«Schumann, in un momento d'allegria, ci suggerì che avremmo dovuto comporre insieme una sonata per violino e pianoforte. Joachim avrebbe dovuto poi indovinare il compositore di ciascun movimento»; sono le parole con le quali Johannes Brahms ricorda la nascita della F.A.E. Sonate, scritta tra il 15 e il 28 ottobre 1853 insieme a Robert Schumann e ad Albert Dietrich (un allievo di Schumann) per l'amico violinista Joseph Joachim. Schumann compose il secondo (Intermezzo) e il quarto movimento, terminandoli rispettivamente il 22 e il 23 ottobre 1853. Dietrich scrisse il primo movimento, un Allegro piuttosto convenzionale, e Brahms lo Scherzo centrale.
Ai due movimenti già esistenti, Schumann aggiunse poi il primo e il secondo, costruendo così la sua terza Sonata, in la minore, che presenta molti aspetti in comune con la seconda: l'enfatica introduzione, il continuo passaggio da minore a maggiore e l'impeto appassionato del materiale tematico. La pagina più interessante dell'intero lavoro è senza dubbio l'Intermezzo, mirabile esempio di melodia schumanniana, calda, appassionata e nostalgica a un tempo.
Alessandro De Bei
La Sonata n. 3 per violino e pianoforte in La minore viene composta a Düsseldorf nel 1853, un periodo che Schumann stesso definisce «di quasi serenità o di sottile malinconia» (solo quattro mesi dopo, in preda alla malattia, tenterà invece il suicidio gettandosi nel Reno). Scritta a sei mani (un Allegro iniziale di Albert Dietrich, «il mio miglior allievo»; uno Scherzo del giovanissimo Johannes Brahms; secondo movimento e finale di Schumann), per il grande violinista Joseph Joachim e Clara Wieck, moglie di Schumann e dotata pianista, è intitolata F.A.E. da un motto di Joachim, Frei aber einsam, "libero ma solo". Subito dopo Schumann scrive un Allegro iniziale e uno Scherzo, sostituendo quelli di Dietrich e Brahms, completando così la sua terza e ultima Sonata per violino e pianoforte.
Il primo movimento è contraddistinto da forti contrasti e costruito variando continuamente i primi quattro accordi e i due successivi intervalli (la dissonanza del primo intervallo non trova risoluzione nel secondo, e si scarica in una discesa di rapide note al pianoforte). L'arte combinatoria di Schumann trasforma quegli accordi già nella loro seconda apparizione, tanto che stentiamo a riconoscerli. Il clima improvvisamente si rasserena quando brevi incisi in eco tra i due strumenti introducono un tema cantabile: proprio quando la serenità sembra raggiunta, un'ascesa cromatica si agita fino al riapparire degli accordi introduttivi, ora di un'ovattata malinconia che pervade anche il tema cantabile. Sorprendenti sono le danzanti terzine, con il sapore di un fugace piacevole ricordo destinato a svanire per lasciar posto alla ripresa dei temi e alla coda conclusiva.
Il secondo movimento è il necessario antidoto all'inquieta tensione del primo: una lunga ed espressiva melodia del violino si distende sugli arpeggi del pianoforte, sostenuti al grave da un basso di rassicurante chiarezza. Nel terzo, Lebhaft, il vivace breve scherzo introduttivo trascolora nella cantabilità affettuosa del violino. Nella seconda apparizione della melodia il ritmo modifica il canto e l'arpeggio, trasformandoli e ricombinandoli.
Il finale, Markiertes, ziemlich lebhaftes, si apre con la citazione degli accordi iniziali del primo movimento, ma il clima appare più brillante, in particolare nel tema cantabile del violino e nei successivi pizzicati. La parte centrale si atteggia a seriosa fuga, ma il ritmo puntato del soggetto e il richiamo alla melodia mantengono il clima luminoso, mentre nel finale un virtuosismo più evidente sembra ricordare che i primi destinatari sono una pianista e un violinista d'eccezione.
Emiliano Buggio