbeth esso è letteralmente un tesoro. I caratteri disegnati con chiarezza, i conflitti drammatici, tutto ciò mi attrasse immensamente. Ho elaborato il libretto con la collaborazione di Aleiksandr Germanovic Prejs, un giovane drammaturgo di Leningrado. Segue quasi letteralmente Leskov, a paarte il terzo atto, che si discosta un po' da Leskov a favore dì forti o pronunciati contenuti sociali. È stata inserita una scena al comando di polizia ed eliminato l'assassinio del nipote di Katerina L'vovna.

L'opera è per me tragica. Direi che la si potrebbe definire un'opera tragico-satirica. Anche se Katerina L'vovna è un'omicida - assassina infatti il marito e il suocero - ho per lei simpatia. Mi sono preoccupato di dare a tutti gli avvenimenti che la circondano un oscuro carattere satirico. Il termine "satirico" non è certo da intendersi nel suo significato di "ridicolo, canzonatorio". Al contrario: con la Lady Macbeth mi sono preoccupato di creare un'opera che sia una satira larvata e, gettando la maschera, obblighi a odiare lo spaventoso arbitrio e i soprusi della classe dei commercianti.

La materia musicale della Lady Macbeth si differenzia chiaramente dal Naso, l'altro mio precedente lavoro in campo operistico. Sono profondamente convinto che in un'opera sia necessario cantare. Tutte le parti vocali della Lady Macbeth sono cantabili e melodiche. L'orchestra viene potenziata per accentuare alcuni culmini drammatici. Saranno inclusi una banda militare e alcuni strumenti aggiunti.

Attualmente sono completati tre atti. In totale saranno quattro. Suppongo di concluderne la stesura entro tre o quattro mesi.

Guida all'ascolto 1 (nota 2)

Nato a Pietroburgo nel 1906, Dmitrij Sostakovic diventa famoso a vent'anni, quando il pubblico della Filarmonica di Leningrado accoglie come una rivelazione la Sinfonia n. 1. Incoraggiato dal trionfo, il giovane musicista affronta il teatro, realizzando, fra il 1927 e il '28, la sua prima opera, Il naso, parodia gogoliana del burocrate che, un'infausta mattina, si desta senza la preziosa appendice al centro della faccia. Un arrampicatore sociale, privato della capacità di fiutare il vento, è rovinato; almeno sino all'Epilogo, quando il prezioso naso torna miracolosamente al suo posto. L'argomento, scottante al tempo di Gogol, era ancor più periglioso col passaggio dalla burocrazia dello zarismo a quella del socialismo. Non stupisce che il lavoro - rappresentato con successo nel gennaio del 1930 - scompaia dalla scena dopo la sesta rappresentazione.

Possiamo chiederci se Sostakovic abbia tenuto conto della "lezione" quando si dedicò - tra l'ottobre dello stesso anno e il dicembre del 1932 - alla seconda opera, ricavata dal volumetto di Nikolaj Leskov, Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk. Il racconto, pubblicato nel 1865, narra la cruda storia della piacente contadina Katerina L'vovna. Infelicemente spostata al ricco mercante Zinovij Izmajlov, ella compie una serie di crimini assieme all'amante: uccide il suocero, il marito e un nipote di questi per sottrargli l'eredità: scoperta, viene deportata assieme al complice in Siberia, dove uccide una rivale e si uccide.

La vicenda, aspra e brutale, coincide col clima del primo dopoguerra del Novecento, caratterizzato dalla crisi economica, dall'impetuosa avanzata dei regimi totalitari, in Occidente come in Russia, dove la dittatura di Stalin si impone sull'onda della collettivizzazione delle campagne e dell'irreggimentazione dei lavoratori e degli intellettuali. Il suicidio di Majakovskij, nell'aprile del 1930, annuncia un'epoca in cui la libertà di pensiero non ha più corso. Non senza contraddizioni. Le organizzazioni rivali dei populisti e degli avveniristi vengono sciolte e sostituite dalle Unioni degli artisti. La fine del settarismo populista parrebbe annunciare una stagione più aperta. In realtà, il compito delle Unioni sarà quello di unificare le espressioni del pensiero nella direzione imposta dal partito al potere. Tutto questo, tuttavia, è ancora in gestazione, e la seconda opera di Sostakovic matura in un periodo incerto, tra speranze di progresso è una realtà spietata; necessaria, si dice, per aprire un radioso domani alle prossime generazioni.

Dell'equivoco, la sorte della LadyMacbeth di Mcensk è emblematica. Rappresentata trionfalmente al Malij Teatr di Leningrado il 22 gennaio 1934 e, due giorni dopo, con eguale successo, al Nemirovic-Dancenko di Mosca, l'opera sembra destinata ad accontentare quanti erano rimasti sconvolti dal surrealismo corrosivo del Naso. La realtà contadina della novella di Leskov era sì scandalosa e scandalizzante, ma nel passaggio dal racconto al "libretto", elaborato dal musicista col concorso di Aleksandr Prejs (già coautore del Naso), la crudezza dei fatti si attenua, almeno in parte. Omessa l'uccisione del nipote, le azioni della protagonista trovano una scusa nell'amore e nella ribellione all'ambiente ottuso.

Nella triste casa il vecchio Boris Timofeevic Izmajlov governa con mano ferrea la proprietà e il figlio, il debole Zinovij, sposato a Katerina, donna indocile e appassionata. Annoiata, angosciata, durante un'assenza del marito, ella crede di trovare l'amore nel giovane Sergej che si rivelerà anch'egli meschino e egoista. Per lui, avvelena il suocero; poi, aiuta da Sergej, ammazza il marito. Scoperto il delitto, i due amanti sono deportati in Siberia. La condanna rivela l'incostanza e l'avidità dell uomo. Tradita e derisa, Katerina uccide una giovane rivale, gettandosi con lei nelle acque gelide del Volga.

Nonostante i tre omicidi, la protagonista resta l'unico personaggio attraente. Leskov giustificava i delitti con la passione; per Sergej, Katerina era pronta a gettarsi nel fuoco, nell'acqua, ad andare in carcere, a farsi crocifiggere. Egli le aveva ispirato tanto amore che la devozione di lei non aveva più limiti. Sostakovic amplia l'orizzonte: Katerina, afferma, «è un essere intelligente e appassionato che soffoca nel grigiore della vita e dell'ambiente in cui è costretta»; i suoi crimini non sono tali, ma rappresentano "una ribellione contro il proprio ambiente, contro l'atmosfera pesante, grigia e disgustosa in cui vegetano i mercanti volgari del secolo scorso.

Con queste spiegazioni, il compositore mette le mani avanti, prevenendo gli attacchi del nuovo "perbenismo" russo, nemico di ogni genere di disordini, morali e intellettuali. Il ragionamento non è gratuito, ma reticente. Katerina rappresenta, in effetti, l'unico chiarore in un mondo immerso nella notte dell'ignoranza e della superstizione. Attorno a lei incombe un'atmosfera opaca e servile in cui i protagonisti - il marito debole, l'amante fatuo, il suocero avido e lascivo - non sono superiori ai contadini beoni, al pope venale e ai poliziotti stupidi. Topi, non uomini, come nel famoso romanzo di Steinbeck.

È il mondo del secolo scorso, avverte l'autore a scanso di guai. Ma il linguaggio ironico e aggressivo della musica lo smentisce portando in primo piano l'umanità di sempre, impastata di fango e di sangue. E se è vero, come dice ancora Sostakovic, che «tutta la musica scritta per Katerina vuol essere una difesa per colei che mi appare, per dirla con le parole di Dobroljubov, un raggio di sole nel regno delle tenebre», è altrettanto vero che, accanto alla luce, vi è l'ombra diabolica e grottesca del male.

Nell'interpretazione delle opere di Sostakovic, bisogna accettare con prudenza le dichiarazioni dell'autore, attento a velare le imbarazzanti verità. Chi individuava nella LadyMacbeth una "normalizzazione" dell'audace linguaggio del Naso, si lascia ingannare, almeno in parte. Lo stesso Sostakovic (smentendo se stesso) ci offre la chiave adatta a sgomberare gli equivoci definendo la propria opera con un ardito ossimoro: "tragedia satirica". All'ottimismo rituale, consacrato nell'ambiguo rito del "realismo socialista", il musicista sostituisce la sua formula bifronte rifacendosi al pericoloso precedente di Musorgskij: Chovanscina, soprattutto, dove lo scrivano, gli strel'cy offrono il modello all'ubriaco e ai poliziotti, mentre l'appassionata Marfa - che trascina il riluttante sposo sul rogo purificatore - è la sorella maggiore di Katerina. Sostakovic, che detestava Cajkovskij e adorava Musorgskij (retrocesso dalla musicologia del regime al secondo posto), trova nel ribellismo musorgskijano la fonte dal proprio anticonformismo: il regno delle tenebre non tramonta, la corruzione delle autorità è la medesima nella Russia zarista e in quella sovietica.

Ritroviamo nella Lady Macbeth di Mcensk, come nel Naso, il compositore che ha ascoltato con entusiasmo il Wozzeck e che ha tratto dall'estetica del Novecento la struttura sinfonica in cui il ribelle lirismo dì Katerina e il mondo grottesco che le è ostile si scontrano senza possibilità di conciliazione. La struttura è così compatta che, volendo, si potrebbe considerare l'opera come una vasta Sinfonia in cui ogni atto è un tempo: "andante, allegro molto mosso, scherzo e largo". Uno schema arricchito da altri movimenti sinfonici compiuti in se stessi, come la potente "passacaglia" che collega i due quadri del secondo atto. (Non occorre sottolineare l'uso della medesima forma nel Wozzeck di Berg, come nel futuro Peter Grimes di Britten).

La solidità formale serve ad assicurare una robusta coerenza musicale ai contrastanti elementi del dramma. Da un lato vi è il mondo vivo e appassionato di Katerina, espanso nelle effusioni liriche: dal grande "arioso" in cui si manifesta la struggente solitudine della donna infelice, all'aria del suicidio, di fronte alle acque immobili del lago siberiano, ultimo gelido rifugio.

Attorno a Katerina o, meglio, contro di lei stanno tutti gli altri personaggi: il marito sciocco, il suocero brutale e lascivo, l'amante esigente e meschino. Privi di anima, costoro restano serrati nella trappola musicale del grottesco, esaltato dal montaggio sonoro realizzato con procedimento cinematografico. Gli esempi sono numerosi e caratterìstici: la piccola fanfara marziale che annuncia il ritorno del marito, l'ironia dei legni che accompagnano la morte di Boris Timofeevic, la marcetta funebre del seppellimento di Zinovij in cantina. E, di contro, la turbinosa esplosione dei tromboni che avvolgono l'amplesso degli amanti: l'amore, impastato di ferocia e di sangue, lacera la coltre di noia e, nello stesso tempo, disperde il convenzionale pudore della letteratura real-socialista. Simili procedimenti raggiungono il culmine nel terzo atto, tra canti di ubriachi e galop alla Offenbach, intrisi di un amaro pessimismo.

La sfida alle convenzioni morali e artistiche doveva apparire sempre più oltraggiosa con l'involuzione della situazione politica. Stupisce semmai il ritardo della reazione di fronte all'immoralità della spregiudicata protagonista. II trionfo stesso dell'opera - che in due anni sfiora le duecento repliche tra Leningrado e Mosca, oltre ai vibranti e discussi successi all'estero - rappresenta un'offesa ai benpensanti e ai mediocri.

Galina Visnevskaja, l'insuperabile interprete di Katerina, dipinge nettamente la situazione nelle sue Memorie: «I compositori dell'ex-Proletkult che in passato erano stati spietatamente criticati da Sostakovic stavano ora monopolizzando l'Unione dei Compositori proprio di fianco al Cremlino, e covavano il loro rancore verso Sostakovic. Pazientemente si preparavano alla vendetta. Avevano studiato accuratamente i gusti di Stalin e facevano del loro meglio per assecondarne l'ignoranza. Infatti Stalin non capiva niente di musica sinfonica né di qualsiasi altra musica strumentale e non poteva semplicemente soffrire i lavori contemporanei. I suoi gusti dilettanteschi e volgari erano stati legittimati da un potere dittatoriale e ora costituivano una rigida linea di condotta per l'arte. Dei parassiti servili sapevano come ingraziarsi le simpatie musicali di Stalin per dimostrare la loro devozione al suo sistema di menzogne».

La situazione matura, lenta ma inesorabile. L'assassinio di Kirov, ordinato da Stalin nel dicembre del 1934, promuove la repressione. Zdanov, succeduto a Kirov, ripulisce l'organizzazione leningradese di tutti i vecchi e nuovi malcontenti. Il metodo del terrore, esteso ai dirigenti politici e agli intellettuali, rende più rigoroso il controllo sulle arti. Il "realismo" acquista, nel linguaggio burocratico, un significato preciso: è il contrario del "formalismo", sentina delle iniquità borghesi. Resterebbe da definire il "formalismo", ma non occorre: la vaghezza della teoria serve alla concretezza delle misure amministrative. In una simile condizione qualsiasi discussione è bloccata. L'estrema difesa dei superstiti novatori è vana. È inutile che Sostakovic denunci, all'Unione dei Compositori riunita nel febbraio del 1935, la falsità della contrapposizione realismo-formalismo. La sua è ormai una battaglia di retroguardia. I nazionalisti conservatori sono appoggiati da un regime che non ammette deviazioni e si prepara a gettare sulla bilancia il peso della propria autorità.

Il 26 gennaio 1936, la Pravda pubblicizza il malcontento sovrano. Nel famigerato articolo "Caos anziché musica", l'opera, definita due anni prima il miglior frutto della politica culturale del partito, viene bollata come formalista, immorale e antipopolare, con la decisiva aggravante del "successo presso il pubblico borghese all'estero".

Radiato immediatamente dalle scene, il capolavoro di Sostakovic verrà ripresentato soltanto l'8 gennaio 1963 a Mosca. L'incerto "liberalismo" di Chruscèv impone tuttavia vasti ritocchi per ripulire testo e musica da ogni "immoralità". L'Unione dei Compositori, ancora retta dall'intramontabile Chrennikov, non poteva rimangiarsi integralmente la condanna del 1936, ribadita nel 1948 sotto l'insegna della Zdanovscina. Sostakovic dovette adattarsi a emendare i passi più scottanti.

Ribattezzata Katenna Izmajlova, l'opera sorvola le situazioni più scabrose. Il bianco seno e il caldo grembo scompaiono sotto innocue metafore; tacciono gli ottoni insolenti attorno al letto peccaminoso; scompare la tinta cupa di due intermezzi e, nella tessitura vocale di Katerina, si riducono gli arditi sbalzi, troppo "moderni" per gli epigoni di Cajkovskij.

Il compositore si adatta. Tuttavia, negli anni di Chruscèv, anche il suo stile si è smussato e Sostakovic (in attesa della tagliente sobrietà del suo periodo conclusivo) cerca soluzioni meno avveniristiche. È o non è sincero quando raccomanda la revisione ai Teatri stranieri? Per chiunque detenga il potere, una prudente menzogna sarà sempre più sicura di una scabrosa verità, almeno per un artista sopravvissuto, non senza traumi, alle peggiori situazioni. Sostakovic come afferma Rostropovic - ha imparato a vivere "in clandestinità". Di conseguenza, Rostropovic accantona le dichiarazioni ufficiali del suo autore preferito e - d'accordo con la maggior parte dei Teatri in Occidente - riporta alla luce l'originaria Lady Macbeth di Mcensk, più aspra, certo, ma più autentica.

Rubens Tedeschi

Guida all'ascolto 2

Dmitrij Šostakovič, è stato il massimo compositore sovietico. Aderì con grande convinzione al partito comunista, ma ben presto si rese conto che le speranze nate con quell'evento naufragarono nelle mani di un manipolo di spietati burocrati che, sotto un'altra forma, vollero perpetrare quel potere - con gli stessi mezzi e gli stessi sistemi - che fu precedentemente degli zar.

Il suo grande attaccamento alla sua amata Patria fece si che egli non decise di emigrare - come avevano fatto tanti altri - ma restò lì, subendo tantissime angherie.

Ma quale fu il momento in cui il grande compositore si rese conto che le cose andavano in un'altra direzione rispetto a quella desiderata?

Fu quando dopo aver composto fra il 1930 e il 1932 la bellissima opera «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk Opus 29» ed essere questa andata in scena nel 1934 con grande successo al punto di essere replicata per quasi un anno, l'apparato culturale del partito si scagliò contro di lui costringendolo a ritirare il suo lavoro.

Nell'opera in questione Šostakovič fece proprie le più ardite esperienze dell'espressionismo europeo e questo fu il motivo che attirò i fulmini della nomenclatura sovietica: le dittature - di qualsiasi colore siano - sono le più grandi nemiche di ogni istanza di progresso.

Andrej Aleksandrovič Ždanov, responsabile della cultura sovietica, si fece artefice principale di questo attacco e chiese al teatro musicale obbligatoriamente conclusioni ottimistiche, celebrazioni di eroi positivi, esaltazione della nazione sovietica, il tutto accompagnato naturalmente, da una musica molto melodica lontana dalle «degenerazioni delle avanguardie borghesi».

E pensare che quest'opera nacque proprio per esprimere i sentimenti anti-borghesi del compositore. Egli infatti, a tal proposito, così scrisse: «Katerina è una giovane bella e intelligente, che soffoca nel mondo dei volgari mercanti (...). Ella ha un marito, ma non conosce gioia alcuna (...) Gli assassini che compie non sono dei veri e propri crimini, bensì una rivolta contro l'ambiente, contro l'atmosfera sordida e nauseabonda in cui vivono i mercanti imborghesiti del XIX secolo (...)»

Nell'opera di Šostakovič c'è innanzi tutto, tutta la lezione del teatro di Modest Petrovič Musorgskij, unita alla grande lezione sinfonica di Gustav Mahler, il tutto amalgamato e reso originale dal grande, immenso suo genio musicale.

Il secondo atto sembra proprio uno di quei famosi movimenti con ritmo di Marcia funebre di alcune sinfonie mahleriane. Katerina assieme al suo amante Sergej si producono in un duplice assassinio, prima il di lei suocero e successivamente il marito; grande è la maestria e capacità di Šostakovič nell'accompagnare i vari momenti del racconto: gli stati d'animo, le atmosfere ma anche i più piccoli particolari, producendo una musica che sembra davvero parlare.

Musorgskij, invece viene fuori nel quarto atto dove l'opera dopo il carattere intimo dei tre precedenti, diventa di tipo corale, come sono proprio le due opere meravigliose: «Boris Godunov» e «Kovancina». I due amanti assassini sono assieme a tanti galeotti deportati in Siberia e qui è d'obbligo un altro accostamento ma, questa volta, di tipo letterario: il romanzo «Resurrezione» di Lev Tolstoj. Anche lì la storia si conclude con una lunga marcia dei deportati verso la Siberia e, in entrambi i casi, è una donna la protagonista.. Ma le assomiglianze, sotto questo punto di vista, finiscono qui. Se Katiuscia - la protagonista di «Resurrezione» - è infatti completamente innocente e quindi completamente vittima di tutte le circostanze, Katerina è colpevole. Ma la pietà, la compassione, la solidarietà che io provo per entrambe queste due Donne è la medesima. Entrambe infatti sono vittime di un mondo sbagliato e corrotto, entrambe sono vittime di una società, di un mondo profondamente maschilista ed entrambe, infine, fanno parte di quell'Umanità, formata dagli emarginati, dagli ultimi della Terra.

Nel 1934, Šostakovič volle dare a Katerina - a differenza dell'originale personaggio di Nikolaj Semënovič Leskov, da cui è tratto il dramma - un volto molto più umano per caratterizzarlo molto di più da un punto di vista sociale: Katerina è vittima di un sistema che mette al centro dei suoi valori la ricchezza e che porta molte persone a delinquere in nome di quella.

Ma quello che mi colpisce profondamente è il clima diametralmente opposto che conclude queste due opere rispetto a due capisaldi del teatro di fine Settecento inizio Ottocento.

Come già, nel teatro di Musorgskij, in Šostakovič il messaggio finale è di un pessimismo terribile: trionfo terribile delle tenebre, della notte, del buio: Katerina si butta nel fiume costringendo con lei la nuova amante del suo amato Sergej ma, prima di fare questo, canta una bellissima canzone:

Nel bosco, là dove è più fitto, c'è un lago:
Tondo tondo e molto profondo,
L'acqua è nera.
Nera come la mia coscienza.
E quando il vento soffia nel bosco,
Sul lago si sollevano le onde,
grandi onde, ed è terribile:
D'autunno poi ce ne sono sempre.
Acqua nera e grandi onde,
Nere, grandi onde

Il senso dell'oscurità è già molto profondo e l'opera si conclude con un canto di un vecchio forzato:

E cammina, cammina senza sosta,
Suonano a ritmo le catene,
Tristemente si contano le verste
Sollevando la polvere coi piedi!

A cui fanno eco gli altri forzati:

Eh, voi, steppe smisurate,>
Giorni e notti senza fine
E pensieri sconsolati
E gendarmi disumani.
Ah!...

Dopo l'esperienza di quest'opera, Šostakovič, a parte alcune sinfonie molto ligie ai dettami del potere, decise di comporre solo musica da camera per non incappare nuovamente negli strali della censura sovietica. Nel 1943 pensò di rompere questo atteggiamento musicando un testo di Nikolaj Vasil'evič Gogol': «I giocatori», ma ben presto si rese conto che ancora una volta la storia e la musica di questa opera non sarebbero state accettate dal potere sovietico per cui, in preda al più profondo scoramento decise di abbandonare l'impresa.

E' un peccato veramente grande perché il primo atto di questa opera da lui composto è veramente eccezionale e non lesino di affermare che probabilmente se fosse stata compiuta sarebbe da annoverare fra i grandi capolavori del teatro musicale del Novecento.

Nello stesso anno compose la «Sinfonia n. 8 in do- Opus 65». Siamo in piena seconda guerra mondiale subito dopo che le truppe naziste furono respinte dal suolo sovietico. Naturalmente il potere chiese al compositore una sinfonia che celebrasse questa vittoria. Ma, ancora una volta, il compositore, non accontentò i suoi governanti. Compose infatti una partitura improntata dalla più assoluta mestizia e dal più grande dolore dettato dalle atrocità della guerra.

In tutta questa tristezza, però, il finale spicca con una musica intima, una pastorale solare con elementi popolari. Intervistato sul significato filosofico della sinfonia e sul significato in particolare di quel finale, il compositore disse che aveva voluto descrivere il suo «dolore verso la violenza dell'uomo sull'uomo» ma, a dispetto di tutto ciò, nel finale, volle affermare che nonostante tutto «la vita e' una cosa meravigliosa, la vita e la bellezza trionferanno.

Daniele Scarpetti


(1) Il 16 Ottobre 1932 Shostakovich pubblicava sul giornale "Sovetskoe iskusstvo" questo breve trafiletto per presentare al pubblico la sua nuova opera. Riportato nel volume di Franco Pulcini Shostakovich, EDT Torino 1988, pag. 202.
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium di Via della Conciliazione, 5 Gennaio 2002


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Ultimo aggiornamento 10 maggio 2013