Sonata per violino e pianoforte n. 1 in la minore, op. 105


Musica: Robert Schumann (1810 - 1856)
  1. Mit leidenschaftlichem Ausdruck (la minore)
  2. Allegretto (fa maggiore - fa minore - fa maggiore)
  3. Lebhaft (la minore - la maggiore - la minore)
Organico: violino, pianoforte
Composizione: Düsseldorf, 12 - 16 settembre 1851
Prima esecuzione privata: Düsseldorf, residenza di Schumann, 16 ottobre 1851
Prima esecuzione pubblica: Lipsia, Gewandhaus Saal, 21 marzo 1852
Edizione: Hofmeister, Lipsia, 1852
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Schumann affrontò il problema della composizione cameristica soltanto nel 1842 con i tre Quartetti op. 41, scritti con grande maestria strumentale, pur tenendo presente naturalmente l'esempio beethoveniano. Tale esperienza determinò una profonda riflessione nell'artista, educatosi fino allora quasi esclusivamente sul pianoforte, strumento preferito per l'ideazione melodica aforistica e per la creazione della stupenda fioritura di Lieder, coltivati sulla scia dell'eredità schubertiana. Egli considerò la musica da camera, non legata necessariamente a riferimenti letterari, la più pura e la più severa sotto il profilo formale, anche se in questo "genere" musicale l'acceso spirito romantico schumanniano non perde quella freschezza e naturalezza d'inventiva e quella Sehnsucht tra passione e malinconia che è il tratto fondamentale della personalità di questo compositore. Una tesi, però, non pienamente condivisa dal violinista Joseph Joachim, il quale notò una netta differenza stilistica tra lo Schumann pianistico e lo Schumann cameristico, reso più tormentato nell'ultimo periodo della sua vita trascorsa a Düsseldorf tra ricorrenti crisi nervose e depressive.

In questo difficile momento si collocano le due Sonate per violino e pianoforte op. 105 e op. 121, scritte da Schumann nell'autunno 1851 per mostrarsi, come disse l'autore, nella migliore luce al mondo musicale e offrire una sintesi del suo ideale di musica concertante. Certamente nelle due composizioni viene rispettata la pura forma classica della Sonata con un richiamo dei temi da un movimento all'altro (ad esempio, la frase iniziale dell'op. 105 si riaffaccia nell'ultimo tempo), in una equilibrata fusione tra aspetti melodici e ritmici. In esse si avverte con indubbia chiarezza quel modo di comporre tipico di Schumann, che è fatto di slanci ardenti e di improvvisi ripiegamenti, di impeti e di tenerezze, di introspezioni psicologiche e di sogni fantastici venati di poesia romantica. Anche in questi lavori è presente la doppia anima di Schumann svelata nei personaggi del malinconico Eusebio (specie nella Sonata in la minore), e dall'appassionato Florestano (soprattutto nella Sonata in re minore), già a suo tempo simbolicamente descritti nei pianistici Davidsbündler, la lega dei fratelli di David, rivolta ad abbattere e sconfiggere il filisteismo e la mediocrità nell'arte.

La prima Sonata in la minore per violino e pianoforte è più succinta e raccolta rispetto alla seconda in re minore, definita anche "Grosse Sonate" per l'ampiezza e la grandiosità della struttura, e si distingue per il suo afflato romantico, sin dal tema iniziale espresso dal violino con morbidezza di accento e senza enfasi. Il tema viene elaborato e traduce con particolare efficacia quella tensione interiore, che si esprime tra volontà e dubbio, caratteristica della sensibilità schumanniana. Il violino ritorna più volte sulla stessa frase, quasi a riaffermare con forza il significato in positivo contenuto nella stupenda melodia. Più lirico e distensivo si presenta l'Allegretto centrale con il violino in primo piano in un gioco di armonie cantabili e meditative, frammiste ad un trapunto di note leggere e ariose. Nel tempo vivace finale spicca l'inquietudine e la veemenza emotiva del discorso sonoro: il violino e il pianoforte sembrano lanciarsi in una folle corsa in cui si delinea l'insoddisfazione e la crisi interna del compositore, di fronte alle sue aspirazioni ideali.

Ennio Melchiorre

Guida all'ascolto 2 (nota 1)

All'inizio di settembre del 1850 Schumann si trasferisce con la famiglia a Düsseldorf per assumere l'incarico di direttore musicale. Gli obblighi del nuovo ufficio lo vedono impegnato nella direzione dell'orchestra e del coro nonché nella produzione di musica sinfonica e corale. In mezzo a questi grandiosi progetti Schumann ritorna anche alla musica da camera, un repertorio non più coltivato dopo i due Trii con pianoforte del 1847. Adesso a 41 anni si cimenta per la prima volta col genere della Sonata per violino e pianoforte. Schumann ne scrive complessivamente tre: oltre alle due qui presentate, la terza (WoO 27) del 1853 è la sua ultima composizione da camera. Stilisticamente le Sonate per violino sono opere rappresentative del suo ultimo periodo creativo. Le caratteristiche di questo stile si possono così riassumere: riduzione al minimo del materiale tematico e sua circolarltà con la conseguente tendenza al monotematismo; sviluppo di molteplici figurazioni tematiche da nuclei intervallari di base che si ritrovano nei diversi movimenti; forma il più possibile concisa; complessità delle relazioni armoniche; un tono che tende spesso al cupo o al melanconico e rassegnato.

Singolare in entrambe le Sonate è la predilezione accordata al registro medio e grave del violino, rinunciando a fare emergere quello acuto cosi spesso invece preferito dai romantici per il suo carattere lirico ed eroico.

La Sonata in la minore op. 105 (composta dal 12 al 16 settembre 1851) colpì subito Clara che afferma di esserne stata letteralmente «incantata e commossa» sin dalla prima lettura. Il primo movimento, Mit leidenschaftlichem Ausdruck (Con appassionata espressione appassionata), in forma sonata, inizia con un tema sincopato in 6/8, una melodia inquieta e appassionata che è alla base di quasi tutto il materiale motivico del primo movimento; a essa segue un'ampia transizione modulante alla relativa maggiore che sembrerebbe dover portare al secondo tema, ma invece abbiamo solo un frammento, un accenno di melodia che, nell'andamento ritmico e intervallare, riprende il primo tema per concludere l'Esposizione con un'idea motivica che è la trasposizione alla relativa maggiore della transizione. Lo Sviluppo prende le mosse dal primo tema, il cui attacco risuona singolarmente alla tonica e prosegue con una mirabile elaborazione del tema medesimo. Alla fine dello Sviluppo un'ampia progressione ascendente riconduce alla tonalità di la minore e alla Ripresa con la riesposizione del tema principale. La transizione, quasi letterale trasposizione di quella dell'Esposizione, riafferma la tonica mutandone il modo da minore in maggiore; riappare quindi il motivo secondario e infine la coda: ritorna ossessivo l'attacco del tema principale, una sorta di perorazione finale prima che il violino si lanci su delle rapide e brillanti figurazioni cadenzali.

Il secondo movimento (Allegretto), in fa maggiore, è sempre ravvivato dall'alternarsi di sezioni cantabili e di altre danzanti sul tipo di uno Scherzo. L'idea melodica principale, intima e delicata, apre uno squarcio di serenità dopo l'atmosfera angosciosa del primo movimento; questa viene solo brevemente interrotta da un motivo leggero e scherzoso, che flette la tonalità verso il modo minore per poi, dopo alcune battute, far riemergere la melodia principale. Una seconda sezione presenta una nuova idea melodica in fa minore velata di malinconia. Ritorna quindi la melodia iniziale, di nuovo interrotta dal motivo scherzoso. Segue una sezione in minore con un'idea melodica che è una variante ampliata del motivo scherzoso prima dell'ultima riproposizione della melodia principale.

Il terzo movimento, Lebhaft (Allegro), in forma sonata, presenta un tema principale costituito da una lunga figurazione di sedicesimi, di carattere spiccatamente motorio, (quasi un perpetuum mobile) in scrittura imitativa tra il pianoforte e il violino. Senza alcuna battuta di transizione si passa al secondo tema, un motivo squadrato e scandito ritmicamente dall'accompagnamento pianistico. L'Esposizione si chiude con una breve sezione conclusiva dove ritorna frammentato il tema iniziale. Lo Sviluppo, articolato in tre parti, vede nella prima e nella terza riapparire spunti del primo e del secondo tema, mentre quella centrale, in mi maggiore, è basata su una nuova idea, una melodia distesa e cantabile, che interrompe per alcuni momenti la concitazione motoria del movimento, anche se l'attacco del tema principale fa qua e là capolino nell'accompagnamento pianistico. La Ripresa vede nell'ordine riesposti il primo e il secondo tema. Nella coda ricompare l'attacco del tema del primo movimento, ma, dopo qualche battuta, cede nuovamente al turbinoso movimento motorio che conclude la sonata.

Nino Schilirò

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Nel 1849 Schumann lasciava Dresda e andava a stabilirsi a Düsseldorf come direttore dei concerti della società corale, carica che non doveva procurargli grandi soddisfazioni; né, d'altra parte, egli sembrò darne molte ai dirigenti musicali e al pubblico della città renana, stante le sue non eccezionali doti di capo d'orchestra e di coro. Ciò non tolse che nei primi anni della nuova residenza la sua attività creatrice fosse intensa, e anzi contrassegnata da opere annoverate tra i capolavori. Basterà citare il Trio op. 110, la Sinfonia n. 3 «Renana», il Concerto per violoncello, il Manfredi, moltissimi Lieder e le due Sonate per violino: composizioni scritte tutte tra il 1850 e il '51. Anzi, le due Sonate per violino sono quasi gemelle (1851), sebbene quella oggi eseguita, l'op. 105, in la minore detenga la palma rispetto alla Grande Sonata op. 121 in re minore. Si tratta infatti di un'opera dove il dissidio, per dirla in breve fantasia romantica-forma classica, che bene spesso travaglia lo stile compositivo schumanniano, si risolve a tutto tondo, senza residui di sorta. La traiettoria dello slancio creativo si mantiene tersa, netta e procede con estrema scioltezza. Anche in virtù della parsimonia dei mezzi d'impianto e l'economia degli sviluppi. Il primo movimento è sostanzialmente tutto stretto a un unico pensiero, a un unico tema. Segue un Allegretto che procede per sezioni melodiche precise di 8 o 16 battute; ma si faccia caso come, tra l'una e l'altra sezione, il filo sia elegantemente annodato e come, ogni volta, il nodo giunga diverso. Un esempio, questo Allegretto, nello stesso Schumann forse insuperato, di amorevole e amorosa concordia dialogante di due strumenti. L'ultimo movimento ha, sopra tutti, un elemento che dà motivo e misura alla sua bellezza: la continua contrapposizione tra piccoli blocchi con pedale armonico al pianoforte e altri, invece, estremamente modulati, con mobile ed espressivo cammino del basso. Ne risulta un variatissimo gioco di incidenti, di incontri, di rilanci del violino con il pianoforte, e viceversa; quasi tutti improntati a una freschissima grazia che però qualche addensarsi e svanire d'ombra, qualche palpito armonico colorano di quella spiritualità inquieta e vibrante - insomma romantica - ch'è il proprio, anche qui, di Schumann.

Giorgio Graziosi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 2 aprile 1993
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 88 della rivista Amadeus
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 23 novenbre 1961


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Ultimo aggiornamento 16 marzo 2013