Trio n. 1 in re minore per violino, violoncello e pianoforte, op. 63


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. Mit Energie und Leidenschaft (re minore)
  2. Lebhaft, doch nicht zu rasch (fa maggiore). Trio
  3. Langsam, mit inniger Empfindung (la minore). Bewegter (fa maggiore)
  4. Mit Feuer (re maggiore)
Organico: violino, violoncello, pianoforte
Composizione: Dresda, 3 giugno - 7 settembre 1847
Prima esecuzione privata: Lipsia, residenza degli Schumann, 13 settembre 1847
Prima esecuzione pubblica: Lipsia, Gewandhaus Saal, 13 novembre 1848
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1848
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Robert Schumann scrisse tre Trii per violino, violoncello e pianoforte: i primi due (op. 63 e op. 80) furono composti nel 1847, il terzo (op. 110) nel 1851. La pagina di cui ci occupiamo ora è forse la più riuscita delle tre; la sua inquietudine, la sua passione, il lirismo intenso, il perfetto equilibrio fra i tre strumenti toccano vertici che Schumann non riuscì più a raggiungere nei due Trii successivi.

Il movimento iniziale, Mit Energie una Leidenschaft, è scritto nella canonica forma-sonata, basata sul contrasto-opposizione di due gruppi tematici ambientati in altrettante aree tonali (Esposizione), sulla loro rielaborazione ritmica, armonica e tonale (Sviluppo) e sulla ricomposizione dei contrasti nella Ripresa finale. L'Esposizione si apre con il primo tema, ardente e appassionato, che sembra nascere dalle viscere della terra; le note del violino si «aprono» gradualmente verso l'alto, come a cercare la luce, sopra il ribollire incessante degli arpeggi del pianoforte. È la cifra della «passione» romantica schumanniana, che abbiamo tante volte udito nelle sue composizioni pianistiche. Il magma sonoro viene poi spezzato da una efficace transizione basata sui secchi accordi in ritmo puntato del pianoforte: è la preparazione al secondo tema, in fa maggiore, più cantabile ma simile al primo nello slancio ascendente. Un'ampia coda, dove sopra gli ondulanti arpeggi del pianoforte si colgono frammenti motivici del primo tema, chiude l'Esposizione e apre, con molta naturalezza, senza cesure cadenzali, la sezione di Sviluppo. Le prime tre parti sono piuttosto convenzionali, dal momento che si limitano essenzialmente a rielaborare spunti motivici tratti dai due temi principali; il «poeta» Schumann riappare nella quarta sezione dello Sviluppo quando, dopo una pausa con corona, udiamo un motivo nuovo, straordinario per timbro e colore, esposto dal violoncello e dal violino Am steg (al ponticello, sfruttando cioè i suoni armonici dei due strumenti) e sorretto dagli accordi in pianissimo del pianoforte, per il quale Schumann prescrive l'uso del pedale del piano (detto anche «una corda» perché, abbassandolo, l'esecutore permette al martelletto di percuotere soltanto una delle due o tre corde previste per ogni nota della tastiera). È un momento magico, notturno, quasi impalpabile, una raggio di luce divina che illumina per un attimo le angosce e le passioni umane.

Riprendere il filo del discorso musicale, dopo questo momento di quasi innaturale sospensione delle emozioni, non è cosa facile; la restante porzione dello Sviluppo perde infatti parte della sua veemenza ritmica e del suo slancio battagliero. Anzi, nella calda tonalità di re bemolle maggiore, ritornano brevemente le atmosfere della quarta sezione dello Sviluppo, prima dì venir travolte dallo slancio del primo tema. La Ripresa si svolge parallela all'Esposizione ma vi aggiunge una coda nella quale, non poteva essere altrimenti, riascoltiamo il motivo della quarta sezione dello Sviluppo, ora mormorato in delicati accordi pianissimo dal pianoforte.

Il movimento successivo è uno Scherzo in fa maggiore (Lebhaft, doch nìcht zu rasch), dove dominano i ritmi ben scanditi del pianoforte e le gioiose cavalcate ascendenti degli archi. Da sottolineare l'impeto ritmico, che si evidenzia nei numerosi accordi sforzati (pianoforte) e nel caratteristico ritmo puntato (violino e violoncello). Il Trio centrale, come di norma, presenta un carattere più melodico e delicato che crea un forte contrasto con lo Scherzo precedente: l'idea melodica principale viene esposta in successione dai tre strumenti (pianoforte, violoncello, poi violino) in una specie di canone a tre voci sopra il lungo pedale di fa del pianoforte. È l'idea della «staticità» in musica, in contrasto con la grande «dinamicità» dello Scherzo.

Il movimento lento (Langsam, mit inniger Empfindung) è strutturato nella canonica forma A-B-A: la parte A, in la minore, è un bell'esempio di liricità schumanniana, scarna, tesa, quasi dolorosa; timbricamente la pagina è tutta giocata sui registri medio-gravi del violino e del pianoforte (quest'ultimo suona sempre col pedale «una corda»), mentre il violoncello si avventura nelle regioni acute, creando un effetto sonoro complessivo straniante, quasi allucinato. La parte B, invece, nel tono di fa maggiore, si «apre» verso l'alto e offre ai due archi la possibilità di duellare amabilmente sopra le terzine in accordi del pianoforte: il contrasto con la sezione precedente è volutamente molto forte. Tipicamente schumanniana infine è la relazione tonale di sesta fra le due sezioni (la minore-fa maggiore): il carattere quasi angoscioso della tonalità in minore viene in parte mitigato, nella sezione centrale, da quallo più aperto e solare del fa maggiore.

Il finale, Mit Feuer, è un'altra pagina che ci riporta al periodo delle opere pianistiche di Schumann. È il pianoforte infatti a condurre il gioco, a trascinare con entusiasmo violino e violoncello attraverso motivi pieni di gioia di vivere, di serenità ritrovata dopo i dubbi e le riflessioni dei movimenti precedenti. Il discorso musicale scivola via serrato ed efficace, i temi si susseguono con naturalezza, i numerosi cambi tonali non disturbano affatto la percezione della continuità che riesce ad ottenere Schumann da sua musica. Il primo tema, vero e proprio protagonista assoluto del movimento, esplode subito, senza preamboli, nel pianoforte (re maggiore) e subito trascina gli archi in un vorticoso passaggio in terzine, che funge da transizione verso una nuova tonalità (fa maggiore), nella quale riascoltiamo il primo tema, ora presentato anche dal violino. La seconda idea tematica è l'immagine della raggiunta serenità: una semplice linea discendente presentata dal violoncello e raddoppiata in ottave spezzate dal pianoforte. Un ampio episodio di Sviluppo elabora i materiali fin qui uditi, ma non è in questa sezione che l'ascoltatore riporrà la sua attenzione e il suo interesse; stiamo infatti tutti aspettando il ritorno trionfale del tema principale nella tonalità d'impianto, la ripresa del secondo tema e la travolgente galoppata conclusiva verso la felicità.

Alessandro De Bei

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Nella musica da camera, e quindi nei tre Trii per violino, violoncello e pianoforte op. 63, op. 80 e op. 110, oltre naturalmente che nella produzione liederistica, Schumann esprime forse meglio che altrove quel dèmone interiore fatto di pulsazioni del suo inconscio, in cui si riflettono i vari stati d'animo dell'artista, secondo un modo di sentire che fu tipico del compositore romantico. Non più una visione classicistica e razionale dell'arte, ma una successione di sensazioni e di sentimenti dettati dall'esigenza creativa del momento, pur nel rispetto di un linguaggio che ubbidisce ad una forma e ad una architettura sonora, estranea al gioco e al passatempo puramente edonistico. In tal senso Madame de Staël seppe riassumere in modo esemplare l'atteggiamento dei romantici di fronte al fenomeno musicale, quando scrisse: «Di tutte le belle arti la musica è quella che agisce più immediatamente sull'animo. Le altre arti ci indirizzano verso questa o quell'altra idea; soltanto la musica attinge alla sorgente ìntima dell'esistenza e muta radicalmente la nostra disposizione intcriore... Ascoltando suoni puri e deliziosi siamo pronti a cogliere il segreto del Creatore e a penetrare il mistero della vita. Nessuna parola può esprimere questa impressione, perché le parole derivano dalle impressioni originarie come quelle dei traduttori sulle orme dei poeti. L'indeterminatezza della musica si presta a tutti i movimenti dell'anima ed ognuno crede di ritrovare in una melodia, come nell'astro puro e tranquillo della notte, l'immagine di ciò che desidera su questa terra». Ora, lo Schumann cameristico sembra scavare all'interno stesso della musica per cogliere quegli elementi più intimistici e segreti della propria sensibilità, tra slanci e ripiegamenti, tra improvvise accensioni della fantasia e rapidi mutamenti psicologici, per comunicare agli altri sentimenti ed emozioni, nella ricerca di autentici valori espressivi contro il virtuosismo, il facile effetto e la superficialità.

In questo senso i Trii costituiscono un aspetto significativo della personalità creatrice di Schumann e racchiudono in sintesi il modo compositivo dell'artista, che si richiama certamente al modèllo beethoveniano di questo genere musicale, senza però nascondere una più articolata e asimmetrica struttura armonica e contrappuntistica, in sintonia con quel furore romantico da cui l'anima è liberatamente ed indeterminatamente eccitata, come avverte lo stesso Florestano, uno dei personaggi immaginari presenti negli scritti del musicista. Il Trio in re minore venne composto nel mese di giugno del 1847, quando l'artista si era trasferito a Dresda, tra varie vicissitudini familiari anche negative, come la morte del figlio Emilio di un solo anno. Ai primi di luglio dello stesso anno Schumann in una lettera all'amico Killer dice: «In questi ultimi tempi ho scritto un Trio in re minore, di cui diverse partì mi piacciono molto. Quando ci vedremo lo sentirai insieme ad un altro più vecchio che ho scritto qualche anno fa, in la minore [si tratta di frammenti utilizzati per i Pezzi fantastici op. 88 per violino, violoncello e pianoforte - n.d.r.] e a quello della mia Clara». Si sa che la rifinitura del Trio in re minore occuperà Schumann sino al 13 settembre, mentre già pensa ad un secondo Trio in fa maggiore, il cui manoscritto è conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi e reca le seguenti date di lavoro: primo tempo 8 ottobre, secondo tempo 16 ottobre e terzo tempo 1° novembre 1847.

Il tema iniziale del Trio in re minore indicato eloquentemente in partitura "Mit Energie und Leidenschaft" ha una densità drammatica e una tensione espressiva rivelatrice di uno stato d'animo preoccupato. Un breve passaggio di accordi puntati conduce al secondo tema affidato al pianoforte su un discorso cromatico molto vivace, intessuto tra il violoncello e il pianoforte e poi tra il violino e il violoncello. Ad un certo punto tutto si placa e si ode come un lontano carillon dalle armonie consolatrici, prodotto dal registro acuto del pianoforte e unito al suono sul ponticello degli archi. La calma è solo momentanea, perché ritorna più ansiosa ed esagitata l'atmosfera psicologica precedente, prima del violento e secco accordo conclusivo. Il secondo tempo (Lebhaft, dock nicht zu rasch) rivela un senso di inquietudine con il suo ritmo conciso e tagliente, tra movimenti ascendenti e discendenti. Ad un certo punto il quadro cambia e nel terzo tempo il violino espone un tema doloroso e desolato, sorretto nel registro grave dal pianoforte in un gioco di armonie delicate ed evanescenti. Segue un ammirevole duetto tra il violino e il violoncello, mentre la metrica del pianoforte si fa più sottilmente fluttuante, in una visione da notturno romantico. Questo episodio sfocia in un passaggio più animato nella tonalità di la maggiore: il violino espone una melodia cantabile, contrappuntata dalle voci del violoncello e del pianoforte. Nell'ultimo tempo il tema esplode come in un inno di vittoria e acquista robustezza ed entusiasmo; pianoforte e archi si richiamano tra di loro con accenti di giubilo e di gioia. Non mancano spunti contrappuntistici e ripetizioni (queste ultime rimproverate a Schumann sin dal primo momento dalla critica), ma non si può negare a questo finale una spontaneità e irruenza espressiva di notevole efficacia emotiva, che forse non troverà il suo equivalente se non trent'anni più tardi nel Quintetto in fa minore per pianoforte e archi di César FrancK.


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 140 della rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 11 gennaio 1985


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Ultimo aggiornamento 10 luglio 2013