Pesn o lesakh (Il canto delle foreste), op. 81

Oratorio per tenore, basso, coro di voci bianche, coro misto e orchestra

Musica: Dmitri Shostakovich (1906 - 1975)
Testo: Yevgeni Dolmatovsky
  1. Quando la guerra finì - Andante
  2. Copriamo la patria di boschi - Allegro
  3. Ricordi del passato - Adagio
  4. I Pionieri piantano gli alberi - Allegretto
  5. I giovani comunisti sono in testa - Allegro con brio
  6. Una passeggiata nel futuro - Adagio
  7. Gloria - Allegro non troppo
Organico: 3 flauti, 3 oboi (3 anche corno inglese), 3 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, tamburo, piatti, glockensoiel, 2 arpe, celesta, archi
ottoni supplementari: 6 trombe, 6 tromboni
Composizione: Komarovo, 15 Agosto 1949
Prima esecuzione: Leningrado, Sala grande della Filarmonica, 15 Novembre 1949
Guida all'ascolto (nota 1)

Sostakovic dedicò la maggior parte dell'anno 1948 e la prima metà del 1949 alla musica per il cinema, che per più di un anno rappresentò l'unica forma della sua arte accettata nella vita culturale del Paese. Gli ideologi, che guidavano l'URSS, forti della vittoria sul formalismo, stavano elaborando una nuova dottrina, divenuta una specie di "pietra d'angolo" dell'estetica del realismo socialista nel dopoguerra: nella società del vittorioso socialismo può essere ammesso soltanto un conflitto, quello tra il buono e il migliore. Nel campo musicale questo significava il predominio assoluto del modo maggiore e la conclusione di qualsiasi composizione con una solenne apoteosi.

Sostakovic fu costretto ad adattarsi alle nuove disposizioni. (Temirkanov usa una terminologia più decisa: "Sostakovic si spaventò e per salvarsi compose il Canto delle foreste").

Al ritorno dagli USA egli scrisse infatti Il canto delle foreste, l'oratorio per tenore, basso, coro misto, coro di voci bianche e orchestra sui testi di Evgenij Dolmatovskij. Formalmente la composizione dell'oratorio fu ispirata dalla pubblicazione, nell'autunno del 1948, di un assurdo piano staliniano di riforestazione, con il quale si intendeva circondare le steppe con delle foreste, cioè coprire enormi spazi della Russia del sud, della Siberia, del Kazakistan con delle piantagioni verdi (dopo la morte del dittatore tutti i lavori di questo genere furono annullati silenziosamente). In realtà, ha ragione Temirkanov, questa commissione di Stato era ovviamente il pagamento dovuto (dopo l'incarico americano, offerto al compositore personalmente da Stalin nel mese di marzo) per ottenere la totale riabilitazione. Il Canto delle foreste assolse questo compito e nel 1950 insieme alla musica per il film del regista "di corte" Michail Caureli La caduta di Berlino, ottenne il Premio Stalin di primo grado (si trattava del suo quarto premio "Stalin": in precedenza il premio di primo grado fu assegnato al Quintetto e alla Settima Sinfonia, mentre il premio di secondo grado al Trio in memoria di Sollertinskij).

Tentiamo di trattare questa composizione senza preconcetti, come suggerisce Levon Hakopian nel suo fondamentale studio Dmitrij Sostakovic. Saggio sulla fenomenologia dell'opera. Si tratta più di una cantata che di un vero oratorio, in quanto manca un soggetto letterario. Il Canto delle foreste è costituito da sette movimenti: 1. Quando la guerra finì (basso solo con coro misto e orchestra, Andante); 2. Copriamo la Patria di boschi! (coro misto e orchestra, Allegro); 3. Ricordi del passato (basso solo con coro misto e orchestra, Adagio); 4. I pionieri piantano gli alberi (coro di voci bianche con orchestra, Allegretto); 5. I giovani comunisti (gli stalingradesi) sono in testa (coro misto e orchestra, Allegro con brio); 6. Una passeggiata nel futuro (solo tenore con coro misto e orchestra, Adagio); 7. Gloria (fuga orchestrale e corale e il finale apoteosi, con la partecipazione di tutti gli interpreti, Allegretto - Moderato - Moderato con moto - Andante). La musica del finale occupa un terzo di tutta la composizione.

Bisogna però precisare che dopo la morte di Stalin e dopo il XX congresso del PCUS, il testo della Cantata è stato modificato due volte, di conseguenza nella versione del 1960 il termine "stalingradesi" è stato sostituito da "komsomoliani", il nome di Stalin e tutti i riferimenti diretti o indiretti al dittatore, come "padre dei popoli", sono stati eliminati. Il poeta Dolmatovskij, d'accordo con il compositore, ha modificato il seguente passaggio del primo movimento: "Nel Cremlino il mattino s'illuminò con l'alba,/ Il grande Condottiero concentrato nella saggia riflessione/Si avvicinò alla enorme mappa..." con parole ancora meno sensate: "Amico mio, compagno/Dopo la battaglia siamo tornati a casa/ Dai un'occhiata alla carta geografica del Paese". Sono state inoltre cambiate anche le parole dell'apoteosi finale: "Ci conduce il genio/dei figli fedeli ed inflessibili/Il nostro maestro, nostro amico e padre/Condottiero delle grande battaglie,/Giardiniere dei futuri giardini".

Nella partitura regna la tonalità di do maggiore (primo e ultimo movimento). Sono rari i segni di alterazione. Un'atmosfera ottimistica prevale anche nel quinto movimento, il cui tema è quasi identico a quello dell'Ouverture festosa op. 96 (un altro esempio di Sostakovic in chiave "realsocialista"). La partitura è ricca di una grande quantità di idee musicali di facile ascolto, imparentate con canzoni popolari sovietiche degli anni 1930-40, di carattere vittorioso. Non c'è traccia di quell'aura "sinistra" che spesso nella sua musica accompagna i temi spiccatamente banali. Però qua e là troviamo il "vero" Sostakovic, come nell'inizio del terzo movimento dove indiscutibilmente traspaiono reminiscenze della Quinta e dell'Ottava Sinfonia. Nel terzo movimento le parole, in cui si coglie un riferimento al passato zarista della nazione ("I bambini chiedevano il pane, i campi supplicavano l'acqua..."), spingono il compositore ad un'improvvisa svolta drammatica, nello stile di Musorgskij e del suo Boris Godunov. Altri momenti di autentica bellezza: l'episodio orchestrale, sempre nel terzo movimento, con le intonazioni di lamento, l'introduzione al quarto movimento con un improvviso oscuramento della tonalità, la straordinaria espressività dell'assolo del corno inglese all'inizio del sesto movimento. Infine, è molto originale la grandiosa e complessa fuga a quattro voci nell'ultimo movimento, scritta su un tema di vasta cantabilità in un raro ritmo di 7/4 (tipico delle canzoni popolari russe) ed elaborata con autentica passione professionale.

Nonostante il suo evidente contenuto propagandistico, il Canto delle foreste è artisticamente superiore rispetto alle analoghe composizioni di propaganda scritte negli stessi anni dai colleghi di Sostakovic. Questa cantata non è priva di fascino, di freschezza - data anche la presenza del coro dei bambini - e si distingue per il nobile uso della grande massa degli interpreti uniti per esprimere gioia ed ottimismo al massimo grado.

Vorrei concludere citando l'articolo della già menzionata Marina Sabinina per rispondere al titolo della nostra presentazione: "Davvero esistevano due volti di Sostakovic?", "davvero egli è stato un uomo doppio, capace di cambiare con disinvoltura il modo di comportarsi, lo stile musicale, la scelta dei testi, e persino il lessico per ottenere benevolenza da parte dei padroni del paese? Certamente no. Il suo destino fu profondamente tragico. Alle persone vicine confessava spesso la propria paura spiegandola con l'orrore che aveva conosciuto e vissuto. Indignato per l'atteggiamento del 'comunista' Pablo Picasso nei confronti del potere sovietico, Sostakovic ebbe a dire del grande artista spagnolo: 'Sarò una canaglia, un vigliacco ecc, ma io sono dentro una prigione ed ho paura per me e per i miei figli, mentre lui è in libertà e non deve mentire!' (da una testimonianza di Edison Denisov).

Sostakovic si piegava, cadeva, poi si raddrizzava, cercava di avere una rivincita e di nuovo si metteva a manovrare per denunciare il regime disumano. Le radici della sua tragedia consistevano nel fatto che sulle sue fragili spalle fu messo il peso enorme del suo genio creativo, per la cui completa realizzazione fu costretto a manovre umilianti. In quell'atmosfera di permanente terrore poliziesco il suo comportamento era equivalente al sacrificio, richiedeva coraggio e orgoglio".


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 14 aprile 2012


I testi riportati in questa pagina sono tratti, prevalentemente, da programmi di sala di concerti e sono di proprietà delle Istituzioni o degli Editori riportati in calce alle note.
Ogni successiva diffusione può essere fatta solo previa autorizzazione da richiedere direttamente agli aventi diritto.


Ultimo aggiornamento 20 aprile 2012